sabato 30 giugno 2012

STAMANE IL CONVEGNO SUL DNA

Da sin., Ursino, De Pasquale, Romano e Musumeci

Dell’interessante convegno proposto stamane dall’AGA, col patrocinio del Gruppo 24 ore, quale evento formativo prima della pausa estiva, daremo prossimamente più dettagliato resoconto.
Sin d’ora, però, appare giusto e doveroso ringraziare i brillanti relatori  cap. Carlo Romano, comandante sez. Biologia del RIS Carabinieri di Messina; il  sostituto procuratore della Repubblica dott. Andrea Ursino; il giudice della 1^ sez. penale del tribunale di Catania dott.ssa Enza De Pasquale; il consigliere AGA avv. Giuseppe Musumeci, anima del convegno, impreziosito dalla presenza di S.Ecc.za dott. Salvatore Scalia, Avvocato generale della Repubblica, e dagli interventi del magistrato dirigente di Giarre dott.ssa Maria Pia Urso e dell’esperto prof. Inzerillo.

DIRETTIVO AGA, FIUMANO' CONFERMATO PRESIDENTE


Il presidentissimo Fiumanò
Ieri mattina in tribunale, nella sala avvocati, sede dell’AGA, si è riunito il nuovo Consiglio direttivo dell’Associazione, eletto lo scorso sabato, per procedere alla distribuzione delle cariche.
All’insegna della continuità, all’unanimità sono stati confermati gli avvocati Giuseppe Fiumanò presidente, Massimo Nicotra vicepresidente, Mario Vitale segretario e addetto stampa e PR, Lucilla Trombetta tesoriere, Giuseppe Musumeci consigliere.

venerdì 29 giugno 2012

DOMANI CONVEGNO AGA SU DNA E REATO


DNA ed accertamento del fatto-reato” è il titolo del convegno organizzato dall’AGA, col patrocinio di Gruppo 24 Ore, che si svolgerà nel palazzo di giustizia di Giarre domani Sabato 30 Giugno, con inizio alle ore 9 e sino alle 13.
Dopo l’introduzione del presidente AGA avv. Giuseppe Fiumanò, relazioneranno:
il cap. Carlo Romano, comandante sez. Biologia del RIS Carabinieri di Messina (“Genetica forense – Lo studio di variabilità tra gli individui e la loro specifica individuazione”);
il  sostituto procuratore della Repubblica dott. Andrea Ursino (“L’identificazione del sospetto e l’individuazione dell’autore”);
il giudice della 1^ sez. penale del tribunale di Catania dott.ssa Enza De Pasquale (“La prova del DNA”);
il consigliere AGA avv. Giuseppe Musumeci (“Il contraddittorio sul DNA”).
Interverranno il magistrato dirigente di Giarre dott.ssa Maria Pia Urso ed il presidente dell’Ordine Avvocati di Catania avv. Maurizio Magnano di San Lio.
La partecipazione all’evento dà diritto a n. 4 crediti formativi.

giovedì 28 giugno 2012

Separazione e divorzio: esenti trasferimenti immobiliari ai figli


Agenzia Entrate, circolare 21.6.2012 n° 27

L'esenzione fiscale prevista dall'articolo 19 della legge n. 74 del 1987 deve ritenersi applicabile anche alle disposizioni patrimoniali in favore dei figli disposte in accordi di separazione e di divorzio a condizione che il testo dell'accordo omologato dal tribunale, al fine di garantire la certezza del diritto, preveda esplicitamente che l'accordo patrimoniale a beneficio dei figli, contenuto nello stesso, sia elemento funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale.
E' quanto chiarisce la Circolare 21 giugno 2012, n. 27 con la quale l'Agenzia delle Entrate risponde ad alcuni quesiti in materia di:
  decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo;
    accordi di separazione e divorzio;
   cessione di area gravata da vincolo di inedificabilità assoluta alla quale risulta connesso un diritto di cubatura.

(Da Altalex del 26.6.2012)

Nessun documento d’identità, legittima causa di esclusione


Tar Umbria – Perugia, sent. n. 46 del 14.2.2012

Anche dopo il 14 maggio 2011 va esclusa l’offerta priva (della copia fotostatica) del documento di identità in corso di validità del sottoscrittore.
L’allegazione della copia fotostatica del documento di identità viene ad assumere il valore di onere necessario per il sottoscrittore, al fine di conferire legale autenticità al suo scritto.
L’allegazione della fotocopia del documento di identità del sottoscrittore serve ad evidenziare l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica
Gli artt. 38, comma 3, e 47, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 enucleano infatti, allo scopo ora delineato, una fattispecie normativa complessa che pone a carico dell’interessato un preciso obbligo documentale, finalizzato a porre in evidenza il nesso tra dichiarazione e soggetto cui attribuirla.
Ne consegue che la mancata previsione di una sanzione espulsiva nella lex specialis appare elemento inconferente, venendo a mancare, in assenza del documento di identità, sia la riconducibilità al dichiarante, sia l’attribuibilità dell’intento partecipativo; non vi è dunque necessità di una sanzione espressa, trattandosi di conseguenza derivante ex lege dal mancato rispetto delle disposizioni cogenti in tema di documentazione amministrativa.
Tale criterio ermeneutico ha trovato conferma anche dopo l’introduzione, da parte del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106), peraltro inapplicabile ratione temporis, con l’art. 46, comma 1-bis, del codice dei contratti pubblici, del principio di tassatività delle cause di esclusione nelle gare di appalto; si è infatti ritenuto che la mancata allegazione della fotocopia di un valido documento di identità riguardante le generalità del sottoscrittore concreta proprio la fattispecie, prevista dalla novella legislativa, della “incertezza assoluta sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali” (T.A.R. Lazio, Sez. I bis, 6 dicembre 2011, n. 9597).
Passaggio tratto dalla sentenza numero 46 del 14 febbraio 2012 pronunciata dal Tar Umbria, Perugia:
Con il primo motivo del ricorso incidentale l’A.T.I. aggiudicataria deduce che il R.T.I. Ricorrente, ricorrente principale, doveva essere escluso dalla gara per avere violato le disposizioni della lex specialis sulle modalità di documentazione del curriculum; in particolare lamenta che, contrariamente a quanto prescritto dalla lettera di invito (Parte III, Capo I) e dal modello “C” allegato alla stessa lettera di invito, la documentazione (melius, le schede descrittive) inserita nella busta “C” dal R.T.I. Ricorrente era priva (della copia fotostatica) del documento di identità in corso di validità del sottoscrittore, né tale documento è stato rinvenuto in alcuna parte del plico contenente il curriculum; in presenza di tale omissione il Capo IV, punto b4), della Parte I della lettera di invito commina l’esclusione dell’offerta dalla gara; illegittimamente, dunque, la Commissione giudicatrice ha consentito la partecipazione alla gara di tale concorrente.
La censura è fondata, e meritevole pertanto di positiva valutazione.
Si evince infatti dalla busta “C-Curricula” (nella copia estratta in sede di accesso documentale) versata in atti dalla ricorrente incidentale come effettivamente l’A.T.I. con capogruppo mandataria la Ricorrente S.r.l. abbia prodotto le schede (contenenti i dati relativi ad interveti realizzati ed affini a quello oggetto di gara) secondo il modello “C”, sottoscritte e timbrate, ma non corredate dalla copia fotostatica del documento di riconoscimento del dichiarante in corso di validità.
Tale omissione si pone in contrasto con la lex specialis della gara, ed in particolare con le già ricordate prescrizioni della Parte Terza, Capo I della lettera di invito, alla cui stregua, tra l’altro, tutte le dichiarazioni richieste : «a.1) sono rilasciate ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445 del 2000, in carta semplice, con la sottoscrizione del dichiarante (rappresentante legale del concorrente o altro soggetto dotato del potere di impegnare contrattualmente il concorrente stesso); a.2) devono essere corredate dalla copia fotostatica di un documento di riconoscimento del dichiarante, in corso di validità»; la difformità è altresì evidente rispetto al modello “C” allegato alla lettera di invito, al quale fa espresso rinvio anche il Capo III della Parte I, in fondo al quale vi è un “N.B.” del seguente letterale (e grafico) tenore : «Il presente modulo, compilato in ogni sua parte, potrà essere costituito da un massimo di ulteriori due pagine formato UNI A4 e pena l’esclusione dalla gara, dovrà essere siglato, timbrato e corredato da fotocopia, non autenticata, di documento di identità del sottoscrittore, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445».
Il Capo IV della Parte I della lettera di invito, al punto b.4), prevede la esclusione dalla gara delle offerte «con una o più di una delle dichiarazioni richieste recanti indicazioni errate, insufficienti, non pertinenti, non veritiere o comunque non idonee all’accertamento dell’esistenza di fatti, circostanze o requisiti per i quali siano prodotte; oppure non sottoscritte dal soggetto competente».
Ad avviso del Collegio, all’interno di tale comminatoria di esclusione rientra anche la mancata allegazione della fotocopia del documento di identità del sottoscrittore, la quale serve ad evidenziare l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica; a tale esito si perviene, del resto, in forza della specifica ed autonoma clausola di esclusione contenuta nel modello “C”, che è parte integrante della lettera di invito.
In ogni caso, è noto l’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale in tema di partecipazione alle gare di appalto, l’allegazione della copia fotostatica del documento di identità viene ad assumere il valore di onere necessario per il sottoscrittore, al fine di conferire legale autenticità al suo scritto e di permettere l’imputabilità soggettiva della dichiarazione, così che la mancata allegazione della copia del documento di identità rende del tutto inutile la produzione della documentazione per la partecipazione alla gara (ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 24 gennaio 2011, n. 478; Sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4967).
Gli artt. 38, comma 3, e 47, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 enucleano infatti, allo scopo ora delineato, una fattispecie normativa complessa che pone a carico dell’interessato un preciso obbligo documentale, finalizzato a porre in evidenza il nesso tra dichiarazione e soggetto cui attribuirla.
Ne consegue che la mancata previsione di una sanzione espulsiva nella lex specialis appare elemento inconferente, venendo a mancare, in assenza del documento di identità, sia la riconducibilità al dichiarante, sia l’attribuibilità dell’intento partecipativo; non vi è dunque necessità di una sanzione espressa, trattandosi di conseguenza derivante ex lege dal mancato rispetto delle disposizioni cogenti in tema di documentazione amministrativa.
Tale criterio ermeneutico ha trovato conferma anche dopo l’introduzione, da parte del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106), peraltro inapplicabile ratione temporis, con l’art. 46, comma 1-bis, del codice dei contratti pubblici, del principio di tassatività delle cause di esclusione nelle gare di appalto; si è infatti ritenuto che la mancata allegazione della fotocopia di un valido documento di identità riguardante le generalità del sottoscrittore concreta proprio la fattispecie, prevista dalla novella legislativa, della “incertezza assoluta sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali” (T.A.R. Lazio, Sez. I bis, 6 dicembre 2011, n. 9597).
Da quanto esposto emerge che illegittimamente il R.T.I. ricorrente è stato ammesso alla gara oggetto del presente giudizio.

Sonia Lazzini (da diritto.it del 27.6.2012)

mercoledì 27 giugno 2012

Nozze figlio non indipendente, spese straordinarie

Corte App. Palermo, ud. collegiale del 13.1.2012

Nell'ambito delle diverse problematiche che possono insorgere in materia di separazione personale e di divorzio, il decreto della Corte di Appello di Palermo può costituire un precedente importante quanto alla definizione e identificazione delle “spese straordinarie” che ciascun genitore ha l'obbligo di versare nelle misura del 50%.
Infatti il provvedimento della Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha statuito che le spese necessarie per le nozze del figlio maggiorenne non ancora indipendente, lungi dall'essere degli atti di liberalità, rimessi alla discrezionalità del singolo genitore, devono essere ricondotti al più generale dovere di mantenimento che grava sui genitori, che devono provvedere non solo al soddisfacimento dei bisogni materiali, alimentare e abitativo, dei figli, ma anche alla soddisfazione di esigenze di tipo “sociale”, qual'è appunto quella, del tutto naturale, di contrarre matrimonio e pertanto le relative spese, in quanto imprevedibili e straordinarie, devono essere sostenute da entrambi i genitori.

(Da avvocatoandreani.it del 13.6.2012)

No reato se dipendente videosorvegliato ha prestato consenso


Cass. III Sez. Penale, Sent. 11.6.2012, n. 22611

Non commette reato l’imprenditore che videosorveglia i dipendenti, dopo avergli fatto firmare un foglio di autorizzazione. Ciò anche in assenza di un accordo con le rappresentanze sindacali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 22611 dell’11 giugno 2012, ha assolto una imprenditrice di Pisa che aveva fatto installare due telecamere dietro a due dipendenti, previa sottoscrizione di un’autorizzazione.
Dunque, mentre fino a qualche tempo fa la giurisprudenza di legittimità aveva sempre condannato questi controlli troppo invadenti da parte dell’azienda chiedendo come requisito l’accordo con le RSU, ora è sufficiente una firma del lavoratore.
Sul punto la Terza Sezione Penale della Cassazione ha spiegato che “se è vero che la disposizione contenuta nell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori intende tutelare i lavoratori contro forme subdole di controllo della loro attività da parte del datore di lavoro e che tale rischio viene escluso in presenza di un consenso di organismi di categoria rappresentativi (RSU o commissione interna), a maggior ragione, tale consenso deve essere considerato validamente prestato quando promani proprio da tutti i dipendenti”.
Secondo la Cassazione quanto sopra non è neppure in contrasto con la enunciazione della medesima Cassazione (Sezione Terza, 15 dicembre 2006), secondo cui integrano il reato di cui agli articoli 4 e 38 Legge 300/70 anche gli impianti audiovisivi non occulti essendo sufficiente la semplice idoneità del controllo a distanza dei lavoratori. Ciò perché anche in tale motivazione si è sottolineato che ciò vale sempre che avvenga senza accordo con le rappresentanze sindacali.
“Come ribadire, cioè, che l’esistenza di un consenso validamente prestato da parte di chi sia titolare del bene protetto, esclude la integrazione dell’illecito”.
A tale stregua, pertanto, l’evocazione nella decisione impugnata del principio giurisprudenziale appena citato risulta non pertinente e legittima il convincimento che il giudice di merito abbia dato della norma una interpretazione eccessivamente formale e meccanicistica limitandosi a constatare l’assenza del consenso delle RSU o di una commissione interna ed affermando, pertanto, l’equazione che ciò dava automaticamente luogo alla infrazione contestata.
In tal modo, però egli ha ignorato il dato obiettivo (peraltro di provenienza non sospetta, visto che sono stati gli stessi ispettori del lavoro a riportarlo) che l’odierna ricorrente aveva acquisito il consenso di tutti i dipendenti”.

Alida Alfano (da filodiritto.com del 18.6.2012)

martedì 26 giugno 2012

Affitti senza controlli di pubblica sicurezza


A partire dal 21 giugno scorso, chi affitta o dà in comodato un immobile, non è più soggetto all'obbligo di comunicazione alla questura.
E' quanto dispone il D.L. 20 giugno 2012, n. 79 che, all'articolo 2, prevede la cancellazione della comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza nell'ipotesi in cui il contratto di locazione o di comodato siano ''soggetti a registrazione in termine fisso''.
Con tale espressione, il DPR n. 131/1986 (Testo unico dell'imposta di registro), indica tutti i contratti di locazione, verbali o scritti (eccezion fatta per le locazioni di immobili, non aventi la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, di durata superiore a trenta giorni complessivi nell'anno che sono soggetti aregistrazione solo in caso d'uso) nonchè i contratti di comodato di immobili stipulati per iscritto.
La comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza era già stata oggetto di cancellazione per effetto  dell'art. 1, comma 344, L. 30 dicembre 2004, n. 311, e poi, definitivamente, dall'art. 5, comma 4, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, nelle sole ipotesi di contratti di cessione della proprietà  immobiliare.

(Da Altalex del 22.6.2012)

Infiltrazioni d’acqua dal terrazzo: a risarcire è il condominio


Posto che il terrazzo svolge funzioni di copertura dell’edificio, l’eventuale difetto di manutenzione è da imputare al condominio. A statuirlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8172/2012.
Il caso. Le infiltrazioni d’acqua dal terrazzo soprastante un appartamento conducono – come spesso accade -  al processo per risarcimento danni. Il tribunale adito riconosce la somma di 930 euro in favore della condomina danneggiata; somma che in appello viene aumentata. Nel ricorso per cassazione il soccombente richiama l’art. 3 del regolamento condominiale: «costituiscono proprietà comuni a tutti i condomini, in modo indivisibile ed in parti proporzionali ai millesimi, di proprietà a ciascun appartamento … le terrazze del piano attico e del piano superattico costituiscono piano di copertura del fabbricato e come tale risultano proprietà comune. Agli effetti della manutenzione si fa espresso richiamo al codice civile, art. 1126».
Il giudizio di legittimità. Gli ermellini rilevano l’omessa motivazione in merito all’interpretazione della norma regolamentare, cui «la Corte territoriale non ha fatto alcun richiamo; né d’altra parte può dubitarsi che tale questione costituisca un punto decisivo della controversia, atteso che la proprietà della terrazza in questione e la regolamentazione delle spese relative alla sua manutenzione costituiscono l’oggetto del presente giudizio». Il difetto di manutenzione è da imputare al condominio: infatti, il terrazzo svolge funzioni di copertura dell’edificio. Inoltre l’assemblea condominiale ha, in passato, deliberato la totale impermeabilizzazione del terrazzo, senza tuttavia mai eseguire i lavori. Pertanto, la responsabilità e la conseguente ripartizione del risarcimento dei danni derivanti dal lastrico solare grava sul condominio stesso, all’interno del quale le spese devono essere ripartite tra i singoli condomini.

(Da avvocati.it del 25.6.2012)

In corsia d’emergenza per evitare colpo di sonno, nessuna responsabilità


Il camionista che sosta in nella corsia di emergenza, per evitare il classico «colpo di sonno», non è responsabile della morte dell’automobilista schiantatosi contro il suo mezzo. E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione, nella sentenza n. 19170/2012.
Il caso. Una mattina di inverno, sull’autostrada del Sole, un automobilista perdeva il controllo dell’auto a seguito dello scoppio di un pneumatico. Il veicolo, dopo aver effettuato più giri su se stesso, si schiantava contro un tir in sosta sulla corsia di emergenza. Per l’automobilista, purtroppo, l’urto si rivelava fatale, mentre gli altri occupanti del veicolo riportavano lesioni personali. Il Gup dichiarava non doversi procedere perché il fatto non sussiste nei confronti del camionista in ordine al reato di omicidio colposo, poiché aveva assimilato la stanchezza al malessere fisiologico, che giustificherebbe la sosta sulla corsia di emergenza. Di parere opposto sono il PG e le parti civili che propongono ricorso per cassazione.
Il giudizio di legittimità. La Suprema Corte però ritiene corretto l’inquadramento della fattispecie effettuato dal Gup: «il termine malessere non può esaurirsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto», ma è necessario ricomprendere in esso l’incoercibile necessità fisica anche transitoria che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione, come - ad esempio - «la stanchezza ed il torpore che sono segni premonitori di un colpo di sonno ed impongono al soggetto, per concrete esigenze di tutela per sé e per gli altri utenti della strada, di interrompere la guida». Pertanto, per piazza Cavour, la causa esclusiva del sinistro è da individuare nello scoppio del pneumatico.

(Da avvocati.it del 25.6.2012)

Mobili diversi da quelli concordati, risoluzione per committente insoddisfatto


Per poter risolvere il contratto di appalto per i vizi dell’opera, si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la semplice risoluzione della compravendita dovuta ai vizi della cosa. La valutazione circa le difformità è basata su criteri subiettivi quando si esplicita nel contratto un particolare impiego dell’opera. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nell’ ordinanza n. 7942/2012.
Il caso. Una società promuoveva ricorso contro un privato per ottenere la condanna al pagamento di un’ingente somma a titolo di corrispettivo per mobili e arredi casalinghi eseguiti su misura. L’uomo, dal canto suo, proponeva domanda riconvenzionale oppure la riduzione del corrispettivo. Riformando la decisione del giudice di prime cure, la Corte territoriale riteneva la parziale fondatezza del gravame principale e, in accoglimento della riconvenzionale, statuiva la risoluzione del contratto. La società ricorre per cassazione.
Il giudizio di legittimità. Per la Suprema Corte, ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell’opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa. Pertanto, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto di appalto è ammessa solo nell’ipotesi in cui l’opera sia totalmente inadatta alla destinazione propria e affetta da tare incidenti in modo notevole sulla funzionalità complessiva. Qualora i vizi siano agevolmente eliminabili, il committente può solo domandare uno dei rimedi ex art. 1668 c.c., salvo il risarcimento del danno per colpa dell’appaltatore. La valutazione delle difformità deve avvenire in base a criteri obiettivi, ossia considerando la destinazione che l’opera riceverebbe dalla generalità delle persone; invece va compiuta con criteri subiettivi quando le possibilità di un particolare impiego siano appositamente dedotte in contratto. Spetta poi al committente provare la sussistenza dei vizi dedotti, mentre compete all’appaltatore addurre l’esistenza di eventuali cause impedenti la rivalsa del diritto. Nel caso in esame, i giudici di merito hanno accertato che la mobilia era di una tipologia affatto diversa rispetto a quella concordata. Del resto il prezzo complessivo pattuito con riferimento all’arredo, assai elevato, e la mancata rifinitura dello stesso, hanno indotto il giudice di seconde cure a considerare la prestazione unitaria come del tutto inadeguata alla finalità preordinata. Non poteva che conseguirne, quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento.

(Da avvocati.it del 22.6.2012)

lunedì 25 giugno 2012

SABATO 30 CONVEGNO AGA SU DNA E REATO


DNA ed accertamento del fatto-reato” è il titolo del convegno organizzato dall’AGA, col patrocinio di Gruppo 24 Ore, che si svolgerà nel palazzo di giustizia di Giarre il prossimo Sabato 30 Giugno, con inizio alle ore 9.
Dopo l’introduzione del presidente AGA avv. Giuseppe Fiumanò, relazioneranno:
il cap. Carlo Romano, comandante sez. Biologia del RIS Carabinieri di Messina (“Genetica forense – Lo studio di variabilità tra gli individui e la loro specifica individuazione”);
il  sostituto procuratore della Repubblica dott. Andrea Ursino (“L’identificazione del sospetto e l’individuazione dell’autore”);
il giudice della 1^ sez. penale del tribunale di Catania dott.ssa Enza De Pasquale (“La prova del DNA”);
il consigliere AGA avv. Giuseppe Musumeci (“Il contraddittorio sul DNA”).
Interverranno il magistrato dirigente di Giarre dott.ssa Maria Pia Urso ed il presidente dell’Ordine Avvocati di Catania avv. Maurizio Magnano di San Lio.
La partecipazione all’evento dà diritto a n. 4 crediti formativi.

Frode “carosello”: sì alla prova per presunzioni semplici


Cass. Civ. sez. tributaria, sent. 6.6.2012 n° 9107

Una società impugna alcuni avvisi di accertamento emessi con riferimento all’attività di acquisto di autoveicoli esteri ad opera di società intermediarie, con successiva rivendita. Era stato strutturato un congegno contabile di fatturazioni inesistenti, dal punto di vista soggettivo, nel fenomeno della cd. “frode carosello”. Questa si basa sull’omesso versamento dell’imposta incassata da società cartiere a seguito di acquisti intracomunitari, o in altro modo esenti, e conseguenti rivendite, anche mediante l’intervento di società filtro. In primo grado la Commissione tributaria rigetta il ricorso, con conferma in appello. La società quindi propone ricorso per cassazione formulando sei motivi. L’amministrazione resiste con controricorso.
In particolare, rigettando tutti i motivi formulati, la sezione Tributaria statuisce che “l’amministrazione può dar prova dei fatti mediante presunzioni semplici”, rilevando che il giudice di merito ha accertato, attraverso i documenti prodotti, l’acquisto e la rivendita di autoveicoli a prezzi da considerarsi sottocosto, l’omesso versamento dell’IVA da parte delle ditte interposte verso l’Erario, e la detrazione IVA eseguita dall’interponente.
Ha inoltre ribadito il proprio orientamento in tema di IVA (Cass. n. 867 del 2010), nell’ambito delle frodi carosello: l’acquisto di materiali a prezzi più contenuti nella finalità di rivendere a prezzi più bassi fa presumere la “conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale”. Da ciò discende che, in applicazione del principio di cui all’art. 17 della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, l’IVA assolta dallo stesso beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non risulta detraibile in virtù del disposto di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, pure se le citate operazioni sono state, di fatto, compiute e le relative fatture appaiono regolari, come la documentazione contabile.
Sulla base del dictum estrapolato dalla propria sentenza n. 8132 del 2011, la Sezione Tributaria rileva inoltre che la società contribuente non ha fornito alcuna prova, “nemmeno in ordine alla propria buona fede, come era suo onere a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti”.

(Da Altalex del 15.6.2012. Nota di Laura Biarella)

domenica 24 giugno 2012

SABATO 30 EVENTO FORMATIVO SUL DNA


Il DNA come prova nel processo penale sarà l’argomento del prossimo evento formativo organizzato dall’AGA (in collaborazione col Gruppo Sole 24 Ore), che si svolgerà nell’androne del palazzo di Giustizia di Giarre il prossimo Sabato 30 Giugno, con inizio alle ore 9.
Ad avvicendarsi, tra i relatori, ufficiali dei RIS dei Carabinieri, magistrati e sostituti procuratori della Repubblica, il neo consigliere AGA Avv. Giuseppe Musumeci.
E’ prevista la partecipazione del presidente dell’Ordine di Catania Avv. Maurizio Magnano di San Lio e del Magistrato Dirigente di Giarre Dott.ssa Maria Pia Urso.
La partecipazione all’evento, gratuita per i soci AGA, dà diritto a n. 4 crediti formativi.

sabato 23 giugno 2012

ELETTO IL NUOVO DIRETTIVO DELL'AGA


FAC-SIMILE DELL’ORIGINALE AFFISSO
NELLA BACHECA SALA AVVOCATI

Associazione Giarrese Avvocati
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VERBALE ELEZIONI PER IL RINNOVO DEL CONSIGLIO DIRETTIVO 2012-2014
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L’anno 2012, il giorno 23 del mese di Giugno, alle ore 8.45, nella Sala Avvocati – sede dell’A.G.A. – del Tribunale di Giarre viene formalmente costituito il seggio elettorale per procedere alle operazioni di voto e scrutinio atte ad eleggere il Consiglio Direttivo dell’Associazione che rimarrè in carica fino al 2014. All’uopo sono presenti: il presidente uscente e presidente del seggio Giuseppe Fiumanò, il vicepresidente uscente Massimo Nicotra, il segretario  e addetto stampa e P.R. uscente Mario Vitale, il tesoriere uscente Lucilla Trombetta, il consigliere uscente Andrea Grasso.
Per costituire regolarmente il seggio, il presidente del seggio avv. Fiumanò nomina segretario dello stesso l’avv. Mario Vitale e nomina altresì, quali componenti scelti tra i soci non appartenente al Direttivo, gli avvocati Lucio Fresta ed Agata Petrino.
Alle ore 9 in punto i soci dell’A.G.A. iniziano a votare. Le operazioni si chiudono alle ore 11 in punto.
Espletate tali operazioni di voto ai sensi dello Statuto e del Regolamento dell’Associazione, risultano aver votato personalmente n. 58 soci. Questi i risultati dello scrutinio riguardante i sei candidati per i cinque posti nel Consiglio Direttivo:
  1. Avv. Fiumanò Giuseppe       -  voti 50
  2. Avv. Vitale Mario                  -  voti 49
  3. Avv. Trombetta Lucilla         -  voti 35
  4. Avv. Nicotra Massimo           -  voti 34
  5. Avv. Musumeci Giuseppe      -  voti 34
  6. Avv. Grasso Andrea              -  voti 32.
Nessuna scheda nulla e/o bianca.
Alle ore 11,30 il presidente del seggio proclama eletti gli avvocati FIUMANO’ GIUSEPPE, VITALE MARIO, TROMBETTA LUCILLA, NICOTRA MASSIMO E MUSUMECI GIUSEPPE.
Il nuovo Consiglio Direttivo si riunirà nei prossimi giorni per procedere alla distribuzione delle cariche.

          Il Segretario                                                                       Il Presidente
    F.to Avv. Mario Vitale                                                     F.to Avv. Giuseppe Fiumanò

venerdì 22 giugno 2012

SI E' SPENTO L'AVV. ANTONIO RUGGIERO

Non è un anno felice  per noi Avvocati.
Apprendiamo oggi con tristezza che è venuto a mancare l'Avv. Antonio Ruggiero, principe del Foro penale, ormai catanese d'adozione ma di origine giarrese.
Il funerale sarà celebrato domani nella chiesa madre di Giarre.
Ai familiari le nostre sentite condoglianze.

DOMATTINA ELEZIONI AGA


Ricordiamo ai Colleghi che domani, Sabato 23 Giugno 2012, dalle ore 9 alle ore 11, presso la sala Avvocati del Tribunale di Giarre si terranno le elezioni del Consiglio direttivo per il biennio 2012/2014.
Sei i candati per i 5 posti disponibili (in ordine alfabetico):
FIUMANO’ GIUSEPPE
GRASSO ANDREA
MUSUMECI GIUSEPPE
NICOTRA MASSIMO
TROMBETTA LUCILLA
VITALE MARIO.

Motivi disciplinari e risoluzione rapporto di lavoro


Cons. Stato sent. n. 1442 del 15.3.2012

In tema di procedimento disciplinare nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato si considera la normativa posta dalla contrattazione collettiva o quella della legge?
1.     Premessa
Il TAR aveva accolto il ricorso proposto avverso il provvedimento del Ministero degli Affari esteri con il quale era stata disposta la risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato dal ricorrente con il Consolato generale d’Italia; ciò a causa di motivi disciplinari.
L’amministrazione proponeva appello avverso la sentenza, ritenendo la stessa erronea in quanto “si era considerato applicabile al procedimento disciplinare nella fattispecie oggetto di controversia la normativa posta dalla contrattazione collettiva anziché quella di legge.
2.     Il caso concreto
La sentenza impugnata di primo grado aveva accolto la doglianza ritenendo illegittimo il provvedimento disciplinare  in quanto svolto secondo la disciplina pubblicistica ex art. 164 d.P.R. 18/1967 e, quindi, in difformità dalla disciplina convenzionale introdotta con il CCNL per il comparto Ministeri.
3. Conclusioni
Con la sentenza in oggetto,  il Consiglio di Stato ha “ripercorso” l’iter normativo della questione precisando anzitutto che l’articolo 74, al comma 3, del d. lgs. 29/1993 ha disposto l’abrogazione di ogni disposizione in materia di sanzioni disciplinari per i pubblici impiegati incompatibili con le disposizioni dello stesso decreto.
Si stabiliva come termine a quo dell’efficacia abrogativa quello della data di stipulazione del primo contratto collettivo.
Il contratto collettivo di settore ha aggiunto una specifica disposizione transitoria secondo cui i procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del contratto stesso dovessero essere portati a termine secondo le procedure vigenti alla data del loro inizio.
Secondo quanto precisato dal Consiglio di Stato nella decisione che si commenta, le citate disposizioni devono essere, altresì, coordinate con quella dell’articolo 1, comma 4, che fa espresso rinvio ad idonea contrattazione collettiva per definire gli ambiti di applicabilità delle norme del contratto stesso ad alcune categorie di dipendenti.
Il Consiglio di Stato accoglie l’appello e per l’effetto annulla la sentenza impugnata.

Manuela Rinaldi (da diritto.it del 20.6.2012)

giovedì 21 giugno 2012

SABATO 23 ELEZIONI AGA


Come da precedenti annunci ed avvisi affissi ai sensi del Regolamento elettorale vigente, ricordiamo che dopodomani, Sabato 23 Giugno 2012, dalle ore 9 alle ore 11, presso la sala Avvocati del Tribunale di Giarre si terranno le elezioni del Consiglio direttivo per il biennio 2012/2014.
Sei i candidati per i 5 posti disponibili (in ordine alfabetico):
·       FIUMANO’ GIUSEPPE
·       GRASSO ANDREA
·       MUSUMECI GIUSEPPE
·       NICOTRA MASSIMO
·       TROMBETTA LUCILLA
·       VITALE MARIO.

Pensione ai superstiti ed art. 18 della L. 111/2011


Riduzione sulle pensioni ai superstiti

Art. 18, comma 5, della L. 111/2011: premessa
Il comma 5 dell’art. 18 della L. 111/2011 dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la riduzione sulle pensioni ai superstiti dell’aliquota percentuale della pensione indiretta e/o di reversibilità a favore del coniuge superstite dell’assicurato o pensionato deceduto iscritto nell’ambito del regime generale dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme esclusive o sostitutive di detto regime, nonché della gestione separata ex articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
La riduzione opera nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad età del medesimo superiore a 70 anni e la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni. Detta riduzione è del 10% in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero 10. In caso di frazione di anno la riduzione percentuale è proporzionalmente rideterminata. La norma prevede che la decurtazione della pensione ai superstiti non opera qualora vi siano figli minori, studenti o inabili.
La disposizione in esame opera per i decessi intervenuti a decorrere dal 1° dicembre 2011.
Destinatari
Destinatari della normativa richiamata sono il coniuge, il coniuge separato legalmente o
divorziato, titolare dell’assegno di cui all’art. 5 della legge 898/1979, superstiti, di assicurato o pensionato deceduto a decorrere dal dicembre 2011.
Ferma restando l’applicazione, ove ricorrano le condizioni, delle riduzioni previste dall’articolo 18, comma 5, della legge n. 111 del 2011, si riepilogano i requisiti soggettivi  del coniuge superstite, separato e divorziato per il diritto alla pensione ai superstiti.
Ex coniuge divorziato superstite
Nel caso in cui il/la defunto/a non si sia risposato/a, il divorziato ha diritto alla pensione in presenza delle seguenti condizioni:
-       deve essere titolare di assegno divorzile di cui all’art, 5 della legge 898/1970;
-       non deve essersi risposato; il passaggio a nuove nozze esclude il coniuge   divorziato dal diritto alla pensione ai superstiti anche se alla data del decesso dell’assicurato o del pensionato il nuovo matrimonio risulti sciolto per morte del coniuge o per divorzio;
-      la data di inizio del rapporto assicurativo dell’assicurato o del pensionato, sia anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
-   risultino perfezionati, in caso di decesso di assicurato, i requisiti di assicurazione e contribuzione stabiliti dalla legge.
Figli minori, studenti o inabili
Qualora vi siano figli minori, studenti o inabili la norma oggetto della presente circolare dispone che la pensione ai superstiti non deve essere ridotta.
I figli minori, studenti  di scuola media superiore o universitari,  inabili devono far parte del nucleo familiare alla data del decesso dell’assicurato o del pensionato. Per i figli studenti e per i figli inabili è richiesto che alla data del decesso del de cuius  fossero a suo carico.
Si rammenta che sono equiparati ai figli legittimi:
-    figli adottivi e affiliati del lavoratore deceduto (L. 04.05.1983, n. 184);
-    figli naturali del deceduto riconosciuti o giudizialmente dichiarati;
-   figli naturali non riconoscibili dal deceduto per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù di sentenza, nei casi previsti dall’art. 279 del codice civile;
-   figli naturali non riconoscibili dal deceduto che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno vitalizio, ai sensi degli artt. 580 e 594 del codice civile;
-    figli nati dal precedente matrimonio del coniuge del deceduto;
-   figli naturali riconosciuti, o giudizialmentedichiarati, dal coniuge del deceduto (DL Lgt. 18.01.1945, n. 39, art. 2, 3° comma);
-    nipoti minori dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti;
-   minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norme di legge (art.38 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818).
Qualora  vi siano  nel nucleo familiare del dante causa figli  naturali, anche minori, del coniuge superstite o nati da precedente matrimonio del medesimo, le Direzioni  territoriali dovranno verificare che il genitore naturale non abbia l’obbligo di erogare somme a titolo di  mantenimento dei medesimi, in tale ipotesi infatti le somme dovranno essere valutate ai fini delle verifica  dell’effettivo mantenimento da parte del de cuius  nonché del requisito del carico relativamente ai figli studenti o inabili. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di  pensione ai superstiti.
Cumulabilità della pensione ai superstiti con i redditi del beneficiario
La norma in esame dispone che, in assenza di figli minori, studenti o inabili come individuati secondo la disciplina dell’assicurazione generale obbligatoria (Art. . 22 , della legge 21 luglio 1965, n. 903), la quota di pensione ai superstiti liquidata in base al comma 5 dell’articolo 18 della legge n. 111 del 2011 soggiace ai   limiti  di cumulabilità' previsti dall’articolo 1, comma 41, della legge n.  335 del 1995.
Tali limiti di cumulabilità, infatti,  trovano applicazione nei casi di pensione ai superstiti spettante al solo coniuge ovvero ai genitori ovvero a fratelli e sorelle (v. in proposito circolari n. 234 del 25/08/ 1995 e n. 38 del  20/02/1996). 
L’articolo 1, comma 41, della legge n. 335/1995, com’è noto, ha disposto l’incumulabilità di una quota percentuale della pensione ai superstiti in relazione ai redditi del beneficiario, secondo la Tabella F allegata alla legge stessa.
Alla pensione ai superstiti o alla quota di pensione attribuita al coniuge superstite,  divorziato, a più coniugi divorziati ed al coniuge superstite si applicano le percentuali di cumulabilità con i redditi di cui all’art. 1, comma 41, della legge n. 335/1998. Ne consegue che ai fini dell'applicazione del comma 41, della legge n. 335/1995,  si deve tener  conto dei redditi assoggettati.

Rocchina Staiano (da diritto.it del 21.6.2012)

Compensazione del credito IVA anche in assenza di dichiarazione annuale


Il contribuente che ha registrato regolarmente le fatture e provveduto ad effettuare le liquidazioni periodiche ma non ha presentato la dichiarazione annuale può effettuare la compensazione del credito annuale, ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. 241/1997, quando il medesimo è stato riconosciuto dall’agenzia delle entrate.
Questa è la conclusione alla quale è pervenuta la commissione tributaria provinciale di Pisa con la sentenza 83/2/12 depositata il 5/4/12.
L’agenzia delle entrate rilevato che il contribuente, pur non avendo  presentato la dichiarazione ai fini IVA per gli anni 2005 e 2006, aveva utilizzato  i crediti IVA in compensazione orizzontale con specifici modelli F24, con separati atti relativi ai predetti anni procedeva recuperare l’imposta indebitamente utilizzata in compensazione oltre agli interessi irrogando, contestualmente,  la sanzione nella misura del 30%.
Il contribuente radicava distinti ricorsi dinanzi alla competente commissione tributaria chiedendo, in via preliminare,  l’ammissibilità del ricorso anche se l’atto ricevuto non era compreso tra quelli previsti dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 e, nel merito, l’annullamento del medesimo adducendo più argomentazioni.
L’agenzia delle entrate si costituiva ritualmente nel giudizio sostenendo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso argomentando poi la differenza tra
diritto al rimborso e diritto alla compensazione chiedendo comunque il rigetto del gravame.
La commissione riuniva i ricorsi e, aderendo all’interpretazione estensiva dell’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992, li dichiarava ammissibili in quanto proposti avverso atti relativi ad una pretesa creditoria dell’ente pubblico cioè funzionali a portare a conoscenza dell’interessato una determinata pretesa tributaria, definita in relazione all’an che al quantum, rispetto alla quale sorge l’interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della stessa .
I giudici pisani, premettono una considerazione generale di rango costituzionale con riflessi sul versante dell’interpretazione delle norme tributarie secondo la quale l’incertezza interpretativa va risolta alla stregua di principi costituzionali e, laddove il tributo risulti sproporzionato rispetto alla capacità contributiva, le relative norme dovranno tener conto della suddetta regola d’indirizzo e, inoltre, che la decadenza legale è un istituto di carattere eccezionale in quanto deroga al principio generale secondo il quale l’esercizio dei diritti soggettivi non è sottoposto a limiti ed il titolare può esercitarli quando, come o dove gli pare opportuno, con la conseguenza che le norme che stabiliscono la decadenza non sono suscettibili di interpretazione analogica.
La commissione, entrando nel merito,  rileva che l’agenzia delle entrate ha verificato per tabula, mediante la verifica delle scritture contabili, l’esistenza effettiva del credito IVA per l’anno 2005 e 2006 che il contribuente ha utilizzato successivamente in compensazione in F24 affermando che,  in mancanza di una norma chiara a livello di fonti normative, anche se esistono  fonti esplicative a favore dell’amministrazione finanziaria, occorre preferire l’interpretazione più favorevole al contribuente per essere in linea con il principio della capacità contributiva costituzionalmente imposto oltre che all’interprete al legislatore.
L’ufficio, secondo i giudici toscani, interpreta l’art. 17 del D.Lgs. 241/1997 nel senso che la compensazione è possibile soltanto quando i crediti d’imposta emergono dalla dichiarazione il che non si rileva dalla lettura della norma che, nell’ultima parte del primo comma,   segnala che “.. tale compensazione deve essere effettuata entro e non oltre la data di presentazione della dichiarazione successiva”. L’elemento condizionante della validità della compensazione operata, quindi, è che la stessa deve operarsi, e solo, in una determinata modalità cronologica stabilita per relationem.
La commissione annulla l’atto notificato  con spese compensate .

Enzo Sollini (da diritto.it del 16.6.2012)