mercoledì 18 aprile 2012

Canzona: “Non sono la ‘Wanna Marchi’ degli avvocati!”

A confronto con Giacinto Canzona, avvocato – famoso o famigerato? –, salito agli onori negativi delle cronache per le tante, troppe storie curiose raccontate ai media. Bufale, l’accusa... storie condite per i giornali, si difende lui.
Riflettori spenti, microfoni chiusi. Lento ritorno alla normalità, alla quotidianità. Con un’etichetta da cancellare, se possibile: ‘Wanna Marchi degli avvocati’! Anche se, su questo punto, Giacinto Canzona, 38 anni, avvocato – famoso o famigerato, fate voi... –, è categorico: «Mai truffato, mai preso soldi!»
Eppure, avvocato Canzona, lei è catalogato proprio così: truffatore. Per le notizie false propinate ad agenzie di stampa, giornali e trasmissioni televisive...
«Diciamo che è un’etichetta, quella di truffatore, che le persone mi affibbiano, anche perché qualche trasmissione televisiva mi ha paragonato a Wanna Marchi e company, ma io ribadisco di non avere mai truffato nessuno: non ho mai preso un euro per le interviste e per le notizie che ho fornito, notizie comunque vere o con un fondo di verità... Certo, se vogliamo, possiamo parlare dei titoli utilizzati, perché le vicende raccontate avevano un carattere particolarmente sensazionalistico, ma, ripeto, sempre con un fondo di verità».
Giusto un esempio, per capire quanto regga questa versione...
«Mi viene in mente la storia del gatto, Tommasino, che, come raccontato dai giornali, aveva ereditato una grossa somma... Ecco, la storia non è finta, molto più semplicemente non è il gatto ad avere ereditato, perché in Italia non è assolutamente consentito... La realtà è che una donna ha lasciato un discreto patrimonio alla propria badante, a patto, però, che si occupasse del gatto... Detta in questi termini, ovviamente, la notizia non ha sapore giornalistico».
La domanda le sembrerà banale: perché inventare e utilizzare una bugia?
«Più che una bugia è una verità colorita... Comunque, per due ragioni: innanzitutto, perché mi è sempre piaciuta come attività creativa quella di diffondere notizie di ‘cronaca rosa’; secondo perché, comunque, a parte gli ultimi episodi, c’è un potenziale ritorno di immagine per lo studio, anche se poi, in effetti, non c’è stato un incremento di clientela...».
Allora, lei ha ipotizzato un ritorno economico, seppur indiretto?
«Immaginavo una risonanza per lo studio, ma per me è stato anche un hobby...».
Hobby?! Cosa intende dire? Lei rischia pesanti provvedimenti disciplinari... Eppoi, lei, volente o nolente, rappresenta una categoria importante in un Paese democratico...
«Capisco la sua riflessione... Le rispondo come mi ha suggerito un amico magistrato, il quale mi ha detto: “tu, Giacinto, hai colorito molto le notizie, hai portato anche vicende che hanno una certa ilarità, che poi alla fine non hanno, per te, neanche un ritorno economico. Però ci sono avvocati che ammettono di aver fatto delle bufale giudiziarie, di aver creato un caso finto, arrivato addirittura alla Corte Costituzionale”. Ecco, se vogliamo parlare di deontologia professionale, allora, ritengo che, comunque, un avvocato che non si inventa una notizia, ma fa girare una storia con un fondo di verità, condita, se vogliamo, giornalisticamente, rispetto a colleghi che creano una vicenda giudiziaria in tribunale e che prendono in giro un magistrato... beh, ritengo sia più grave la seconda situazione».
Allora dobbiamo desumere che tutte le notizie che ha dato sono arrivate a procedimento?
«No, non affermo questo...».
E allora come fa a dire che son vere?
«No, dico che hanno tutte un fondo di verità, alcune con tratti di ilarità...».
Ci permetta di dubitare... Ad esempio, la storia della coppia di crocieristi che, a causa del naufragio della ‘Concordia’, si raccontava avesse perso il bambino... beh, di ilare c’è davvero nulla.
“Per carità, ha ragione... la verità è che lì c’è sì una coppia, cosa reale ma non pertinente alla vicenda, e la donna ha perso un bambino, ma non sulla Concordia, non a causa di quel naufragio...».
E allora perché ha creato questo falso? Lei è un matto, un delinquente o un mitomane? Scelga lei, ma, comunque, il suo ritratto, sia umanamente che professionalmente, è poco edificante, volendo usare un eufemismo...
«Non appartengo a nessuna delle tre categorie, ho fatto i miei errori, commessi non per arrecare danno al prossimo, non per prendere in giro gli italiani, non per prendere in giro i media. Semplicemente ho coltivato questa mia attività creativa, perché mi piaceva, e per portare clientela allo studio».
Ancora con la storia dell’hobby?! Non le conviene il modellismo? E se l’obiettivo è accrescere la clientela, non è più semplice e più corretto portare i casi effettivi?
«Guardi, le storie sono vere, i fatti sono reali, ciò che non c’è effettivamente è la causa...».
Ma, allora, perché proporre ai media casi giudiziari che non esistono?
«Guardi, in alcuni casi, penso alla storia della multa alle suore che dovevano recarsi dal Papa, noi per primi siamo stati beffati... Quella, ad esempio, è stata una bufala: tutto è successo perché, all’epoca, occupandoci di multe come studio legale, ricevemmo una telefonata da una fantomatica suora che raccontava questo strano episodio, ma io ho fatto l’errore di non effettuare una verificare... Sia chiaro, ci sono stati segnalati casi ancora più bizzarri, ma, prima di mandare una comunicazione ai media... anche perché le agenzie di stampa, ad esempio, sono diventate scettiche nei confronti di Canzona».
Non lo consideri un motivo di vanto...
«È un atteggiamento che mi ha provocato fastidio... Perché, ripeto, io, fornendo queste notizie, non ho mai avuto un guadagno economico... non ho mai chiesto e mai avuto un solo euro... Ed essere additato come propalatore di bufale non può farmi piacere...».
Ma lei le bufale le ha date, eccome!
«Voglio precisare: mi sono scusato con i miei colleghi, perché, purtroppo, nel calderone mediatico è stato messo tutto… Eppure, ci sono storie vere, cause che si sono chiuse: penso, ad esempio, a quella della persona a cui avevano ritirato la patente perchè era risultato positivo all’etilometro a causa di uno sciroppo, e ricordo che lì c’è un provvedimento del Giudice di pace di Roma! Anche la vicenda dei libretti postali e bancari ‘antichi’ è una vicenda totalmente vera, una storia giudiziaria ancora in corso... Però si è fatto di tutta l’erba un fascio! Il problema, però, è che, una volta che viene fuori che una storia, quella del gatto Tommasino, ad esempio, è finta o ‘condita’, ovviamente le persone pensano che tutto sia falso...».
Colpa sua!
«Probabilmente sì, certo, lo riconosco. E di ciò mi dispiaccio, non solo per me ma anche per i miei colleghi, che hanno lavorato sempre bene».
Allora il bilancio è in rosso...
«Col senno di poi, vista la baraonda e visto il processo mediatico, ovviamente non solo non ci ho guadagnato ma ci ho rimesso, però, prima di questo caos, non pensavo di guadagnarci ma non pensavo certo di essere danneggiato. Le ripeto, quello che mi dispiace è che c’è stato un danno per me a livello di immagine e nei rapporti con l’Ordine, ma anche per i miei colleghi...».
A proposito di Ordine: lei era iscritto a Roma, poi si è trasferito a Tivoli. Perché?
«Ho cambiato perché purtroppo a Roma non godevo, per motivi professionali e personali, di grande simpatia...».
Sia più chiaro...
«Parecchie segnalazioni all’Ordine da parte di colleghi avvocati e di giornalisti sul fatto che io inventavo storie fantasmagoriche. Il problema è sempre quello, certo, ma il discorso è più ampio: perché di cento storie trattate, la maggior parte di quei casi sono reali e hanno avuto un esito giudiziario».
Repetita iuvant: perché ha voluto inventare?
«Non è un discorso di soldi, la considero una attività creativa che ha avuto il suo prezzo...».
Ma ideare nuove ricette, no?
«Ognuno fa l’attività creativa che vuole...»
E lei crea storie... si rende conto?
«Preciso: sono storie che possono non avere un immediato sbocco giudiziario... Ad esempio, la storia della suora, che si è ritrovata con delle foto ‘spinte’ pubblicate su Facebook dall’ex fidanzato: la suora in questione esiste ed è stata ritratta in pose spinte, prima di prendere i veli, dall’oramai ex compagno, mentre la bufala è che poi alla vicenda storica non è seguita una azione giudiziaria».
E perché ha detto solo mezza verità ai media?
«Beh, per un ritorno positivo per lo studio...».
Lei è stato scorretto. Avrebbe potuto segnalare la storia e aggiungere che lo studio legale avrebbe seguito la suora, nel caso in cui questa avesse deciso di adire le vie legali...
«Le rispondo subito: è già capitato, in passato, che giornalisti lanciassero notizie, con particolare rilevanza, omettendo il nome dell’avvocato e dello studio… E parlo di storie vere, di storie giudiziarie effettive! Non trovo giusto questo modo di agire...».
Anche sul suo modo di agire c’è tanto da dire... Non a caso, lei, ora, rischia sanzioni gravi, giusto?
«Purtroppo sì... Ecco, col senno di poi, se avessi immaginato... La verità è che il gioco non valeva la candela, però, ripeto, parlo e ragiono col senno di poi...»
Da domani cosa farà?
«Mi prendo un periodo di riflessione...».
Abbandona la professione?
«Ho ricevuto la convocazione all’Ordine di Tivoli, vediamo come si sviluppa la vicenda...».
Cosa si aspetta?
«Mi aspetto che decidano la questione come se non ci fosse stato il clamore dei media... Cioè sono convinto che saranno imparziali: non voglio sconti, non voglio atti di clemenza, voglio solo che decidano valutando la vicenda per ciò che è effettivamente...».
Una sanzione seria non gliela toglie nessuno...
«Credo sia giusta una sospensione, perché ho fatto i miei errori e ne sono consapevole, anche considerando il rapporto distorto con la stampa. Ecco, ci sarà un provvedimento, di sicuro, una sospensione, presumo. Su questo il Codice prevede da due mesi a un anno: su questo mi rimetto all’Ordine, ovviamente».
A proposito, lei è anche magistrato onorario. Ciò aggrava ulteriormente la sua posizione, lo sa?
«Guardi, sono magistrato onorario dal 2005, ma c’è già stata la revoca delle deleghe, e un procedimento disciplinare nei miei confronti è aperto anche dinanzi al Consiglio giudiziario. Sia chiaro, la situazione è meno grave, perché non sono venuto meno alla funzione, ma, ovviamente, per ragioni di opportunità, la Procura di Civitavecchia mi ha revocato la delega ad andare in udienza».
Perché sulla targa dello studio lei è identificato unicamente come magistrato onorario?
«Quella targa mi è stata regalata... Solo dopo ho scoperto, e questa è una mia colpa, che non si può utilizzare il titolo sulla carta intestata e sulla targa. Lo ammetto, l’ho utilizzata, ma non mi ha portato nessun beneficio».
Adesso, a riflettori spenti, ripensando a questa vicenda, prova un minimo di vergogna?
«Debbo proprio dire di sì... sono sincero, ho fatto i miei sbagli, e pagherò molto di più di quanto merito, perché non avevo intenzione di lucrare...».
Ma lei ha screditato la figura dell’avvocato...
«Ma io non ho mai inventato niente, ho soltanto ‘condito’ notizie, ho riportato storie che non sono approdate in tribunale... ma tutto ciò che è approdato in tribunale è stato ed è assolutamente reale!».
Un aggettivo per sé stesso...
«Non me ne viene nessuno... ora sto riflettendo e valutando le conseguenze. Piuttosto, aggettivi eccessivi sono stati utilizzati nei miei confronti...».
Eccessivi?!
«Beh, è stato detto che ‘Striscia la notizia’, dopo aver scoperto Wanna Marchi, ha scovato Canzona... Ma Wanna Marchi si faceva pagare, estorceva denaro alle persone, mentre io ho raccontato bugie che non fanno male e non ho mai guadagnato soldi...».
Guardi, l’idea della bugia innocua regge pochissimo...
«Forse sì, ma questa è la giustificazione che do anche a me stesso. Comunque, riconosco, ripeto, di aver fatto degli sbagli, e ho la consapevolezza di dover pagare, forse più severamente di quanto meriti...».
A prescindere dalle sanzioni disciplinari, resterà la macchia sul suo curriculum.
«Lo so, per questo il gioco non è valso la candela. Ma probabilmente ci saranno dei problemi più seri: li affronterò man mano che verranno, cercando di mantenere la lucidità e la serenità. E, in questa ottica, tengo a ribadire ancora che i miei colleghi e i miei collaboratori non c’entrano assolutamente nulla: l’unica cosa positiva è che, grazie a Dio, i rispettivi Ordini non hanno fatto nulla nei loro confronti. Loro non sapevano nulla di queste storie, sono stati coinvolti loro malgrado e questo mi dispiace molto...».
Quindi ha fatto tutto da solo?
«Sì, ho fatto tutto da solo! Per questo, ora che l’attenzione già è scemata, posso dire che se tornassi indietro, non rifarei nulla!».
Allora, per chiudere, ora ho parlato con l’alter ego avvocatizio di Wanna Marchi?
«No, assolutamente, questo no!».

Intervista di Attilio Ievolella (da avvocati.it del 17.4.2012)