Cass. Civ. sez. I, sent. 10.4.2012 n° 5652
L'obbligo del genitore naturale di concorrere nel
mantenimento del figlio insorge con la nascita dello stesso, ancorché la
procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza, atteso che la
sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del
riconoscimento e quindi, ai sensi dell'art. 261 c.c., implica per il genitore
tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del
mantenimento ai sensi dell'art. 148 c.c., ricollegandosi tale obbligazione allo
status genitoriale e assumendo, di conseguenza, efficacia retroattiva.
E’ questo il principio di diritto ribadito dalla
Corte di Cassazione con la sentenza 10 aprile 2012, n. 5652 in forza del quale è
stata confermata la decisione della Corte territoriale che a distanza di
quarant’anni dalla nascita aveva liquidato 25mila euro al figlio non
riconosciuto dal padre naturale.
Infatti, nella fattispecie particolare, il figlio
aveva citato in primo grado il padre, per aver interrotto sin dal suo
concepimento ogni rapporto con la madre, rifiutandosi anche in seguito di
riconoscere il figlio stesso e di mantenerlo, costringendolo ad un’esistenza
piena di stenti e di privazioni – viste anche le misere condizioni della madre
-, nel corso della quale andava anche incontro a varie vicissitudini come
esperienze di natura penale e la contrazione del virus HIV. Il figlio, dunque,
aveva chiesto al Tribunale, una volta accertata la filiazione naturale, di
disporre a suo favore un assegno mensile a titolo di alimenti, ponendolo a
carico del padre, condannandolo altresì a corrispondergli a titolo di
restituzione o risarcimento del danno una somma pari all’assegno alimentare
dovuto dal raggiungimento della maggiore età fino alla data della domanda. Il
convenuto contestava principalmente il fatto di essere il padre naturale
dell’attore e pertanto chiedeva il rigetto delle domande presentate.
Il Tribunale – visto anche il sostanziale rifiuto del
padre di sottoporsi al prelievo per l’esecuzione della consulenza ematologica –
accoglie la domanda di dichiarazione di paternità, rigetta la richiesta di
assegno alimentare ed accoglie parzialmente la richiesta risarcitoria, fissando
equitativamente la somma di 25000 euro, con interessi e rivalutazione dalla
data della domanda. Successivamente in sede di appello la Corte territoriale
confermava la sentenza del Tribunale, ribadendo l'insussistenza dei presupposti
per l'attribuzione di un assegno alimentare e ritenendo corretto l'accoglimento
della pretesa risarcitoria in relazione alla violazione, ritenuta consapevole,
di un diritto fondamentale della persona, quale quello, facente capo al figlio,
di ricevere dai propri genitori assistenza materiale e morale.
Si arriva in Cassazione, ma anche qui gli Ermellini
non possono far altro che confermare la correttezza delle decisioni assunte dal
giudice di merito. Infatti, si legge nella sentenza della Cassazione, il
principio secondo cui l'obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per
il solo fatto di averli generati prescinde da qualsivoglia domanda –
circostanza contestata dalla difesa del padre -, sicché nell'ipotesi in cui al
momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori,
tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno
l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della
dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin
dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed
educato nei confronti di entrambi i genitori.
Non può dubitarsi – chiosano i giudici del
Palazzaccio - come il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di
un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione
degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determini un vulnus,
dalle conseguenze di entità rimarchevole ed anche, purtroppo, ineliminabili, a
quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano nella carta
costituzionale (artt. 2 e 30), e nelle norme di natura internazionale recepite
nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela.
Da qui l’inammissibilità del ricorso principale, il
rigetto di quello incidentale e la compensazione delle spese processuali.
(Da Altalex del 23.4.2012.
Nota di Alessandro Ferretti)