giovedì 30 giugno 2011

Astensione giudici tributari dal 4 al 6 Luglio

I giudici tributari nei giorni 4, 5 e 6 luglio si asterranno dalle udienze -saranno trattate solo i procedimenti di sospensione- per protestare contro l’annunciata riforma della giustizia tributaria del Ministero dell’ Economia e delle Finanze.
Progetto di riforma, elaborato senza alcun confronto con il Consiglio di Presidenza delle Giustizia Tributaria, con gli Ordini professionali e le associazioni professionali di Avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, cioè di coloro che operano nel settore tributario. 
Una riforma che con un colpo di spugna cancella 150 anni di storia, durante i quali si è costruito un modello di processo che, attraverso un Giudice terzo, garantisce le posizioni delle parti del processo, quella pubblica (Ministero delle finanze) e quella privata (cittadini-contribuenti). 
Giorno 5 luglio, alle 12, presso i locali della Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa (Piazza Libertà), sede dell’Associazione Magistrati Tributari, si terrà un pubblico dibattito, per l’esame delle questioni aperte dal predetto progetto di riforma, tra i magistrati tributari, i rappresentanti degli Ordini professionali e del personale di segreteria che vivono il mondo della Giustizia tributaria.

(Da Mondoprofessionisti del 30.6.2011)

Sì dal Consiglio di Stato alle modifiche sulla mediaconciliazione

Nella seduta del 9 giugno scorso, il Consiglio di Stato ha fornito un parere positivo sulle modifiche al regolamento del Ministro della Giustizia n. 180/2010, in materia di mediaconciliazione, che il Governo sta cercando di introdurre a seguito delle proteste dell’Avvocatura.
Le modifiche riguardano i criteri e le modalità di iscrizione e la tenuta del registro degli organismi di mediazione.
Il Consiglio di Stato ha rilevato che sul complesso della disciplina della mediazione il Tar del Lazio ha sollevato questione di costituzionalità, con riferimento agli articoli 5, comma 1 e 16, comma 1, del decreto legislativo n. 28/2010, rispetto agli articoli 24 e 77 Cost.
Ciò, tuttavia, non incide sulla legittimità delle modifiche regolamentari in esame.
Schema di regolamento
In particolare, «lo schema di regolamento in esame, nelle more del giudizio di costituzionalità, si propone intanto di intervenire con l’intento di irrobustire la professionalità del mediatore».
Esso, infatti, incrementa il supporto amministrativo dell’autorità di vigilanza sugli organismi di mediazione e l’aggiornamento formativo biennale dei mediatori; proroga i termini per l’adeguamento dei mediatori e formatori di diritto ai requisiti della nuova normativa; interviene, infine, su alcuni punti critici, col fine di contenere i costi nelle ipotesi di mediazione obbligatoria e contumaciale.

(Da avvocati.it del 28.6.2011)

mercoledì 29 giugno 2011

Ordine Palermo, dimissioni presidente Sanseverino

Il presidente dell’Ordine Avvocati di Palermo, Enrico Sanseverino, si è dimesso sei mesi prima che scadesse il suo secondo mandato.
Perché lo ha fatto? Per rispettare l’impegno preso con la valanga di elettori che lo ha scelto e che, con tutta probabilità, gli avrebbe affidato pure il terzo mandato.
Era stato chiaro Sanseverino. Sarebbe rimasto presidente per non più di due bienni. Un terzo lo ha aggiunto solo perché ha sperato che la politica attuasse il progetto di riforma della professione forense a cui ha contribuito.
La politica, manco a dirlo, i tempi non la rispettati. Sanseverino, sì. “Nell’alternanza e nel graduale rinnovamento – ha scritto in una e mail indirizzata ai colleghi – risiede la capacità e la forza di ogni istituzione”.

(Da Mondoprofessionisti del 29.6.2011)

martedì 28 giugno 2011

Biblioteca Ordine chiusa dal 5 all’8 Luglio

La biblioteca dell’Ordine Avvocati, sita al 2° piano del palazzo di Giustizia di Catania, rimarrà chiusa per interventi straordinari di inventario, spolveratura e pulizia dei locali nei giorni 5, 6, 7 ed 8 Luglio 2011.

Risarcimento danno alla sfera sessuale del coniuge

Cassazione – Sez. III Civile, Sent. 16.6.2011, n. 13179

Ancora una pronuncia in materia di riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla sfera sessuale non solo alla persona danneggiata da un infortunio, ma anche al suo partner.
Nella fattispecie, l’incidente subito dalla moglie le ha causato una grave deformazione dell’emibacino con impotenza partorienti e disturbi nella sfera sessuale. Preliminarmente la Corte chiarisce la questione della pretesa inammissibilità dell’appello per vizio di tardività, in linea con la propria consolidata giurisprudenza (sentenze n. 12681/2008 e n. 14862/2009).
I ricorrenti, infatti, sostenevano che la Corte d’Appello di Firenze avesse errato nel ritenere la data del 28 febbraio 2000 come data di deposito, quando invece, nella loro opinione, sarebbe stato corretto considerare la sentenza come pubblicata il 31 gennaio del 2000, data in cui è stata consegnata la minuta al cancelliere.
Il combinato disposto degli articoli 133 c.p.c. e 119 delle disposizioni attuative del c.p.c. induce la Corte d’Appello, con l’avallo della Cassazione, a ritenere che “il legislatore ha inteso distinguere tra la consegna della minuta al cancelliere, per la definitiva scritturazione della sentenza […] ed il deposito della sentenza, all’esito della verifica tra l’originale e la minuta precedentemente consegnata” di modo che “per deposito della sentenza, rilevante ai fini della pubblicazione, deve intendersi il definitivo deposito di tale atto all’esito della prescritta verifica e non invece la semplice consegna della minuta al cancelliere, quest’ultima da considerarsi come atto interno dell’ufficio giudiziario, privo cioè di immediata rilevanza esterna”.
Precisa, tuttavia, la Corte, richiamando altre sue precedenti pronunce, che “quando sull’originale di una sentenza figuri una doppia attestazione da parte del cancelliere, il quale dà atto che essa è stata depositata in una certa data e pubblicata in una data successiva, ai fini del computo del c.d. termine lungo per l’impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. Civ. occorre fare riferimento alla data di deposito e non a quella di pubblicazione, in quanto è solo la prima che integra la fattispecie di cui all’art. 133 cod. proc. civ. [ …]” (sentenze n. 7240/2011, n. 17290/2009, n. 20858/2009).
Questi sono i chiarimenti della Cassazione circa la scansione temporale dell’iter suddivisibile nella consegna della minuta al cancelliere, nel deposito della sentenza originale sottoscritta dal giudice e nella pubblicazione della sentenza.
La Corte passa, poi all’analisi del merito del ricorso: tra le voci di danno contestate figurava, tra l’altro, quella alla sfera sessuale del marito.
Riconosciuto il risarcimento di tale voce di danno in primo grado, è stato poi escluso dalla Corte d’Appello di Firenze, la quale aveva confermato solo il diritto al risarcimento del danno alla sfera sessuale in capo alla moglie, che aveva subito l’incidente menomante.
La Suprema Corte si esprime con chiarezza: “Il fatto illecito, al quale è conseguita la lesione del diritto alla salute dell’attrice, si da impedirle normali rapporti sessuali, è, altresì, lesivo del diritto del marito ad intrattenere rapporti sessuali con la moglie. La lesione di tale diritto, che inerisce ad un aspetto fondamentale della persona, comporta conseguenze dannose risarcibili […] ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., avendo esse carattere patrimoniale” discostandosi, in quest’ultima specificazione, dai precedenti analoghi (sentenze n. 6607/1986, n. 4671/1996, n. 8305/1996).
Ne consegue che il danno in parola - superata la nozione di “danno riflesso” precedentemente adottata dalla Corte stessa (fino alla sentenza delle Sezioni Unite n. 9556/2002) - è risarcibile ex art. 1223 c.c. “pur sofferto da soggetto diverso da colei che ha subito le lesioni, poiché conseguenza normale dell’illecito, secondo il criterio della regolarità causale”.
Circa la necessità di richiedere espressamente il risarcimento per il danno all’identità sessuale del coniuge, la Corte afferma che “la domanda di risarcimento di «danno morale da liquidarsi in via equitativa» è suscettibile di essere interpretata come riferita anche a tipi di pregiudizio non patrimoniale diversi dalla mera sofferenza interiore, quando dal contesto dell’atto risulti evidente che l’istante non abbia inteso riferirsi esclusivamente a quest’ultima”.
Sul tema ricordiamo:
28.9.2010 - Cassazione Civile: risarcimento del danno alla sfera sessuale

Dott.ssa Ilaria Martinelli (da filodiritto.com del 25.6.2011)

lunedì 27 giugno 2011

L’Avvocatura verso un congresso straordinario

La decisione ufficiale sarà presa solo a metà luglio ma le premesse per la convocazione di un congresso straordinari dell’Avvocatura ci sono tutte. La decisione, a quanto risulta a Mp sarebbe slatta presa dopo il successo dell’astensione degli avvocati proclamata dall’Oua per giovedì scorso e la manifestazione di Napoli alla quale hanno partecipato più di mille toghe.
“Manca solo la richiesta – rivela a Mp il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla – la professione forense ne ha abbastanza del comportamento dei politici nei suoi confronti”. 
Sul tappeto i problemi di sempre: l’obbligatorietà della mediaconciliazione e lo sfascio della giustizia civile. 
Ad aggravare il quadro l’indiscrezione, secondo la quale il Ministro della Giustizia Alfano, prima di dimettersi, avrebbe intenzione di varare un decreto legge sulla mediaconciliazione obbligatoria che disattende le richieste unitarie (oltre 150 ordini forensi e tutte le associazioni di categoria) dell’avvocatura, sull’eliminazione dell’obbligatorietà dell’istituto, nonché le dure critiche al sistema vigente anche da parte della magistratura e di molti parlamentari di maggioranza e opposizione. 
«Invece di ascoltare il Parlamento e la società civile – spiega de Tilla – e, quindi, accelerare l’approvazione dei disegni di legge bipartisan all’esame del Senato (Benedetti Valentini del Pdl e Della Monica del Pd), che recepiscono le proposte dell’avvocatura, il Ministro vuole fare l’ennesimo regalo ai poteri forti a scapito dei cittadini. Questo ulteriore attacco alla giustizia civile costringe gli avvocati a pensare anche alla convocazione di un congresso straordinario. La decisione sarà assunta a metà luglio”.

(Da Mondoprofessionisti del 27.6.2011)

Prima o seconda casa? 4 anni di locazione

La locazione della seconda casa, caratterizzata dalla protratta permanenza del conduttore in cospicui periodi dell’anno, soddisfa esigenze abitative funzionali al pieno sviluppo della sua personalità, al pari della prima casa: la durata del contratto, pertanto, è la stessa, quattro anni e non uno. È quanto ha sancito la Corte Suprema con la sentenza n. 13483 del 20 giugno.
Il caso
Il proprietario di un appartamento in una località di montagna chiede al Tribunale che venga dichiarato risolto o cessato il contratto di locazione ad uso seconda casa, stipulato con un conduttore per la durata di un anno e ritenuto scaduto. Il conduttore, deducendo l’uso abitativo, esclude la qualificazione del contratto come locazione transitoria e invoca la normativa generale in materia locatizia. Il Tribunale rigetta la domanda, individuando la durata del contratto in quattro anni e non in uno. La sentenza è confermata in appello e il locatore propone ricorso per cassazione.
Uso abitativo
La Corte di Cassazione osserva che la locazione per abitazione ad uso di seconda casa è caratterizzata da una prolungata permanenza del conduttore nel corso dell’anno: questi, infatti, può fruire dell’immobile secondo le disponibilità del tempo libero senza uno schema prefissato. Questa forma di locazione, ben diversa da quella avente natura transitoria, è finalizzata «a soddisfare esigenze abitative certamente complementari, ma di rango uguale a quelle della prima casa, in quanto relative al tempo libero e quindi al soddisfacimento di interessi e passioni dell’individuo e quindi funzionali al pieno sviluppo della sua personalità».
Si applica pertanto la legge sulla locazione che disciplina la concessione continuativa di immobili, senza distinzioni tra prima e seconda casa.

(Da avvocati.it del 27.6.2011)

No sanzione disciplinare al difensore di fiducia assente ad un’udienza penale

Nel ribadire che le norme del codice deontologico forense rappresentano fonti unicamente “integrative” dei precetti di norme (S.U. n. 15952 del 2009), la Suprema Corte a Sezioni Unite ha posto il confine tra il comportamento del difensore di fiducia che opta di non presenziare all’udienza penale e la condotta integrante l’abbandono della difesa del proprio assistito, affermando che solo quest’ultima rappresenta una fattispecie disciplinarmente perseguibile.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pinerolo ha interpellato i giudici di Piazza Cavour depositando il ricorso avverso la decisione del Consiglio Nazionale Forense del 22 ottobre 2010 nella quale venivano accolte le doglianze di un avvocato contro un provvedimento disciplinare emanato dal predetto Consiglio. L’avvocato si era visto irrogare la sanzione disciplinare della censura per non aver informato il Tribunale di Vicenza in ordine alla propria assenza ad una udienza dibattimentale relativa ad un processo penale nel quale era stato nominato difensore di fiducia. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati aveva rinvenuto in siffatta condotta la violazione dei principi deontologici di correttezza, fedeltà e diligenza.
Nell’impugnazione di legittimità il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ribadisce la propria tesi ermeneutica, riaffermando che nel processo penale l’imputato vanta il diritto che il proprio legale sia presente alle udienze, nonché di essere tempestivamente informato dal medesimo. La tesi del Consiglio viene dichiarata infondata dalle Sezioni Unite, argomentando che l’omissione dell’avvocato di fiducia deve essere interpretata dal giudice di merito sulla base dei principi del codice di rito penale, richiamando un proprio precedente orientamento (Sez. V, n. 21889 del 2010) nel quale si statuisce che l’assenza del difensore ad una sola udienza non può essere intesa quale abbandono dell’incarico ex art. 105 c.p.p., fattispecie quest’ultima dove il Consiglio dell’Ordine può disciplinarmente intervenire. Infatti, argomenta la Corte, la scelta di non presenziare un’udienza del processo penale potrebbe essere legata alla strategia processuale intrapresa dal difensore di fiducia, di conseguenza non perseguibile in sede disciplinare.

(Da Altalex del 22.6.2011. Nota di Laura Biarella)

domenica 26 giugno 2011

Adempimenti per la Cassa Forense

Avviso agli iscritti alla Cassa
MODELLO 5/2011:OBBLIGO INVIO TELEMATICO

    Nell'ambito del progetto per la semplificazione degli adempimenti obbligatori nei confronti della Cassa, che prevede l'invio del modello 5/2011 solo in via telematica, sono disponibili, nella sezione "Accessi Riservati - Posizione Personale" di questo sito (www.cassaforense.it, NdAGANews) le procedure di compilazione assistita e di invio del mod. 5/2011: il servizio resterà attivo dal 22 giugno 2011 al 27 febbraio 2012.
    Per accedere alle funzioni è necessario identificarsi mediante il codice meccanografico, già attribuito dalla Cassa, e il codice PIN; in caso di smarrimento è possibile utilizzare l'apposita procedura disponibile nella medesima area riservata.
    Al fine di agevolare i versamenti dei contributi la Cassa attiverà, dal 1° luglio 2011, anche il servizio di pagamento tramite la carta di credito "Forense Card". Le informazioni sulle modalità di richiesta e rilascio sono accessibili sempre tramite questo sito. Restano, comunque, confermate le consuete modalità di pagamento ovvero:
M.Av. bancari (stampa personalizzata dopo l'invio telematico del mod.5/2011);
Bonifici bancari (stampa personalizzata dopo l'invio telematico del mod.5/2011).
Bonifici bancari e fac simile conto correnti postali (stampa parzialmente personalizzata con dati anagrafici e codice causale versamento)
    Sia la procedura di compilazione assistita e invio telematico del mod.5/2011 che quella di "rilascio PIN" sono abilitate anche per i non iscritti alla Cassa, purché la loro iscrizione all'Albo sia stata comunicata dall'Ordine di appartenenza.
    L'invio telematico, deve essere effettuato entro il 30 settembre 2011, eventuali ritardi saranno oggetto di sanzioni a norma del vigente regolamento.
    Restano confermate le date per i pagamenti dei contributi in autoliquidazione (se e in quanto dovuti):
        31 luglio 2011, (1ª rata versamento 50%) termine prorogato al 1° agosto 2011 in quanto il 31 luglio cade nella giornata di domenica;
        31 dicembre 2011, (2ª rata saldo versamento) termine prorogato al 2 gennaio 2012 in quanto il 31 dicembre cade nella giornata di sabato.
    Eventuali omissioni o ritardi nei versamenti saranno ugualmente soggetti a sanzioni e interessi a norma del vigente regolamento.

    La Direzione Generale della Cassa Forense

(Da cassaforense.it)

Non luogo a procedere in esito all’udienza preliminare

Cass. Pen. 13.5.2011 n. 24573

È manifestamente illogica, e va conseguente annullata in sede di legittimità, la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in esito all'udienza preliminare qualora carente di qualsivoglia valutazione ... prognostica in ordine alla possibilità di superare, in sede dibattimentale, la insufficienza e la contraddittorietà del quadro probatorio ed alla idoneità degli elementi prospettati dal Pubblico Ministero per sostenere l'accusa in giudizio.
L'udienza preliminare ha natura prevalentemente processuale, in quanto ha lo scopo specifico di evitare inutili dibattimenti e non anche di accertare la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato.
È manifestamente illogica, oltre che carente di motivazione, la pronuncia con la quale il Giudice del merito si limiti ad aderire ad una delle tesi scientifiche prospettate dai consulenti delle parti, in tal modo eludendo del tutto le tematiche e le problematiche poste da altra, altrettanto valida, consulenza, pertanto omettendo qualsivoglia disamina comparativa tra i diversi apporti tecnici in tal modo forniti. Il vizio deve ritenersi ancor più evidente qualora, come nella specie, la decisione sia intervenuta in esito ad udienza preliminare, in quanto in siffatta ipotesi il Giudicante di fatto pretermette di considerare che taluni elementi, all'apparenza contraddittori, possono e debbono essere sottoposti al vaglio del dibattimento, con esiti presumibilmente rilevati anche ai fini del giudizio sull'attendibilità dell'una o dell'altra tesi scientifica.

(Da telediritto.it del 24.6.2011)

sabato 25 giugno 2011

“CHE TRISTEZZA DOVER RADIARE UN AVVOCATO…”

Si è concluso poco più di un’ora fa il settimo evento formativo organizzato in questo 2011 dall’AGA.
E’ stato graditissimo ospite e relatore il presidente dell’Ordine Avvocati di Catania, Avv. Maurizio Magnano di San Lio, che ha parlato del procedimento disciplinare, un argomento -valido per la deontologia- particolarmente seguito dai quasi duecento legali presenti.
Con la brillante e piacevole oratoria che lo contraddistingue, il presidente Magnano ha illustrato modalità di presentazione del ricorso, fase istruttoria e dibattimentale, tipi di sanzione e impugnabilità delle decisioni. Nel corso della relazione, l’Avv. Magnano ha riferito di esperienze vissute in prima persona, sottolineando la tristezza che attanaglia il Consiglio quando è costretto a prendere gravi provvedimenti contro un iscritto.
L’interesse per l’argomento è stato confermato dagli interventi di alcuni professionisti e giudici onorari.
Alla fine, il presidente dell’AGA Giuseppe Fiumanò ha annunciato che il prossimo evento formativo (l’ultimo prima della pausa estiva) si terrà il 16 Luglio, e verterà su un argomento quanto mai attuale, in considerazione delle novità normative in vigore dal 1° Luglio: “Le cartelle esattoriali: rilevanza ed aspetti giuridici. Fermo amministrativo ed iscrizione ipotecaria”.

venerdì 24 giugno 2011

Omettere le ricerche di un cane smarrito equivale ad abbandonarlo

Dalla Corte di Cassazione arriva un preciso monito per tutti i proprietari un pò "distratti" e poco attenti alla cura ed alla sorte dei nostri amici a quattro zampe. Un cacciatore del Leccese è stato condannato in via definitiva dagli "Ermellini" per il reato di abbandono di animali, previsto e punito dall'art. 727 del codice penale. Dato il dilagante malcostume, ancor più marcato nella stagione estiva, non ci sarebbe da stupirsi più di tanto se non per la particolare motivazione con cui il malcapitato è stato sanzionato.
Ed infatti, l'importante principio di diritto, enunciato dai Giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione nella sentenza n. 18892/2011, afferma che omettere le ricerche dell'animale che si è smarrito equivale ad abbandonarlo.
Ricostruiamo brevemente il fatto. Il cane in questione veniva rinvenuto da un veterinario nei pressi della propria abitazione in condizioni di totale denutrizione e malato. Grazie alla presenza del microchip veniva individuato il proprietario, prontamente denunziato all'Autorità giudiziaria, tenuto conto della mancata presentazione da parte di quest'ultimo della denuncia di smarrimento. Seguiva quindi il processo penale, conclusosi con la condanna definitiva del proprietario.
L'importanza del principio affermato dalla Cassazione stà tutto nell'ampliamento della condotta integrante il reato di abbandono di animali, includendovi anche la colpa intesa come indifferenza o inerzia nella ricerca immediata dell’animale.
Colpa che non ricorre, per la punibilità dell’agente, soltanto con la volontarietà dell’abbandono ma anche con l’attuazione di comportamenti inerti incompatibili con la volontà di tenere con sé il proprio animale.
Tale indifferenza, in controtendenza con l’accresciuto senso di rispetto verso l’animale in genere, è avvertita nella coscienza sociale come una ulteriore manifestazione della condotta di "abbandono". Termine, quest'ultimo che va, dunque, interpretato in senso molto ampio e non rigidamente letterale in ossequio al significato etimologico del termine.
Significato che non è unidirezionale, scrivono i Giudici, non potendosi quindi condividere la tesi di circoscrivere il significato della parola "abbandono" al concetto di distacco totale e definitivo della persona da un’altra persona o da una cosa, ben potendo, nel comune sentire, qualificarsi l’abbandono come senso di trascuratezza o disinteresse verso qualcuno o qualcosa; o, anche, mancanza di attenzione.
Del resto – sia pure con connotati diversi – il concetto penalistico di abbandono è ripreso anche dall’art. 591 c.p. in tema di abbandono di persone incapaci. E anche in tali casi per abbandono va inteso non solo il mero distacco ma anche l’omesso adempimento, da parte dell’agente, dei propri doveri di custodia e cura, ovvero la consapevolezza di lasciare il soggetto passivo in una situazione di incapacità di provvedere a sé stesso.
In definitiva, anche nella ipotesi dell’abbandono di animali – contemplata dal comma 1 dell’art. 727 c.p. – viene delineata in modi non dissimili la nozione di abbandono, da intendersi quindi non solo come precisa volontà di abbandonare (o lasciare) definitivamente l’animale, ma di non prendersene più cura ben consapevole della incapacità dell’animale di non poter più provvedere a sé stesso come quando era affidato alle cure del proprio padrone.
Il concetto della trascuratezza, intesa come vera e propria indifferenza verso l’altrui sorte, evoca quindi l’elemento della colpa che, al pari del dolo, rientra tra gli elementi costitutivi del reato contestato.

Marco Martini (da tiscali.it del 23.6.2011)

DOMANI “IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE”

Domani 25 Giugno, nell’androne del Palazzo di Giustizia di Giarre in corso Europa, dalle ore 9 alle 12 avrà luogo il settimo evento formativo organizzato per quest’anno dall’AGA.
Sarà nuovamente nostro graditissimo ospite il presidente dell’Ordine, Avv. Maurizio Magnano di San Lio, il quale relazionerà sul tema: “Il procedimento disciplinare”.
La partecipazione all’evento, gratuita per i soci AGA, dà diritto a n. 3 crediti formativi in materia di deontologia.

Nuovo caso di mediazione (quasi) obbligatoria per controversie su servizi turistici

Fermo quanto stabilito sull’obbligatorietà o meno della mediazione nei commi 1°, 3° e 4° dell’art. 5 del Decreto Legisaltivo n° 28 del 2010 sulla disciplina della mediazione per la conciliazione delle controversie in materia civile e commerciale, il 5° comma dello stesso art. 5 prevede che, se un contratto (ovviamente scritto) oppure uno statuto od un atto costitutivo di un ente (sia società che organizzazione non profit, cioè senza scopo di lucro) contengono una clausola di mediazione o conciliazione per le controversie che da essi possono derivare ed il tentativo non risulta esperito oppure risulta iniziato ma non concluso, il Giudice o l’Arbitro (nel caso di procedimento arbitrale), su eccezione di parte proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda (istanza) di mediazione e fissa la successiva udienza dopo almeno quattro mesi. Se questa eccezione non viene proposta il giudizio od il procedimento arbitrale va avanti normalmente. Le parti possono scegliere liberamente l’organismo di mediazione a cui rivolgersi, anche se l’atto che contiene la clausola di mediazione ne indica un altro. E’, questa, la c.d. mediazione “contrattuale” o “statutaria”.
Deroga a questa norma (il 5° comma dell’art. 5 del Dlgs 28/2010) il recentissimo 1° comma dell’art. 67 del Decreto Legislativo n° 79 del 2011, il “Codice della normativa statale in materia di turismo”, che ha previsto un caso di mediazione “contrattuale” che non è nella disponibilità delle parti (che, pertanto, non possono, d’accordo tra loro, non svolgerla), dato che il suo esperimento è obbligatorio se esso è previsto da una clausola di un contratto di fornitura di servizi turistici (per esempio, il contratto di vendita di un viaggio organizzato, quello di acquisto dei servizi di una struttura ricettiva o di una multiproprietà, ecc.). Questo contratto deve avere forma scritta e la clausola di mediazione delle controversie che da esso possono derivare deve essere specificamente approvata per iscritto dal turista – consumatore, cioè dall’acquirente e/o, eventualmente, dal cessionario del contratto, come avviene per le clausole contrattuali vessatorie previste dal 2° comma dell’art. 1341 c.c. In questo caso, il procedimento di mediazione costituisce, per il 1° comma dell’art. 67 citato, “condizione di procedibilità della domanda giudiziale o arbitrale”.
Sarebbe stato preferibile, a nostro parere, che questa norma avesse previsto che l’esperimento del tentativo di mediazione fosse condizione di procedibilità della domanda giudiziale per tutte le controversie derivanti dai contratti di fornitura di servizi turistici perché, con l’attuale formulazione, essa è solo eventuale (se nel contratto è presente la clausola di mediazione) e limitata ai contratti turistici più importanti per i quali è obbligatoria la forma scritta (per esempio, il contratto di acquisto di un viaggio organizzato o quello di acquisto di una multiproprietà) mentre si ricade sempre nella mediazione volontaria per i contratti turistici di minore portata (per esempio, quello di prenotazione di una camera di albergo), per i quali non è necessaria la forma scritta ma per le cui controversie la mediazione è senz’altro preferibile ad un giudizio civile ordinario.
Inoltre, dato che il 1° comma dell’art. 67 non prevede alcuna limitazione, per “contratto di fornitura di servizi turistici” non è da intendersi soltanto quello stipulato fra una impresa turistica ed un consumatore, ma anche fra quest’ultimo ed una organizzazione senza scopo di lucro (per esempio, una associazione) oppure quello stipulato fra due imprese o fra una impresa ed una organizzazione non profit di cui almeno una operante nel settore del turismo che fornisce servizi turistici all’altra (per esempio, un tour operator che acquista la disponibilità delle camere di un albergo dall’impresa ricettiva che gestisce quest’ultimo).
Il 2° comma dell’art. 67 è, invece, una norma piuttosto confusa e sostanzialmente inutile che prevede che resta salva la facoltà del turista – consumatore di ricorrere, in caso di controversia derivante da un contratto di fornitura di un servizio turistico, ad altre procedure di negoziazione volontaria o paritetica oppure alla procedura di conciliazione innanzi alle commissioni conciliative delle Camere di Commercio istituite ai sensi dell’art. 2, comma 2°, lettera g) della Legge n° 580 del 1993 (nel testo della norma è citata erroneamente la lettera a del 4° comma, in cui era inserita originariamente questa previsione, ma l’art. 2 è stato modificato dal Decreto Legislativo n° 23 del 2010). Queste commissioni, dopo l’emanazione del Dlgs 28/2010, sono diventate organismi di mediazione, per cui tale norma non ha un significato pratico, così come non serve il fatto che essa ricordi che le parti possono farsi assistere dalle associazioni dei consumatori (cosa scontata, come abbiamo visto nel paragrafo precedente). Così pure non ha senso che la norma dica che la procedura di conciliazione presso le Camere di Commercio sia disciplinata dagli artt. 140 e 141 del Decreto Legislativo n° 206 del 2005 (il “Codice del consumo”) perché ad esa non può che applicarsi la disciplina della mediazione prevista dal Dlgs 28/2010 e dal D.M. 180/2010.

Gianfranco Visconti (da diritto.it del 23.6.2011)

giovedì 23 giugno 2011

Successo della protesta contro la mediaconciliazione

 Si auspica un pronto intervento della Corte Costituzionale contro l’obbligatorietà

Sono stati più di duecentomila gli avvocati che in tutta Italia hanno aderito all’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria proclamata per oggi e quasi duemila di loro hanno partecipato, a Napoli, alla manifestazione nazionale di stamane. L’avvocatura ha mostrato, ancora una volta, grande unitarietà nel chiedere l’eliminazione dell’obbligatorietà della mediazione civile e nel respingere il progetto di rottamazione dell’arretrato proposto dal ministro Alfano. “La manifestazione di oggi oltre all’obiettivo di porre termine  alla svendita della giustizia civile mediante la media - conciliazione obbligatoria si oppone anche al progetto di smaltire l’arretrato eliminando i diritti dei cittadini – ha affermato il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (Oua) Maurizio De Tilla. De Tilla ha poi aggiunto - “non sono accettabili tanto l’introduzione generalizzata del principio della sentenza con motivazione a pagamento, quanto la previsione di 600 ‘ausiliari’ del giudice, da selezionare tra avvocati dello Stato e giudici in pensione, con meno di 75 anni. Ma non è condivisibile neppure la proposta di ricorrere a diecimila avvocati che possono fare i giudici senza preparazione specifica, senza un chiaro criterio di selezione, senza garanzie di indipendenza e senza che siano previsti specifici parametri di incompatibilità”. Il problema va risolto all’interno dei tribunali, non al di fuori ed è stato già proposto un progetto da parte dell’Oua e dell’Associazione Nazionale Magistrati chiamato “Patto per la Giustizia”. Il Patto, per ora ignorato dall’apparato ministeriale, prevede la riorganizzazione della macchina giudiziaria con una riforma della magistratura onoraria, un riconoscimento costituzionale del ruolo dell’avvocatura, la presenza di giudici laici ma non di categoria b e selezionati con criteri di qualità, l’introduzione di interventi telematici e l’apporto di risorse umane. “L’obiettivo di tutta l’avvocatura è quello di investire risorse per una giustizia giusta che non lucri sul cittadino ma lo tuteli” – ha affermato il presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli Francesco Caia. Secondo Caia “è giunto il momento di far sentire la propria voce nei palazzi romani perché questa rappresenta la voce del cittadino”. Durante la manifestazione è stata anche fatta un’autocritica nei confronti del Consiglio Nazionale forense da parte del suo segretario Andrea Mascherin. Mascherin ha evidenziato il fatto che il Consiglio inizialmente non ha interpretato né rappresentato l’umore e le esigenze dell’avvocatura, come ha fatto invece l’Oua, oggi però “la battaglia non viene più messa in discussione anche se è sempre necessario un confronto con le altre istituzioni”.   Ora i piccoli risultati non soddisfano più, quello che si auspica è un pronto intervento della Corte Costituzionale che sancisca definitivamente l’incostituzionalità dell’obbligatorietà della media-conciliazione.

Serena Roberto (da Mondoprofessionisti del 23.6.2011)

Basta con le facili associazioni numero avvocati-processi lenti

Il presidente CNF ribatte a Confindustria

Occorre discutere seriamente dell’economia della giustizia, senza pregiudizi, senza condizionamenti e senza presunzioni di mala fede. Il Cnf sta organizzando, prima del periodo feriale, una riflessione correttiva con i rappresentanti delle categorie che operano nell’amministrazione giustizia e con i rappresentanti degli utenti. Dobbiamo fare chiarezza: sui numeri- i procedimenti pendenti, i tempi, il personale, le risorse- sulle strategie, sulle tecniche di intervento. Già si è fatto molto nei testi normativi ed ancora pochi giorni fa si è presentato un utile, ma non risolutivo, progetto di semplificazione dei riti. Non basta. I tempi della giustizia non si accorciano con diktat legislativi. È tutto il sistema che deve reagire, in modo coordinato e sistematico, mettendo in campo competenze e disponibilità; best practices, risorse finanziarie, risorse umane, management. L’incidenza della lentezza dei processi certamente incide sul ritardo nello sviluppo economico, ma non è né l’unica causa né quella determinante. Finiamola con le facili associazioni: in Inghilterra il numero dei solicitors è salito a 150mila che, con i 20mila barristers, si avvicinano al numero degli avvocati italiani. Là il sistema funziona in modo efficiente e il numero degli avvocati non c’entra proprio. Scriviamo cose serie per progettare iniziative serie. L’avvocatura farà la sua parte.

Guido Alpa (da Mondoprofessionisti del 23.6.2011)

UDIENZA FERIALE L'8 AGOSTO

Informiamo i Colleghi che, al tribunale di Giarre, l'udienza feriale -in materia civile- sarà tenuta dal giudice Dott.ssa Marcella Celesti in data 8 Agosto 2011.

OGGI INCONTRO SU CONTRIBUTO A GIOVANI

Stasera alle ore 19 siete tutti invitati (in particolare, i Colleghi più giovani) alla sede dell’associazione LiberieCittadini in piazza Bonadies 7 – Giarre.
Il consigliere provinciale arch. Salvo Patanè illustrerà il percorso che, partendo dalla sua proposta al Consiglio provinciale di Catania, ha portato all’approvazione del regolamento in materia di contributo ai giovani professionisti.
Interverranno il segretario provinciale della Cisl Alfio Giulio, il presidente dell’Ordine Architetti di Catania Luigi Longhitano, il presidente dell’Ordine Agronomi di Catania Giovanni Toldonato e, in rappresentanza della nostra categoria, il presidente dell’Associazione Giarrese Avvocati Giuseppe Fiumanò.
Non mancate!!!

mercoledì 22 giugno 2011

UNITI CONTRO MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA

Anche i medici chiedono modifiche alla conciliazione obbligatoria

Domani gli avvocati italiani incroceranno le braccia. Due le manifestazioni: una a Napoli organizzata delle associazioni forensi e una a Roma convocata dal popolo di Facebook. E la Federazione nazionale dell'ordine dei Medici chiede profondi cambiamenti: nel corso della procedura di una figura medica con un ruolo di supporto e la formazione specifica per chi vuole diventare mediatore. L'Oua, l'organismo unitario dell'avvocatura, raccogliendo le indicazioni degli ordini degli avvocati italiani e delle associazioni forensi, ha proclamato una giornata di astensione dalle udienze e promosso una manifestazione unitaria di protesta a Napoli alle 10.30 presso l'Arengario del nuovo palazzo di giustizia al centro direzionale. Secondo Maurizio de Tilla, presidente dell'Oua, a Napoli sono attesi oltre duemila avvocati "e l'adesione all'astensione sarà massiccia: rimane grande la preoccupazione contro una politica di privatizzazione della già malandata giustizia italiana. La mediaconciliazione obbligatoria è il primo tassello di questa svendita, si è in balia di società di capitali con mediatori con una formazione inadeguata, senza la previsione della presenza di un avvocato di fiducia e senza alcun criterio di competenza territoriale: è una speculazione vera e propria - dice - sui diritti dei cittadini. Non solo: il sistema vigente è pregiudiziale per il successivo giudizio in caso che la mediazione fallisse. Non è un caso che il Tar del Lazio ha rinviato il decreto legislativo all'esame della Corte Costituzionale". "Sullo stessa linea - continua il presidente Oua - vanno i provvedimenti in discussione sullo smaltimento dell'arretrato: rottamare le cause, mettendole in mano a degli 'ausiliari cottimisti' e comprimere il diritto di difesa. Una risposta emergenziale a un problema che si riproporrà fra qualche mese, che rinvia la vera scommessa che è quella della riorganizzazione della macchina giudiziaria. In tal senso, avvocati e magistrati, Oua e Anm, hanno già presentato un pacchetto di proposte con il Patto per la Giustizia, che sono fin a ora rimaste inascoltate". 'In queste settimane al Senato, in commissione Giustizia -sottolinea de Tilla- si sono tenute le audizioni sui due disegni di legge (Benedetti Valentini, Della Monica ed altri) che propongono la modifica della normativa sulla mediaconciliazione. L'Avvocatura, compatta e unitaria, attende la più sollecita approvazione al Senato. Sullo stessa linea -continua il presidente Oua - vanno i provvedimenti in discussione sullo smaltimento dell'arretrato: rottamare le cause, mettendole in mano a degli 'ausiliari cottimisti' e comprimere il diritto di difesa. Una risposta emergenziale a un problema che si riproporrà fra qualche mese, che rinvia la vera scommessa che è quella della riorganizzazione della macchina giudiziaria. In tal senso, avvocati e magistrati, Oua e Anm, hanno già presentato un pacchetto di proposte con il Patto per la Giustizia, che sono fin a ora rimaste inascoltate.  Per tutte queste ragioni -conclude de Tilla- saremo moltissimi il 23 giugno a Napoli a dimostrare che gli avvocati sono uniti e che gli accordi al ribasso dal sapore corporativo non pagano. La richiesta è chiara: eliminazione dell'obbligatorietà della mediaconciliazione, no alla privatizzazione della giustizia civile, sì alla riforma della macchina giudiziaria per restituire efficienza e celerità ai processi e al sistema giustizia''. Imponente si preannunci anche la manifestazione romana organizzata da un gruppo di Facebook: M.G.A. acronimo di Mobilitazione Generale degli Avvocati. Quasi settemila iscritti che hanno tappezzato i tribunali italiani di manifesti e che si vedranno in un teatro romano. Ma anche i medici sono sul piede di guerra. E ieri  in commissione Giustizia del Senato, Gabriele Peperoni, uno dei cinque componenti nazionali del Comitato Centrale Esercenti Professioni Sanitarie (CCEPS) presso il Ministero della Salute Nell'audizione ha sottolineato che “della normativa di riferimento  a essere contestata è l'obbligatorietà della procedura. In campo sanitario, però, senza questo punto, non c'è certezza che la situazione del contenzioso per cittadini e medici possa cambiare. In questo senso, non possiamo accettare neanche la proposta che a metà maggio aveva avanzato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di limitare l'obbligatorietà alle cause al di sotto dei 5mila euro: la soglia è, infatti, troppo bassa per la sanità. Siamo invece disposti a discutere sulle altre richieste, tra le quali l'idea che la procedura si svolga di fronte a un avvocato. Quello che ci interessa è che la mediazione preveda la presenza, come figura ausiliaria, di un medico e, in ogni caso, che si istituisca un percorso di formazione ad hoc. Si tratta di un progetto che avevamo iniziato ad avviare e che ora, in questa situazione di incertezza normativa, è al palo». Un rallentamento c'è stato anche per quanto riguarda le iniziative locali di istituire camere di mediazione presso gli Omeco. «Ci sono state una serie di difficoltà» conclude Peperoni. «Non da ultimo il fatto che le assicurazioni non siano state coinvolte, già dalla normativa, nella procedura. Sembra, infatti, che stiano mettendo dei freni quando si tratta di tirare fuori i soldi».

(Da Mondoprofessionisti del 22.6.2011)

DOMANI ASTENSIONE: “DISAPPLICARE OBBLIGATORIETA’ MEDIAZIONE”

IL 23 GIUGNO NUOVA GIORNATA DI ASTENSIONE DEGLI AVVOCATI
CONTRO LA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA
L’OUA RILANCIA LA PROPOSTA DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE DI FIRENZE:
CHIEDIAMO AI GIUDICI DI DISAPPLICARE L’OBBLIGATORIETÁ

Maurizio de Tilla, Oua: “La protesta continua compatta, anche perchè il Governo continua a rifiutare il dialogo. Chiediamo di approvare urgentemente le modifiche della mediaconciliazione all’esame del Senato, unica soluzione per modificare una normativa con chiari profili di incostituzionalità e contraria alla normativa europea”
L’Organismo Unitario dell’avvocatura, Oua, forte dell’adesione compatta degli ordini e delle associazioni forensi (con l’isolata e marginale posizione di distinguo degli ordini di Roma e Venezia su 165 consigli), ha sottolineato la mancata apertura di un qualunque canale di dialogo da parte del Ministero della Giustizia e ricordato che la risposta alle decise e massicce proteste dell’ avvocatura, nonché alle critiche avanzate da tutti gli operatori della giustizia (avvocati,magistrati, giudici onorari e di pace, funzionari, ecc),  passa per l’approvazione urgente dei ddl bipartisan, all’esame del Senato per la modifica della mediaconciliazione presentati da Benedetti Valentini e Della Monica.
Allo stesso tempo, il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, ha annunciato la proclamazione di un’ulteriore giornata di astensione per il 23 di giugno: «La mediaconciliazione è stata rinviata dal Tar Lazio alla Corte Costituzionale e l’Oua denuncia da mesi i molteplici profili di incostituzionalità. Ma vi è di più, il sistema varato in Italia è in contrasto palese con la normativa europea perchè è costoso per i cittadini, perchè condiziona il successivo giudizio, per i tempi troppo lunghi. In sintesi perchè limita l’accesso alla giustizia per i cittadini.
Quindi la mediaconciliazione “all’italiana”, unico esempio nel mondo, di fatto non rispetta i principi stabiliti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che, come prevede il Trattato di Lisbona, ha piena valenza giuridica nel nostro ordinamento. In questo senso l’Oua ha fatto propria la delibera dell’Ordine degli avvocati di Firenze che invita i giudici, su istanza delle parti, alla disapplicazione dell’obbligatorietà. Non solo, il 23 giugno faremo un’altra giornata di astensione dalle udienze. Gli avvocati rimangono al fianco dei diritti dei cittadini, contro la svendita a  interessi privati del diritto alla giustizia. La rottamazione della giustizia civile non ha riscontro in alcun Paese Europeo».

(Da oua.it)

Senza opere il cambio di destinazione d’uso non necessita di concessione edilizia

Il cambio di destinazione d’uso, realizzato senza opere evidenti, non necessita di concessione edilizia nel caso in cui non si sostanzi in un mutamento urbanistico - edilizio e pertanto non sconvolga l’assetto dell’area in cui è ricaduto l’intervento edilizio.
E’ questo il principio confermato dal T.A.R. Lazio di Roma con la sentenza 24 maggio 2011, n. 4622. In realtà si tratta di un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza in base al quale il mutamento di destinazione d’uso realizzato senza opere sia attività ormai da ritenersi libera (cfr. ad esempio TAR Lazio, sez. II, 7.10.2005, n. 8002 e TAR Abruzzo, sede l'Aquila, 2 aprile 2009, n. 236).
Si deve osservare in proposito che la destinazione d’uso caratterizza funzionalmente l’immobile ed è segnata dagli strumenti urbanistici di pianificazione o di attuazione della pianificazione, nell’ambito delle categorie generali di uso urbanistico previste dalle norme vigenti. In altri termini la destinazione d’uso non è altro che la funzione a cui può assolvere un immobile e che viene consentita dal PRG per ciascun ambito territoriale.
Il mutamento di destinazione d’uso può avvenire anche mediante l’esecuzione di opere edilizie che modifichino la struttura dell’immobile, alterandone la destinazione originaria determinando un mutamento strutturale dello stesso. Al contrario, il mutamento, come nel caso affrontato dal TAR Lazio di Roma, può essere realizzato senza l’esecuzione di opere edilizie, attraverso la concreta utilizzazione dell’edificio in maniera non conforme all’uso consentito nel titolo abilitativo oppure con interventi che in ogni caso non incidano sulla struttura dell’immobile, ma ne concretizzino una diversa utilizzazione. Al riguardo il T.U. sull’edilizia prevede all’articolo 10, comma 2 che le “regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di nuova attività”.
In definitiva, è rimesso alle regioni il compito di individuare quali ipotesi di mutamento di destinazione d’uso debbano essere assoggettate a permesso di costruire e quali a denuncia d’inizio attività. Sul punto, come evidenziato anche dal Giudice nella sentenza n. 4622/2011, il legislatore regionale del Lazio non è intervenuto con particolari norme in materia, lasciando pertanto spazio aperto all’applicazione giurisprudenziale riportata nel testo.
Ritornando al caso di specie e “tirando le somme”, si assiste ad un utilizzo di fatto dell’unità abitativa diverso da quello della sua destinazione d’uso, cioè ufficio anziché residenza. Quest’ultima circostanza non risulta accompagnata da alcuna opera, facendo rientrare pertanto la fattispecie concreta nell’inquadramento generale di cui ha dato espressione consistente giurisprudenza (cfr, tra le tante, Cons. Stato, sez. V., 23.2.2000, n. 949, TAR Liguria, sez. I, 28.1.2004, n. 102, TAR Veneto, Sez. III, 13.11.2001, n. 3699, Cass. Penale, Sez. III, 1.10.1997, n. 3104 e, più di recente, le già citate TAR Lazio, sez. II, 7.10.2005, n. 8002 e TAR Abruzzo, sede l'Aquila, 2 aprile 2009, n. 236). In particolare, si osserva che il semplice cambio di destinazione d’uso effettuato senza opere edilizie, non implica necessariamente un mutamento urbanistico - edilizio del territorio comunale e, come tale, non abbisogna di concessione edilizia qualora non sconvolga l’assetto dell’area in cui l’intervento edilizio ricade. La giurisprudenza sembra, quindi, soffermarsi, per tracciare il confine tra attività libera e attività soggetta a titolo abilitativo, sulla eventuale compromissione del territorio dove sia stato compiuto il mutamento d’uso dell’immobile senza opere.

(Da Altalex del 22.6.2011. Nota di Alessandro Ferretti)

Il fallimento dura troppo? Sì all’equa riparazione

Con l'ordinanza n. 12936 del 13 giugno la Corte di Cassazione indica una serie di parametri per individuare cosa si intenda per ragionevole durata del processo.
Il caso
Tra l'istanza di fallimento e l'udienza fissata per il piano di riparto passano 17 anni, troppi. Da qui la richiesta di equo indennizzo, ex art. 2, l. n. 89/2001, per violazione della ragionevole durata di una procedura concorsuale. Non è d'accordo la Corte d'Appello, che rigetta la domanda perché il tempo trascorso non può imputarsi all'inerzia del sistema giudiziario. Il cittadino che ha avviato la procedura concorsuale si rivolge, allora, alla Corte di Cassazione.
La valutazione in concreto
La Corte Suprema ritiene fondati i motivi del ricorso: in tema di equa riparazione per irragionevole durata di una procedura fallimentare non è possibile stabilire in via teorica e generale quale sia la durata ragionevole del fallimento; pertanto, il giudizio in ordine alla violazione del relativo termine deve articolarsi sull'esame «delle singole fasi e dei sub procedimenti in cui la procedura si è in concreto articolata, onde appurare se le corrispondenti attività siano state svolte senza inutili dilazioni o abbiano registrato periodi di stallo» non determinati da esigenze specifiche, finalizzate al soddisfacimento dei creditori.
I parametri di riferimento
Il giudizio in ordine alla ragionevole durata della procedura deve essere fondato sui criteri e sui parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza interna. In particolare, secondo la S.C., occorre tener conto del numero dei soggetti falliti, delle controversie giudiziarie instauratesi nel fallimento, dell'entità del patrimonio da liquidare, della consistenza delle operazioni di riparto e di ogni altra questione che possa incidere sulla complessità del fallimento stesso.
Sì all'equa riparazione
Dopo aver individuato in sette anni la ragionevole durata di una procedura fallimentare particolarmente complessa, quale si presentava quella in esame, e dopo aver sottolineato che l'effettiva durata è stata, invece, di diciassette anni, la Corte di Cassazione riconosce al ricorrente il diritto all'equa riparazione e, quindi, al risarcimento del danno non patrimoniale che, conformemente a quanto stabilisce la citata legge n. 89/2001, deve essere individuato in un importo non inferiore a € 750 per ogni anno di ritardo.

(Da avvocati.it del 17.6.2011)

martedì 21 giugno 2011

Tolleranza zero per le molestie nel condominio

Il reato di stalking varca la “soglia” del condominio.
Deve essere punito ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 612 bis c.p. chi molesta ripetutamente i condomini di un edificio in maniera tale da provocare agli stessi uno stato di ansia.
La Cassazione interviene nuovamente in materia di stalking con la sentenza 25 maggio 2011, n. 20895, in cui i giudici, respingendo il ricorso presentato da un soggetto, con una forte sindrome maniacale, hanno precisato che ai fini del riconoscimento del reato in oggetto non è necessario che il comportamento persecutorio sia tenuto verso una stessa persona.
Nel codice penale l’articolo 612-bis, dal titolo “atti persecutori”, che al comma 1 recita: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La locuzione condotte reiterate sta a significare che si è in presenza di un reato complesso, la cui condotta criminosa, è, nel caso di specie, integrata da atti per sé costitutivi di condotte di minaccia o molestia.
Il carattere decisivo della condotta criminosa consiste nella ripetizione di atti qualificati persecutori, in quanto il loro insieme cagiona l’evento ulteriore assorbente del reato sopra indicato.
Secondo i giudici di Piazza Cavour la minaccia rivolta nei confronti di una sola persona può coinvolgerne altre o, in ogni caso, costituire molestia, come nella ipotesi di chi minacci “d’abitudine ogni persona attendendo ogni mattina nello stesso posto un mezzo di trasporto per recarsi al lavoro".
In base al “pensiero” della Corte è “ineludibile l’implicazione che l’offesa arrecata ad una persona per la sua appartenenza ad un genere turbi di per sé ogni altra che faccia parte dello stesso genere”. E “se la condotta è reiterata indiscriminatamente contro talaltra, perché vive nello stesso luogo privato, sì da esserne per questa ragione occasionalmente destinataria come la precedente persona minacciata o molestata, il fatto genere all’evidenza turbamento in entrambe”.
Secondo quanto precisato nella sentenza che qui si commenta deve essere presa in considerazione anche l’ansia nonché il turbamento che una condotta persecutoria può generare nei confronti dei singoli condomini anche non direttamente oggetto degli stessi atti persecutori.
Ai fini di una condanna, quindi, è sufficiente che qualcuno ponga in essere atti persecutori in modo da cagionare un perdurante stato di paura o, comunque, un fondato timore di pericolo per l’incolumità propria o di persone prossime, o ancora la costrizione al cambiamento delle proprie abitudini di vita.
Seguendo tale ragionamento la Suprema Corte con la decisione in oggetto ha ratificato la sentenza della Corte di Appello del giugno 2010 che aveva condannato il condomino per il reato di stalking.

(Da Altalex dell’1.6.2011. Nota di Manuela Rinaldi)

lunedì 20 giugno 2011

IL 23 “CONTRIBUTO AI GIOVANI PROFESSIONISTI”

Giovedì 23 Giugno, dopo che –al mattino- avete verbalizzato l’astensione dalle udienze contro l’obbligatorietà della mediaconciliazione e contro la rottamazione della giustizia civile, alle ore 19 siete tutti invitati (in particolare, i Colleghi più giovani) alla sede dell’associazione LiberieCittadini in piazza Bonadies 7 – Giarre.
Il consigliere provinciale arch. Salvo Patanè illustrerà il percorso che, partendo dalla sua proposta al Consiglio provinciale di Catania, ha portato all’approvazione del regolamento in materia di contributo ai giovani professionisti.
Interverranno il segretario provinciale della Cisl Alfio Giulio, il presidente dell’Ordine Architetti di Catania Luigi Longhitano, il presidente dell’Ordine Agronomi di Catania Giovanni Toldonato e, in rappresentanza della nostra categoria, il presidente dell’Associazione Giarrese Avvocati Giuseppe Fiumanò.
Non mancate!!!

SABATO 25 “IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE”

Sabato 25 Giugno, nell’androne del Palazzo di Giustizia di Giarre in corso Europa, dalle ore 9 alle 12 avrà luogo il settimo evento formativo organizzato per quest’anno dall’AGA.
Sarà nuovamente nostro graditissimo ospite il presidente dell’Ordine, Avv. Maurizio Magnano di San Lio, il quale relazionerà sul tema: “Il procedimento disciplinare”.
La partecipazione all’evento, gratuita per i soci AGA, dà diritto a n. 3 crediti formativi in materia di deontologia.

Inammissibile ricorso in Cassazione tramite telegramma

La Cassazione, con la sintetica sentenza depositata il 15 marzo 2011, n. 10404 ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da un legale con un telegramma dettato per telefono, in quanto non può essere assimilato al ricorso spedito per posta.
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame, in base alla circostanza che l'atto era stato trasmesso mediante telegramma dettato per telefono, ha considerato il ricorso privo della sottoscrizione autentica del difensore, come previsto dal combinato disposto degli artt. 581, 582, 583 c.p.p., dichiarandolo inammissibile.
Secondo quanto sostenuto dal ricorrente nel ricorso per Cassazione, dagli articoli richiamati non emergerebbe alcuna differenziazione di disciplina per i telegrammi spediti a mezzo posta e quelli inviati previa dettatura telefonica, mentre la certezza in ordine all’autenticità della provenienza e all’identità dell’impugnante poteva essere dedotta attraverso un semplice controllo sulla titolarità dell’utenza telefonica.
L’infondatezza del ricorso è stata dichiarata tenendo soprattutto conto della precedente giurisprudenza di legittimità orientata nel senso di ritenere inammissibile “l’impugnazione (anche per la richiesta di riesame), proposta dal difensore mediante telegramma il cui testo sia dettato per telefono, trattandosi di una modalità che non garantisce certezza in ordine all’autenticità della provenienza e all’identità dell’impugnante (Cass., sez. 1^, 27 ottobre 2009, n. 44660, C.E.D. cass., n. 245679)”.
Certezza garantita, invece, si è fatto rilevare, nel caso di ricorso proposto mediante spedizione del telegramma dagli uffici postali.
E’ stata inoltre richiamata un’altra precedente decisione (Cass., sez. 2^, 19 gennaio 2006, n. 3627, C.E.D. cass., n. 233372) che aveva dichiarato inammissibile la richiesta di riesame proposta dal difensore mediante dettatura al servizio telefonico di un telegramma, in luogo della proposizione mediante spedizione del telegramma dagli uffici postali, “in quanto la prescelta forma di comunicazione non trasforma in atto scritto, corredato della sottoscrizione, l'originaria comunicazione orale e dunque non soddisfa i requisiti di forma imposti dalla legge”.
Alla luce delle suesposte considerazioni e dei richiamati precedenti giurisprudenziali il ricorso è stato rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

(Da Altalex del 30.3.2011. Nota di Giuseppe Mommo)

domenica 19 giugno 2011

ASTENSIONE DEL 23 GIUGNO, DELIBERA OUA

L'Assemblea dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura Italiana riunitasi in data 2 giugno 2011 in Siracusa
Rilevato

- Che, come più volte denunciato dall’Avvocatura, il decreto legislativo 28/2010 favorisce i poteri forti e calpesta i diritti dei deboli e dei cittadini comuni;

- Che la obbligatorietà della mediaconciliazione è viziata per eccesso di potere e per violazione degli artt. 3,24,76,77 e 97 della Costituzione;

- Che l’obbligatorietà contrasta, inoltre, con l’art. 47 della Corte dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;

- Che il T.A.R. del Lazio – su ricorsi dell’OUA e di alcuni Ordini ed Associazioni- ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale;

- Che la normativa della media conciliazione prevista dal D.Lgs. n.28/2010, oltre che limitare illegittimamente l’accesso alla  Giustizia:

comporta  per il cittadino notevoli costi non giustificati;

non prevede l’assistenza necessaria dell’avvocato;

consente al conciliatore di formulare una proposta senza il consenso delle parti, che può  avere effetti pregiudizievoli per la parte vittoriosa in giudizio anche con il pagamento di una sostanziosa penale;

non prevede criteri legali per  la individuazione della competenza territoriale (con possibilità di  invitare il cittadino a  conciliare anche a 1000 km di distanza);

- Che le precise irrinunciabili richieste dell’Avvocatura espresse nel Congresso Nazionale Forense di Genova sono state fino ad oggi disattese;

- Che è in atto un processo di privatizzazione selvaggia della giustizia civile  che favorisce, tra l’altro, speculazioni, conflitti d’interesse, camere di conciliazione fantasma, con caduta di etica  e mancanza di controllo e di rigore;

- Che tale distorsione dei fini di giustizia emerge chiaramente dall’esistenza di più di 400 sedi di  società di capitali, abilitate a svolgere un ruolo nella conciliazione, che non possono assicurare i requisiti di trasparenza, indipendenza e terzietà previsti inderogabilmente dalla legge delega e dal decreto legislativo n. 28/2010;

- Che unitamente alla privatizzazione della giustizia civile è in atto un progetto di vera  e propria rottamazione del carico delle pendenze della giustizia civile programmata con la presentazione di un disegno di legge che:

affida  a soggetti  ausiliari e non selezionati;
fissa la perenzione dei giudizi in appello e in cassazione con termini perentori, fissati a carico del difensore, per confermare la volontà del cliente di proseguire la fase giudiziale;

stabilisce la possibilità dell’emanazione di una sentenza con motivazione breve e parziale e con un termine perentorio assegnato ai difensori per chiederne la integrale motivazione previo pagamento di un ulteriore contributo;

- Che tale disegno di legge viola i diritti dei cittadini a ricevere giustizia e il connesso diritto di difesa,e costituisce un maldestro tentativo per risolvere il problema dello smaltimento dell’arretrato;
- Che l’Avvocatura è preoccupata per la ricaduta sul processo penale delle prospettate riforme della giustizia.
Conferma
lo stato di agitazione dell' Avvocatura
Proclama

l'astensione dalle udienze civili, penali, amministrative, contabili e tributarie e da ogni attività giudiziaria per il giorno 23 giugno 2011, nel rispetto della normativa di legge in materia  di  "autoregolamentazione"
Indice
una pubblica manifestazione di denuncia e di protesta per giovedì 23 giugno 2011 a Napoli alle ore 10.30, nell’“Arengario” del Nuovo Palazzo di Giustizia al Centro Direzionale

Invita
gli avvocati ed i cittadini a prendere parte a detta manifestazione

Invita

Il Ministro della Giustizia a partecipare alla manifestazione nazionale che si terrà a Napoli il 23 giugno 2011

Dispone

trasmettersi la presente delibera al Consiglio Nazionale Forense, a tutti i Presidenti degli Ordini territoriali, alle Unioni Distrettuali degli Ordini, alle Associazioni Forensi nonché al Presidente della Repubblica, al Ministro della Giustizia, ai Presidenti delle Camere, ai Presidenti delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato e ai  Responsabili giustizia dei partiti.

Siracusa 2 giugno 2011

          Il Segretario                                                       Il Presidente
      Avv. Fiorella Ceriotti                                         Avv. Maurizio de Tilla

(Da oua.it)

sabato 18 giugno 2011

'STA MEDIAZIONE NON S'HA DA FARE!

"Più se ne parla, più mi convinco che è meglio abolirla!": questa frase, pronunciata dal presidente dell'AGA Giuseppe Fiumanò a conclusione dell'evento formativo tenutosi stamattina nell'androne del Palazzo di Giustizia di Giarre, ben sintetizza lo stato d'animo degli avvocati anche a seguito degli interessanti approfondimenti e spunti di riflessione dettati dagli interventi, rispettivamente, del Presidente dell'Ordine di Catania Maurizio Magnano di San Lio, del prof. Giovanni Di Rosa, ordinario di Diritto privato all'Università di Catania, dell'Avv. Carla Pappalardo, consigliere dell'Ordine e componente dell'organismo di conciliazione istituito dall'Ordine stesso.
Davanti ad oltre duecento avvocati, il presidente Magnano ha precisato che l'organismo è un servizio rivolto ai cittadini ed agli avvocati; il prof. Di Rosa ha illustrato le premesse reali su cui andava fondato l'istituto della mediazione civile, disattese e distorte dall'intervento legislativo al punto da richiedere l'intervento della Corte Costituzionale; l'avv. Pappalardo ha spiegato modalità ed effetti della proposizione della richiesta di mediazione.
L'incontro è stato impreziosito dalla presenza dei giudici Maria Pia Urso (dirigente il tribunale di Giarre) e Marcella Celesti, e dei consiglieri dell'Ordine Santo Li Volsi e Roberto Caruso.
Il prossimo evento formativo si terrà Sabato 25 Giugno; tornerà a Giarre il presidente Magnano per parlare del procedimento disciplinare, tema valido per la deontologia.