mercoledì 30 settembre 2015

VENERDI' E SABATO CONVEGNO SU DNA


IL CONVEGNO UAE SULLA TUTELA DEI RICHIEDENTI ASILO



La Delegazione U.A.E. Sicilia Orientale traccia le conclusioni del Convegno “Libertà, sicurezza e giustizia nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo", svoltosi a Catania nei giorni scorsi. Il bilancio della “due giorni” ai Benedettini è sicuramente positivo.
Dopo i saluti e l’apertura dei lavori presenziata dalle più importanti cariche istituzionali: On. Avv. E. Bianco Sindaco della città di Catania, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania Dott. S. Scalia, il Presidente del Tribunale di Catania Dott. B. Di Marco, il Dott. E. Gullotti Vice Prefetto Vicario, il Presidente del C.O.A. di Messina Avv. V. Ciraolo, i delegati dei C.O.A. di Catania e Siracusa; Dott. A. Pagliaro, Segretario Generale presso la C.C.I.A.A. di Catania, il Contrammiraglio N. De Felice Comandante MariSicilia, il Colonnello Sicuso C.te del 41° stormo dell’Aeronautica Militare di Sigonella, questi ultimi hanno, in particolare parlato di quella che è l’epserienza sul campo ed il grande lavoro svolto dalla Marina Militare e dall’Aeronautica Militare, l’Avv. Claudio Fiume, Presidente della Delegazione Siciliana dell’Unione degli Avvocati Europei, ha introdotto gli argomenti delle sessioni e quindi gli illustri relatori.
Il tema del convegno “Libertà, Sicurezza e Giustizia nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo” è stato trattato da ogni angolazione e senza risparmiare l’aspetto sociologico della questione.
Le dissertazioni tecnico-giuridiche hanno, poi, impegnato appieno le due giornate mettendo in campo le teorie di docenti di ben tre università (Palermo, Enna e Milano).
Particolarmente interessanti, sotto il profilo etico e morale, gli interventi dell’avv. A. Introini – Coordinatrice Commissione Diritti Umani dell’organismo Unitario dell’Avvocatura (O.U.A.) - nonché dell’avv. A. Petrosino, responsabile Amnesty Sicilia.
Il Contrammiraglio De Felice, così come il Col. Sicuso hanno poi descritto in maniera puntuale, se non emozionante, l’attività espletata sul campo dalla Marina Militare Italiana e dell’Aeronautica Militare, in prima linea sul fronte dell’avvistamento in mare, del salvataggio e del recupero degli immigrati o delle loro salme.
Il loro intervento è stato anzi preceduto da un avvincente filmato che ha consentito il migliore approccio ai temi delle sessioni.
E’ stata, altresì, lodata l’infaticabile opera della Croce Rossa Italiana, nell’occasione rappresentata dal Commissario Provinciale Dott. Stefano Principato.
La tavola rotonda conclusiva, presieduta dall’avv. F.M. Samperi, Presidente d’Onore dell’U.A.E. nonché Presidente della Delegazione Lazio, ha poi riassunto significativamente gli argomenti oggetto della precedente dissertazione scientifica gettando le basi, anche grazie all’intervento di autorevoli magistrati del Tribunale e della Corte d’Appello di Catania, per ulteriori approfondimenti nello studio di proposte integrative e/o modificative del regolamento comunitario in tema di immigrazione di cui l’U.A.E. intende farsi promotrice.
La Delegazione Sicilia Orientale dell’U.A.E. può dirsi, dunque, soddisfatta del lavoro portato avanti in un periodo storico in cui la tematica in questione è più che mai attuale. Si sono gettate le basi per un lavoro che non si ferma al Convegno ma che andrà avanti producendo risultati concreti.

Danno esistenziale con le tabelle di Milano

Parametri con valore nazionale:
il giudice che non le applica deve motivare

In caso di incidente stradale accade di solito che la liquidazione del danno biologico includa la sofferenza interiore patita dalla vittima a seguito dell’incidente. Viceversa, accade di rado che il risarcimento copra anche conseguenze relazionali, come il radicale cambiamento di vita a cui è costretto il danneggiato.

Per questo - si legge nella sentenza numero 19211, pubblicata ieri dalla terza sezione civile della Corte di cassazione - è necessario che il giudice conceda un giusto risarcimento per questo danno esistenziale che ricompensa il cambio di vita post-sinistro, come detto oltre la sofferenza psichica.

In casi del genere - e veniamo all’importanza della decisione della Cassazione - il giudice del merito deve applicate le tabelle elaborate dal tribunale di Milano. Qualora invece il giudice ritenesse di disattendere a questo principio è tenuto a motivare la decisione. Questo perché le tabelle milanesi hanno una vocazione nazionale acquisita nel tempo e riconosciuta dalla Cassazione. Ed è per questo che possono essere utilizzate in tutta Italia per risarcire le lesioni invalidanti, causate dagli incidenti stradali, dal 10 al 100 per cento.

Nel caso di specie, il ricorso del professionista danneggiato nel sinistro è stato accolto addirittura contro le conclusioni del sostituto procuratore generale il quale sosteneva l’inammissibilità delle tabelle milanesi.

Applicando le quali, il risarcimento avrebbe superato di 120mila euro circa la cifra liquidata dalla Corte d'appello, del caso specifico, la quale ha usato standard locali per ridimensionare la somma riconosciuta dal giudice del primo grado alla vittima dell'incidente.


Enrico Bronzo (da Il Sole 24 Ore del 30.9.2015)

lunedì 28 settembre 2015

Pronta la lista dei reati da tagliare

La riforma della giustizia. Il decreto legislativo dovrebbe
essere discusso al Consiglio dei ministri entro due settimane
L’omesso versamento dei contributi fino a
€ 10mila diventerà illecito amministrativo

La depenalizzazione rompe gli indugi. È ormai pronto il decreto legislativo che taglia un pacchetto di reati per trasformarli in illeciti amministrativi. Il testo, messo a punto dalla commissione Palazzo, è adesso all'esame del ministero dell’Economia per il concerto, ma dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri nell'arco delle prossime due settimane. I tempi, del resto, stringono, visto che la delega deve essere esercitata entro la metà di novembre.

La novità è emersa nel corso del congresso delle Camere penali in svolgimento a Cagliari. Un appuntamento dove a guidare la discussione sono state appunto le novità in arrivo sia sul piano del diritto sostanziale sia su quello procedurale. Sul primo punto la depenalizzazione provvede a trasformare in illeciti amministrativi le contravvenzioni punite con la pena dell'arresto o dell'ammenda con l'eccezione di alcune materie come l'ambiente e la sicurezza pubblica.

A venire trasformato in illecito amministrativo sarà anche l'omesso versamento contributivo, nella soglia di 10mila euro, ponendo fine alla questione che ha visto impegnata la giurisprudenza sulla efficacia precettiva della legge delega in assenza del decreto delegato.

L'intervento si iscrive in quel binario delle politiche della giustizia che negli ultimi tempi ha visto il debutto di istituti come la messa alla prova e la nuova causa di non punibilità per tenuità del fatto - andando a bilanciare peraltro, almeno quanto a impatto sul sistema giudiziario, la stretta sui reati contro la pubblica amministrazione, già in vigore - e quella, per ora contenuta nel disegno di legge sulla procedura penale appena approvato in prima lettura dalla Camera, per furti e rapine.

Decisione quest'ultima che è stata difesa di fronte alla perplessità dei penalisti, dal vicecapo dell'ufficio legislativo del ministero della Giustizia, Giuseppe Santalucia: si sono toccati i minimi di pena e non i massimi e si è sterilizzato l'effetto delle circostanza, ha sottolineato. Come pure l'inasprimento delle pene sulla corruzione, ha sempre puntualizzato Santalucia, oltre che sollecitato in sede europea ha permesso di realizzare un meccanismo tutto sommato equilibrato, dove all'aumento delle sanzioni fa da contraltare l'attenuante per chi collabora con la giustizia.

Schermaglie poi tra la platea congressuale e il presidente dell'Anm, Rodolfo Maria Sabelli, sul tema della prescrizione. Con Sabelli a sottolineare, facendo appello alla sua esperienza di pubblico ministero, che se è vero che il 70% delle prescrizioni avviene nella fase delle indagini preliminari, questo si verifica per la lentezza del sistema che fissa udienze dibattimentali a distanza di anni. Lentezze del sistema che, a giudizio di Sabelli, rischiano di rendere del tutto irrealistico la disposizione del disegno di legge sulla procedura penale che chiede l'esercizio dell'azione penale entro tre mesi dalla chiusura delle indagini.

Dai penalisti però arriva il richiamo a quanto previsto dalla legislazioni penali di altri Paesi, soprattutto di common law, dove il mancato rispetto dei termini per l'esercizio dell'azione penale è sanzionato con la nullità.

Giorgio Spangher, docente di Procedura penale alla Sapienza di Roma, ha ricordato la necessità di accompagnare la ragionevole durata del processo con sanzioni per assicurarla. Spancher poi, non fosse che come provocazione, ha ricordato che per l'innocente che finisce invischiato in un processo penale i rimedi sono inesistenti: perché non pensare allora alla rifusione delle spese di giustizia?

Giovanni Negri (da Il Sole 24 Ore del 28.9.2015)

ANF impugna il regolamento delle specializzazioni

“Il regolamento per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista presenta evidenti profili di illegittimità, dunque non possiamo che impugnarlo di fronte al Tar del Lazio. Anf non é stata mai contraria, e non lo é tuttora, alle specializzazioni, ma, per come l’idea della "specializzazione" dell’avvocato è stata realizzata, il regolamento ministeriale presenta troppe criticità, addirittura ulteriori rispetto a quelle già evidenziate nel corso dell’iter amministrativo di formazione del provvedimento”. Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Luigi Pansini, in merito alla decisione presa dall’Anf – in occasione del suo Consiglio Nazionale tenutosi a Rimini nelle giornate del 26 e 27 settembre 2015 - di impugnare il regolamento n° 144 del 12 agosto scorso del Ministero della Giustizia. “La specializzazione – continua Pansini citando uno degli aspetti dell’illegittimità del regolamento - non può essere ottenuta a seguito di un percorso esclusivamente teorico e culturale, ed è palese è la diversità di trattamento ed il disvalore dell’effettiva esperienza professionale, anche con riferimento al mantenimento del titolo di specialista, rispetto all’attività di frequenza di corsi normativi. Al contempo, la valutazione della “qualità” degli incarichi ai fini della comprovata esperienza non è ancorata ad alcun criterio oggettivo ma rimessa ad un apprezzamento ingiustificatamente discrezionale. Nel settore dell’esecuzione forzata, la qualità ed il numero degli incarichi rende di fatto generica l’individuazione del settore di specializzazione e paradossali il conseguimento ed il mantenimento del titolo di specialista, dovendo l’avvocato escludere, per dimostrare la comprovata esperienza, gli incarichi aventi ad oggetto le medesime questioni giuridiche e che necessitano un’analoga attività difensiva. Evidenti poi – aggiunge Pansini - sono la generica specializzazione in diritto penale, da un lato, e il numero molto alto di titoli specialisti nell'ambito del diritto civile, dall’altro, prospettandosi un’ulteriore disparità di trattamento tra gli iscritti agli albi. E lo stesso vale per il diritto amministrativo. Perplessità sorgono anche con riferimento alle norme in materia di concorrenza e non solo relativamente alla frequenza dei corsi obbligatori per il mantenimento del titolo e al potere del Consiglio Nazionale Forense di riconoscere le associazione specialistiche con le quali successivamente curare, “d’intesa”, il mercato della formazione specialistica. Queste e tutte le altre criticità erano state portate all'attenzione della politica, delle istituzioni forensi e del Ministero della Giustizia anche nel corso dell'ultimo congresso nazionale dell'Avvocatura di Venezia del mese di ottobre 2014, con due mozioni (di cui una a firma Anf) approvate dalla massima assise dell'Avvocatura, evidentemente rimaste lettera morta, anche in sede di attuazione della volontà degli avvocati. Alla luce di tutto ciò la sensazione che si sia perso tempo prezioso è palese e dunque non abbiamo potuto far altro che decidere di rivolgerci al giudice” – conclude Pansini.

(Da Mondoprofessionisti del 28.9.2015)

domenica 27 settembre 2015

DOSSIER AI PARTECIPANTI ALL'EVENTO DEL 2 E 3



I partecipanti al convegno di Venerdì 2 e Sabato 3 Ottobre sul tema: “DNA ED ACCERTAMENTO DEL FATTO-REATO”, nell'Aula delle Adunanze del Palazzo di Giustizia di Catania, riceveranno un dossier avente per oggetto le tematiche delle giornate di studio, a cura della redazione Lex24 del Gruppo 24Ore.

venerdì 25 settembre 2015

CONVEGNO "DNA ED ACCERTAMENTO DEL FATTO-REATO"


FORMAZIONE, 2 E 3 EVENTO SU DNA A CATANIA

Ricominciamo con gli eventi formativi!
Uno molto importante con numerosi e qualificati relatori, organizzato dall'AGA in collaborazione col Gruppo 24 ORE (attualmente in corso di accreditamento da parte del Consiglio dell'Ordine Avvocati di Catania), si terrà nell'Aula delle Adunanze del Palazzo di Giustizia di Catania il 2 e 3 ottobre prossimi, ed ha per tema: “DNA ED ACCERTAMENTO DEL FATTO-REATO”.
La partecipazione all'evento è a titolo gratuito.

mercoledì 23 settembre 2015

Entro il 9 Ottobre domande per scuole di specializzazione

3.700 i posti disponibili

Sono 3.700 i posti disponibili che si contenderanno i laureati in giurisprudenza per l’ammissione alle scuole di specializzazione per le professioni legali. La data ufficiale del concorso (per titoli ed esame), fissata dal decreto del MIUR pubblicato sabato scorso in G.U. (e qui sotto allegato) è il 28 ottobre e le prove si svolgeranno su tutto il territorio nazionale, presso le università sedi dei corsi di giurisprudenza (in base all’elenco allegato al decreto). La presentazione delle domande dovrà avvenire entro e non oltre il prossimo 9 ottobre, presso la segreteria dell’ateneo sede della scuola per la quale si concorre. Potranno partecipare al concorso tutti i laureati in giurisprudenza (vecchio e nuovo ordinamento) e, con riserva, i laureandi che conseguiranno il titolo accademico richiesto entro la data della prova d’esame. Oltre al titolo, la prova da superare consiste in un test di 50 quesiti a risposta multipla (identici su tutto il territorio) su argomenti di diritto amministrativo, civile, penale, processuale civile e processuale penale. Il tempo massimo a disposizione di ogni candidato è di 90 minuti (e non è ammessa né la consultazione di testi né di codici commentati e annotati con la giurisprudenza). Saranno ammessi alla scuola di specializzazione i candidati che si collocheranno in posizione utile in graduatoria, sulla base del punteggio complessivo ottenuto (il massimo a disposizione della commissione giudicatrice è di 60 punti, di cui 50 per il test, 5 per la valutazione del voto e 5 per il Cv).


(Da studiocataldi.it del 23.9.2015)

Soppressione ufficio postale, ''gravità del danno per l’utenza''

TAR Umbria-Perugia, sez. I, decreto 3.9.2015 n° 114

Poste Italiane S.p.A., nel luglio 2015, comunicava al Comune di Collazione l’intenzione di chiudere un proprio ufficio, aperto al pubblico, a decorrere dal mese di settembre. L’Amministrazione Comunale ricorre al TAR Umbria e la I Sezione accoglie il ricorso in via cautelare, rimandando ad una successiva udienza la decisione definitiva. In sintesi è quanto accaduto a Collazzone, caratteristico comune medievale che conta poco più di tremila abitanti, che Poste Italiane intende privare dell’ufficio postale.

La nota indirizzata al Comune, datata 2 luglio 2015, con la quale Poste Italiane S.p.A. comunicava che a decorrere dal 7 settembre 2015 l’ufficio avrebbe abbassato le saracinesche, è stata portata innanzi la giustizia amministrativa umbra, unitamente ad una ulteriore nota, con la quale la stessa società partecipata forniva le argomentazioni di riscontro all’incontro tenutosi, nel febbraio 2015, con i rappresentanti del Comune e dell’ANCI Umbria, nonché ad un’e-mail del Sindaco datata 23 febbraio 2015, avente ad oggetto l’ipotesi di chiusura degli uffici postali.

In via subordinata il Comune impugna anche la delibera resa dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, “se ed in quanto interpretata nel senso di ritenere legittima la chiusura dell’ufficio postale di Collazzone”.

Il TAR Umbria ha accolto l’istanza di misura cautelare proposta dal Comune ricorrente, ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm., riservando alla Camera di consiglio, fissata al 23 settembre 2015, ogni considerazione relativa al fumus boni iuris, nel contempo decretando la sussistenza della “gravità del danno per l’utenza che si vedrebbe privata dell’accesso al servizio universale postale”, che sarebbe quindi cagionato dall’eventuale soppressione degli uffici. Il Tar, accogliendo la spiegata istanza di misura cautelare interinale, ha sospeso il provvedimento impugnato in via principale.


(Da Altalex del 23.9.2015. Nota di Laura Biarella)

Processo penale, ok Camera a delega. Riforma passa a Senato

Sì dell'Aula della Camera al ddl di delega al governo della riforma del processo penale. Il testo, approvato con 314 voti a favore, 129 contrari e 51 astenuti, passa al Senato. Forza Italia si è astenuta, contro hanno votato M5S, Lega e Sel.

M5s imbavagliati in Aula

Prima del voto finale è andata in scena la protesta del Movimento 5 stelle nell'Aula della Camera. I deputati del gruppo M5S si sono infatti coperti la bocca con un bavaglio per esprimere la loro contrarietà alle norme sulle intercettazioni, mentre parlava Vittorio Ferraresi, relatore di minoranza in commissione Giustizia.

Ok ai limiti su pubblicabilità intercettazioni

Ieri l'aula di Montecitorio ha approvato l'articolo del Ddl penale che delega il governo a disciplinare le intercettazioni. Le nuove norme dovranno evitare la pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell'indagine e che riguardano persone completamente estranee, attraverso una selezione del materiale relativo alle intercettazioni. Non ci sarà però un'udienza filtro. Nessuna pena detentiva a carico dei giornalisti. Prevista la delega per punire (fino a 4 anni) la diffusione di registrazioni fraudolente diffuse per causare un danno a reputazione e immagine. Resta salvo l'esercizio del diritto di difesa e del diritto di cronaca.

La protesta del M5s

Dopo il voto finale, il Guardasigilli Andrea Orlando nominerà una commissione ministeriale di magistrati, avvocati e giornalisti per cominciare a mettere nero su bianco l'articolato. I nomi li ha già in tasca e assicura che «faranno giustizia di molte illazioni circolate in questi giorni». Lo ha ribadito in Aula anche la relatrice Donatella Ferranti (Pd), precisando che chi parla di bavaglio «fa demagogia» perché con la riforma si vuole tutelare solo «chi è estraneo alle indagini». La Federazione della stampa ne «prende atto» ma continua a definire la delega «una minaccia per il diritto di cronaca». Durissimi i 5 Stelle: «Cosa è cambiato da quando queste cose le portava avanti Berlusconi ad ora che le porta avanti Renzi?» ha attaccato ieri Alfonso Bonafede rivolto ai banchi del Pd. «Berlusconi difendeva se stesso dalla giustizia, voi difendete tutta la casta. Lui colpiva solo i giornalisti che lo attaccavano, voi mettete il bavaglio a tutta la stampa italiana».


(Da ilsole24ore.com del 23.9.2015)

martedì 22 settembre 2015

Basta fax per chiedere rinvio udienza per legittimo impedimento

Il giudice è tenuto a pronunciarsi purché la richiesta
sia tempestiva e indirizzata alla sua cancelleria

Se il difensore invia un fax con il quale richiede il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento, il giudice è tenuto a pronunciarsi sull’istanza.

Ciò, però, purché la richiesta sia tempestiva e il fax sia inviato alla cancelleria del giudice e non a qualsiasi numero dell’ufficio giudiziario.

Infatti, l’omesso esame della richiesta non comporta la nullità della sentenza quando manchi la tempestività e non sussistano le ulteriori condizioni per l’accoglimento.

Così si è pronunciata la Corte di cassazione con la sentenza numero 37859/2015, depositata il 18 settembre.

Dando atto che la materia è oggetto di contrasti giurisprudenziali, i giudici, con una lunga e articolata argomentazione, hanno tuttavia asserito, rifacendosi a propri precedenti emessi a sezioni unite, che la legittimità dell’utilizzo del fax in ipotesi come quella sottoposta alla loro attenzione è imposta sia dal fatto che l’ordinamento non prevede formalità particolari per un tal genere di comunicazioni sia dalla necessità di svincolarsi da risalenti schemi formalistici e adeguarsi all’evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche, nonché da quella di favorire la semplificazione e la celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo.

Oltretutto il fax è uno strumento che per sua natura è idoneo ad assicurare la ricezione dell’atto da parte del destinatario, mediante il cosiddetto “OK” o altro simbolo equivalente.

Del resto, come rilevato dagli stessi giudici, negare l’utilizzo del fax sarebbe incoerente con la circostanza che il medesimo impedimento che ostacola la presenza in udienza dell’avvocato potrebbe ben impedire a quest’ultimo anche di recarsi tempestivamente in cancelleria.

Nonostante ciò, comunque, nel caso di specie la comunicazione dell’avvocato, sebbene astrattamente legittima, non aveva rispettato il fondamentale requisito della tempestività, con la conseguenza che la nomina di un difensore di ufficio secondo le norme che regolano il processo penale non avrebbe potuto comunque essere evitata.


Valeria Zeppilli (da studiocataldi.it del 20.9.2015)

Mobbing: nessun danno a professionalità se nuovo impiego ugualmente qualificante

Cass. Sez. Lavoro, Sent. 11.8.2015, n. 16690

La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha stabilito che il datore di lavoro che sia stato condannato per mobbing ai danni di un suo dipendente non è tenuto a risarcire il danno alla professionalità se questo ha trovato un nuovo impiego ugualmente qualificante rispetto al precedente.



Nel caso esaminato dalla Corte di legittimità, una lavoratrice, con incarico manageriale, rassegnava le proprie dimissioni per giusta causa, in conseguenza di trattamenti vessatori posti in essere dal proprio datore di lavoro, e, ricorrendo in giudizio, otteneva dal giudice la condanna dello stesso al risarcimento del danno subito (in particolare, danno alla salute, accertato da un consulente tecnico d’ufficio, e indennità di preavviso).



Ottenuto nelle more del giudizio un nuovo impiego con trattamento economico e inquadramento contrattuale non deteriori rispetto a quelli goduti presso l’azienda della parte soccombente, non le era riconosciuto alcun danno alla professionalità.



La lavoratrice proponeva ricorso avverso la pronuncia del giudice di merito innanzi alla Corte di Cassazione, deducendo vizio di motivazione, per non aver il giudice riconosciuto un danno alla professionalità medio tempore tra il momento delle dimissioni e il nuovo impiego e di non aver tenuto conto dell’impiego immediatamente successivo a quello dal quale si era dimesso, nel quale era stata costretta a svolgere mansioni di livello inferiore al precedente inquadramento professionale.



La Cassazione ha ritenuto tale motivo infondato. I giudici di legittimità hanno affermato che il comportamento vessatorio del datore di lavoro ai danni del dipendente non determina necessariamente una lesione dei diritti della personalità, lesione che deve essere allegata e provata da chi denuncia di averla subita. Questo in quanto il danno non è in re ipsa alla condotta vessatoria, ma deve essere denunciato e provato in giudizio.



Constatando che il danno alla professionalità sussiste nel caso in cui il superiore gerarchico, con proprie condotte, lede il novero delle competenze, capacità e abilità possedute dal proprio dipendente (tipico esempio è il demansionamento), questo non si determina se il lavoratore, a conclusione del precedente rapporto di lavoro, ottiene un nuovo impiego non meno qualificante del precedente.



In questo caso, il novero delle competenze e delle capacità, dunque la professionalità, non sono state in alcun modo intaccate dalla condotta vessatoria della controparte, dato che il nuovo datore di lavoro, nell’attribuire l’incarico, ha ritenuto le stesse sussistenti.



In sostanza, secondo la Cassazione, l’aver ottenuto, in un arco temporale di breve durata, un nuovo impiego con trattamento economico e inquadramento contrattuale non inferiore al precedente ha permesso alla lavoratrice di “evitare” un danno alla propria professionalità, ragion per cui non esistendo alcun danno non può essere richiesto alcun risarcimento.


Lorenzo Pispero (da filodiritto.com del 17.9.2015)

lunedì 21 settembre 2015

Riforma avvocati all’ultimo sprint

Mancano ancora 11 provvedimenti, 7 sono in itinere

Seppur in ritardo rispetto alla tabella di marcia, l’attuazione della legge di riforma della professione di avvocato sta andando avanti e negli ultimi mesi ha accelerato il passo.

La settimana scorsa sono arrivati in Gazzetta due regolamenti ministeriali ed in itinere ce ne sono altri sette. Il delicato tema della disciplina delle società professionali, cui avrebbe dovuto essere dedicato un apposito Dlgs, è inoltre confluito nel disegno di legge sulla concorrenza attualmente all’esame della Camera dei deputati.

Il punto di partenza è la legge 247/2012 (in vigore dal 2 febbraio 2013) che, oltre a dettare regole direttamente operative, prevedeva quasi trenta provvedimenti di attuazione, per la maggior parte assegnati al ministero della Giustizia e che, stando alla legge, avrebbero dovuto vedere la luce entro il 2 febbraio 2015. Altri regolamenti (fra cui la predisposizione del nuovo Codice deontologico) spettavano invece al Consiglio forense che li ha varati nel biennio 2013-2014.

Tutti i tasselli del complesso mosaico della riforma forense stanno quindi, anche se con lentezza, andando al loro posto.

Gli ultimi regolamenti

Come ottenere il titolo di specialista e la pubblicità delle procedure relative all’esame di Stato sono le materie disciplinate dagli ultimi due decreti ministeriali usciti in Gazzetta il 15 settembre scorso. Il regolamento che disciplina le modalità per diventare specialista entrerà in vigore il 14 novembre. Individua due percorsi alternativi: frequentazione di corsi biennali o comprovata esperienza nel settore. Le aree di specializzazione elencate dal decreto sono diciotto e vanno dal diritto dell’ambiente a quello dell’Unione europea (ma l’avvocato non può sceglierne più di due).

In dirittura d’arrivo

Altri sette decreti sono in via di approvazione. Hanno infatti cominciato l’iter che prevede i pareri del Consiglio nazionale forense, del Consiglio di Stato e del Parlamento.

All’esame delle Camere c’è ad esempio, uno dei provvedimenti più attesi, quello che detta i requisiti che un avvocato deve rispettare per rimanere iscritto all’Albo. L’obiettivo è la verifica dell’esercizio «effettivo, abituale e prevalente» della professione. Il testo inviato alle commissioni parlamentari individua sei condizioni che, come specifica la relazione illustrativa, «devono ricorrere congiuntamente»: titolarità di una partita Iva attiva (anche intestata a una società o associazione di cui il professionista fa parte); disponibilità di locali adibiti a studio professionale e di un’utenza telefonica; trattamento di almeno cinque «affari» annui (la voce comprende sia gli incarichi giudiziali che quelli stragiudiziali come consulenze e pareri), anche quando il mandato arriva da un altro professionista ; possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata; assolvimento dell’obbligo di aggiornamento professionale; polizza assicurativa.

Le società fra professionisti

Fra i tasselli mancanti c’è la disciplina dell’esercizio della professione forense in forma societaria previsto dalla legge 247. L’articolo 5 rinviava, infatti, la disciplina di questa materia a un decreto legislativo che avrebbe dovuto essere varato entro il 2 agosto 2013 e fissava, di conseguenza, i principi e i criteri direttivi cui il Governo avrebbe dovuto attenersi. Questo Dlgs non ha mai visto la luce e ora il disegno di legge sulla concorrenza (attualmente all’esame della Camera dei deputati) interviene sull’argomento con l’obiettivo di «assicurare una maggiore concorrenza» e prevede quindi l’abrogazione dell’articolo 5 della legge 247.

Botta e risposta

Non tutto quel che c’è scritto nei regolamenti attuativi piace al Consiglio di Stato. Tra Palazzo Spada, chiamato a esprimere il parere sui testi, e il ministero della Giustizia è un continuo botta e risposta. Si prendano, per esempio, gli ultimi due regolamenti, quello sui criteri da rispettare per rimanere iscritti all’Albo e l’altro sullo svolgimento dell’esame di Stato. In entrambi i casi i regolamenti hanno richiesto un doppio passaggio perché il del Consiglio di Stato aveva chiesto al ministero di apportare correzioni. Invece, via Arenula ha deciso di tirare dritto per la propria strada.

Riguardo alla permanenza nell’Albo Palazzo Spada aveva chiesto, in linea con il Cnf, di introdurre una sorta di sanatoria, così da permettere all’avvocato in difetto dei requisiti di mettersi al passo, spiegando che il rifiuto del ministero appariva «poco convincente». Niente da fare: anche il testo arrivato in Parlamento non tiene conto di quei suggerimenti.

Ancora più “accorato” l’invito sull’altro regolamento. Lì c’è una norma che impone al commissario che abbandoni l’aula della prova di non potervi rientrare, così da evitare fughe di notizie. Allo stesso tempo, però, si affida ai commissari il compito di trasferire dalla sede della Corte d’appello a un altro ufficio del distretto gli elaborati scritti. Scelte che - scrive Palazzo Spada - appaiono «poco funzionali e contraddittorie». «Non si può condividere - aggiungono i giudici - la risolutezza, certamente degna di miglior causa», con la quale il ministero ha continuato a disattendere tali indicazioni. Si tratterà di vedere se ci sarà un ripensamento nel testo da inviare alle Camere. Anche perché - avverte il Consiglio di Stato - è pur vero che il parere può essere ignorato, ma con motivazioni «oltre che giuridicamente corrette», anche «legittimamente coerenti con l’interesse generale». 


Antonello Cherchi Bianca  Lucia Mazzei (da Il Sole 24 Ore del 21.9.2015)

sabato 19 settembre 2015

Prosegue convegno UAE su tutela dei richiedenti asilo

Si è aperto ieri -e prosegue oggi- il 1° Convegno della Delegazione Sicilia Orientale dell'Unione Avvocati Europea "Libertà Sicurezza e Giustizia nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo". La prima giornata ha visto l'apertura dei lavori e la presentazione del tema del convegno. Ad aprire il convegno sono stati il Presidente della Delegazione U.A.E. Sicilia Orientale, Claudio Fiume,il Sindaco di Catania Enzo Bianco che ha espresso parole di reale apprezzamento nei confronti di un tema che oggi interessa la città di Catania come l'intera Sicilia. Ha Commosso la visione di un filmato sul dramma dell'immigrazione. Il Procuratore Generale della Repubblica presso il Tribunale di Catania, Salvatore Scalia, è intervenuto definendo il convegno “un momento di divulgazione e confronto di carattere giuridico pur trattandosi di un problema politico”. Ha auspicato che il convegno possa fornire strumenti utili per affrontare il momento successivo allo sbarco.
Ricordando come al momento ci siano 2.024 richieste di protezione di rifugiati  politici al Tribunale di Catania.

Presenti anche il sindaco di Fiumefreddo di Sicilia, Marco Alosi, e il Presidente provinciale della Croce Rossa di Catania, Stefano Principato.

Maurizio Magnano Di San Lio, Vincenzo Ciraolo e Vito Cosentino hanno portato i saluti degli ordini rispettivamente di Catania, Messina e Siracusa. La prima sessione del Convegno ha trattato dell'evoluzione del diritto di asilo nell'Unione Europea. La Prof.ssa Catherine Whitol De Wenden, Direttrice del CNRS,ha relazionato sull'evoluzione politica partendo dalla riunione straordinaria di Tampere sino all'adozione del regolamento Dublino III.Paolo Bargiacchi,professore di diritto internazionale all'università Kore di Enna ha parlato dell'evoluzione giuridica dei regimi di protezione internazionale fra esigenze di sicurezza dello Stato e tutela rafforzata dei diritti della persona mentre il Prof.Giuseppe Di Chiara,Preside della facoltà di Scienze economiche e giuridiche e professore di diritto processuale e penale all'università Kore di Enna ha tenuto una lezione sul Diritto del mare in vigore dal 1994.Traffico di migranti via mare,poteri di polizia nelle azioni di contrasto e tutela della dignità della persona è stato l'argomento della dissertazione,in particolare soffermandosi sul diritto di inseguimento in acque territoriali.Il prof.Di Chiara ha spaziato anche nella letteratura citando sia  il romanzo "Retablo" che uno stralcio della premessa di una tesi di laurea di una sua studentessa: "Con il sangue nel petto e il fiato spezzato saluto la terra del pianto[...]con il buio nel petto e il volto straziato saluto la terra del pianto".

Abramo Emiliano, presidente comunità Sant'Egidio, ha raccontato dell’inadeguatezza dei centri di accoglienza richiedenti asilo. 

Nel secondo blocco del convegno è intervenuta per Amnesty International l’avvocato Antonietta Petrosino.

La Prof.ssa Agata Maria Ciavola,ricercatrice di diritto processuale penale all'università Kore di Enna,ha trattato dell'ingresso  nel territorio dello Stato e il rispetto dei diritti fondamentali mentre la dott.ssa Letizia Palumbo ha relazionato sulle condizioni d'accoglienza nei confronti dei richiedenti protezione internazionale soffermandosi sui Centri d'accoglienza attenzionando il CARA di Mineo e il sistema dello SPRAR, programma che sembrerebbe virtuoso in quanto nasce come progetto di integrazione col territorio in realtà  diventa inadeguato per la criticità e l'inadeguatezza del sistema di accoglienza italiana.Non si riscatta neanche quando si riceve una protezione internazionale in quanto non vi sono reali misure volte ad inserire le persone nel tessuto socio-lavorativo. Si è trattato anche il tema della strumentalizzazione dei media che aumentano la paura della gente.

Il Presidente della Delegazione della Sicilia Orientale dell’U.A.E., l’amico avv. Claudio Fiume, ha dichiarato a fine giornata: “La prima giornata è stata ricca di spunti e di interventi di alto livello tecnico giuridico.Ho apprezzato gli interventi del sindaco della città di Catania Enzo bianco, del Procuratore  Scalia e del Presidente del Tribunale Di Marco che hanno reso il quadro delle difficoltà attraversate dalla magistratura nell’attuale periodo di ingolfamento derivato dall’eccesso di ricorsi con cui vengono impugnati i provvedimenti di rigetto delle richieste di protezione”.

Fiume ha portato i saluti del Presidente dell U.A.E. Carlos Botelo Munitz coordinando i lavori del convegno e gli interventi degli autorevoli relatori. Si è registrato integralmente il convegno per cui si procederà alla pubblicazione degli atti congressuali dopo la sintesi della tavola rotonda di oggi.

venerdì 18 settembre 2015

Over 80, il reato non si cancella

Il disegno di legge sulla revisione
del processo penale
regola il diritto alla riparazione

Reati non più «cancellati» nel casellario giudiziario, se chi li ha commessi ha superato gli 80 anni. E fari accesi sulla «ingiusta detenzione», perché ci sarà una relazione (annuale) in parlamento sulle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione, dopo una carcerazione illecita. È proseguito ieri l'esame, in aula alla camera, del disegno di legge di revisione del processo penale (2798-A e Abb.); martedì 22 settembre verranno vagliate, fra le altre, le modifiche delle norme sull'uso delle intercettazioni, contestate soprattutto dal M5s, mentre il voto conclusivo, secondo quanto stabilito dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, si terrà la mattina successiva.

Dopo essere stata messa a punto in commissione giustizia, è passata la correzione che farà salire a un anno, dalla conclusione delle indagini, il tempo che il pubblico ministero avrà a disposizione per esercitare l'azione penale (oppure per chiedere l'archiviazione) per i reati di mafia e terrorismo; la nuova norma prevede ora un termine ordinario di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi per inchieste di particolare complessità, e un termine di 12 mesi per mafia e terrorismo, e il via libera a un subemendamento di Francesco Paolo Sisto (Fi) ha specificato che, in caso di rinvio di 3 mesi, dovrà esserne informato il procuratore della Repubblica (si veda ItaliaOggi del 16/09/2015).

E, ha puntualizzato la presidente dell'organismo parlamentare Donatella Ferranti (Pd), «non è che le indagini, in caso di mancato rispetto di tali tempi, finiranno al macero, ma saranno avocate dal procuratore generale, che deciderà se chiedere il rinvio a giudizio, o l'archiviazione».

I deputati hanno poi aggiornato una «vecchia» norma del casellario giudiziario, non più «compatibile», ha sottolineato Sofia Amoddio (Pd), con «l'allungamento della vita»: il compimento degli 80 anni, o la morte, non comporteranno la cancellazione delle condanne dal casellario giudiziario; l'emendamento, prima firmataria Giulia Sarti (M5s), è stato approntato per recepire «la segnalazione del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti», che aveva denunciato in commissione come, in virtù di questa «arcaica previsione», oggi i boss di «Cosa nostra» Bernardo Provenzano e Totò Riina risultino «incensurati». A scomparire, inoltre, la cosiddetta «rescissione del giudicato», ossia la possibilità per il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, di chiedere l'annullamento del verdetto, «qualora provi che l'assenza è stata dovuta a un'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo»; a subire così un colpo di spugna è l'articolo 625-ter del codice di procedura penale, in base al quale, se accoglie la richiesta, la Corte di cassazione revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.

A conquistare, inoltre, le luci della ribalta, un fenomeno «trascurato, troppo esteso, e per nulla fisiologico nel sistema processuale», come l'ha definito il viceministro della giustizia, Enrico Costa: l'ingiusta detenzione, «che dal 1992 a oggi è toccata ad almeno 24.000 persone (quelle che hanno richiesto e ottenuto la riparazione) ed è costata allo stato 600 milioni di euro». La norma, votata da tutti i gruppi parlamentari, dispone un rendiconto ogni anno in parlamento sulle «situazioni di iniqua permanenza dietro le sbarre, che nei primi 7 mesi del 2015, con 772 indennizzi per un totale di 20.891.603,5 euro, fa addirittura registrare una tendenza all'aumento di episodi e di pagamenti», ha concluso il numero due di via Arenula.


Simona D'Alessio (da Italia Oggi del 18.9.2015)

Mai inviare lettera a collega accusandolo di negligenza

Per le Sez. Unite Civili il professionista così viola
i doveri di dignità, probità, decoro e tolleranza
Cass. Sez. Unite Civili, sent. n. 18075/2015


Appare legittima la sanzione dell'avvertimento comminata all'avvocato che invia alla collega una comunicazione imputandole una serie di negligenze professionali nell'attività difensiva svolta, senza il doveroso e preventivo accertamento del ruolo rivestito da costei nella relativa vicenda giudiziaria ed utilizzando toni minacciosi ed intimidatori.

Così facendo, l'avvocato viene meno ai doveri di dignità, probità, decoro e tolleranza.

Hanno cosi stabilito i Giudici delle Sezioni Unite Civili con la sentenza n. 18075/15 sul ricorso proposto da un procuratore sottoposto alla sanzione disciplinare dell'avvertimento da parte del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di appartenenza, misura poi confermata dal Consiglio Nazionale Forense.

La valutazione disciplinare è originata da una lettera dai toni e contenuti "sopra le righe" inviata ad una collega, riguardante l'attività difensiva da lei svolta (insieme ad altro collega) nei confronti di due coniugi dei quali il professionista/ricorrente avrebbe poi assunto la difesa in un secondo momento.

L'avvocato lamenta che il CNF, come già il COA, non avesse fatto applicazione delle norme deontologiche riguardanti il principio di autonomia dell'avvocato nella propria attività professionale, nonché la violazione dell'art. 6 del codice deontologico forense secondo cui l'avvocato che propone azioni giudiziarie non è sanzionabile se non per malafede e colpa grave (ritenute da lui insussistenti nel caso di specie).

Non è così per i giudici della Suprema Corte che reputano inammissibili le censure sollevate dall'avvocato, le quali non colgono la ratio decidenti a monte dell'azione disciplinare.

L'incolpazione di cui si discute, infatti, non pone in discussione l'autonomia dell'avvocato nell'esercizio della propria attività professionale ne la proposizione di un'azione giudiziaria nei confronti di una collega e neppure la fondatezza o meno di tale azione.

Ciò che si ascrive al professionista sono i toni, modi e contenuti della missiva, tali da far ritenere che l'autore sia venuto meno ai propri doveri di dignità, probità, decoro, nonché ai doveri di correttezza e lealtà che dovrebbero caratterizzare il rapporto di colleganza.

Le accuse rivolte alla collega appaiono, in aggiunta, dubbie ed avventate in quanto costei non aveva curato l'intera pratica dei coniugi per la quale il ricorrente lamenta la paventata negligenza.

Gli stessi giudici disciplinari avevano circoscritto alla sola analisi della lettera le ragioni dell'azione disciplinare, relegando il merito delle suddette vicende sullo sfondo.

La Corte rigetta il ricorso.


Lucia Izzo (da studiocataldi.it del 16.9.2015)

giovedì 17 settembre 2015

DA DOMANI CONVEGNO DELL’U.A.E., 13 CREDITI

“Libertà, sicurezza e giustizia nella tutela
dei diritti dei richiedenti asilo"

Come annunciato precedentemente su AGA News, domani venerdì 18 e sabato 19 settembre il Monastero dei Benedettini di Catania ospiterà il  Convegno “Libertà, sicurezza e giustizia nella tutela dei diritti dei richiedenti asilo", organizzato dalla Delegazione Sicilia Orientale dell’Unione Avvocati Europei. I lavori della prima giornata inizieranno alle 9:00 di venerdì 18 settembre.

L’Unione degli Avvocati Europei è un’ associazione senza scopo di lucro con sede in Lussemburgo, costituita nel 1986, che annovera oggi centinaia di membri fra gli avvocati dell’U.E.

Tra gli obiettivi principali dell’associazione vi è quello di promuovere la pratica del Diritto Comunitario nonché del Diritto ai sensi della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.

L’Associazione organizza conferenze e seminari in tutti gli Stati membri dell’Unione che mirano all’approfondimento di argomenti sensibili e di questioni che interessano tutti i Paesi Membri.

Nell’ambito di tale attività, la Delegazione Sicilia Orientale, presieduta dall’Avv. Claudio Fiume, coadiuvato dal proprio Comitato Esecutivo composto dagli avvocati: Livia Gugliotta, Eleonora Nicotra, Enza Maniaci, David Cassaniti, Roberto Cosio e Giampiero D’Agata, con l’autorevole supervisione dell’Avv. Francesco Maria Samperi del Foro di Roma, Presidente d’onore U.A.E., ha pensato ad approfondire un tema, oggi, di grande attualità e particolare delicatezza. L’argomento ha attratto l’interesse di relatori di prestigio del panorama giuridico nazionale ed internazionale ed ha già ottenuto il consenso di tre Università Siciliane, dei Consigli dell’Ordine degli avvocati di Catania, Siracusa e Messina di numerosi altri Enti che hanno già concesso il loro patrocinio.

Il Convegno prevede l’ampia partecipazione di avvocati provenienti da tutti i paesi degli stati membri che, per l’occasione, avranno modo di visitare Catania e la sua incantevole Provincia. E’ prevista , infatti, la visita guidata del Monastero dei Benedettini, quella del  territorio Ionico – Etneo e la degustazione di prodotti tipici. Sarà la città di Catania ad accogliere la due giorni di studio e confronto, non a caso, l’apertura dei lavori del Convegno è affidata al Sindaco di Catania, Enzo Bianco.

L’evento sarà altresì accreditato ai fini dell’attività formativa dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati di Catania e Messina con tredici crediti formativi.

Le novità nella legge delega sul Codice penale

Stretta su rapine, furti in casa e scippi
Pene più alte per il voto di scambio
Mediazione sui benefici per gli ergastolani

Ci sono anche le pene minime più severe per furti, rapine e scippi nel disegno di legge delega sul Codice penale che continua la sua marcia in aula alla Camera: chi ruba, strappa una borsa per strada o si presenta con un`arma in una tabaccheria avrà minori possibilità, se catturato e condannato, di usufruire di quelle «porte girevoli» che nelle carceri regolano i flussi di entrata e uscita.

Con l`intervento chirurgico su pene e multe minime viene scardinato in parte il  meccanismo algebrico delle circostanze attenuanti e aggravanti, grazieal quale spesso si sottopone l`imputato a una condanna senza però la certezza che sconti una pena in carcere.



Voto di scambio

Il giro c`è anche per il voto di scambio politico mafioso (416 ter) la cui pena viene aumentata: da 4-10 anni a 6-12 anni. I grillini avrebbero voluto ampliare le fattispecie riconducibili a questo reato (introdotto da poco) ma l`impianto non è cambiato. Davide Ermini, responsabile Giustizia del Pd, ha ricordato il giudizio positivo che il procuratore Nazionale antimafia, Franco Roberti, aveva dato sull`inasprimento delle pene per il 416 ter. Meno lusinghieri sono stati i giudizi del procuratore nazionale sull`allentamento dei bulloni nel meccanismo penitenziario che attualmente nega ai detenuti più pericolosi l`accesso ai benefici della legge Gozzini.



Ergastolani

Al testo del governo - che abbatteva il divieto automatico per gli ergastolani (articolo 4bis introdotto dopo le strage di capaci) - la commissione ha dovuto aggiungere alcuni paletti, anche dopo un lungo confronto tra la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti (Pd), e la grillina Giulia Sarti: alla fine, il divieto automatico di accedere ai benefici rimane per mafiosi e terroristi e per i «casi di eccezionale gravità e pericolosità specificamente individuati» dal governo. Critico il procuratore Roberti che in audizione aveva invitato il Parlamento a «riflettere attentamente» sulla modifica del regime introdotto con il 4 bis. Dopo le ultime modifiche è però soddisfatta la presidente Ferranti: «La riforma dell`ordinamento penitenziario non porterà alcun beneficio agli ergastolani condannati per mafia e terrorismo».



Rinvio a giudizio

I procuratori della Repubblica alla fine l`hanno spuntata. E raddoppiato, anzi quadruplicato nel caso di mafia e terrorismo, il numero dei mesi concesso ai pm tra la chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio (o di archiviazione). Il «tetto», che oggi non c`è lasciando ampia discrezionalità alle priorità delle procure, sarà di tre mesi per tutti i reati (rinnovabile di altri tre, per i casi complessi con molti imputati e con più parti lese, se autorizzato dal Procuratore generale) mentre per mafia e terrorismo il pm avrà fino a 12 mesi per il rinvio a giudizio. L`articolo 11, così riscritto, verrà votato oggi.



Reati estinti

Novità anche per la riparazione del danno che può portare all`estinzione di reato bagatellare: oggi il meccanismo risarcitorio vale solo nelle aule del giudice di pace mentre con il ddl Orlando si estende anche ai reati a querela giudicati in tribunale: «Così diamo attenzione alle persone offese consentendo loro di ottenere effettivamente il risarcimento e la riparazione del danno subito», osserva Anna Rossomando (Pd). Polemico Andrea Colletti (M5S): «Da oggi picchiare un politico potrebbe costare poco perché minacce, percosse e lesioni vengono praticamente depenalizzate». Oggi la Camera vota anche la stretta sulle intercettazioni: divieto di pubblicazione delle conversazioni relative a terzi estranei e divieto di divulgare le intercettazioni fatte tra privati (fatto salvo il diritto di difesa e quello di cronaca). Per il vice ministro Enrico Costa «questo risultato è ampiamente soddisfacente». 

Dino Martirano (da Il Corriere della Sera del 17.9.2015)

mercoledì 16 settembre 2015

Danni morali non nei biologici, da liquidare autonomamente

Cass. Sez. III Civ., Sent. 30.7.2015 n. 16197

La Corte di Cassazione, con Sentenza dello scorso 30 luglio, ha ribadito che il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente.

Nel caso in esame, un giovane di 18 anni ha convenuto davanti al Tribunale di Trieste la proprietaria di un autocarro che, omettendo di arrestarsi ad un segnale di Stop, ha provocato lo scontro con l’automobile condotta dal ragazzo, il quale ha riportato una invalidità permanente del 90% oltre a gravi danni psichici.

Il Tribunale ha liquidato una somma a favore della giovane vittima dell’infortunio e, separatamente una somma a favore dei genitori del ragazzo.

Proposto appello principale dai danneggiati e incidentale dalla compagnia assicuratrice, la Corte d’Appello ha ridotto la somma a favore dell’infortunato, riunendo in un’unica voce i danni biologici ed i danni morali, ed aumentando la liquidazione del danno a favore della madre.

A tal proposito, i ricorrenti hanno ricorso in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello avrebbe violato il principio per cui il risarcimento dei danni non patrimoniali deve essere integrale ed effettivo, nel capo in cui ha riassorbito il risarcimento dei danni morali nella somma attribuita all’infortunato in risarcimento del danno biologico: somma che ha ritenuto comprensiva di tutte le conseguenze non patrimoniali delle lesioni, anziché procedere alla c.d. personalizzazione del danno e del relativo compenso, sì da tenere conto, in aggiunta al danno biologico, delle molteplici e dolorose limitazioni che le lesioni hanno apportato alla sua vita affettiva e relazionale.

Sempre i ricorrenti hanno sollevato analoghe censure quanto all’omessa liquidazione dei danni esistenziali, consistenti nel grave pregiudizio arrecato dal sinistro alle attività extralavorative, alla vita affettiva, alla sessualità, alla perdita da parte dell’infortunato delle opportunità di costituirsi una famiglia e delle conseguenti gratificazioni affettive.

La Corte di Cassazione ha, quindi, ribadito che il danno morale, pur costituendo un pregiudizio non patrimoniale al pari di quello biologico, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato autonomamente, non solo in forza di quanto normativamente stabilito dall’articolo 5, lettera e), Decreto del Presidente della Repubblica del 3 marzo 2009, n. 37, ma in ragione della differenza ontologica fra le due voci di danno, che corrispondono a due momenti essenziali della sofferenza dell’individuo: il dolore interiore e la significativa alterazione della vita quotidiana.

Pertanto, la Cassazione ha accolto il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte ed ha rinviato la causa alla Corte di Appello di Trieste.


Francesca Russo (da filodiritto.it del 10.9.2015)

martedì 15 settembre 2015

Casa all’ex convivente che vive coi figli, anche se non proprietario

Anche per le coppie di fatto rimane valido
il criterio dell’assegnazione dell’immobile
al genitore collocatario dei figli minori

Così come per le coppie sposate, anche nelle convivenze di fatto, in presenza di figli minori nati dall’unione, la casa familiare è assegnata al genitore collocatario, anche se lo stesso non è né proprietario dell’immobile, né conduttore in virtù di un rapporto di locazione o comunque titolare di una posizione giuridica qualificata rispetto all’immobile.

Non solo, il diritto dell’ex compagno o compagna che vive con i figli prevale anche sulla trascrizione dell’atto di compravendita della casa a un terzo acquirente, antecedente all’assegnazione.

A rilanciare i diritti delle coppie di fatto ci ha pensato la prima sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 17971/2015 depositata l’11 settembre scorso, accogliendo il ricorso di una donna che viveva con i figli avuti dall’ex compagno nell’immobile di proprietà di quest’ultimo e dallo stesso venduto prima dell’assegnazione da parte del tribunale dei minori.

I giudici di merito avevano dato ragione alla società immobiliare che chiedeva il rilascio della casa, asseritamente occupata senza titolo dalla signora, ma i giudici di piazza Cavour hanno ribaltato completamente il verdetto.

Ribadendo l’importanza della convivenza more uxorio, i giudici della S.C. hanno affermato infatti che il genitore con cui vivono i figli, "in virtù dell''affectio' che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto della relazione di convivenza è comunque detentore qualificato dell'immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente".

Per cui, l’assegnazione dell’immobile disposta dal tribunale dei minori è opponibile anche al terzo acquirente, il quale, al momento della stipula del contratto di compravendita, era certamente a conoscenza dello stato in cui si trovava il bene, ossia dell’occupazione da parte della donna e dei suoi figli.


Marina Crisafi (da studiocataldi.it del13.9.2015)

Arresti domiciliari esclusi in vista della condizionale

Misure cautelari. Vale il «pronostico» del giudice

Il giudice nel valutare l’esigenza delle misure cautelari deve considerare la possibilità per l’imputato di ottenere la condizionale o una condanna inferiore ai tre anni.

Se in base al suo pronostico la toga ritiene possibile la concessione della condizionale (articolo 163 del Codice penale) dovrà escludere il ricorso alle misure cautelari, quando invece, a suo avviso, l’”asticella” della giustizia é orientata verso una condanna non superiore ai tre anni il giudice potrà limitarsi a dire no alla sola custodia in carcere. La Cassazione, con la sentenza 36918 depositata ieri, fornisce i chiarimenti per una corretta lettura dell’articolo 275, comma 2-bis del Codice di procedura penale, sul quale è intervenuto il Dl 92/2014, convertito nella legge 117/2014. La nuova norma sbarra la strada della custodia in carcere in tutti i casi in cui il giudice prevede che alla fine del giudizio la pena resterà sotto la soglia dei 3 anni.

Un’indicazione seguita dai giudici di merito che avevano sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, nei confronti di un imputato accusato di aver prodotto fatture false finalizzate all’evasione fiscale (articolo 8, Dlgs 74/2000).

Contro la decisione dei giudici di merito aveva fatto ricorso l’imputato ritenendo immotivata l’esigenza delle misure cautelari sebbene nella forma meno restrittiva. Una conclusione raggiunta guardando al destino di un coimputato per lo stesso reato al quale era stata concessa la condizionale dopo il patteggiamento. A suo avviso il Tribunale della libertà avrebbe dovuto prevedere gli effetti di una possibile pena concordata e del beneficio della condizionale.

Per la Suprema corte però il giudice cautelare si è comportato in modo esemplare. La prognosi, infatti, non deve basarsi su dati astratti ma sul caso concreto. L’impatto che sull’esito finale del giudizio possono avere i riti alternativi non va parametrato alla loro ipotetica praticabilità «ma ad elementi che ne facciano ritenere la più che probabile fattibilità». Fermo restando - ricorda la Suprema corte - che il pericolo di recidiva rende «infausta la prognosi della concedibilità della sospensione condizionale». Nel caso esaminato il reato era stato contestato in relazione a diverse annualità: una continuazione, che avrebbe con ogni probabilità fatto lievitare la pena minima di un anno e sei mesi, allontanando la possibilità del beneficio invocato.

Obiettivo del legislatore non è lasciare impuniti i reati ma fare in modo che, a procedimenti conclusi, l’imputato non sia in credito con la giustizia per essere stato sottoposto durante il percorso processuale a restrizioni che non era destinato a subire alla fine. Il tutto per un’errata valutazione del giudice.

Patrizia Maciocchi (da Il Sole 24 ore del 15.9.2015)