lunedì 13 giugno 2011

Tre i riti civili. Alle Camere il codice antimafia


Lavoro, ordinario e sommario di cognizione i procedimenti che restano.
Così le confische ai boss

Via libera alla riduzione dei riti nella giustizia civile: ieri (giovedì 9, NdAGANews) l'approvazione in Consiglio dei ministri dello schema di decreto legislativo per "disboscare" la giungla dei procedimenti che da trentatré diventano tre; ora il testo va al vaglio delle Camere per i pareri prima del sì definitivo. Contestualmente Palazzo Chigi approva anche il Codice antimafia, che pure passa all'esame del Parlamento.

Numero perfetto
Partiamo dal civile. Con l'approvazione in via preliminare del testo il Governo esercita la delega per la semplificazione ottenuta con la legge di riforma 69/2009; i procedimenti di cognizione che rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria, regolati dalla legislazione speciale, sono ricondotti ai tre modelli previsti dal codice di procedura civile: il rito del lavoro, quello sommario di cognizione (introdotto proprio dalla legge 69/2009), il rito ordinario di cognizione. Il provvedimento punta a razionalizzare la normativa processuale presente nella legislazione speciale e raccogliere in un unico testo normativo tutte le disposizioni relative ai procedimenti giudiziari previsti dalle leggi speciali: arriva, insomma, un testo complementare al Cpc, in sostanziale prosecuzione del libro IV.

Lotta ai clan
Passiamo al penale: il Parlamento ha sessanta giorni di tempo per approvare le nuove misure contro la criminalità organizzata (cfr. "Addio all'oro dei clan, sempre obbligatoria la confisca dei beni: presto il "via" al Codice antimafia", nella sezione Focus, arretrato 25 maggio 2011). L'obiettivo del Governo è raccogliere in un solo testo tutta la normativa vigente in tema di misure di prevenzione, aggiornata secondo le prescrizioni della legge delega. Quali sono le novità? L'introduzione della facoltà di richiedere che il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione sia celebrato in udienza pubblica; la previsione di un limite di durata anche per il procedimento di secondo grado, con la perdita di efficacia del sequestro ove non venga disposta la confisca nel termine di un anno e sei mesi dalla immissione in possesso da parte dell'amministratore giudiziario, nonché, in caso di impugnazione della decisione, entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso.
A seguito del definitivo decreto di confisca, la revoca sarà possibile solo in casi eccezionali (difetto originario dei presupposti, falsità delle prove). In tal caso, salvo che per i beni di particolare pregio storico-artistico, sarà restituita solo una somma di denaro equivalente al valore del bene.

(Da telediritto.it del 10.6.2011)