domenica 31 luglio 2011

ARRIVEDERCI A SETTEMBRE

 
Cari Colleghi, dopo undici mesi di ininterrotta rassegna quotidiana con le principali informazioni e notizie utili, anche AGA Notizie con le sue “news” ha il diritto di godersi un po’ di riposo.
Dalla fine di Settembre 2010 sino ad ieri, la nostra rubrica ha avuto oltre 23.000 visualizzazioni; le notizie più “cliccate”, nelle ultime settimane, quelle relative agli adempimenti per la Cassa e quelle inerenti la riforma forense. Le news più seguite in assoluto, ancora quelle sulla riforma, quelle sulla sentenza di Cassazione 19246/2010 in materia di iscrizione a ruolo dell’opposizione a d.i., quelle sulla mediaconciliazione.
Curiosità: il 62% dei visitatori si collega con Internet Explorer, il 23% con Firefox (da noi consigliato), il resto con Chrome, Safari ed altri browser. Manco a dirlo, il 92% usa Windows, il 3% Macintosh, ma c’è anche chi usa iPhone, Linux, Other Unix ed altri sistemi operativi.
Salvo il verificarsi di fatti eccezionali, come ad esempio la pronuncia di incostituzionalità della mediaconciliazione obbligatoria e l’approvazione della riforma professionale (probabili in autunno), ovvero l’eliminazione dei versamenti alla Cassa e del contributo unificato (ma quando mai…), vi diamo appuntamento a Settembre. BUONE FERIE!

Aumento digitalizzazione uffici giudiziari

Prosegue la digitalizzazione della Giustizia, voluta dai Ministri Brunetta e Alfano: a 130 giorni dalla presentazione, gli Uffici giudiziari che hanno formalmente aderito al Piano straordinario per la digitalizzazione sono 448, il 94%.
Le linee di intervento
Il Piano si articola su tre linee di intervento, digitalizzazione degli atti, notifiche online e pagamenti online, ed è previsto uno specifico intervento per ciascuna di esse, con azioni di adeguamento delle apparecchiature e delle tecnologie, training on the job per gli operatori degli Uffici interessati, assistenza tecnica.
Entro settembre il terzo lotto di kit informatici
Finora l'intervento ha portato all'installazione di 1827 nuovi strumenti informatici, tra scanner, lettori di firma digitale e postazioni di lavoro. Entro la fine di settembre verrà completata la consegna di un terzo lotto, presso ulteriori 46 Uffici giudiziari, che saranno dotati di 1470 strumenti informatici.
Partecipazione degli avvocati in crescita
Adesione alta anche per gli avvocati: 115 mila professionisti hanno attivato oltre 69 mila caselle di posta elettronica certificata (Pec), mentre altri 24 mila sono in possesso della firma digitale. Quelli che utilizzano già il processo civile telematico sono 16 mila.

(Da avvocati.it del 29.7.2011)

sabato 30 luglio 2011

Chirurgo responsabile per mancato consenso, anche se intervento ok

Il diritto del paziente a sapere cosa lo aspetta va rispettato: solo così il consenso non risulta viziato.
Non conta che l'intervento sia stato eseguito in modo tecnicamente corretto: il chirurgo è sempre responsabile se prima del trattamento non ha rispettato il diritto al consenso informato, che costituisce una prerogativa fondamentale del paziente sotto il profilo dei valori umani.
Lo ricorda una sentenza pubblicata il 28 luglio 2011 dalla terza sezione civile della Cassazione.
Black out informativo
Accolto il ricorso dell'ammalata, vittima di una lunga storia di malasanità con risvolti penali.
Un conto è la laparoscopia e un altro la laparotomia: sono due interventi distinti e per entrambi il chirurgo doveva chiedere il consenso informato dalla paziente, anche se l'esito dannoso non dipende dall'imperizia o dalla negligenza del sanitario; mentre per il primo trattamento il consenso risulta richiesto, per il secondo non si può affatto affermare che la signora sapesse esattamente a che cosa andava incontro. Resta da capire perché debba ritenersi irrilevante il fatto che l'operazione effettuata contro i patti, e non dettata da motivi di urgenza, sia stata comunque eseguita a regola d'arte: la Suprema corte precisa che laddove vi sia un deficit totale di informazione il consenso del paziente non può dirsi regolarmente prestato.
Sarà il giudice del rinvio a chiudere la controversia.

Dario Ferrara (da cassazione.net)

Autorizzazione delle intercettazioni

Cass. pen., Sez. VI, ud. 31.5.2011 - dep. 25.7.2011, n. 29666

Il provvedimento di autorizzazione delle intercettazioni adottato dal G.I.P. e quello urgente adottato dal P.M. non possono trovare fondamento su tutto quanto proveniente da fonti anonime o comunque ignote, in quanto non assoggettabili, come tali, a verifica giurisdizionale fino al momento della identificazione delle stesse.
Le informazioni acquisite da informatori confidenziali non possono costituire indizi di reato da porre a base delle successive autorizzazioni alle intercettazioni. Le disposizioni di cui agli artt. 203, comma primo bis, e 267, comma primo bis, c.p.p. sanciscono, invero, che le notizie fornite dagli informatori della Polizia Giudiziaria sono inutilizzabili, anche in fase di indagini preliminari, se gli informatori medesimi non sono stati interrogati o assunti a sommarie informazioni.
Consegue, nella specie, l'annullamento dell'ordinanza di reiezione dell'istanza di riesame del provvedimento applicativo della misura cautelare adottata in esito alle intercettazioni autorizzate sulla base di gravi indizi di reato dedotti da riservate acquisizioni investigative, ovvero da informazioni acquisite da informatori confidenziali.

(Da telediritto.it del 29.7.2011)

venerdì 29 luglio 2011

Pagamento compensi dopo sentenza definitiva

Cass. Civ. Sez. III, sent. 20.6.2011 n. 13482

La parte che nel processo soccombe dovrà pagare anche le consultazioni e la corrispondenza informativa tra il proprio legale e l’avversario.
Così i giudici della Suprema Corte, nella sezione terza civile, si sono espressi con la sentenza 20 giugno 2011, n. 13482 con cui è stato respinto il ricorso della parte soccombente che era stata condannata al pagamento delle spese legali.
Il Tribunale aveva confermato che per l’attività espletata dovesse essere remunerata anche quella successiva all’emanazione della sentenza, così come erano state rimborsate le voci di richiesta e ritiro copia della stessa.
I giudici di legittimità, confermando il pensiero dei “colleghi di primo grado” (e “invertendo la rotta” rispetto al 2002, anno di approvazione delle norme sulla tariffa) hanno precisato, nella decisione de qua, che in dipendenza del mutamento del testo normativo di riferimento, “deve affermarsi che gli onorari e i diritti di procuratore per le voci tariffarie consultazioni con il cliente e corrispondenza informativa con il cliente sono ripetibili nei confronti della parte soccombente in sede di precetto intimato dalla parte vittoriosa anche successivamente e in relazione alla sentenza definitiva”.
È legittimo, quindi, pretendere competenze e spese non liquidate dal giudice, in quanto ciò risponde ai principi in tema di autoliquidazione in sede di precetto, quando le stesse riguardino attività connesse alla sua predisposizione o, in ogni caso, comprese nell’intervallo tra la liquidazione (contenuta nel titolo) e le successive iniziative (legittime) del creditore al fine di poter conseguire quanto in proprio favore statuito in quest’ultimo.

(Da Altalex del 29.7.2011. Nota di Manuela Rinaldi)

Avvocato infortunato? Certificato medico sufficiente per differimento

Se l'avvocato s'infortuna, il certificato medico è più che sufficiente per attestare l’impedimento a difendere il proprio assistito. Pertanto se il dibattimento d’appello non viene differito, nonostante la comunicazione arrivata dal legale, allora si può parlare di violazione del diritto di difesa.
Il caso
La vicenda nasce a Milano, alla Corte d’Appello, per la precisione, e arriva a Roma, alla Corte di Cassazione, che rimette tutto in ballo con la sentenza numero 29097/2011, sezione seconda penale.
Per la Corte d’Appello, che aveva confermato la condanna (emessa dal Giudice dell’udienza preliminare) dell’imputato per il delitto di rapina aggravata, il problema fisico denunciato dall’avvocato difensore, ovvero «certificato medico attestante lombo-sciatalgia acuta» (accompagnato, peraltro, dalla richiesta di rinvio dell’udienza), non era accettabile, non era utile a «dedurre un impedimento assoluto a comparire». Di conseguenza, nessun blocco, nessuna sospensione e regolare proseguimento della causa.
Ma gli arbitri del Palazzaccio la pensano diversamente…
Inevitabile il ricorso per cassazione da parte dell’imputato, centrato, ovviamente, soprattutto sulla mancata valutazione dell’impedimento del difensore. Per l’imputato, quindi, era legittimo rinviare il dibattimento d’appello, per garantirgli il diritto di difesa.
È proprio così?
La risposta della Cassazione è positiva, e completamente divergente dalla pronunzia della Corte d’Appello. I giudici di piazza Cavour ricordano che il certificato medico ‘incriminato’ parla di una «distorsione della caviglia in un arto già in precedenza fratturato», ciò il giorno prima dell’udienza. Di conseguenza, la motivazione del mancato accoglimento della richiesta di differimento, avanzata dall’avvocato, è «stringata e inappropriata», e senza valore «sul piano del doveroso controllo giudiziale».
La pronuncia della Corte d’Appello va pertanto annullata, con l’apertura di un nuovo giudizio e preferibilmente alla presenza del difensore dell’imputato.

(Da avvocati.it del 26.7.2011)

giovedì 28 luglio 2011

Errore di fatto e revocazione della sentenza

L’errore di fatto “revocatorio”, ai sensi del n. 4) dell’art. 395 c.p.c. deve rispondere a tre distinti requisiti e precisamente: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale, come già detto, abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare.
Ed ancora, l’errore di fatto “revocatorio” deve oltre che consistere nell’affermazione, o supposizione, dell’esistenza, o inesistenza, di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa, essere decisivo e non cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, presentare i caratteri della evidenza e della obiettività.
In breve, della questione di fatto non deve essersi mai discusso in giudizio e ciò deve aver influito sul suo esito. A sua volta, nella sentenza oggetto di revocazione, deve risultare una verità giuridicamente rilevante, contraria ad essa.

Giuseppe Cassano (da diritto.it del 28.7.2011)

La linea del CNF confina l’Avvocatura nell’angolo

di Ester Perifano (Segretario Generale ANF)

Continuare a chiedere l'approvazione di una riforma dell'ordinamento lontana anni luce dalle posizioni anche della maggioranza di governo ha un che di autolesionistico. 
Chiedere di portare a compimento qualunque  riforma, purché abbia il marchio di questo Cnf, significa accettare consapevolmente di farsi del male da soli. 
La riunione di oggi (ieri, NdAGANews) ha espresso una linea politica debole, tutta giocata di rimessa, che confina ancora di più l'avvocatura nell'angolo a cui è stata costretta dai poteri forti dell'economia e della politica stessa. Ostinarsi su scelte che risalgono ad anni fa, quando la situazione economica e politica era ben diversa da quella attuale, è la dimostrazione di  una strategia di corto respiro, mentre occorre prendere atto che intorno a noi tutto è cambiato,  e che anche l'avvocatura necessita di una vera modernizzazione. 
È senza dubbio  più utile portare a casa poche norme, quelle che occorrono  per risolvere i problemi più urgenti, e rinunciare ad una legge ‘monstre’, del resto impresentabile in sede europea. 
Occorre focalizzare l’attenzione e l’impegno sull’accesso alla professione, il tirocinio, la riforma degli Ordini, il disciplinare, le specializzazioni, le forme di organizzazione del lavoro e gli  avvocati dipendenti degli studi legali: un pacchetto di regole leggere, al passo con i tempi, che spuntino le armi di coloro che vogliono strumentalmente far passare gli avvocati italiani per una corporazione.

(Da Mondoprofessionisti del 27.7.2011)

mercoledì 27 luglio 2011

Nitto Palma nuovo Guardasigilli

Francesco Nitto Palma è il nuovo ministro della Giustizia ed Anna Maria Bernini è stata nominata ministro senza Portafoglio ed avrà probabilmente la delega per le Politiche Ue.
Li ha nominati il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, su proposta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Ne ha dato notizia il Quirinale, al termine dell'incontro fra il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,  che ha ricevuto questo pomeriggio il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi e il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta. Era presente il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra.
"Il presidente della Repubblica - è scritto nella nota della Presidenza della Repubblica - ha firmato il decreto con il quale, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, vengono accettate le dimissioni rassegnate dall'onorevole avvocato Angelino Alfano dalla carica di ministro della Giustizia e nominato al medesimo dicastero il senatore dottor Nitto Francesco Palma che cessa dalla carica di sottosegretario di Stato all'Interno".

(Estratto da notizie.tiscali.it del 27.7.2011)




Bando per gli esami di avvocato 2011

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (IV Serie Speciale) il bando di esame per l'anno 2011 per l'iscrizione negli albi degli avvocati presso le varie sedi di Corti d'Appello.
Con decreto 26 luglio 2011 il Ministero della Giustizia ha fissato le date del 13, 14 e 15 dicembre 2011 per lo svolgimento delle prove scritte.

martedì 26 luglio 2011

L’Avvocatura fa quadrato sulla riforma forense

 Chiesta l’approvazione alla Camera 
del testo già approvato dal Senato

A chiederlo tutte le componenti dell’avvocatura, istituzionali, ordinistiche, politiche e associative riunite oggi nella sede amministrativa del Cnf per fare il punto dopo i tentativi di aggressione, tramite una liberalizzazione selvaggia,  alla professione durante l’esame della Manovra finanziaria e  assumere le iniziative necessarie. 
Al tavolo della presidenza Guido Alpa, presidente del Cnf, Alberto Bagnoli, presidente della Cassa forense, Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura.  Ha portato il saluto il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti. 
L’avvocatura ha convenuto, a larga maggioranza, sulla necessità di chiedere alla camera l’approvazione in tempi rapidi della riforma della professione forense. Di senso contrario Anf.
È stato riconosciuto come il testo, licenziato al Senato, affermi principi fondamentali e irrinunciabili per il riconoscimento del ruolo che la Costituzione riconosce all’avvocatura.
Tra questi la specialità della professione forense, la funzione insopprimibile degli Ordini, l’assoluta diversità della professione dall’attività di impresa. “L’attività dell’avvocato si connota per essere depositaria dell’esercizio del diritto della difesa attraverso l’assistenza legale garantita ai cittadini. E non può certo essere confusa con l’attività di commercio”, ha dichiarato  Alpa. “È necessario salvaguardare ad ogni costo la qualità, la deontologia e l’efficienza della professione. Siamo accanto ai cittadini e quindi anche alle imprese. Ma non vogliamo essere dominati dal sistema economico. Per questo dobbiamo difendere, anche con la riforma, l’autonomia e indipendenza dell’avvocatura.  Circa l’articolo 29 bis della Manovra, Alpa ha chiarito che a suo avviso la professione forense è tra quelle escluse per il riferimento all’articolo 33 della Costituzione, ha tuttavia ha segnalato i pericoli che possono derivare dalle diverse interpretazioni della norma. Nel suo intervento, il presidente Cnf ha infine manifestato gratitudine nei confronti di quei parlamentari della maggioranza che si sono opposti al tentativo di minare nelle fondamenta il sistema delle professioni intellettuali. 
“L’avvocatura si deve mobilitare per scongiurare qualsiasi politica di liberalizzazione selvaggia che potrebbe essere riproposta alla ripresa dei lavori parlamentari”, ha dichiarato de Tilla. “Innanzitutto la riforma dell’ordinamento forense va portata avanti con speditezza  - ha aggiunto il presidente dell’Oua - allo stesso tempo va riconosciuto all’avvocatura il ruolo di soggetto costituzionale. La riforma in itinere contiene l’abrogazione della Bersani prevedendo i minimi di tariffa, il ripristino del divieto del patto di quota lite, l’esclusione di soci di capitale, l’incompatibilità tra impresa e esercizio della professione.  Va eliminato qualunque collegamento, ai fini dell’iscrizione, tra iscrizione e reddito professionale. Non si possono espellere dagli albi giovani avvocati che non hanno più nemmeno adeguati mezzi di sostentamento.  Infine – ha concluso de Tilla – è giunto il momento di mettere in cantiere seri cambiamenti per ridare slancio alla professione forense aprendo le porte a riforme che consentano la partecipazione estesa a tutti”.
“La strada migliore per non finire nel tritacarne della politica è quella di portare in porto la riforma forense”, ha sottolineato il presidente della Cassa di previdenza forense, Alberto Bagnoli. “Il testo comunque andrà approfondito”. 
Presentazione Rapporto “Avvocati italiani per la ripresa”.
Nel corso della mattinata il presidente Alpa ha presentato il Rapporto Avvocati italiani per la ripresa. Economia e giustizia.  Un lavoro di “proposta responsabile” per rilanciare l’efficienza del sistema giustizia  e di confutazione di alcuni soliti cliché di una giustizia lenta per responsabilità dell’elevato numero degli avvocati, ripresi anche da recenti rapporti e analisi di natura economica. “Occorre avviare un dibattito senza pregiudizi, senza condizionamenti e senza presunzioni di mala fede”, ha sottolineato Alpa richiamando tutti gli operatori alle loro responsabilità., ha sottolineato il presidente Cnf  Guido Alpa, “ “L’avvocatura è disposta a collaborare e responsabilmente avanza le sue proposte, ma occorre fare chiarezza in un dibattito che si presenta affastellato e confuso”, ha detto Alpa. “E poi non si possono fare né riforme a costo zero né continue riforme dei codici di procedura senza un disegno organico: negli ultimi anni se ne contano 20 ma la situazione non è migliorata”. A ogni intervento sui codici, infatti, magari con norme poco chiare, corrisponde una “giurisprudenza arroventata e tormentata”.
Alpa richiama anche la responsabilità degli operatori economici: “Non sono gli avvocati che alimentano artatamente il contenzioso e occorrerebbe capire quanti dei procedimenti siano imputabili alle imprese: queste spesso si dolgono degli alti costi del contenzioso ma dimenticano che spesso il contenzioso è alimentato da loro stesse. Si pensi ai rapporti con i consumatori”, le clausole vessatorie, la distribuzione di prodotti finanziari in default etc.
E poi vi sono i casi della “illegittima attività anche materiale della pubblica amministrazione”, ricorda Alpa.  Il rapporto dell’Ufficio studi analizza i lavori di Confindustria (da ultimo, La giustizia più veloce accelera l’economia- Giugno 2011), Bankitalia, Banca mondiale, Cepej per rilevare che a volte alcune tesi (vedi “l’eccessiva litigiosità dipende dall’elevato numero di avvocati”) sono apodittiche e non comprovate. “Sono ingenerose ed eccessivamente semplificanti analisi”, si legge nella sintesi. Tra l’altro il Cnf rileva anche delle contraddizioni tra i diversi enti: se per  esempio l’argomento per cui la notevole litigiosità italiana dipende dall’elevato numero di avvocati è comune a Confindustria e a Bankitalia, tuttavia questa ultima lo pone  alla base di riflessioni che mettono in luce la debolezza della soluzione proposta dalla prima: si dice infatti che l’elevato numero di avvocati produce litigiosità proprio in quanto aumenta la concorrenza tra avvocati, che dunque non può essere la soluzione al problema.  Quanto alle cicliche obiezioni sulla presunta anticoncorrenzialità delle tariffe e del loro metodo di calcolo e dell’esame di accesso, il Rapporto del Cnf rileva come la Corte di Giustizia delle Comunità europee abbia sempre salvato le une (sentenze  Arduino-2002 e Cipolla Macrino-2006) e l’altro (ordinanza del 17 febbraio 2005, in causa C-250/03, che  ha escluso l’esistenza di profili anticoncorrenziali nella partecipazione degli avvocati alle Commissioni d’esame per l’accesso alla professione forense, ritenendo, anzi, tale partecipazione rispondente ad un motivo imperativo di interesse generale costituito dalla necessità di valutare nel miglior modo possibile le attitudini e le capacità dei soggetti chiamati ad esercitare la professione grazie all’esperienza professionale che li rende particolarmente idonei a valutare i candidati rispetto alle esigenze specifiche della professione. D’altronde, il rapporto Cepej, che valuta le perfomances giudiziarie dei paesi della Ue, pur rilevando un elevato numero di iscritti agli ordini forensi in Italia rispetto alla media europea, sottolinea che l’incremento del numero di avvocati dal 2004 al 2008 è un dato comune a tutti i paesi considerati.   Il Rapporto Cnf individua due criticità nelle tesi di Confindustria. La prima è l’equazione “semplificazione=efficienza”, che  non è sempre vera nel mondo del diritto. “Il diritto, anche quello processuale, non può prescindere dalla valorizzazione delle specificità del caso concreto”, rileva il Cnf.  La seconda è l’ idea che la giustizia si debba amministrare secondo un metodo economico. “Che la giustizia civile versi in una crisi gravissima è dato di assoluta evidenza. Il punto è che l’avvocato è una vittima di tale crisi, e non un suo artefice”, obietta il Cnf. “ In ogni caso, ricorrere alla lungaggine dei processi per sottrarsi alle regole è una tecnica che può essere condotta più facilmente dalla parte economicamente più forte: tra il consumatore e la grande impresa, o tra il dipendente e la grande impresa, è evidente quale sia la parte più forte del rapporto. Se così non fosse non sarebbero state inventate le clausole vessatorie. Insomma, delineare le imprese come operatori virtuosi vittime di avvocati senza scrupoli e di debitori maliziosamente insolventi assomiglia più ad una caricatura che ad una rappresentazione della realtà. A meno di non indulgere in una sorta di manicheismo per cui il bene ed il male siano sempre tutti solo da una parte”.
Quanto alla corrispondenza tra cattivo funzionamento della giustizia e  rachitismo dei mercati finanziari, avverte il Cnf, spesso sono i mercati finanziari che funzionano male:    rapporti non sempre limpidi tra banche ed industrie, in un contesto segnato da partecipazioni incrociate che determinano un capitalismo oligarchico, basato su legami personali, di fiducia e d’interessi che intrecciano gli esponenti del c.d. “salotto buono”.
Altri fattori problematici sono il comportamento scorretto degli emittenti i titoli e degli intermediari che inducono spesso i risparmiatori ad investire in strumenti finanziari senza segnalarne adeguatamente la rischiosità o, peggio, pongono in essere delle vere truffe, come nel caso dei derivati venduti alle amministrazioni locali, o alle recenti cronache romane delle truffe del “Madoff dei Parioli”). “Non vi è dubbio, tuttavia, che possono esserci casi di avvocati che alimentano la litigiosità magari inducendo cittadino o imprese a fare causa.
Proprio per questo motivo il codice deontologico forense colpisce l’accaparramento di clientela, e pone limiti alla pubblicità degli avvocati, a protezione dell’affidamento della collettività”, rileva il rapporto. Da qui l’ennesima contraddizione in cui incorre Confindustria: “Vi è incoerenza tra il puntare l’indice sull’esistenza di avvocati che persuadono il cliente a fare causa e la predicazione di una liberalizzazione acritica della pubblicità dell’avvocato”, specifica la sintesi. 
Circa la “serrata critica all’eccessivo numero di avvocati”, per il Cnf  il  rapporto Confindustria tradisce un vizio logico: “secondo il verbo del principio di concorrenza, un maggior numero di operatori garantisce un’apertura concorrenziale del sistema e, almeno in tesi, una maggiore competizione in grado d’innescare virtuosismi preziosi per i fruitori del servizio, sia in termini di qualità del servizio offerto, sia in termini di minori costi.  Eppure il dato dell’eccessivo numero degli avvocati è indicato come fattore estremamente negativo. C’è qualcosa che non quadra. Specie da quando (2006) i minimi tariffari sono stati abrogati, l’alto numero di avvocati dovrebbe favorire (ed in effetti favorisce, gli avvocati che esercitano lo sanno) un abbassamento dei prezzi delle prestazioni. A questo proposito troppo forte è la tentazione per non chiedersi quali effetti abbia avuto sul PIL italiano l’abrogazione dei minimi tariffari.
È passato qualche anno (5 anni) e dovrebbero essere possibili i primi bilanci, anche se dal 2008 si è innestata la crisi. Su questo tema il CNF sta valutando l’affidamento di una specifica ricerca ad autorevoli economisti. L’impressione che si ha è che il decreto Bersani non abbia liberato prodigiose potenzialità, e che l’abrogazione dei minimi non abbia dato particolare spinta all’economia italiana”. Altrettanto “ardito” è sostenere che  l’eccessivo numero di avvocati provochi il mantenimento da parte delle imprese di una dimensione piccola delle imprese: assunto  non sorretto  da argomenti inequivocabili. In relazione all’analisi sulle diseconomie determinate dal sistema organizzativo della magistratura e dalla geografia giudiziaria il Cnf, pur condividendo la necessità di una riforma del sistema degli avanzamenti in carriera dei magistrati e di un ripensamento della geografia dei tribunali, critica la soluzione confindustriale di legare i compensi dei giudici a sistemi premiali.
“Stupisce che questa proposta arrivi proprio dalle imprese. È infatti principio consolidato in tema di controlli dell’impresa che il compenso dei controllori sia fisso e deciso all’inizio dell’incarico, al fine di evitare che possa diventare strumento per menomare l’indipendenza dei controllori”.
Le proposte dell’avvocatura. Approvazione veloce della riforma forense per rilanciare la qualificazione degli avvocati; arruolamento dei legali per lo smaltimento dell’arretrato; disciplinare una nuova procedura di negoziazione assistita davanti a un legale come modello di risoluzione alternativa alle controversie, alternativa anche a una mediazione obbligatoria che è incostituzionale; arruolamento di avvocati per lo smaltimento dell’arretrato; istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto alle rappresentanza delle imprese per stabilire metodi condivisi di analisi;  e poi puntare alla informatizzazione della giustizia, alle best practices e ai protocolli d’intesa nei tribunali e limitare i trasferimenti dei magistrati.
Sono queste le controproposte avanzate dal Cnf sul presupposto che “la classe forense esprime potenzialità e responsabilmente intende porsi al servizio del cittadino e della società”.
   Professione forense: tutta l’avvocatura appoggia la riforma che, dopo essere stata approvata dal senato è ferma alla camera. E la richiesta è quella che vanga approvata speditamente. La riforma risolverebbe molte questioni: per i giovani accesso per i più meritevoli e quindi garanzie di sbocchi di mercato qualificati, formazione continua, specializzazioni, assicurazione obbligatoria, tariffe chiare e procedimento disciplinare più efficace.
    Approvare la legge sulla negoziazione partecipata: un sistema di risoluzione della controversia che veda le parti avviare una negoziazione con un avvocato che può autenticare l’accordo e la identità delle parti. Sarebbe una nuovo modo di risolvere una controversia su base volontaristica.
    Smaltimento dell’arretrato. Il Cnf sta studiando forme di collaborazione dell’avvocatura allo smaltimento dell’arretrato ma non come partecipazione “onoraria” ma come collaborazione “emergenziale” assunta con senso di responsabilità. Gli avvocati, scelti dai Consigli dell’Ordine, potrebbero assumere  l’incarico di definire una parte del carico pendente nel rispetto di alcune incompatibilità. Ovviamente, questa strada che potrebbe non esser onerosa per lo stato, richiede che lo stato faccia la sua parte: destinando risorse per l’aumento dell’organico in magistratura, per la copertura di quello amministrativo, per la completa informatizzazione della giustizia. dell’atteggiamento: Il presupposto dell’operazione dovrebbe essere rappresentato da una trasparente verifica dei dati dei carichi e della produttività degli uffici, che consentisse di conoscere la dimensione della sofferenza del sistema e perciò dell’entità del contributo da richiedersi agli avvocati.
    Istituzione di un Osservatorio permanente sulla giurisdizione aperto a tutti gli operatori anche economici. Questa proposte nasce dall’esigenza di individuare metodi di analisi condivisi e di studio dei dati chiaro e obiettivo.
    Potenziamento dell’informatizzazione, che gli avvocati apprezzano senza riserve, con adeguato stanziamento delle risorse necessarie. Ciò che, invece, non può che essere stigmatizzato è il modo di procedere adottato dal governo, che anche di recente ha imposto ai legali oneri sempre più consistenti (albo elettronico, comunicazione della PEC, registri per fini anti-riciclaggio, modulistica per la privacy, oneri di indicazione di codici fiscali, apertura di diversi conti correnti separati, etc.) procedendo in modo disordinato ed estemporaneo, il più delle volte con norme settoriali all’interno di manovre omnibus.
    Promuovere le best practices e i protocolli d’intesa. Il rapporto sottolinea come i protocolli di intesa con l’Avvocatura hanno offerta prova di sé stessi anche in occasione delle riforme processuali recenti. L’introduzione del processo sommario di cognizione (artt. 702-bis e ss c.p.c. come introdotti dalla l. n. 69/200) ha impegnato giudici e avvocati nella predisposizione di protocolli volti ad implementare le possibilità del rito attraverso misure organizzative e pratiche concordate volte a rendere effettive gli obiettivi di celerità presi in considerazione dal legislatore. Nei Protocolli dei Tribunali di Verona, di Bologna, di Genova, nello «schema» predisposto dal Tribunale di Modena, dell’Osservatorio romano sulla giustizia civile , vengono affrontate tanto questioni di carattere tecnico-organizzativo quanto di carattere tecnico-interpretativo.
    Altri interventi. Il Cnf propone di avviare una riflessione sui trasferimenti dei magistrati, che incidono sulla durata dei processi e sui collocamenti fuori ruolo. Non solo. Richiama l’attenzione anche sulle insufficienza di una modalità di legislazione che provoca incertezza e confusione. Decretazione d’urgenza, la tecnica dei maxi-emendamenti, dei decreti mille proroghe, chiama in causa una “corresponsabilità” del legislatore in ordine ad una più efficiente amministrazione della giustizia. “L’avvocatura, pertanto, reclama una migliore qualità della legislazione, e denuncia il frequente ricorso a norme-annuncio o norme-bandiera, condizionate da esigenze mediatiche e spesso prive di una seria e puntuale analisi di impatto”.

(Da Mondoprofessionisti del 26.7.2011)

lunedì 25 luglio 2011

L’OUA: “Uniti contro la corruzione”


L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, visti i nuovi casi di corruzione che hanno visto coinvolti esponenti di partiti di maggioranza e opposizione, esprime la sua forte preoccupazione per la tenuta democratica del Paese. Soprattutto alla luce della grave crisi economica che attraversa l’Italia. 
In questo contesto, il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, si chiede se i continui attacchi politici al mondo delle libere professioni e agli avvocati, con il mantenimento della legge Bersani, lo stop alla riforma forense in Parlamento e la minaccia di un ulteriore deregulation per tutto il settore dei professionisti, non sia un diversivo per distrarre gli italiani dai veri problemi del nostro sistema politico. 
«Invece che contrastare ingiustificatamente la riforma dell’ordinamento forense, schierandosi così contro gli avvocati – attacca de Tilla - la Confindustria farebbe meglio ad esortare le imprese a denunciare e sottrarsi con maggiore frequenza alle pretese di pagamento di tangenti da parte di politici e funzionari pubblici».
«L’esercizio dell’impresa e il lavoro quotidiano del professionista – continua - senza burocrazia e senza corruzione, possono esplicarsi con maggiore produttività e nel segno della qualità delle prestazioni. Tutto il sistema così funzionerebbe meglio, recuperando quella competitività più volte auspicata da tutti».
«La corruzione – conclude - costituisce una delle peggiori piaghe del nostro Paese che va combattuta unitariamente da tutte le componenti lavorative italiane: imprenditori, professionisti, lavoratori dipendenti e autonomi. Sotto questo profilo l’Organismo Unitario dell’Avvocatura si dichiara disponibile ad assumere forti iniziative per favorire un’azione comune che possa garantire al Paese integrità morale e trasparenza».

Comunicato Stampa OUA del 25.7.2011

Le casse di previdenza restino indipendenti

Garantire l’autonomia gestionale e l’indipendenza delle Casse previdenziali private, aprire un dibattito ragionato sul tema delle liberalizzazioni delle professioni, affrontare una seria riforma del sistema giustizia: sono queste le richieste che Cassa forense, dando seguito alla delibera del Comitato dei Delegati riunitosi lo scorso venerdì e in previsione dell’incontro dell’Adepp che si terrà mercoledì a Roma per discutere della recente manovra finanziaria varata dal governo, avanza alle forze politiche. 
Sull’autonomia delle Casse previdenziali private, Cassa forense ricorda come tutti gli Enti siano già soggetti al potere di vigilanza dei Ministeri competenti e rileva che la COVIP, così come oggi strutturata, appare inadeguata a esercitare compiti di vigilanza e indirizzo su realtà, quali le casse private, più complesse dei fondi pensionistici. Preoccupazione è espressa anche per i ripetuti tentativi di incidere frettolosamente e superficialmente sulla normativa regolatrice delle libere professioni, vanificando anni di confronto, riflessioni ed elaborazioni sulla materia. 
Tali interventi improvvisati, tra l’altro, minacciano di alterare gli equilibri delle Casse che, sotto spinta dei Ministeri vigilanti, lavorano per garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali.
Infine, la Cassa Forense non condivide le politiche avanzate per riformare il Sistema Giustizia che, nell’assoluta incapacità di individuare e realizzare soluzioni adeguate, si traducono solo in rilevanti aumenti dei costi a carico dei cittadini a fronte di un servizio, ogni giorno, sempre più inefficiente.   
“Gli interventi contenuti nella recente manovra finanziaria - rileva Alberto Bagnoli, presidente di Cassa forense - vanno a incidere pesantemente sia sul sistema ordinamentale, già messo a dura prova dall’aumento dei costi dei processi, sia su quello previdenziale, di cui si vuole limitare l’autonomia controllandone investimenti mobiliari e immobiliari”.
“Per questo - continua Bagnoli - auspichiamo che ogni provvedimento sulle  disposizioni regolanti le professioni, la previdenza e il sistema giustizia nel suo complesso venga adottato non in via frazionata  ed emergenziale, ma con una visione complessiva e organica della materia, con particolare attenzione alle ricadute sugli equilibri previdenziali".

(Da Mondoprofessionisti del 25.7.2011)

No all’usucapione di quote in comproprietà

Cass. Civ. Sez. II, Sent. 30.6.2011 n. 14467

Una signora, erede testamentaria di due quinti dell’asse ereditario della de cuius, conveniva in giudizio i coeredi per sentir dichiarare l’acquisto per usucapione dei residui tre quinti del patrimonio, asserendo di averli posseduti per l’intero per oltre cinque decenni, unificando al proprio possesso quello della dante causa. Otteneva ragione dal Giudice di prime cure, tuttavia la pronuncia veniva riformata nel giudizio d’appello.
Infatti il possesso “et corpore et animo”, esercitato dal comproprietario, non è sufficiente a perfezionare l’usucapione delle quote appartenenti agli altri comproprietari, ove non venga dimostrata l’intenzione, manifestata agli altri coeredi, di possedere “uti dominus” e non “uti condominus’’.
La Cassazione, nel confermare la decisione della Corte d’Appello, evidenzia che questa ha correttamente rilevato la carenza della dimostrazione, da parte della convenuta in appello, dei requisiti del possesso, necessari per perfezionare l’acquisto per usucapione dei beni controversi. La Cassazione inoltre chiarisce che il coerede è, nel contempo, comproprietario e compossessore dei beni ereditati e ben può usucapirne l’intero a seguito del possesso, “pacifico, non violento ed ininterrotto”, protrattosi per venti anni, non occorrendo, pertanto, alcuna interversione del possesso già esercitato sul compendio.
A tal fine, tuttavia, è necessario che il possesso sia caratterizzato anche dall’animus possidendi in via esclusiva, e non in termini di comproprietà, essendo a tale scopo necessario manifestare l’intenzione di escludere gli altri dalla comproprietà, non avendo alcun rilievo il mero disinteresse degli altri coeredi.

(Da Altalex del 7.7.2011. Nota di Laura Biarella)

Overruling e tutela dell’affidamento

Cass. Civ., SS.UU., Sent. 11.7.2011 n. 15144

Per l'impugnazione vale il termine lungo, non quello breve.
E' quanto hanno stabilito le Sezioni Unite Civili, con la sentenza 11 luglio 2011, n. 15144 con la quale si afferma come, nei confronti della parte che abbia confidato nella consolidata interpretazione di una regola, ritenuta fino a poco prima valida, non possa operare la preclusione introdotta dall'overruling.
Il quesito al quale sono state chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite è se la notifica della copia integrale del dispositivo della sentenza comporti, o meno, la decorrenza, indipendentemente dalla sua registrazione, del termine breve, ex art. 326 c.p.c., per impugnare la decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
Ma quando si ha effettivamente overruling? Come enunciato dalle Sezioni Unite, il fenomeno del c.d. overruling ricorre soltanto quando si registra una svolta inopinata e repentina rispetto ad un precedente diritto vivente consolidato che si risolve in una compromissione del diritto di azione e di difesa di una parte.
Elementi costitutivi di tale fattispecie sono quindi: l’avere a oggetto una norma processuale, il rappresentare un mutamento imprevedibile, il determinare un effetto preclusivo del diritto di azione o difesa. In questi casi, continua il giudice di legittimità, trova diretta applicazione il valore del Giusto processo attraverso l’esclusione dell’operatività della preclusione derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa.
Per essa, insomma, la tempestività dell’atto va valutata con riferimento alla giurisprudenza vigente al momento dell’atto stesso. Secondo i giudici "trattasi di soluzione confortata dall’esigenza di non alterare il parallelismo tra legge retroattiva e interpretazione giurisprudenziale retroattiva, per il profilo dei limiti, alla retroagibilità della regola, imposti dal principio di ragionevolezza. Ciò che non è consentito alla legge non può similmente essere consentito alla giurisprudenza".
In definitiva, il ricorso va considerato tempestivamente proposto entro il termine lungo: nei confronti dell'impugnazione proposta, infatti, non opera la decadenza per mancata osservanza del termine breve che decorreva dalla data di ricezione della notifica del dispositivo della sentenza emessa dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.

(Da Altalex del 18.7.2011. Nota di Simone Marani)

domenica 24 luglio 2011

Esclusi dall’Irap professionisti non autonomamente organizzati

Cass. civ., Sez. V, Ord. 19.7.2011, n. 15803

In tal senso, si rileva che l'autonoma organizzazione si configura allorché il contribuente risulti il responsabile dell'organizzazione, sotto qualsiasi forma e non sia, conseguentemente, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni eccedenti, in base all'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'espletamento dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui.
È onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'IRAP, asseritamente non dovuta, fornire la prova dell'assenza dei presupposti necessari per configurare un'attività autonomamente organizzata.

(Da telediritto.it del 22.7.2011)

Non luogo a procedere nei confronti dell’imputato minorenne

Cass. pen., Sez. VI, sent. dep. 18.7.2011, n. 28250

Il giudizio di irrilevanza del fatto, legittimante l'adozione di una sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato minore di età, può trovare fondamento anche su dati di previsione comportamentale successivi alla condotta che è stata ritenuta di modesto rilievo criminologico e sociale ai sensi dell'art. 27, D.P.R. n. 448 del 1988.
L'adozione di una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di imputati minori di età per irrilevanza del fatto impone la necessaria sussistenza di tre requisiti, e dunque la tenuità del fatto, la occasionalità della condotta ed il pregiudizio che deriverebbe al minore dall'ulteriore corso del procedimento.
Ciò rilevato, mentre il giudizio di tenuità esige un apprezzamento complessivo del fatto, condotto con riferimento ad una pluralità di parametri assiologici, la valutazione della occasionalità del comportamento richiede l'assenza di condotte penalmente rilevanti ripetute nel tempo, mentre il pregiudizio per le esigenze educative del minore comporta una prognosi negativa sulle conseguenze legate alla prosecuzione del processo.

(Da telediritto.it del 22.7.2011)

sabato 23 luglio 2011

Quando non sussiste il diritto alla riservatezza nei luoghi di privata dimora

Cass. Sez. V Penale, Sent. 24.6.2011, n. 25453

La Cassazione ha recentemente affermato (e riconfermato) che la ripresa fotografica e video dell'attività edificatoria in corso nella contigua proprietà della persona ripresa non integra il reato di interferenza illecita nella vita privata (art. 615-bis Codice Penale).
In particolare, la Corte ha ribadito che "il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza" se l'azione ripresa "pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti" e che pertanto, "la ripresa fotografica da parte di terzi lede la riservatezza della vita privata ed integra il reato di cui all'art. 615-bis c.p." a condizione che "vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall'esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzilmente non visibile ad estranei".
Inoltre, la Corte ha specificato che la tutela apprestata dal legislatore alla riservatezza postula "la liceità dell'attività svolta in ambito privato, potendo, diversamente, l'intrusione nell'altrui privacy ritenersi comunque contestata, tanto più in presenza di un diritto, il cui esercizio si intenda garantire o la cui violazione si voglia avvertare o prevenire".
Non da ultimo, nel caso di specie, il reato non sussite in quanto, secondo la Cassazione, l'esperimento delle azioni civili previste a tutela della proprietà ed anche del possesso ammette "il diritto a documentare, con ogni mezzo (non esclusa appunto la ripresa fotografica o filmata), l'epoca dell'altrui costruzione, essendo, peraltro, risaputo che, ai fini dell'ordinaria azione di nunciazione (denuncia di nuova opera) di cui all'articolo 1170 c.c., è necessario il rispetto del termine di un anno dall'inzio della nuova opera".

Luciana Di Vito (da filodiritto.com del 19.7.2011)

Perdita dei benefici prima casa


Cass. Sez. Tributaria, Sent. 17.6.2011, n. 13291

I benefici tributari di cui il contribuente ha usufruito per la c.d. “prima casa” vengono meno nel caso di vendita ed acquisto di una quota di immobile non significativa. Lo ha stabilito la Cassazione in un caso che vedeva coinvolto un contribuente che aveva acquistato il quattro per mille di un immobile da destinarsi a prima casa.
Secondo la Cassazione: "Al fine di evitare la decadenza dai benefici fiscali, tradizionalmente denominati della "prima casa", e l'applicazione della soprattassa, nell'ipotesi di trasferimento dell'immobile prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell' acquisto, la nota II bis dell' art. 1 della parte prima della tariffa allegata al testo unico dell'imposta di registro del 1986, nel testo introdotto con l'art. 3, carne 131, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, prescrive al carne 4, ultimo periodo, che il contribuente, entro un anno dal trasferimento "dell'immobile acquistato con i benefici..., proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale". L'acquisto non dell'intero, ma di una quota dell'immobile, può beninteso integrare il requisito detto, ma solo qualora sia significativa, di per sé, della concreta possibilità di disporre del bene si da poterlo adibire a propria abitazione.
Ciascun partecipante alla comunione, infatti, come stabilisce l'art. 1102 cod. civ., può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. L'acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile non può perciò comportare da solo il potere di disporre del bene come abitazione propria; esso è, cioè, inidoneo a realizzare l'adibizione ad abitazione che è la finalità perseguita dal legislatore con il riconoscimento dell'aliquota dell'imposta ridotta sugli atti d'acquisto, e non vale, pertanto a realizzare la condizione dello "acquisto di altro immobile", di cui al comma 4 della nota II all'art. 1 della tariffa citata (sull'idoneità della titolarità di una quota di immobile ai fini dell'integrazione dello "speculare" requisito dell'impossidenza, cfr. cass. n. 9647 del 1999 e n. 10984 del 2007)".

(Da filodiritto.com del 16.7.2011)

venerdì 22 luglio 2011

25-26 Novembre VII conferenza nazionale Avvocatura

Si dibatterà di riforma, ordinamento forense e libere professioni

Due anni dopo il trionfo dell’Hilton, quando il 20 e il 21 novembre del  2009, chiamati a raccolta dall’Oua, più di duemila avvocati invasero l’albergo romano per partecipare alla VI conferenza nazionale dell’avvocatura, l'Organismo unitario dell'Avvocatura ha indetto la Conferenza nazionale dell'Avvocatura che si terrà a Roma il 25 e 26 novembre prossimi.
Nel 2009 il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, fu accolto con un lungo applauso quando conquisto la platea asserendo che” con la riforma della giustizia vogliamo far sì che l'avvocato italiano abbia pari rango rispetto ai magistrati italiani”.
Situazione ben diversa da quella presentatasi a Genova lo scorso anno quando il Guardasigilli fu accolto da bordate di fischi e da cartellini rossi sventolati da avvocati imbestialiti. Nell'assise del prossimo novembre, Alfano non sarà più ministro. E gli Avvocati si confronteranno ancora una volta con la politica e con il suo successore su temi della Giustizia e della professione forense. 
“È di grande attualità l'istanza generale di rigenerazione della politica, un passaggio utile per il bene comune e per la tutela dei diritti dei cittadini – sottolinea a Mp  Maurizio de Tilla, presidente Oua - tutti i politici dichiarano di voler essere presenti nel 'partito degli onesti'. Noi li chiamiamo a dimostrarlo con i fatti. Il mondo delle libere professioni trarrà grande vantaggio da interlocutori politici trasparenti che finiranno per apprezzare il lavoro intellettuale degli oltre due milioni di professionisti italiani. Un settore produttivo importante per il Paese ma che non è equiparabile a quello delle imprese. Partendo da questa convinzione vogliamo ancora una volta sottolineare la nostra assoluta contrariata alle liberalizzazioni selvagge - continua il presidente dell'Oua - L'avvocatura chiede alle altre professioni inequivoche prese di posizione in tal senso. Dal suo canto Confindustria deve prendere atto delle richieste dell'Avvocatura che già soffre per il numero elevato degli iscritti (230.000) e rivendica giustamente la sua funzione costituzionale di difesa dei diritti dei cittadini, ripetutamente riconosciuta dall'Europa. Chiamiamo tutti a un dialogo aperto e senza pregiudizi”.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 22.7.2011)

Infanzia, nasce la figura del Garante

Entrerà in vigore il 3 agosto prossimo la legge n. 112 del 12 luglio 2011 (pubblicata in Gazzetta ufficiale 19 luglio 2011, n. 166) che istituisce l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.
Il disegno di legge era stato approvato dal Senato in via definitiva il 22 giugno 2011 mentre aveva ottenuto il via libera dalla Camera il 16 marzo 2011. Il testo era già stato presentato in Assemblea nel settembre del 2009 e poi rinviato alle commissioni Affari Costituzionali e Affari Sociali, che hanno concluso il loro lavoro il 9 marzo scorso.
La nascita della figura del garante dà attuazione all'articolo 31 della Costituzione ("La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo") oltre che a una serie di convenzioni e atti internazionali, fra i quali la quella sui diritti del fanciullo di New York, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quella europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli.
Il Garante nazionale per l'Infanzia e l'adolescenza
È un organo monocratico, con poteri autonomi di organizzazione, indipendenza amministrativa e senza vincoli di subordinazione gerarcica. Il titolare è nominato d'intesa con i presidenti della Camera e del Senato, dura in carica quattro anni e il suo mandato è rinnovabile una sola volta.
Al Garante sono assegnate una serie di funzioni di promozione, collaborazione, garanzia, oltre a competenze consultive. Può anche esprimere pareri sui disegni di legge e sugli atti normativi del Governo in tema di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, promuovere sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza. Dovrà presentare alle Camere, entro il 30 aprile di ogni anno, una relazione sull'attività svolta con riferimento all'anno solare precedente.
L'Autorità garante promuove, inoltre, a livello nazionale, studi e ricerche sull'attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, avvalendosi dei dati e delle informazioni dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Chiunque può rivolgersi all'Autorità garante anche attraverso il numero telefonico di emergenza gratuito 114, ovvero attraverso altri numeri telefonici di pubblica utilità gratuiti, per la segnalazione di violazioni ovvero di situazioni di rischio di violazione dei diritti dei minori.
Il Garante esercita la sua attività a favore dei diritti dei minori anche mediante compiti di proposta, consultivi, di informazione e di ascolto dei minori.
Le legge ha istituito, inoltre, la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, presieduta dall'Autorità e composta dai garanti regionali o da figure analoghe, ove istituite, per promuovere l'adozione di linee d'azione comuni ed individuare forme per un costante scambio di dati e di informazioni.

(Da Altalex del 22.7.2011)

FORMAZIONE, RITIRATE GLI ATTESTATI!

Invitiamo i Colleghi a ritirare gli attestati relativi alla partecipazione agli eventi per l'acquisizione dei crediti formativi ancora giacenti presso la sede dell'AGA (qualcuno ne ha più d'uno!).
Concordate tempi e modalità contattando il Presidente Avv. Fiumanò o il Segretario Avv. Vitale, peraltro spesso presenti in Tribunale. 
Sin d'ora si precisa che tale ritiro non sarà possibile per il mese di Agosto.
 

giovedì 21 luglio 2011

Legittimazione all’accesso ai documenti amministrativi

È orientamento interpretativo pacifico quello secondo cui l’interesse all’esibizione di documenti amministrativi può fondarsi su un interesse differenziato anche quando questo non abbia consistenza tale da legittimare il titolare alla proposizione dell’azione giurisdizionale.
Invero, la situazione “giuridicamente rilevante” disciplinata dall'art. 22 della legge 7 agosto 199 n. 241, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è nozione diversa e più ampia rispetto all'interesse all'impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
Ne consegue, logicamente, che la legittimazione all'accesso ai documenti amministrativi va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano spiegato, o siano idonei a spiegare, effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all'impugnativa dell'atto.

Giuseppe Cassano (da diritto.it del 21.7.2011)

Ciclista investita, danno morale in proporzione al biologico

Con la sentenza n. 15373 del 13 luglio la Corte di Cassazione ribadisce il principio dell’unitarietà del danno non patrimoniale, che deve essere liquidato evitando duplicazioni risarcitorie, e aggiunge che il danno morale può essere calcolato in proporzione a quello biologico.
Il caso
Investita mentre viaggia con il figlio piccolo a bordo della sua bicicletta, una donna chiede il risarcimento dei danni subiti. E li ottiene: il Tribunale e la Corte d’Appello, infatti, condannano proprietario e guidatore della vettura responsabile dell’incidente stradale. Ma la liquidazione è insufficiente, secondo la vittima, che si rivolge, quindi, alla Corte di Cassazione.
Il ricorso, articolato in diversi motivi, attiene sostanzialmente alla liquidazione delle singole voci di danno, ma non trova il favore della S.C. che, richiamando pacifici principi di diritto, lo rigetta.
Non esiste un’autonoma voce di danno esistenziale
Quanto al mancato riconoscimento del danno temporaneo psichico, alias danno esistenziale, il Collegio afferma preliminarmente che non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di danno esistenziale.
Al fine del riconoscimento di tale forma di danno è richiesto che l’illecito abbia sconvolto la quotidianità della vittima, costringendola a forme di vita diverse. Nel caso in esame, è corretta la valutazione dei giudici di merito, che non hanno ravvisato l’esistenza di un simile sconvolgimento nella vita della ricorrente e, quindi, hanno negato il relativo risarcimento.
Sì alla liquidazione del danno morale in proporzione al biologico
Con altro motivo di ricorso, si censura la sentenza per aver liquidato il danno morale come frazione del biologico. Anche sul punto, il Collegio conferma la valutazione dei giudici territoriali, ritenendo infondato il motivo. Ed infatti, nel valutare l’aspetto del danno costituito dalla lesione all’integrità morale, costituzionalmente rilevante, i giudici non hanno affatto affermato che tale forma di danno costituisce una frazione del danno biologico, ma si sono limitati a confermare la correttezza della liquidazione, effettuata dal Tribunale equitativamente. Il danno morale, insomma, è stato calcolato sulla base della comparazione con la misura del risarcimento del danno biologico. E si tratta di operazione lecita: il danno morale, infatti, può essere liquidato in proporzione a quello biologico.

(Da avvocati.it del 21.7.2011)

Chiede interdizione madre ma la perizia gli dà torto

La valutazione delle prove è riservata al giudice di merito che, se ritiene di avere sufficienti elementi per decidere, può rifiutare l’ammissione di documenti richiesti dalla parte.
Il caso
Un uomo chiedeva che venisse dichiarata l’interdizione o l’inabilitazione della madre. Il Tribunale rigettava la domanda e in secondo grado la decisione veniva confermata; l’uomo, infine, proponeva ricorso per cassazione, contestando la nullità della CTU espletata in fase di merito e la mancata assunzione di prove, ritenute determinanti ai fini della decisione.
Il ricorso è inammissibile e infondato
La S.C., con la sentenza n. 15567, depositata lo scorso 14 luglio, non può che rigettare il ricorso, per inammissibilità di alcuni motivi, formulati in maniera non conforme alle prescrizioni di legge, e infondatezza di altri.

(Da avvocati.it del 21.7.2011)

mercoledì 20 luglio 2011

Audizione dei civilisti per la riduzione dei riti


L’A.I.A.C. – Associazione Italiana Avvocati Civilisti, rappresentata dal Segretario, Avv. Pasquale Barbieri, e dal Coordinatore del Comitato Scientifico, Avv. Manola Faggiotto, ha partecipato all’audizione tenutasi presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione. L’A.I.A.C., dopo aver ribadito che lo stato della giustizia civile in Italia ha raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili e che una delle cause strutturali della crisi va senza dubbio individuata  nella anomala pluralità di riti esistenti (quasi 30), ha  manifestato pieno sostegno  per l'opera di riduzione dei procedimenti civili in vista di una  migliore funzionalità ed efficienza del processo.
Ha, tuttavia, rilevato alcune significative criticità , quali:
    * dalla programmata riduzione sono esclusi numerosi riti (quelli devoluti ad organi giurisdizionali speciali,  i procedimenti previsti e disciplinati nel codice civile e nel codice di procedura civile, nonchè i procedimenti previsti e disciplinati dalle leggi speciali in materia di procedure concorsuali , di famiglia , di minori, nonché  di titoli di credito  ed ancora, i procedimenti previsti nella legge n.300 del 1970 , i procedimenti contemplati nel codice della proprietà industriale  e i procedimenti disciplinati nel codice del consumo) ;
    * nel ricondurre i singoli riti differenziati ad uno di quelli contemplati dal codice di procedura civile,  sono state mantenute alcune regole processuali di carattere speciale ( in particolare quelle relative ai diversi termini per la proposizione del ricorso nonché per la notifica , alle differenti modalità di costituzione delle parti, alla differenziata disciplina della sospensione del provvedimento impugnato ) determinando la formulazione di nuovi “schemi “ procedimentali (una sorta di sottoriti), peraltro non uniformi , in cui le conservate peculiari disposizioni di mero rito finiscono con il creare specialità nelle specialità, rendendo in tal modo la tutela giurisdizionale più complicata anche ai fini della individuazione delle regole applicabili, sovrapponendo, anche per la mancanza di un’adeguata disciplina transitoria, nuovi riti a quelli preesistenti;
    * la previsione della non appellabilità della decisione dei procedimenti ricondotti al rito sommario di cognizione  . Oltre all’evidente eccesso di delega si sottolinea la inaccettabile compromissione delle garanzie difensive restando la tutela del diritto affidata  ad un unico grado di merito, peraltro a cognizione sommaria. 
L’A.I.A.C. ha, quindi, auspicato che si provveda al più presto ad una effettiva e completa opera di riduzione e semplificazione di tutti i  procedimenti civili, attraverso la loro riconduzione ad un modello processuale che possa coniugare l’esigenza della celerità con la salvaguardia del cararattere sostanziale delle garanzie processuali.  Solo così sarà possibile ottenere quella decisione “conforme al diritto” in ossequio al principio del “giusto processo“.

(Da Mondoprofessionisti del 20.7.2011)

Tasso ritardato pagamento nelle transazioni commerciali

Il saggio d'interesse per ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali per il semestre 1° luglio - 31 dicembre 2011 è determinato all'8,25%.
E' quanto risulta dal comunicato del Ministero dell'Economia e delle Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2011 che ha fissato il saggio di cui all'art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 231/2002.

(Da Altalex del 19.7.2011)