mercoledì 29 febbraio 2012

Commissione tributaria, aumento costo rilascio copie

Processo tributario: aumenta il diritto di copia
a carico del contribuente per il rilascio degli atti da parte di Ctp e Ctr

Lievitano i diritti di copia nel processo tributario a carico dei contribuenti. Per la copia cartacea senza dichiarazione di conformità saranno necessari 1,50 euro in marche da bollo da una a quattro pagine, 3 euro da 5 a dieci pagine, 6 da 11 a 20, 12 da 21 a 50 e infine 25, da 51 a 100.
È quanto previsto da un decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze uscito sulla gazzetta ufficiale del 29 febbraio 2012.
Ma il vero aumento c'è sulle copie autentiche: 9 euro in aggiunta a quanto pagato per la copia priva della dichiarazione di conformità.
Invece per il rilascio di documenti in formato elettronico la spesa varia a seconda dei Kilobyte: un euro fino a 40 kb, 2 euro da 41 a 100, 4 euro da 101 a 200, 8 euro da 201 a 500 e 15 euro fino a 1000.

Debora Alberici (da cassazione.net)

Protesta, a Catania Avvocati… in manette!

Per un giorno si sono anche ammanettati, ma solo simbolicamente per protestare contro la riforma del governo Monti. Venerdì scorso, durante un incontro, nella sala della biblioteca dell’ordine degli avvocati catanesi, alla presenza del presidente dell’ordine Maurizio Magnano di San Lio, del segretario Diego Geraci e del tesoriere Antoni Ciavola, Elena  e Claudia Cassella, presidente e tesoriere dell’Aiga di Catania, associazione italiana giovani avvocati, si sono presentate con tanto di manette. Per quale ragione?
“Perché –hanno spiegato- con la riforma di questo governo e il previsto ingresso delle società di capitali negli studi professionali rischia di finire la libertà e l’autonomia che caratterizzano la figura dell’avvocato”. Quindi, niente capitali e impresa, niente “commercializzazione” della professione. Meglio la tradizionale figura del “mastro”, la pratica negli studi e nei tribunali. Sul campo- hanno spiegato le rappresentanti dell’Aiga.
Magari anche con qualche “apertura” di “fette di mercato legale”, ricorrendo a qualche modifica legislativa magari riguardo alle competenze notarili in tema di compravendita.
Ma in generale, è stata una giornata di protesta a Palazzo di Giustizia, in linea con quanto avvenuto nel resto d’Italia per la protesta, oggi e domani, decisa dall’organizzazione unitaria dell’avvocatura. Gli avvocati che hanno partecipato hanno “occupato” simbolicamente il Palazzo: poi l’incontro pubblico. Ed è stato un tourbillon di critiche alla riforma montiana, alla “liberalizzazione selvaggia” che cambierebbe il volto della professione, intervenendo su formazione, tariffe, ingresso di capitali.
Una “bocciatura” su tutto il fronte, quindi, dagli avvocati intervenuti, su più aspetti: da Fabio Florio, del consiglio nazionale forense, da Mario Savio Grasso dell’Afla, associazione forense liberi avvocati (per il quale, fra l’altro, “i parlamentari avvocati se ne fottono dei nostri problemi”), da Salvo Trombetta per la Camera Penale, da Maurizio Benincasa per la Camera Minorile, da Giuseppe Zangara per la camera civile e da Angela Chimento per l’osservatorio per il diritto di famiglia.
Di certo, gli avvocati dicono di non volere “la polverosa legge degli anni trenta” che regola la professione –come ricordato dal presidente dell’ordine di Catania Maurizio Magnano di San Lio, ma di certo non questa “liberalizzazione”, definita anche “legge disarmonica” e che colpirebbe anche i diritti dei cittadini, come in tema di aumento del contributo unificato.
Gli avvocati sono –a parole- per una professione modernizzata, libera, qualificata e al servizio del cittadino. Ma allora, ci chiediamo noi: quello che accade ogni giorno nelle aule di giustizia, con le mille ingiustizie che si vedono, è colpa del governo? O solo dei magistrati? Oppure esiste un problema generale dell’amministrazione della giustizia in Italia, avvocatura inclusa? E gli avvocati che operano nei consigli d’amministrazione o negli organismi di direzione o simili di società ed enti che fanno? Profitto o libera professione? E ancora: a quando lo sciopero dei tanti “giovani” sfruttati negli studi professionali (per la verità non solo quelli legali, come nel caso dei giornalisti)? Altro che “liberalizzazione”: di “selvaggio” c’è lo sfruttamento e da decenni.

(Da Mondoprofessionisti del 28.2.2012)

I giovani Avvocati chiedono vere riforme

di Claudia Pizzurro, Segretario Nazionale Aiga

Il Governo Monti ritiene che le liberalizzazioni siano necessarie per assicurare la ripresa economica nel nostro Paese. Al teorema segue il corollario: l’abrogazione immediata delle tariffe professionali. Il provvedimento ha determinato un vero e proprio cortocircuito a totale scapito dei cittadini che rischiano oggi di non ottenere la condanna alle spese di giudizio a carico della controparte o l’addebito al debitore dei costi relativi al precetto (l’atto che precede il giudizio diretto alla soddisfazione concreta del creditore). In mancanza dei parametri ministeriali relativi alla liquidazione delle spese in ambito giudiziale, si è creato un vuoto normativo che ognuno riempie a modo suo: alcuni magistrati hanno sollevato questione di legittimità costituzionale, in altri fori vi sono state intese tra magistratura e avvocatura approdate talvolta alla decisione di applicare, almeno per ora, le vecchie tariffe. Gli effetti sono stati nel complesso così nefasti che anche la politica in qualche modo si è posta il problema. L’operato del Governo denota problemi di metodo e di merito. Sarebbe stato doveroso ascoltare preventivamente le rappresentanze delle categorie interessate ed in particolare quelle più giovani, in modo da intervenire avendo conoscenza obiettiva della situazione reale ed escludendo ogni generalizzazione. Il problema, infatti, è particolarmente grave per l’avvocatura, garante del diritto, che non può essere travolta da una deriva mercantilistica, e ciò a maggior ragione per la crisi anche economica che essa attraversa. Il mercato professionale è ormai saturo; i redditi medi sono in costante calo, specialmente per i giovani e le donne, e si allarga la percentuale degli avvocati non iscritti alla Cassa a causa del mancato raggiungimento del reddito minimo ai fini Irpef, pari ad € 10.100,00 per il 2011. Se si intende quindi intervenire a favore dei giovani professionisti, evitando le mortificazioni e cercando le opportune valorizzazioni, il piano deve essere organico e lungimirante evitando interventi spot come l’abolizione delle tariffe, che rischia di andare ad esclusivo vantaggio dei grandi gruppi economici. In primis, l’Aiga da tempo chiede che l’iter parlamentare diretto all’approvazione del disegno di legge sulla riforma della professione forense giunga velocemente a conclusione. Certo la norma va collegata ai principi contenuti nella manovra estiva di stabilità e altri miglioramenti sono auspicabili: compenso non soltanto ai praticanti, ma anche ai collaboratori di studio; eliminazione di barriere anagrafiche e dei privilegi legati all’anzianità di iscrizione all’albo; governance effettivamente unica nella quale i giovani e le donne siano giustamente protagonisti attraverso la previsione almeno temporanea di quote, intese come strumenti di accelerazione della rappresentatività. Ma la riforma professionale non può comunque essere disgiunta da una profonda riforma organica del sistema giustizia, di cui la classe forense, garante dei cittadini, è parte integrante e determinante. Occorre mettere in sicurezza l’efficienza del sistema, piuttosto che tendere alla deflazione tout court del contenzioso, come è avvenuto negli ultimi anni attraverso l’aumento vertiginoso dei contributi unificati, la mediazione, e altri interventi che allontanano il cittadino dalla giustizia. Il recupero del ruolo e del valore dell’avvocatura passa di certo attraverso le giuste risposte alle domande di giustizia. Piuttosto che sottoporre la professione legale alla legge della giungla, è più ragionevole intervenire in positivo, creando nuovi spazi di mercato per i giovani avvocati, ma anche valorizzando il merito e le competenze di chi ha investito per anni negli studi. Un esempio per tutti: perché gli avvocati non possono autenticare le firme anche al di fuori dell’ambito della difesa in giudizio? L’Aiga da tempo ha chiesto la modifica dell’art. 2703 c.c. per attribuire anche agli avvocati il potere di autenticare le firme, oggi riconosciuto soltanto a Notai e pubblici ufficiali, senza ottenere immediata e concreta risposta nemmeno da quella parte della politica che pure si dichiara a favore delle liberalizzazioni. È altresì indispensabile assicurare maggiore trasparenza nell’assegnazione di incarichi e consulenze (giudiziari e non) i quali dovrebbero essere assegnati a rotazione e con una particolare attenzione ai più giovani, proprio per consentire il maturare di una adeguata esperienza professionale e per regalare la felice prospettiva di una società fondata su merito, competenze e talento. L’abrogazione delle tariffe è stato quindi un palese errore, uno specchietto per le allodole, un provvedimento per distogliere l’attenzione da temi ben più importanti ed urgenti. La giovane avvocatura ne è consapevole e chiede con forza riforme che costituiscono un effettivo vantaggio per cittadini e giovani professionisti.

(Da Mondoprofessionisti del 28.2.2012)

Datore talvolta può controllare e-mail dipendente

Cass. civile sez. lavoro, sent. 23.2.2012 n° 2722

Copiose sentenze hanno ribadito il divieto, posto a carico del datore di lavoro, di controllare la posta elettronica e gli accessi ai siti internet effettuati dal proprio dipendente. La Sezione Lavoro della Cassazione, con sentenza 23 febbraio 2012, n. 2722 ha precisato che tale divieto viene a cadere quando il controllo si verifica ex post: nell’eventualità in cui emergono circostanze di fatto tali da sostenere l’inizio di una indagine di natura retrospettiva, il datore è legittimato ad accedere ai contenuti della posta elettronica del prestatore di lavoro. Qualora vengano accertate violazioni, si rende legittimo l’eventuale licenziamento.
I fatti prendono origine nell’anno 2004, quando un lavoratore con la qualifica di quadro, dipendente di una Banca, era stato destinatario di un licenziamento “per giusta causa” in quanto si era reso responsabile, sfruttando la propria posizione aziendale, della divulgazione, mediante invio di e-mail destinate ad individui terzi rispetto alla datrice di lavoro, contenenti notizie di natura riservata e relative ad un cliente della Banca. Aveva inoltre, di conseguenza, approfittato del contenuto delle informazioni riservate per eseguire talune operazioni finanziarie dalle quali aveva tratto vantaggio personalmente.
Per la Corte di Cassazione non sussiste alcuna violazione allo Statuto dei Lavoratori, come sostenuto dal dipendente licenziato, in tema di controlli a distanza dei lavoratori dipendenti. Nella fattispecie sottoposta il controllo da parte del datore sulle e mail non concerneva la sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa, bensì era preordinata ad accertare eventuali condotte illecite che ponevano in pericolo l’immagine della datrice nei confronti di terzi soggetti: “entrava in gioco il diritto del datore di lavoro di tutelare il proprio patrimonio, che era costituito non solo dal complesso dei beni aziendali, ma anche dalla propria immagine esterna, così come accreditata presso il pubblico. Questa forma di tutela egli poteva giuridicamente esercitare con gli strumenti derivanti dall’esercizio dei poteri derivanti dalla sua supremazia sulla struttura aziendale”.

(Da Altalex del 29.2.2012. Nota di Laura Biarella)

Risarcimento ai parenti d’immigrato deceduto in incidente

Gli stranieri possono sempre fare domanda di risarcimento ad un giudice italiano, soprattutto quando si tratta di diritti inviolabili. Ad evidenziarlo è la Corte di Cassazione – con l'ordinanza n. 1493/2012 - che ha accolto il ricorso di una famiglia tunisina, la quale si era vista respingere la domanda di risarcimento dal giudice dell’appello per la perdita di un familiare in un incidente stradale avvenuto in Italia.
Il caso. Secondo i giudici di merito, infatti, non esisteva con la Tunisia traccia della "condizione di reciprocità", in particolare in materia di incidenti stradali, che avrebbe permesso anche ad un italiano di godere dello stesso diritto di risarcimento in Tunisia, una condizione alla base della tutela di molti diritti con i paesi stranieri.
Il giudizio di legittimità. Ma la Suprema Corte, rinviando gli atti alla Corte d’appello per una nuova pronuncia, ha spiegato che quando si tratta di diritti tutelati dall'art. 2 Cost., la condizione di reciprocità che si applica in altri ambiti della legge, viene subordinata alla tutela dei diritti inviolabili per tutti, stranieri e non. Infatti, "allo straniero, sia esso residente o meno in Italia, è sempre consentito a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità, domandare al giudice italiano il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona (quali il diritto alla salute e ai rapporti parentali o familiari), avvenuta in Italia, sia nei confronti del responsabile del danno, sia nei confronti degli altri soggetti che per la legge italiana siano tenuti a risponderne, ivi compreso l'assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli o il Fondo di garanzia per le vittime della strada".

(Da avvocati.it del 28.2.2012)

martedì 28 febbraio 2012

In vigore il decreto Severino sull'efficienza del processo civile

Pubblicata in GU la legge 17 febbraio 2012, n. 10, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212, il cui nuovo titolo reca «disposizioni urgenti per l'efficienza del processo civile». Il provvedimento è stato fortemente ridotto rispetto al testo originario nel corso del travagliato iter parlamentare.
Esce di scena il sovraindebitamento. Infatti, manca nel nuovo provvedimento qualsiasi riferimento alla disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, la cui disciplina è affidata unicamente alla legge n. 3/2012.
Addio mediazione delegata. Eliminato l’invito del giudice alle parti a tentare una mediazione; depotenziato dell’obbligo del capo dell’ufficio giudiziario di riferire sulle iniziative al consiglio superiore della Magistratura e al Ministro della giustizia. Inoltre, il giudice non può condannare subito la parte costituita che non si era presentata senza giusto motivo all’incontro di mediazione al pagamento della multa ex art. 8, comma 5, d.lgs. n. 28/2010. Quindi, la sanzione resta, ma il momento di applicazione potrà coincidere con il provvedimento finale.
Cura dimagrante per il controllo sindacale. Confermata solo la disposizione secondo cui «nelle società a responsabilità limitata, i collegi sindacali nominati entro il 31 dicembre 2011 rimangono in carica fino alla scadenza naturale del mandato deliberata dall’assemblea che li ha nominati».
1.100 euro per difendersi da soli. Confermato l’innalzamento del limite di valore entro cui la parte può personalmente stare in giudizio davanti al giudice di pace: 1.100 euro. Inoltre, alla lett. b) dell'art. 13 viene stabilito che «nelle cause previste dall'articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare  il  valore  della domanda».
Proroga per i magistrati ordinari. Confermata all’art. 15 la disciplina della proroga dei magistrati ordinari.
Fuori la perenzione dei giudizi di appello e cassazione. Viene abrogata la disciplina originariamente prevista dall’art. 26, l. n. 183/2011 e, poi, modificata dall’art. 14.
Inventario di beni. Ed infatti, la legge ha introdotto un quarto comma all’art. 769 c.p.cin base al quale «quando non sono stati apposti i sigilli, l’inventario può essere chiesto dalla parte che ne assume l’iniziativa direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte».

(Da avvocati.it del 23.2.2012)

Anche a Palermo applicate tariffe previgenti

La Corte d'appello di Palermo rieccheggia le argomentazioni con cui il presidente del tribunale di Verona ha giustificato - stante la vacatio degli annunciati ma non emanati "parametri" ministeriali - il ricorso alle tariffe professionali previgenti per procedere alla liquidazione giudiziale delle spese a carico del soccombente.Tuttavia anche qui il riferimento all’uso appare inconferente, potendosi parlare piuttosto di prassi giudiziaria o interpretazione uniforme dell’Ufficio giudiziario.
Nonostante anche il Ministero di Giustizia abbia, in prima battuta, fatto ricorso ad analoga argomentazione, pur senza procedere a un formale decreto interpretativo, tale riferimento non è condivisibile, e meriterebbe un ripensamento, perché pur fornendo una soluzione pratica ed immediata a un problema concreto, il ricorso a una simile argomentazione crea un vulnus nel sistema delle fonti e finanche della funzione ontologica del giudice. Nel nostro sistema, infatti, il giudice non può creare un uso, lo può applicare se lo rinviene nella società, mai generarlo. Ciò perché il giudice appartiene alla lex, all’ordine dato, mentre l’uso è ontologicamente jus, cioè ordine spontaneo o convenzionale della società. Di conseguenza allo stato non si possono definire usi in senso stretto le prassi degli Uffici giudiziari, anche se concordate tra Avvocati e Magistrati, giacchè essi non sono la generalità dei destinatari.
Affermare che usi convenuti tra i professionisti del processo (avvocati, magistrati, cancellieri) siano vincolanti per tutti i consociati significa applicare un principio proprio di un sistema corporativo, in cui i soggetti esponenziali delle singole categorie sono istituzionalmente titolati a redigere norme collettive o contratti normativi regolanti l’agire professionale. Ma tale non è ancora il nostro sistema.
Ancora una volta sembra preferibile la soluzione adottata dal tribunale di Varese, il quale ritiene necessario e sufficiente allo scopo il riferimento normativo all’art 2225 c.c. con il correlativo richiamo alle previgenti tariffe quali parametro di adeguatezza retributiva, rimandando con ciò, pur senza farne esplicita menzione, al principio di enunciato nell’art. 36 Cost. comma 1. Tale argomentazione logico-giuridica appare più convincente e robusta sul piano del riferimento normativo oltre scevra dalle ingombranti conseguenze sistematiche del ricorso agli usi. Infatti l'art. 2225 si colloca nel libro del lavoro, e quindi il richiamo ai criteri dell'art. 36 costituzione è quindi assai più pertinente di un riferimento a una fonte secondaria di dubbia giustificazione sistematica.
De jure condendo, osserviamo che se il presupposto concettuale dell'abolizione delle tariffe risiede nel fatto che, ai fini di una corretta concorrenza, nello spazio giuridico europeo non sono più ammissibili regimi di prezzi amministrati, conseguenza coerente con tale pensiero dovrebbe essere che la determinazione quantitativa delle spese debba intendersi sottratta al giudice, per il semplice fatto che non sarebbe più concepibile una determinazione di esse con parametri predeterminati per legge. In altre parole, come per ogni altra spesa, la parte vittoriosa dovrebbe semplicemente avere rimborsate le spese di difesa che attesti di aver sostenuto, alla stregua di ogni altra spesa di cui chieda il ristoro. In altri termini dovrebbe depositare la convenzione col compenso pattuito previamente, ovvero la fattura per esso in caso di compenso variabile. In quest'ultimo caso la fattura dovrebbe depositarsi con l'ultima difesa, cosa che incentiverebbe vieppiù la fedeltà fiscale. Meglio ancora se ne venisse aggiunta la detraibilità dall'imponibile, al pari delle spese mediche, che come la difesa afferiscono a un diritto di rango costituzionale.

(Da Altalex del 21.2.2012. Articolo di Barbara Lorenzi e Giuseppe M. Valenti)

Avvocato “abusivo” assolto se attività non continuativa

La II sezione penale della Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un ricorso in tema di esercizio abusivo della professione di avvocato, reato rispetto al quale l’imputato era stato condannato nei due gradi di merito. Gli ermellini hanno annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Messina, oggetto di impugnazione, con la motivazione “il fatto non sussiste”.
In particolare la Corte territoriale aveva ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 648 c.p. affermando che l’attività di mera consulenza legale è inquadrabile tra quella definita “specifica” della professione di avvocato, che secondo l’accusa era “abusivamente esercitata”. Il medesimo collegio, per la sussistenza del reato, aveva ritenuto sufficiente l’adempimento di un solo atto di consulenza.
La Cassazione, nel motivare l’annullamento della sentenza, ha riportato i due orientamenti formatisi in materia. Per quello restrittivo (Cass. n. 17921/2003) non commette il reato di abusivo esercizio della professione di avvocato colui che redige una relazione di consulenza, poiché detta attività non rientra tra gli atti cosiddetti “tipici” e rispetto ai quali occorre l’abilitazione, ma, al contrario, rappresenta un’attività “relativamente libera, solo strumentalmente connessa con la professione forense”.
Per l’ulteriore orientamento (Cass. 49/2002), ai fini della configurabilità del reato in questione, rappresentano “atti rilevanti non solo quelli riservati, in via esclusiva, a soggetti dotati di speciale abilitazione, c.d. atti tipici della professione, ma anche quelli c.d. caratteristici, strumentalmente connessi ai primi, a condizione che vengano compiuti in modo continuativo e professionale, in quanto, anche in questa seconda ipotesi, si ha esercizio della professione: per il quale è richiesta l’iscrizione nel relativo albo”.
La Corte evidenzia che all’imputato è stato contestato un unico episodio, commesso ai danni della sola parte offesa, e che, né dal capo d’imputazione, né dalla parte motiva della pronunzia impugnata, appare presumibile che l’imputato abbia esercitato in modo “continuativo, sistematico ed organizzato l’attività di consulenza”.

(Da Altalex del 19.12.2011. Nota di Laura Biarella)

lunedì 27 febbraio 2012

Giustizia e liberalizzazioni, la protesta degli avvocati

GIUSTIZIA E LIBERALIZZAZIONI, OUA: 230MILA AVVOCATI INCROCIANO LE BRACCIA. ADESIONI DEL 90% IN TUTTI I TRIBUNALI
A ROMA DUEMILA LEGALI IN ASSEMBLEA CHIEDONO UNA VERA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA E DELLA PROFESSIONE FORENSE: NO ALLE LIBERALIZZAZIONI SELVAGGE E ALLA ROTTAMAZIONE DELLA MACCHINA GIUDIZIARIA

L’ASSEMBLEA DECIDE DI RADICALIZZARE LA PROTESTA: OTTO GIORNATE DI SCIOPERO DAL 15 AL 23 MARZO, MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA IL 15 DAVANTI AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, BLOCCO TOTALE DELLE ATTIVITÀ GIUDIZIARIE CON SCIOPERO BIANCO E AUTOSOSPENSIONE DALLE FUNZIONI DI AVVOCATO, DAL GRATUITO PATROCINIO E DALLA DIFESA D’UFFICIO

MAURIZIO DE TILLA, OUA: “Se il Governo non dialoga, andremo avanti con ancora più decisione: dal 15 al 23 marzo ulteriore sciopero e Congresso straordinario a Milano (23-24), blocco totale della Giustizia con sciopero bianco, stop alle difese d’ufficio e al gratuito patrocinio. Protesta unitaria con tutte le altre professioni e restituzione dei tesserini. Appuntamento con le altre professioni a Napoli l’1 marzo”

Si è tenuta oggi (il 23, NdAGANews), a Roma, presso il cinema Adriano una grande manifestazione indetta dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, la rappresentanza politica degli avvocati, in contemporanea con la prima giornata di astensione dalle udienze. Presenti oltre duemila legali, provenienti da tutta Italia, le rappresentanze del Cnf e della Cassa Forense e i Presidenti e rappresentanti degli ordini territoriali e delle associazioni forensi. Lo sciopero continua domani con iniziative insieme ai cittadini e ai sindaci in oltre 100 città ed uffici giudiziari. Gli avvocati occuperanno simbolicamente i Tribunali.
Per il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, l’alta adesione allo sciopero e la partecipazione di massa alla manifestazione all’Adriano sono un campanello d’allarme per le forze politiche per il Governo: «I professionisti sono oltre 3milioni, un popolo in marcia, colpito dalla crisi economica, preoccupato, indignato e pronto a tutto per difendere i propri diritti da un sistema partitico ormai senza credibilità. A Roma all’Adriano c’era una parte importante del ceto medio intellettuale italiano, un pezzo di società che non si sente più rappresentata dalla politica. Le politiche degli ultimi governi hanno segnato una linea di continuità: l’aggressione costante al mondo delle libere professioni e, in particolare, agli avvocati: dall’abolizione delle tariffe alla delegificazione dell’ordinamento forense, passando per l’introduzione dei soci di capitale negli studi professionali e del sistema di media-conciliazione obbligatoria, fino alle norme vessatorie sul processo civile, all’accorpamento degli uffici dei giudici di pace, nonché la previsione di revisione della geografia giudiziaria e l’istituzione dei Tribunali per le imprese. Sono tutti tasselli di un unico disegno: indebolire gli avvocati, il diritto di difesa e rottamare la macchina giudiziaria. Oggi è stata forte la risposta degli avvocati, l’1 marzo a Napoli sarà altrettanto vigorosa quella di tutti i professionisti».
«L’assemblea di oggi, con duemila presenze e l’alta adesione allo sciopero – conclude de Tilla – ha fissato i paletti per la riapertura di un dialogo: eliminazione della norma che prevede i soci di capitale negli studi professionali, abrogazione dell’articolo 9 che abolisce le tariffe, il superamento della recente legge sul processo civile, lo slittamento dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà della media conciliazione per gli incidenti e i condomini, anche considerando le prossime decisioni della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea. Infine due tavoli di discussione, con avvocati e magistrati per ridiscutere tanto la revisione della geografia giudiziaria, così come l’accorpamento-eliminazione degli uffici dei giudici di pace. Se il Governo ostinatamente rifiuterà il confronto, andremo avanti con ancora più decisione: le giornate di sciopero diventano otto, dal 15 al 23 marzo ulteriore sciopero, Congresso straordinario a Milano (23-24), manifestazione a Roma il 15 davanti al ministero di Giustizia, blocco totale della Giustizia con sciopero bianco, stop alle difese d’ufficio e al gratuito patrocinio. Protesta unitaria con tutte le altre professioni e autosospensione dalle funzioni».

Comunicato Stampa OUA del 23.2.2012

UDIENZA MILAZZO DELL'1 A LUNEDI' 5 MARZO

Informiamo i Colleghi che l'udienza al Tribunale di Giarre già fissata dal G.O.T. Dott. Milazzo per giovedì 1° Marzo, è stata rinviata d'Ufficio a lunedì 5 Marzo.

domenica 26 febbraio 2012

Cassa, regolamento per recupero anni inefficaci

Con nota del 27.12.2011 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha approvato, in via definitiva, il “Regolamento per il recupero di anni d’iscrizione alla Cassa resi inefficaci per il mancato pagamento parziale di contributi prescritti (c.d.rendita vitalizia)”, dando il via libera alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (n. 19 del 24.1.2012) per la sua entrata in vigore.
Nel primo numero di “CF NEWS” (inviato per email dalla Cassa su richiesta degli iscritti, NdAGANews) è stato già analiticamente anticipato il contenuto della modifica regolamentare varata dal Comitato dei Delegati.
Il provvedimento - fondamentale nei suoi effetti - è di sicuro vantaggio per gli avvocati, in quanto in maniera più equa e giusta modifica, sostanzialmente, il momento temporale per l’adesione al beneficio.
Ricapitolando, in estrema sintesi, con l’introduzione della nuova previsione regolamentare l’iscritto potrà in ogni tempo, e non più soltanto al momento del suo pensionamento, richiedere e pagare immediatamente la somma necessaria per la costituzione della rendita vitalizia, utile a sanare il mancato parziale pagamento di contributi, oramai prescritti, in tal modo recuperando ai fini pensionistici l’anno o gli anni in questione.
Di conseguenza, il collega - previa verifica della propria posizione previdenziale - se decide di sanare il debito contributivo parziale deve inoltrare alla Cassa la richiesta finalizzata a beneficiare dell’istituto.
Successivamente, ed entro 120 giorni dalla ricevuta comunicazione da parte dell’Ente dell’indicazione della somma complessiva da pagare, il professionista dovrà provvedere ad effettuare il richiesto versamento.
In caso di mancato pagamento nel suindicato termine si decade dalla domanda presentata.
Tuttavia, è importante altresì evidenziare che l’iscritto non decade dal proprio diritto di ripresentare, anche in un momento successivo, una nuova domanda per richiedere l’adesione al beneficio della “rendita vitalizia”.
Cassa Forense esprime soddisfazione per il risultato ottenuto, atteso che il Ministero non solo ha integralmente recepito la proposta di modifica, ritenendola di maggior chiarezza rispetto al testo previgente ma ha anche evidenziato come le scelte operate aggiornino coerentemente l’intero articolato alla nuova ipotesi regolamentare introdotta.
Altro motivo di soddisfazione è rappresentato dalla considerazione espressa da tutti e tre i ministeri covigilanti (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze) che, oltre ad esprimere parere favorevole in merito alla delibera del Comitato dei Delegati hanno espresso, nella motivazione della approvazione, una valutazione positiva del provvedimento non solo sotto il profilo di legittimità ma anche e soprattutto in merito alla compatibilità dell’Istituto con la situazione economico-finanziaria dell’Ente.
Tale risultato certifica la professionalità della gestione della nostra fondazione sia sotto l’aspetto previdenziale che verso quello economico finanziario.
Infatti, l’approvazione della nostra deliberazione, con le motivazioni di compiacimento espresse dai ministeri, riconosce all’Ente una capacità propositiva in materia previdenziale che ha ricevuto idonea fiducia ed apprezzamento in termini d’immagine nei rapporti con i Ministeri vigilanti.
Il tutto, naturalmente, non perdendo mai di vista quell’equilibrio di bilancio raggiunto nel rispetto delle regole ed improntato sempre al rigore dei conti oltre che nella scelta responsabile degli investimenti.

Giulio Pignatiello (da CF Newsletter n. 2/2012 su cassaforense.it)

Secco no alla droga di gruppo

La Cassazione non intende fare sconti a chi detiene o utilizza
sostanze stupefacenti per conto o insieme con gli amici

Acquistare o detenere sostanze stupefacenti, di qualsiasi genere, destinate all'uso di gruppo costituisce fatto penalmente rilevante. A ribadirlo ci ha pensato la Corte di Cassazione con sentenza n. 6374 che ha confermata la condanna inflitta a tre ventenni sorpresi mentre fumavano insieme uno spinello: "Non può più farsi rientrare nell'ipotesi di uso esclusivamente personale il cosiddetto uso di gruppo, giacché l'acquisto per il gruppo implica "ex se" che la droga non sia destinata ad uso esclusivamente personale". L'intenzione del legislatore è infatti "inibire, in un modo più severo, ogni attività connessa al traffico di droga, eliminando la distinzione tabellare preesistente". Si tratta di una sentenza che in parte denota un cambio di rotta rispetto a precedenti della Cassazione stessa che invece avevano inteso "non punibile il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, nell'ipotesi del mandato all'acquisto collettivo ad uno degli assuntori, e nella certezza originaria dell'identità degli altri, anche dopo le modifiche apportate dalla legge 49 del 2006".

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 23.2.2012)

Adiconsum: acquisto consapevole del decoder

Assorbito, non senza problemi, in buona parte d'Italia
il passaggio al digitale terrestre inizia una nuova fase:
una regolamentazione più trasparente dei prodotti che si acquistano

«Un risultato frutto dell'incessante e pressante impegno di Adiconsum iniziato nel 2006 con la denuncia all'Agcom del mancato rispetto della normativa sul decoder unico e che porterà indubbi vantaggi ai consumatori».
Con questa parole, visibilmente soddisfatte, Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum ha accolto la prima riunione, presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di un tavolo di tecnici ed esperti che intende mettere a punto un piano per la classificazione dei decoder digitali per la ricezione dei programmi televisivi in qualsiasi piattaforma televisiva (terrestre, satellitale, IPTV). Obiettivo numero uno: dare vita a un'etichetta numerata che classifichi questi dispositivi indicando al consumatore qual è il migliore per prestazioni e capacità di ricezione multipiattaforma.
Che vantaggi concreti avranno dunque i consumatori?
Fino ad oggi la classificazione era ad opera di privati: il pubblico, in teoria, dovrebbe garantire un più alto tasso di imparzialità; l'archivio dei decoder classificati realizzato dalla Fub (Fondazione Bordoni cui spetta la realizzazione tecnica della classificazione) sarà consultabile direttamente sul sito dell'Agcom; la classificazione non sarà statica nel senso che sarà aggiornata costantemente in base alle inevitabili evoluzioni del settore tecnologico.
Ancora Giordano: «Il vantaggio per i consumatori consiste nella possibilità di identificare immediatamente le caratteristiche del decoder che vuole acquistare, anche di quello interno al televisore e di quello in comodato d'uso, in relazione alle caratteristiche tecniche e alle capacità di ricezione multipiattaforma».

Leonardo Volta (da famigliacristiana.it del 21.2.2012)

sabato 25 febbraio 2012

Salta preventivo scritto per professionisti

Marcia indietro del governo sull'obbligo dei professionisti di fare il preventivo "in forma scritta" al cliente se questi lo avesse richiesto. Lo prevede un emendamento dello stesso esecutivo al decreto liberalizzazioni presentato oggi in commissione Industria del Senato.
Nella versione originaria del decreto si leggeva che la "misura del compenso" doveva essere "previamente resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta". Nel testo dell'emendamento depositato invece si legge che il compenso è "previamente" reso al cliente "con un preventivo di massima". 
 
TMNews del 25.2.2012

FAMIGLIA, SACRARIO DI VALORI DA TUTELARE

La famiglia è un sacrario di valori da tutelare contro ogni illecito sia penale che civile: questo il messaggio di fondo lanciato dal Maestro "zio" Pino Trombetta oggi, nell'androne del palazzo di giustizia di Giarre, in occasione dell'incontro formativo -da poco concluso- organizzato dall'AGA, al quale hanno partecipato quasi duecento avvocati.
Lo stimato penalista ha esaminato le varie fattispecie di reati contro la famiglia, soffermandosi sulla maggior casistica della prassi quotidiana, riservando particolare attenzione ai soggetti che più di tutti vanno tutelati, ovverosia i minori.
Alla fine dell'incontro, il Presidente Fiumanò ha ricordato che il secondo evento formativo, previsto per Sabato 17 Marzo, avrà per oggetto le eccezioni preliminari nei giudizi in materia di infortunistica stradale e sarà tenuto dal giudice di pace Avv. Antonio Zarrillo, oggi presente a Giarre.

venerdì 24 febbraio 2012

Divorzio breve, primo via libera alla Camera

E' arrivato il primo sì al divorzio breve. Un sì bipartisan che è stato dato alla commissione Giustizia della Camera: un anno per dirsi definitivamente addio, due se ci sono figli minori.
Due articoli sono bastati nella proposta di legge per abbreviare notevolmente i tempi per mettere la parola fine al matrimonio.
Il testo consente infatti di ridurre notevolmente il tempo che oggi occorre attendere perché dallo status di "separata" una coppia passi a quello di "divorziata". E, nella stessa proposta, si prevede anche lo scioglimento della comunione tra marito e moglie quando il giudice autorizza in tribunale i due a vivere separatamente.
No su tutti i fronti agli emendamenti, di impronta contraria, presentati da Lega e Radicali. I lumbàrd hanno infatti presentato correzioni che di fatto annullerebbero le modifiche fatte dalla proposta, i Radicali hanno chiesto il divorzio lampo per cancellare anche l'anno di separazione che precederebbe il divorzio.
Era anche stato respinto un emendamento di Paola Binetti (Udc) per mantenere a tre anni il tempo in caso di figli piccoli. Grande soddisfazione sulle modifiche che la normativa porterebbe in tema di divorzio è stata espressa sia dal relatore Maurizio Paniz (Pdl) sia dalla capogruppo Pd in commissione Donatella Ferranti.
Più di un matrimonio su quattro oggi finisce male, secondo l'Istat. I dati dicono che in media ci si lascia dopo 18 anni e a tutte le età. Ci si può anche dire addio dopo 25 anni di vita insieme. Aumentano infatti i divorzi anche dopo i 60 anni. Intanto però arrivano anche voci contrarie: Maurizio Gasparri (Pdl) ha già annunciato battaglia in Senato: "Se la norma passasse a Montecitorio, cercheremo di non farla approvare a Palazzo Madama".

(Da tgcom24.mediaset.it del 24.2.2012)

Nicosia: “Non chiudete il tribunale”

Oggi 5.000 in piazza tra avvocati e cittadini, Giarre prenda esempio

Continua lo sciopero degli avvocati italiani, oggi il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Maurizio de Tilla, è a Nicosia, in Sicilia, insieme ai sindaci di 11 comuni, in una piazza con oltre 5mila cittadini a solidarizzare contro la chiusura di un Tribunale che ha un bacino di 90mila abitanti, con moltissimi processi penali, celebrati senza prescrizioni e con un alto livello di efficienza. L’Oua ricorda che è ancora lungo l’elenco delle iniziative approvate ieri nella grande manifestazione del Cinema Adriano: oggi in oltre cento città, il 15 in toga davanti al Ministero della Giustizia, dal 15 al 23 in astensione dalle udienze e sciopero bianco. Il presidente dell’Oua, ha ricordato che una delle ragioni dello sciopero dei legali di ieri e oggi, con un’altissima percentuale di adesione in tutta Italia, e delle prossime astensioni dal 15 al 23 marzo è «proprio la netta opposizione alla scriteriata decisione di chiudere centinaia di tribunali in tutta la penisola e l’accorpamento-eliminazione di moltissimi uffici dei giudici di pace». Per De Tilla, non «si può rispondere solo alla logica dei tagli e a meccanismi meramente economicisti. Il rischio è di far tracollare la già malandata macchina giudiziaria e seguire uno schema già visto in altri settori strategici del nostro vivere democratico, come è sotto gli occhi di tutti, in questi giorni, con la nostra sanità pubblica. A forza di eliminare posti letto, di voler risparmiare sui servizi, i cittadini finiscono ad essere curati per terra nei Pronto Soccorso e i medici a lavorare in condizioni estreme. Il percorso con la giustizia – spiega, ancora - è simile, oltretutto in una situazione già di per se grave, con una lunghezza eccessiva dei processi e un accesso sempre più difficile per il cittadino a un diritto garantito costituzionalmente, come quello a vedere soddisfatta la domanda di giustizia. Invece di razionalizzare e mettere in gioco prassi positive, esperienze virtuose, di riorganizzare gli uffici con logiche manageriali, di riformare la magistratura laica, di diffondere l’innovazione tecnologica e il processo telematico, di istituire i tribunali tecnologici, riconvertendo quelli meno efficaci, di tagliare gli sprechi avviando l’autogestione delle risorse, si va nella direzione opposta. Si chiudono tribunali che sono veri e propri presidi di legalità, come quello di Nicosia e come altre centinaia di realtà, che in queste settimane stanno avviando un vero movimento di protesta nazionale, che vedrà nell’Oua e negli avvocati un naturale compagno di viaggio».   Oggi a Nicosia, con 5mila cittadini in piazza, insieme ai rappresentanti degli enti locali, a parlamentari e rappresentanti di regioni e province, il presidente dell’Oua ha, quindi, insistito sulla necessità di bloccare il provvedimento avviato dal precedente Esecutivo e ora in via di definizione dal Ministro Severino, e «di istituire un tavolo di confronto con avvocati, magistrati, sindaci e Ministero della Giustizia per tracciare criteri oggettivi di efficienza, di funzionalità, di efficacia, garantendo i presidi di legalità e la presenza capillare del servizio giustizia sul territorio, soprattutto in prospettiva di una più forte lotta contro le mafie e i fenomeni diffusi di corruzione».

(Da Mondoprofessionisti del 24.2.2012)

Riforma forense martedì alla Camera

"Da martedì prossimo tornerà in calendario la riforma forense". Cosí il Presidente della Commissione giustizia della camera Giulia Bongiorno, ospite all'assemblea dibattito organizzata dall'Unione Camere panali italiane, nell'ambito delle due giornate di astensione dalle udienze previste per ieri e oggi. Analoga intenzione è stata  ribadita da Anna Finocchiaro (Pd), da Filippo Berselli (Pdl), da Roberto Cota (Lega) e Francesco Bruno(Api). "Finalmente c'è stata una convergenza tra Pd e Pdl che hanno chiesto di rimettere in calendario, per la prima volta, la riforma della professione forense. Auspico che ora non ci siano nuovi intoppi e che il lavoro possa procedere spedito perché oggi tutte le forze politiche hanno trovato l'intesa sulle priorità da affrontare", ha detto la parlamentare. Bongiorno - riferisce una nota dell'Unione delle Camere penali - ha assicurato il proprio " impegno personale" ad arrivare all'approvazione definitiva della riforma. "Questo impegno è un fatto nuovo e importante - ha commentato il Presidente dell'Ucpi Valerio Spigarelli - ma deve essere seguito da altri fatti concreti. Noi abbiamo stimolato questo impegno e presseremo affinché venga mantenuto e si possa nuovamente ridiscutere della riforma forense".  Soddisfazione per l'annuncio del presidente della commissione Giustizia di Montecitorio è stato espresso dal presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa . “Una convergenza tra Pd e Pdl che hanno chiesto di rimettere in calendario la riforma della professione forense, già da martedì è senza dubbio soddisfacente" , ha detto Alpa.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 24.2.2012)

Aiga: liberalizzazioni non favoriscono i giovani

«Nessuno dica che queste liberalizzazioni sono a favore dei giovani avvocati di oggi e di domani. Il Governo Monti sta distruggendo i capisaldi della professione forense, a tutto vantaggio dei grandi poteri economici e continuando a tutelare le vere lobby del nostro Paese». Così Dario Greco, presidente dell'Associazione italiana dei giovani avvocati, ha iniziato il suo intervento stamattina al Cinema Adriano di Roma, dove si svolgeva la manifestazione di protesta dell'Avvocatura. «Decine di migliaia di giovani avvocati da veri eroi – ha continuato Greco – suppliscono alle deficienze dell’amministrazione giudiziaria, svolgendo i compiti dei cancellieri ricercando i fascicoli delle cause, dei commessi portandoli in udienza, dei magistrati scrivendo di loro pugno i verbali d’udienza. Nessun preventivo può essere redatto per queste attività. E in tale situazione lo Stato continua a finanziarsi ritardando il pagamento dei compensi per il gratuito patrocinio, relegando le giovani generazioni di avvocati in una condizione di indigenza. Non è possibile – ha proseguito il leader dei legali under45 – affermare che il lavoro dipendente è monotono e contemporaneamente massacrare il futuro dei giovani professionisti». Greco ha aggiunto che «l’Avvocatura deve essere capace di passare dalla protesta alla proposta – ha così proseguito il presidente dei Giovani Avvocati – fornendo alle forze politiche e sociali del nostro Paese un progetto di riforma della professione innovativo e capace di eliminare le rendite di posizione e consentire ai giovani di potersi affermare nel mondo professionale». Al termine della manifestazione il presidente dell'Aiga ha dichiarato: «Invito il Ministro Severino a fare visita ai corridoi dei Tribunali italiani; lì conoscerà la vera Avvocatura italiana, quella che non ha consulenze da gruppi industriali, quella che ogni giorno si batte per affermare i diritti dei cittadini, quella che fa code interminabili agli uffici notifiche, quella che tutto è fuorché una casta».

(Da Mondoprofessionisti del 24.2.2012)

OGGI PROSEGUE ASTENSIONE AVVOCATI

PROSEGUE OGGI 24 FEBBRAIO 2012 L’ASTENSIONE DEGLI AVVOCATI DALLE UDIENZE PER PROTESTARE CONTRO IL D.L. SULLE LIBERALIZZAZIONI E LA ROTTAMAZIONE DELLA GIUSTIZIA.

(Cfr. Delibera OUA su AGA News del 20.1.2012)

DOMANI EVENTO FORMATIVO AGA

Domani in tribunale a Giarre, lo "zio" e Maestro Pino Trombetta ci intratterrà, dalle 9 ale 12, sul tema: "I reati contro la famiglia".
I soci AGA partecipano gratuitamente, ai non iscritti è richiesto un contributo di 5 euro.
I punti in palio (crediti formativi) sono sempre 3.

Anche il contributo previdenziale è un tributo

Lo stato di dissesto dell’imprenditore - il quale prosegua ciononostante nell’attività d’impresa senza adempiere all’obbligo previdenziale e neppure a quello retributivo - non elimina il carattere di illiceità penale dell’omesso versamento dei contributi. Infatti i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque ed in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell’azienda. Ciò trova la sua «ratio» nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori. Ne consegue che la commisurazione del contributo alla retribuzione deve essere considerata un mero criterio di calcolo per la quantificazione del contributo stesso” (cfr Cassazione, 11962/2009 e 27641/2003).
Questa in breve la sentenza n. 20845 del 25 maggio 2011 con cui la Suprema Corte dà una buona conferma verso la natura tributaria dei contributi previdenziali.
L’obbligo del versamento nasce ex lege in virtù della prestazione lavorativa e deve essere adempiuto comunque (articolo 2, comma 1, legge 638/1983) in quanto finalizzato alla realizzazione dei seguenti obiettivi: assicurare i mezzi economici necessari per provvedere ai benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori; realizzare l’autonomia fra rapporto di lavoro e quello previdenziale (nel senso dell’autonomia dell’obbligo di corrispondere all’Inps le ritenute previdenziali in quanto obbligo che prescinde dall’effettività di una materiale corresponsione della retribuzione (Cassazione 18223/2002); utilizzazione della retribuzione quale criterio di calcolo (parametro) al fine di determinare la commisurazione del contributo avente natura di tributo.
La sentenza, dopo aver preso atto che l’imprenditore aveva versato gli stipendi ai dipendenti, ma non aveva versato anche i relativi contributi previdenziali, ha puntualizzato i motivi del proprio convincimento: 1) obbligatorietà della prestazione; 2) destinazione del gettito a fini sociali; 3) misura della retribuzione quale indice di capacità contributiva.
Sono questi gli elementi indispensabili da riscontrare nelle prestazioni imposte, per poterle qualificare come tributi. La scelta della Corte, sia pure in sede penale, segue un percorso già tracciato, ma foriero ora di grandi sviluppi in più sedi.
Una prospettiva - quella aperta dalla giurisprudenza - che infatti può essere utilizzata per una più corretta ed attuale qualificazione dei contributi previdenziali, laddove si concordi sulla inconfigurabilità della contribuzione in termini di corrispettività e soprattutto sull'esistenza di un collegamento fra contributo e spesa dell'ente previdenziale.
Si tratterebbe, dunque, di una vera e propria imposta potendosi parimenti escludere sia la configurazione quale tassa che quale tributo speciale.
La natura di tassa può infatti escludersi perché il rapporto fra il contribuente che versa il contributo previdenziale obbligatorio e lo Stato che deve eseguire la prestazione previdenziale sembra disvelare due prestazioni unilaterali non collegate da alcun rapporto sinallagmatico, e prive di qualsiasi correlazione commutativa.
Rimarrebbe una possibile qualificazione come tributo speciale che - secondo alcuni- emergerebbe dall'enfatizzazione di alcuni dei caratteri della contribuzione quali la destinazione del prelievo ad una spesa pubblica determinata (cosiddetta causa finalis) e la sua ripartizione posta a carico di una circoscritta categoria economica o professionale, di volta in volta individuata in base al criterio del «beneficio» seppur non individualisticamente inteso.
Se però si respinge l'idea di una solidarietà di categoria, in quanto in contrasto con gli attuali principi costituzionali che negano l'esistenza di una capacità contributiva speciale del gruppo, si deve necessariamente concludere per il superamento anche di tale impostazione teorica.
Già, un’apertura verso una unificazione delle procedure di liquidazione, verifica e riscossione coattiva dei tributi e dei contributi previdenziali è certamente il recentissimo D.l. n. 70, pubblicato sulla G.U. n. 110 del 13 maggio 2011 (legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106) che all’art. 7 ha introdotto significative disposizioni di coordinamento, mirate
alla semplificazione fiscale, ma sostanzialmente ad eliminare le differenze tra le preesistenti procedure relative ai tributi erariali ed ai contributi previdenziali.
Peraltro, va segnalata la nuova tutela offerta al contribuente sottoposto alla verifica congiunta degli ispettori erariali e previdenziali, ai sensi dell’art. 12 dello Statuto del contribuente. La nuova norma prevede ora la possibilità di segnalare al Garante del contribuente anche le verifiche effettuate dagli ispettori previdenziali “con modalità non conformi a legge”, attivando le procedure di autotutela, consistenti, in questo caso, nella cessazione della procedura illegittima e nell’annullamento degli atti procedimentali illegittimi.
Ed ancora, la Suprema Corte, a Sez.Un., con decisione n. 16858 del 2 agosto 2011 ha chiarito che il giudice tributario non può dichiarare il difetto di giurisdizione in seguito alla contestazione degli atti della riscossione con i quali il concessionario recupera anche entrate non tributarie.
Per la Cassazione, il credito vantato dall’agente della riscossione nella controversia non era <<tutto di origine extratributaria>>. Quindi, il giudice d’appello non poteva declinare la propria giurisdizione. Infatti, cartelle di pagamento, fermi amministrativi e iscrizioni ipotecarie sono parzialmente impugnabili innanzi alle commissioni tributarie se vengono emanati anche per il recupero di entrate che non hanno natura fiscale.
L’intervento del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, poi, (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 122) ha riguardato anche la materia previdenziale, radicalmente riformata attraverso la disposizione dell’art. 30, che con decorrenza dal 1°gennaio 2011, prevede la possibilità per l’INPS di procedere al recupero delle pretese creditorie derivanti anche da accertamenti degli Uffici, senza la previa iscrizione a ruolo e notifica della cartella di pagamento.
L’esazione dei crediti conseguenti ad accertamenti contributivi potrà essere effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo. Con una chiara scelta sistematica, il legislatore ha dettato nel medesimo decreto regole che potenziano il processo di riscossione tributaria e contributiva.
Le disposizioni sull’efficacia esecutiva degli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate e dall’Inps dimostrano come la materia della riscossione sia in costante evoluzione con tendenza all’avvicinamento delle due discipline che, peraltro, ancora non si incontrano in ambito processuale, essendo le rispettive controversie devolute a organi giurisdizionali diversi.
Da tale ricostruzione - che peraltro si inserisce in una linea interpretativa tendente ad una nozione generica di prestazione imposta come dimostra la sentenza pubblicata - dovranno necessariamente discendere conseguenze sistematiche quale una razionalizzazione e sistematizzazione della «categoria dei contributi» ed un ulteriore allargamento dell'oggetto della giurisdizione tributaria.
Tutti segnali di una necessaria ed urgente riforma del processo tributario: il giudice tributario deve essere a tempo pieno e con specifica competenza professionale, tenuto conto della difficoltà e particolarità della materia fiscale e deve essere adeguatamente retribuito; le parti (pubbliche e private) devono essere poste sullo stesso piano processuale senza limitazioni nella fase istruttoria, consentendo la citazione dei testi nonché il giuramento; la norma deve prevedere la possibilità di conciliare anche in grado di appello, logicamente riparametrando le sanzioni, nonché la possibilità di ottenere le sospensive anche in grado di appello, per evitare una buona volta per tutte il contrasto interpretativo recente tra la Corte Costituzionale ed alcuni giudici di merito che ancora oggi negano in grado di appello la sospensiva delle sentenze impugnate. In definitiva, anche in prospettiva della riduzione dei riti processuali prevista dal novellato codice di procedura civile, il processo tributario deve essere disciplinato e gestito come un “vero” processo ordinario, con l’auspicio, peraltro, che possa essere inserito nella riforma della Costituzione.

Maurizio Villani – Iolanda Pansardi (da diritto.it del 23.2.2012)

giovedì 23 febbraio 2012

ASTENSIONE OGGI E DOMANI

SI INVITANO I COLLEGHI AD ASTENERSI DALLE UDIENZE OGGI 23 E DOMANI 24 FEBBRAIO PER PROTESTARE CONTRO IL D.L. SULLE LIBERALIZZAZIONI E LA ROTTAMAZIONE DELLA GIUSTIZIA.

(Cfr. Delibera OUA su AGA News del 20.1.2012)

mercoledì 22 febbraio 2012

Nessun canone Rai per il pc in studio!

''La Rai, a seguito di un confronto avvenuto questa mattina (ieri, ndAGANews) con il Ministero dello Sviluppo Economico, precisa che non ha mai richiesto il pagamento del canone per il mero possesso di un personal computer collegato alla rete, i tablet e gli smartphone''.
E' quanto precisa una nota dell'ufficio stampa della Rai.
''La lettera inviata dalla Direzione Abbonamenti Rai - continua la nota - si riferisce esclusivamente al canone speciale dovuto da imprese, societa' ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori (digital signage) fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali imprese, societa' ed enti abbiamo gia' provveduto al pagamento per il possesso di uno o piu'' televisori''.
''Ciò quindi limita il campo di applicazione del tributo ad una utilizzazione molto specifica del computer rispetto a quanto previsto in altri Paesi europei per i loro broadcaster (BBC...) che nella richiesta del canone hanno inserito tra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva, oltre alla televisione, il possesso dei computer collegati alla Rete, i tablet e gli smartphone. Si ribadisce pertanto che in Italia il canone ordinario deve essere pagato solo per il possesso di un televisore'', conclude il comunicato.

ASCA da Altalex del 21.2.2012

APERTO TESSERAMENTO AGA 2012

Cari Colleghi e Soci,
Vi comunico che è aperto il tesseramento 2012. 
La quota associativa potrà essere versata anche sabato 25 febbraio p.v., in occasione dell'evento formativo "I reati contro la famiglia" (Relatore Avv. Giuseppe Trombetta).
Vi informo, altresì, che il Consiglio Direttivo, per venire incontro alle esigenze ed ai bisogni dei colleghi   in un periodo di particolare crisi economica,  ha ritenuto di confermare anche per quest'anno la quota associativa in € 25,00 ed ha ridotto, da € 10,00 ad € 5,00, il contributo spese per la partecipazione agli eventi formativi da parte di colleghi non soci.
Vi ricordo, infine, che l'adesione all'A.G.A., fra l'altro, da  diritto a partecipare a titolo gratuito a tutti gli eventi formativi organizzati dall'Associazione.
Cordialmente.
Giuseppe Fiumanò (Presidente AGA)

Canone speciale Rai, dilaga la protesta dei professionisti

Stella (Confprofessioni): siamo pronti a iniziative clamorose

Dilaga la protesta dei liberi professionisti contro il "canone speciale" della Rai. Dopo la denuncia dei medici veterinari italiani che si sono visti recapitare in questi giorni una lettera con un bollettino postale da 200,91 euro da pagare all’emittente di Stato se si possiede un computer e una connessione a Internet, l’indignazione si sta allargando a tutte le professioni.
“Siamo al paradosso” ha tuonato Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni. “I liberi professionisti utilizzano i computer per scopi professionali, non certo per guardare programmi televisivi o improbabili format. Da un lato, il Governo ci impone di accelerare le procedure attraverso la digitalizzazione delle nostre attività, come l’invio dei documenti telematici al fisco o i collegamenti con le banche dati sanitarie pubbliche e private; dall’altro esige il pagamento di un ennesimo balzello non solo sul possesso degli apparecchi Tv, ma anche per Pc, videofonini, videoregistratori, Ipad, e telefonini che si collegano ad internet”.
Secondo le prime stime di Confprofessioni, il “canone speciale” della Rai potrebbe colpire circa 2 milioni di liberi professionisti che rischiano di dover versare alla Tv pubblica oltre 400 milioni di euro all’anno. “Insieme con le associazioni aderenti dell’area sanitaria e delle altre categorie professionali stiamo valutando iniziative su più fronti” ha aggiunto il presidente di Confprofessioni, Stella. “In assenza di chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dello Sviluppo Economico, potremmo sospendere il pagamento del canone speciale Rai per la sola presenza di computer in studio. Sosterremo l’esposto presentato dall’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani all’Autorità Garante per le Comunicazioni, per chiedere un tempestivo intervento teso a verificare profili di illegittimità della pretesa tributaria della Rai su tecnologie multimediali, uso della posta elettronica e navigazioni in Internet per le quali si versa già un canone ai gestori di telefonia”. 
Ieri sera sul tardi la Rai ha diffuso una propria precisazione in merito al canone speciale richiesto alle aziende per il possesso del pc:  “Con riferimento alla questione relativa al pagamento del canone di abbonamento alla tv, si precisa che le lettere inviate da Rai non si riferiscono al canone ordinario (relativo alla detenzione dell'apparecchio da parte delle famiglie) ma si riferiscono specificamente al cosiddetto canone speciale cioè quello relativo a chiunque detenga -fuori dall'ambito familiare (es. Imprese, società, uffici)- uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezioni di trasmissioni radiotelevisive. Ciò in attesa di una più puntuale definizione del quadro normativo-regolatorio".
“La Rai -  ribatte l’ Aduc (Associazione Diritti Utenti e Consumatori ) - esattore d'imposta per quella relativa al possesso di un apparecchio atto o adattabile alla ricezione di programmi tv, con questa sua uscita per mettere i puntini sulle “i” ha fatto un atto di doppia valenza: arroganza. Sostanzialmente dice: il quadro normativo-regolatorio deve essere definito, ma intanto voi pagate e poi si vedrà (il ministero interrogato dal Parlamento non ha ancora risposto pur riconoscendo l'anomalia della situazione, così come l'Agenzia delle entrate che ha demandato la definizione di chi e per cosa si debba pagare all'organismo politico, il ministero per l'appunto), bugia. Non è vero che la Rai chiede il pagamento dell'imposta/canone per il possesso di un pc solo alle aziende, ma sono anni che lo chiede alle famiglie mentre non lo chiedeva fino ad oggi alle aziende”.

(Da Mondoprofessionisti del 21.2.2012)

Difendiamo la professione, non gli interessi corporativi

Giovedì e venerdì prossimi gli avvocati penalisti si asterranno dalle udienze per protesta contro le misure governative che, nell’ambito delle liberalizzazioni, riguardano la professione forense. Ieri l’avvocato Domenico Noris Bucchi, presidente della camera penale di Reggio Emilia, ha illustrato in conferenza stampa i motivi della protesta, e ha presentato una lettera che la giunta delle camere penali italiane ha inviato al ministro della Giustizia, Paola Severino,  che è anche avvocato.
«Quella degli avvocati penalisti - ha spiegato Bucchi - non è un’iniziativa di retroguardia che vuole perpetuare assetti chiusi o privilegi economici di tipo corporativo: è una battaglia per la difesa dei valori di autonomia, indipendenza e qualificazione professionale, valori indispensabili per le garanzie del cittadino». Continua Bucchi: «Vorremmo far intendere a tutti che l’ormai anacronistica mancanza di specializzazione , il praticantato in vitro nelle università e le società di professionisti forensi con socio di maggioranza di solo capitale, mettono in serio pericolo, nel prossimo futuro, la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, primo fra tutti quello della libertà personale».
Questi concetti sono riassunti in un volantino, diffuso in tribunale, intitolato con una sciarada, “Avvocati Spa riti”, che allude alla scomparsa della professione. «La società tra professionisti con capitale esterno - è scritto nel volantino - riduce l’attività difensiva a un prodotto da banco e pregiudica l’indipendenza dell’avvocato». Nella lettera al ministro, le camere scrivono che non si asterranno per la difesa delle tariffe, ma contro « la nuova disciplina delle società professionali, una soluzione che non ha eguali altrove, ed introduce un modello nel quale il singolo avvocato , trasformato in un dipendente di chi avvocato non è, perderebbe la sua autonomia e indipendenza, ed a farne le spese sarebbe l’assistito».
Nella lettera si osserva poi: «Tutto questo parlare di ammodernamento curiosamente non ha neppure sfiorato una delle cose che manca: la specializzazione , unica soluzione che coniuga competenza e merito con l’effettività della difesa. Una mancanza paradossale di fronte a un corpus di norme sterminato, di fronte a riti processuali diversissimi tra loro. La lettera conclude: «Non è la questione delle tariffe o delle parcelle che ci preoccupa, ma la difesa di una funzione che è essenziale in un sistema giudiziario moderno».

(Da Il Giornale di Reggio-su Mondoprofessionisti del 21.2.2012)

martedì 21 febbraio 2012

SABATO 25 "I REATI CONTRO LA FAMIGLIA"

Ai pochi che ancora non lo sapessero (locandine, sito AGA, sito Ordine, tv locali, quotidiani, newsletter del Presidente, passaparola tra colleghi ecc.) ricordiamo che Sabato 25 riprendiamo i corsi per la formazione obbligatoria.
Dalle 9 alle 12, nell'androne del tribunale di Giarre, il Maestro Avv. Peppino Trombetta ci intratterrà sul tema: 
I REATI CONTRO LA FAMIGLIA. 
I "punti miralanza" sono sempre 3 per i partecipanti. I non iscritti all'AGA devono versare un contributo spese pari ad € 5,00.

lunedì 20 febbraio 2012

Tariffe abrogate, indicazioni del CNF

In particolare il Cnf ha stabilito che, in attesa che il Ministero della giustizia elabori i parametri necessari alla liquidazione giudiziale del compenso dell’avvocato, per evitare una non altrimenti colmabile lacuna del sistema, appare opportuno il riferimento alla previgente disciplina tariffaria. Tale soluzione per il Cnf sarebbe confortata dal fatto che, restando in vigore l’art. 2233 cod. civ. che, oltre alle tariffe fa riferimento agli usi, nel concordare il compenso le parti possono fare riferimento a quanto normalmente praticato fino ad oggi. Il giudice, sia in sede di regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c., sia in sede di contrasto tra le parti in relazione alla determinazione del corrispettivo dovuto al professionista per l’attività svolta, potrà dunque liquidare il compenso utilizzando le tariffe, giacché allo stato non sono stati pubblicati i parametri e il giudice non può astenersi dal giudicare. Anche le parti potranno fare riferimento ai parametri giudiziali per determinare il compenso – una volta che saranno approvati e pubblicati dal ministero vigilante – a meno che il cliente non sia un consumatore o una microimpresa. Nel caso in cui il cliente sia un consumatore o una microimpresa è fatto divieto, pena la nullità, di fare impiego dei parametri. La nullità riguarda solo la clausola riguardante la determinazione del compenso, è “di protezione”, invocabile solo dal cliente, e produce gli effetti di cui all’art. 36 del codice del consumo (d.lgs. 6.9.2005, n. 206). In tutti i casi, la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e contenere le voci di costo (che potranno essere anche diverse da quelle già previste nelle tariffe) comprensive di spese, oneri e contributi. L’avvocato è tenuto a rendere noto al cliente la complessità dell’incarico, a comunicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’ esercizio dell’attività professionale, ove stipulata, ed a fornire le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento dell’incarico al suo compimento. Poiché per l’attività giudiziale appare impossibile ipotizzare tutte le vicende processuali che si possono verificare, appare utile inserire nel contratto una clausola di salvaguardia che faccia salve circostanze non previste o non prevedibili dalle parti, che implicano una integrazione del compenso sulla base di una nuova negoziazione. Ove il cliente ne faccia richiesta, la misura del compenso deve essere fornita in forma scritta. Il preventivo, qualora reso in forma scritta e sottoscritto dal cliente per accettazione, può costituire la base del contratto di prestazione d’opera professionale (a differenza del preventivo, il contratto deve comunque rivestire necessariamente la forma scritta). Sia il contratto sia il preventivo possono contenere, in specie per le prestazioni giudiziali, solo valori di massima, cioè prevedibili secondo la diligenza professionale, al momento dell’affidamento dell’incarico. Non appare dunque esigibile lo stesso grado di analiticità del preventivo (e del contratto) in tutti i casi. Si potrà anche fare ricorso a previsioni alternative secondo l’evoluzione dell’incarico e a clausole di rinegoziazione. L’inosservanza delle prescrizioni del terzo comma dell’art. 9 costituisce illecito disciplinare. Si può prevedere il patto di quota lite , una somma à forfait oppure una quantificazione oraria. E’ da ritenere che permanga in capo ai Coa il potere di rendere i pareri circa la congruità dei compensi, risultando tuttora vigente la previsione dell’art. 14 del r.d.l. n. 1578/1933 e comunque in considerazione di quanto dispongono gli artt. 2233 cod. civ. e 636 cod. proc. civ. La richiesta di decreti ingiuntivi e l’assegnazione delle cause in decisione potrà essere accompagnata dall’allegazione di note di proposta del compenso da liquidarsi ad opera del giudice, redatte sulla base delle tariffe quanto all’attività precedente il 24 gennaio 2012 e con indicativo riferimento alle stesse (quanto meno fino all’adozione dei parametri di cui sopra) per il periodo successivo.

Matteo Santini (da Mondoprofessionisti del 20.2.2012)

ASTENSIONE 23 E 24 FEBBRAIO

RICORDIAMO AI COLLEGHI DI ASTENERSI DALLE UDIENZE IL 23 E 24 FEBBRAIO 2012 PER PROTESTARE CONTRO IL D.L. LIBERALIZZAZIONI E LA ROTTAMAZIONE DELLA GIUSTIZIA.

(Cfr. Delibera OUA su AGA News del 20.1.2012 e verbale assemblea Avvocati Ordine Catania 11.2.2012)

Garanzia contro insolvenza organizzatore viaggio "tutto compreso"

Corte di Giustizia UE, Sentenza 16.2.2012: Direttiva 90/314/CEE

Secondo la Corte di Giustizia UE l'articolo 7 della Direttiva 90/314/CEE - Viaggi, vacanze e circuiti “tutto compreso”, a norma del quale l’organizzatore e/o il venditore parte del contratto danno prove sufficienti di disporre di garanzie per assicurare, in caso di insolvenza o di fallimento, il rimborso dei fondi depositati e il rimpatrio del consumatore, deve essere nel senso che rientra nel suo campo di applicazione una situazione nella quale l’insolvenza dell’organizzatore del viaggio è dovuta alla condotta fraudolenta del medesimo.
La Corte ha richiamato la precedente pronuncia del 15 giugno 1999 secondo cui l'articolo 7 contiene l’obbligo di risultato di conferire a coloro che partecipano a viaggi «tutto compreso» un diritto alle garanzie di rimborso delle somme versate e di rimpatrio in caso di fallimento dell’organizzatore di viaggi e che tali garanzie sono volte, per l’appunto, a tutelare il consumatore contro le conseguenze del fallimento, indipendentemente dalle cause del medesimo. La Corte ne ha dedotto che circostanze quali il comportamento imprudente dell’organizzatore di viaggi o il verificarsi di eventi eccezionali o imprevedibili non possono costituire un ostacolo al rimborso dei fondi depositati e al rimpatrio dei consumatori ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 90/314.

(Da filodiritto.com del 19.2.2012)

Sul reato di disturbo occupazioni e riposo altrui

Cass. pen. sez. I, sent. 25/05/2011 n. 20954

Per integrare il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone è sufficiente che le emissioni rumorose siano potenzialmente idonee a distubare un numero indeterminato di persone. Gli accertamenti ARPA hanno solo valore amministrativo: il mancato superamento dei limiti non esclude la natura penale della condotta.

Con sentenza del 10 giugno 2009, il Tribunale di Lecce – sez. dist. Galatina – dichiarava l’imputato T.A. responsabile della contravvenzione prevista dall’art. 659 c.p. comma 1 perché, nella qualità di titolare di un disco pub, disturbava – mediante rumori molesti, prodotti in tempo notturno dal volume alto della musica e dagli schiamazzi provocati dagli avventori del locale – il riposo di L.M.G. e del suo nucleo familiare, condannando l’imputato altresì al risarcimento alla parte civile, liquidato secondo equità in cinquemila euro.
Nel rigettare il ricorso, la Corte afferma che, per la configurabilità del reato, “è necessario che le emissioni sonore rumorose siano potenzialmente idonee a disturbare il riposo o le occupazioni di un numero indeterminato di persone, anche se non tutte siano state poi in concreto disturbate”. Per la valutazione di tale attitudine molesta, secondo la Corte, il Giudice può fondarsi su elementi probatori di diversa natura rispetto a perizie e consulenze fonometriche, comprese dunque le dichiarazioni di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti dei rumori percepiti.
Il Giudice di prime cure con la sentenza di condanna aveva evidenziato come dagli elementi risultanti agli atti, i rumori molesti avevano la caratteristica della diffusività e della obiettiva idoneità a recare disturbo ad un numero indeterminato di persone.
A nulla valeva eccepire che l’accertamento acustico operato dai tecnici dell’Arpa escludeva il superamento di limiti positivamente previsti, in quanto – secondo la Corte – tale accertamento amministrativo era liberamente valutabile dal Giudice di merito, ma non in modo esclusivo, potendo questi basarsi su altri elementi probatori acquisiti agli atti, a prescindere dall’esatta conoscenza dei decibel raggiunti. Del resto, la stessa logica si intravede nel fatto che sebbene il secondo comma dell’art. 659 c.p. (che punisce chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell’Autorità) sia stato depenalizzato per mezzo dell’art. 10 L. 447/1995 (Legge quadro sull’inquinamento acustico), lo stesso non può dirsi per la disposizione del primo comma che, invece, permane nella sua struttura contravvenzionale. Le due norme, per vero, perseguono finalità ben diverse. Quella del primo comma mira a sanzionare gli effetti negativi del rumore in funzione di tutela della tranquillità pubblica; la norma speciale (frutto della depenalizzazione del secondo comma dell’art. 659 c.p.) è invece diretta unicamente a stabilire limiti di rumorosità di sorgenti sonore, oltre i quali si ritiene sussistere il c.d. inquinamento acustico, a prescindere dall’accertamento di un effettivo disturbo arrecato alle persone (Cass. n. 443/2001), tant’è che si accontenta di punire il superamento di tali limiti con una sanzione amministrativa.
Al di là della sanzione penale, seppure esistente ma contenuta (ammenda di trecento euro), nel caso in commento di grande rilevanza è stato il risarcimento del danno che il Giudice di Galatina – coraggiosamente – ha liquidato in via equitativa nell’importo di cinquemila euro, anziché – come avviene molto spesso – rinviare la quantificazione del danno al giudice civile. Ottima si è dunque rivelata la scelta difensiva della persona offesa che – sussistendone i requisiti – ha preferito la via penale a quella civile costituita dal risarcimento danni per immissioni (art. 834 c.c.).

Annalisa Gasparre (da overlex.com dell’11.1.2012)