mercoledì 31 luglio 2013

DATE GOT MILAZZO PER AFFARI URGENTI CIVILI

Riceviamo in data odierna il seguente avviso a firma del Cancelliere del Tribunale di Giarre cav. Nino Barbagallo:

Su decisione del Presidente del Tribunale di Catania il G.O.T. dott. Antonino Milazzo, al fine di trattare gli AA. Urgenti della Sezione, terrà udienza nei giorni di seguito elencati:
Luglio 29
Agosto 8, 12, 19, 26
Settembre 7, 9.

Ricordiamo ai Colleghi che le udienze feriali si terranno nelle date 6 Agosto (De Farfalla) e 3 Settembre (Milazzo).

martedì 30 luglio 2013

Convivenza prematrimoniale rilevante per addebito e mantenimento

Cass. Civ., sez. I, sent. 20.6.2013 n° 15486



La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15486/2013, conferma le decisioni del Tribunale di Pistoia e della Corte di Appello di Firenze, riconoscendo che la convivenza di fatto prima del matrimonio, durato solo un mese, ha rilevanza ai fini dell’addebitabilità della separazione e ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento che deve essere parametrato sul generale tenore di vita della coppia anche prima del matrimonio.

Il caso riguarda una coppia che aveva convissuto per un certo periodo e che giunta al matrimonio, dopo appena un mese, si separa. La moglie aveva, infatti, presentato ricorso per separazione a causa del carattere irascibile e violento del marito che aveva portato a frequenti e gravi episodi di violenza, anche a causa dell’assunzione regolare di alcol e stupefacenti. Il Tribunale di Pistoia, rilevato in fatto che il marito aveva ripetutamente percosso la moglie sia durante la convivenza sia durante il matrimonio, aveva pronunciato la separazione con addebito al marito, disponendo anche un assegno a titolo di mantenimento di 350,00 euro in favore della moglie, che al momento risultava disoccupata.

Il marito appella la sentenza, ma la Corte territoriale conferma la decisione del giudice di primo grado. Si arriva in Cassazione, dove l’uomo rileva la violazione degli artt. 143 e 151 c.c. perchè è stato illegittimamente tenuto conto, ai fini della dichiarazione di addebito, del comportamento precedente al matrimonio. Inoltre entrambi i coniugi, nel corso della brevissima convivenza matrimoniale, avevano assunto entrambi sostanze stupefacenti e alcol.

Si rileva inoltre la violazione dell'art. 156, secondo comma c.c. per avere imposto e determinato un assegno di mantenimento stante la brevità del matrimonio che non consentiva la stima di un tenore di vita comune cui commisurare l'assegno.

La Corte suprema ritiene il ricorso infondato. La motivazione fornita dalla Corte di Appello appare corretta e priva di vizi logici e viene condivisa. In particolare, il periodo di convivenza prematrimoniale è rilevante quando si colloca rispetto al matrimonio come un periodo di convivenza continuativo. Ciò permette di valutare complessivamente la vita della coppia. Il comportamento violento del marito è stato costante e continuo nel periodo di convivenza prematrimoniale e nel matrimonio.

Lo stesso vale per il riconoscimento del mantenimento poiché l’impossibilità di determinare un tenore di vita a causa della brevità del matrimonio, non impedisce di individuare la somma sulla base del reddito del marito e sulla base delle esigenze di sussistenza moglie.

La sentenza è importante perché riconosce valore alla convivenza prematrimoniale intesa come una fase della vita della coppia che ha preceduto senza interruzioni il matrimonio, soprattutto quando non è possibile operare una distinzione fra il comportamento dei coniugi nella fase pre-matrimoniale e in quella matrimoniale.

Un’altra situazione in cui la giurisprudenza della Cassazione ha dato rilevanza alla convivenza prematrimoniale è in materia di pensione di reversibilità. Infatti, la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, va eseguita principalmente tenendo conto della durata dei matrimoni, ma valutando anche altri elementi collegati alla finalità solidaristica dell'istituto, tra i quali la durata delle convivenze prematrimoniali. Secondo l’orientamento consolidato si deve riconoscere alla convivenza more uxorio non una semplice valenza "correttiva" dei risultati derivanti dall'applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, ma un distinto e autonomo rilievo giuridico, quando sussista stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale (Cass. Civ. n. 1736/2012, n. 26358/2011 e C. Cost. n. 419/1999).


(Da Altalex del 30.7.2013. Nota di Giuseppina Vassallo)

Nullo avviso accertamento prima dei 60 giorni



Cass. Sez. Unite Civili, sent. n. 18184 dep.il 29.7.2013

Avviso di accertamento ‘frettoloso’, consegnato ben prima del termine di 60 giorni: atto nullo.
Sconfitta definitivamente l’Agenzia delle Entrate, che aveva messo nel mirino una società, destinataria di un avviso di recupero relativo a credito di imposta. Fatale è l’eccessiva fretta mostrata dal Fisco, che ha notificato l’avviso appena 25 giorni dopo la redazione del processo verbale di constatazione.

(Da dirittoegiustizia.it)

lunedì 29 luglio 2013

Cassa Forense nella tempesta



Il 31 luglio l'udienza mentre montano
le polemiche sul ricorso presentato dall'Aiga

Si terrà il 31 luglio 2013 innanzi al Tribunale di Palermo, Sezione Feriale, l’udienza relativa al ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati contro la delibera della cassa Forense che nel determinare il corpo elettorale ha escluso oltre 56.000 avvocati con reddito inferiore a €10.300. Il Presidente dell’AIGA Dario Greco ha chiarito il motivo del ricorso: “Cassa Forense è un patrimonio di tutta l’Avvocatura italiana e non è ammissibile discriminare qualcuno in base al reddito, espropriandolo dal diritto di voto. Con l’entrata in vigore della Riforma Forense tutti gli avvocati italiani sono iscritti automaticamente a Cassa Forense e quindi tutti hanno il diritto di eleggere i propri rappresentanti”Ma il mondo dell’avvocatura è in subbuglio. Cassa forense, da parte sua, ha annunciato che si costituirà in giudizio per opporsi al ricorso presentato dall'Aiga. “Abbiamo preso questa decisione con l’auspicio che la prossima tornata elettorale, prevista per il 9 settembre, possa svolgersi secondo i modi e i tempi prestabiliti nell’interesse di tutti gli avvocati – ha dichiarato il presidente, Alberto Bagnoli – e nello stesso tempo che il comitato dei delegati possa varare il nuovo regolamento che stabilisce l’ammontare dei contributi minimi dovuti dai professionisti con redditi inferiori ai 10.300 euro”. Anche l’Oua esprime forte preoccupazione per il ricorso presentato dall’Aiga a Palermo. "Senza entrare nel merito dell'iniziativa dell'Aiga – sottolinea il presidente Nicola Marino - e delle polemiche di questi mesi sull'obbligo di iscrizione, previsto dalla legge professionale, dei 56mila legali che fino ad ora non  hanno mai versato contributi all'ente previdenziale, non possiamo però non sottolineare che un eventuale accoglimento del ricorso aprirebbe scenari inquietanti. È evidente come una sospensione del processo elettorale porterebbe a un possibile commissariamento e a un incalcolabile danno per tutti gli iscritti alla cassa forense e quindi all'avvocatura".

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 29.7.2013)

Garante privacy contro le offerte commerciali indesiderate

Nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 26 luglio sono state pubblicate le «Linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam», adottate dal Garante per la protezione dei dati personali ed il cui contenuto era stato anticipato con un comunicato stampa del 23 luglio.
In materia di spamming, dove per tale si intende l’invio di comunicazioni promozionali e di materiale pubblicitario senza il consenso dei destinatari, il Garante, con il provvedimento generale del 29 maggio 2003, ha dettato «Regole per un corretto uso dei sistemi automatizzati e l'invio di comunicazioni elettroniche», basato sulla normativa al tempo in vigore e, in particolare, sulla legge 31 dicembre 1996, n. 675.
Successivamente è entrato in vigore il Codice della privacy, che ha abrogato e sostituito la suddetta legge e le altre disposizioni in materia di protezione dei dati personali, ribadendone i principi nel mutato panorama normativo. Più recentemente, in particolare dal 2009 in poi, sono state effettuate varie modifiche del Codice che hanno inciso peraltro sulla sfera dei soggetti tutelati e sui diritti azionabili dai destinatari dello spam, determinando l’esigenza di intervenire nuovamente sul tema.
Tanto premesso, anche se in misura minore rispetto al passato, continuano in ogni caso a pervenire all’Autorità segnalazioni, reclami e ricorsi relativamente alle tradizionali forme di spam tipizzate dal Codice. Inoltre, sono progressivamente emersi profili problematici e nuove forme di spam, che possono comportare modalità sempre più insidiose e invasive della sfera personale degli interessati. Fra questi sono, ad esempio, il cd. «marketing virale», le comunicazioni promozionali inviate tramite piattaforme tecnologiche di proprietà di soggetti terzi spesso situati all’estero e non agevolmente individuabili, il cd. «marketing mirato», grazie all’uso di meccanismi di profilazione dell’utente, e il cd. «social spam». Oltretutto, sempre più spesso lo spam coinvolge anche i minori ai quali è doveroso assicurare una tutela rafforzata da parte dell’ordinamento giuridico e, quindi, una particolare attenzione anche da parte del Garante.
Tali ultimi rilievi hanno pertanto indotto il Garante medesimo ad adottare le Linee guida in oggetto con le seguenti finalità:
a) tenere conto del mutato quadro normativo attualmente vigente in materia, alla luce dell’entrata in vigore del Codice e delle modifiche normative successive, nonché del diritto comunitario, con l’ulteriore obiettivo di assicurare l’uniforme applicazione della stessa normativa e l’osservanza del fondamentale principio di certezza del diritto;
b) chiarire alcuni profili problematici relativi alle diverse modalità di spam, affinché gli operatori del settore possano conformarsi alla disciplina sul trattamento dei dati personali;
c) inquadrare alcune nuove forme di spam, con l’intento di limitare i rischi connessi alle novità tecnologiche, pur nella necessaria consapevolezza del carattere parziale e non risolutivo dello strumento del diritto rispetto a tecnologie in continua evoluzione, peraltro sempre più avanzate e di rapida diffusione.
Queste in sintesi le principali regole contenute nelle Linee guida:
1) Offerte commerciali e spam
- invio di offerte commerciali solo con il consenso preventivo. Per poter inviare comunicazioni promozionali e materiale pubblicitario tramite sistemi automatizzati (telefonate preregistrate, e-mail, fax, sms, mms) è necessario aver prima acquisito il consenso dei destinatari. Tale consenso deve essere specifico, libero, informato e documentato per iscritto;
- maggiori controlli su chi realizza campagne di marketing. Chi commissiona campagne promozionali deve esercitare adeguati controlli per evitare che agenti, subagenti o altri soggetti a cui ha demandato i contatti con i potenziali clienti effettuino spam;
- consenso per l’uso dei dati presenti su Internet e social network. E’ necessario lo specifico consenso del destinatario per inviare messaggi promozionali agli utenti di Facebook, Twitter e altri social network (ad esempio pubblicandoli sulla loro bacheca virtuale) o di altri servizi di messaggistica e Voip sempre più diffusi come Skype, WhatsApp, Viber, Messenger, etc. Il fatto che i dati siano accessibili in Rete non significa che possano essere liberamente usati per inviare comunicazioni promozionali automatizzate o per altre attività di marketing «virale» o «mirato»;
- passaparola senza consenso. Non è necessario il consenso per inviare e-mail o sms con offerte promozionali ad amici a titolo personale (il cosiddetto «passaparola»).
2) Semplificazioni per le aziende in regola
- e-mail promozionali ai propri clienti. Ok all’invio di messaggi promozionali, tramite e-mail, ai propri clienti su beni o servizi analoghi a quelli già acquistati (cosiddetto soft spam);
- promozioni per «fan di marchi o aziende». Un’impresa o società può inviare offerte commerciali ai propri «follower» sui social network quando dalla loro iscrizione alla pagina aziendale si evinca chiaramente l’interesse o il consenso a ricevere messaggi pubblicitari concernenti il marchio, il prodotto o il servizio offerto;
- consenso unico valido per diverse attività. Basta un
unico consenso per tutte le attività di marketing (come l’invio di materiale pubblicitario o lo svolgimento di ricerche di mercato); il consenso prestato per l’invio di comunicazioni commerciali tramite modalità automatizzate (come e-mail o sms) copre anche quelle effettuate tramite posta cartacea o con telefonate tramite operatore. Le aziende che intendono raccogliere i dati personali degli utenti per comunicarli o cederli ad altri soggetti a fini promozionali, possono acquisire un unico consenso valido per tutti i soggetti terzi indicati nell’apposita informativa fornita all’interessato.
3) Tutele e sanzioni contro lo spam
- tutele per i singoli utenti. Le persone che ricevono spam possono presentare segnalazioni, reclami o ricorsi al Garante e comunque esercitare tutti i diritti previsti dal Codice privacy, inclusa la richiesta di sanzioni contro chi invia messaggi indesiderati (nei casi più gravi possono arrivare fino a circa 500.000 euro);
- tutele per le società. Le «persone giuridiche», pur non potendo più chiedere l’intervento formale del Garante per la privacy, possono comunque comunicare eventuali violazioni. Hanno invece la possibilità di rivolgersi all’Autorità giudiziaria per azioni civili o penali contro gli spammer.
Contestualmente alle Linee guida, allo scopo di semplificare ulteriormente gli adempimenti in materia di marketing diretto, il Garante ha adottato anche un apposito documento sul consenso al trattamento dei dati personali, anch'esso pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 26 luglio.

Anna Costagliola (da diritto.it del 29.7.2013)

SORPASSATI 2.500 POST!

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Questo che leggete è il post n. 2.513 di AGA News.
Venerdì scorso abbiamo raggiunto, infatti, il traguardo di ben 2.500 post pubblicati in meno di tre anni, essendo partito questo modesto -ma, riteniamo, utile- servizio on line dell'AGA alla fine di Settembre del 2010.
Qualche dato statistico.
Le visualizzazioni hanno superato il numero di 80 mila, di cui oltre 3.000 in questo mese di Luglio.
Quanto ai browser, aumenta il numero di chi usa Firefox e supera gli utenti di Internet Explorer, quest'ultimo davanti a Chrome.
Il sistema operativo usato è Windows nel 78% dei casi, seguono Linux (10%), Macintosh (4%), iPhone (3%) ed altri.
I collegamenti arrivano da tutto il mondo, con ovvia prevalenza dell'Italia: nell'ultimo mese, Italia 1.792, Federazione Russa 405, USA 194, Germania 124, Ucraina 97 ed altri.
Nel nostro piccolo, cercheremo di continuare, essendo legati alle sorti dell'Associazione, degli Uffici Giudiziari e del vostro gradimento, che sappiamo non essere mai venuto meno.
Grazie! 

GEOGRAFIA GIUDIZIARIA: PRIMO SÌ ALLA PROROGA

Oua: ha prevalso il buon senso

FIDUCIA E DECRETO DEL FARE, PER L’OUA SULLA GIUSTIZIA HA PREVALSO IL BUONSENSO: CON IL TESTO LICENZIATO DALLE COMMISSIONI SI LIMITANO I DANNI PER I CITTADINI
BUONE NOTIZIE DALLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO: PRIMO SÌ ALLA PROROGA SULLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA
NICOLA MARINO, PRESIDENTE OUA: "ELIMINATE LE STORTURE SULLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA CON NORME CHE TUTELANO I CITTADINI. QUALCHE MIGLIORAMENTO ANCHE SULLO SMALTIMENTO DELL'ARRETRATO. BENE L'ESTENSIONE AGLI AVVOCATI DELLE AUTENTICHE. POSITIVO, INFINE IL VOTO IN COMMISSIONE IN SENATO SULLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA, ATTENDIAMO CHE ANCHE IN AULA SI CONFERMI QUESTA SCELTA. MA SULLA GIUSTIZIA SERVE UN INTERVENTO AD HOC, STRAORDINARIO, CONDIVISO E COMPLESSIVO. BASTA CON I DECRETI URGENTI. DIALOGO CON L'AVVOCATURA E I CITTADINI, CENTRALITÀ DEL PARLAMENTO"

L'Organismo Unitario dell'Avvocatura-Oua valuta positivamente la scelta di non apportare ulteriori modifiche al testo del decreto del fare approvato ed emendato dalle Commissioni nel suo iter di conversione. Nicola Marino, presidente dell'Oua ribadisce che «pur non condividendo il persistente ricorso al voto di fiducia, in questo caso quanto meno si salvaguarda il lavoro prezioso delle commissioni».
«Nel nuovo testo - continua - si correggono così diverse storture, anche se non tutte, che avrebbero danneggiato il nostro già malandato sistema giustizia e la tutela stessa dei diritti dei cittadini e delle imprese: positivo che si preveda la gratuità della mediazione in caso di mancata conciliazione dopo il primo incontro. Bene l'obbligatoria presenza del legale, l'esecutività dell'accordo delle parti in determinati casi, l'estensione dell'autentica delle firme agli avvocati. Condivisibile la necessità di una revisione del sistema tra due anni e del limite a quattro anni della sperimentazione. Certo, tutte queste modifiche non soddisfano appieno le nostre richieste ma dimostrano la capacità di confronto e di iniziativa dell’Oua e il ruolo importante delle otto giornate di astensione. Rimangono in campo le nostre proposte per ridurre il carico giudiziario, puntando sulle Camere arbitrali, presso i Consigli degli ordini e sulla negoziazione assistita».
Quindi Nicola Marino sottolinea positivamente quanto deciso dalla Commissione Giustizia del Senato in merito alla geografia giudiziaria: «Esprimiamo soddisfazione per il lavoro della Commissione, quella della proroga è una scelta doverosa e di buonsenso, nell'interesse dei cittadini e dello stesso buon funzionamento della giustizia. Ora attendiamo che anche in Aula si prosegua in questa direzione, al fine di scongiurare gli effetti nefasti di un provvedimento che decapita oltre 1000 uffici giudiziari»
«Sulla giustizia – conclude  - serve però un intervento ad hoc, straordinario, condiviso e complessivo. Basta con i decreti urgenti. È necessario il dialogo con l'avvocatura, con i cittadini, partendo dalla centralità del Parlamento»

Comunicato stampa OUA del 25.7.2013

Milano: no a trasferimenti immobiliari nella separazione

Omologa separazione: trasferimenti immobiliari
non inseribili nel verbale
Trib. Milano, sez. IX civ., decr. 21.5.2013

Il Tribunale di Milano con Decreto 21 maggio 2013 conferma la propria linea sull’impossibilità di inserire nell’omologa della separazione i trasferimenti immobiliari tra coniugi.
Dopo un periodo in cui lo stesso Ufficio consentiva la cessione o il trasferimento di diritti reali nel verbale di separazione, dal 2009 c’è stato un cambiamento di indirizzo.
La questione è dibattuta, tanto che si può dire che ogni tribunale italiano ha adottato una sua prassi.
Oltre al contenuto tipico e necessario attinente all’affidamento dei minori e al mantenimento, l’accordo da omologare può contenere attribuzioni di vario tipo che mirano a definire la totalità dei rapporti patrimoniali tra coniugi. Non c’è dubbio che in ossequio al principio dell’autonomia delle parti, l’accordo possa contenere clausole di tipo obbligatorio con le quali le parti si impegnano ad eseguire trasferimenti, cessioni e quant’altro, nell’ambito della crisi solutoria della famiglia.
Altra cosa è consentire che il decreto di omologa, contenente l’atto di disposizione, acquisti la forma di un atto pubblico richiesto per la validità dei trasferimenti immobiliari.
Nonostante la Cassazione con la sentenza n. 4306 del 1997 si sia pronunciata a favore di questa possibilità considerandolo il verbale di omologa, titolo valido per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c., alcuni Tribunali non aderiscono a questo orientamento. Dall’esame dei protocolli predisposti a cura degli Osservatori sulla Giustizia sparsi in tutta l’Italia, emerge che in alcuni casi, sono stati creati dei veri e propri verbali predisposti con l’indicazione dei dati essenziali per la validità del trasferimento. Mentre altri Uffici non consentono questa possibilità.
Nel decreto in esame i giudici Milanesi, riconoscono che l’ordinamento permette ai coniugi di pattuire trasferimenti di diritti reali, anche immobiliari, ma conferma la sua posizione sul mezzo da utilizzare a tal fine.
Il verbale che contiene il trasferimento del diritto reale – dice il provvedimento - non può essere equiparato all’atto pubblico redatto da notaio ai sensi della legge notarile, dal quale differisce profondamente. Nel compimento di un atto pubblico le parti sono assistite da un professionista in grado di assicurare l’effettiva ricognizione della consistenza del bene e dei suoi confini, la sua libertà da trascrizioni pregiudizievoli al momento dell’atto, la capacità delle parti e infine la possibilità di evitare clausole nulle.
In tal senso le parti avrebbero una garanzia minore, che mette gravemente in discussione il precetto costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3, 2° comma, e 24 Cost.).
Al contrario la previsione di clausole ad efficacia obbligatoria in cui si rimanda al Notaio per la formalizzazione dell’atto, raggiunge lo scopo è fornisce più garanzie, anche in considerazione della possibilità di ottenere tutela in caso di inadempimento, con lo strumento dell’esecuzione in forma specifica (art. 2932 c.c.).
A conferma di questo orientamento, il Tribunale di Milano cita la Legge 30 luglio 2010, n. 122 che ha individuato tutta una serie di adempimenti prodromici al trasferimento di diritti reali sugli immobili facenti carico al Notaio che roga l’atto.
Lo scopo della legge – che si inserisce nelle misure urgenti volte a contrastare l’elusione fiscale e contributiva – è quello di affidare al notaio e non ad altri operatori, il compito dell’individuazione e della verifica catastale, nella redazione dell’atto traslativo, concentrando in tale sede il controllo indiretto statale sugli interessi pubblici coinvolti. Di conseguenza il controllo del notaio non può essere sostituito da quello del giudice, stante la diversità di ruolo e funzioni.
L’intervento legislativo avvalorerebbe la tesi del tribunale milanese sulla non idoneità del verbale dell'udienza presidenziale di separazione consensuale ed al verbale di udienza collegiale nella causa divorzile, a sostituire l'atto pubblico notarile.
Ad esempio, nel procedimento avanti al giudice non c’è alcuna garanzia del rispetto della normativa urbanistica, prevista dalla legge a pena di nullità dell'atto, e di quella tributaria.
Secondo i giudici milanesi la giurisprudenza di merito più recente sta mutando orientamento nel senso di non ritenere più ammissibili i trasferimenti immobiliari nell’ambito della separazione consensuale o del divorzio congiunto e cita il Tribunale di Bologna, che ha modificato la propria prassi con effetto dal 1° gennaio 2013.

(Da Altalex del 26.7.2013. Nota di Giuseppina Vassallo)

domenica 28 luglio 2013

Biglietto aereo online: è contratto di trasporto

Cass. Civ., sez. VI - 3, ord. 10.7.2013 n° 17080

L’acquisto di un biglietto aereo online rientra tra i contratti conclusi mediante moduli o formulari disciplinati dall’art. 1342 c.c., in quanto contratto di trasporto caratterizzato dalla mancata possibilità da parte del contraente di instaurare trattative specifiche finalizzate alla modifica delle condizioni.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza 10 luglio 2013, n. 17080.

Nella fattispecie, il Tribunale di Roma aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto da un passeggero avverso la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 6063 del 2007 di rigetto della domanda dell'appellante nei confronti della Wind Jet s.p.a. di risarcimento dei danni per i disagi subiti a seguito di un viaggio aereo.

Il passeggero ha proposto ricorso per Cassazione formulando due motivi, la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e violazione dell'art. 1342 cod. civ. come richiamato dall'art. 113 comma secondo c.p.c., e la violazione o falsa applicazione dell'art. 339 c.p.c. e art. 113 comma secondo c.p.c.
Il ricorrente contesta la decisione del Tribunale per non aver qualificato il contratto concluso online nella fattispecie dell’art. 1342 c.c. e per aver pronunciato l’inammissibilità dell’appello della decisione, perchè pronunciata secondo equità.
Viene messa in rilievo l’incongruenza del Giudice di pace, che prima ha dichiarato che avrebbe deciso secondo equità, e poi ha deciso secondo diritto. Ma la pronuncia, anche nel caso in cui fosse stata decisa secondo equità, comunque sarebbe stata impugnabile, a detta degli Ermellini, avendo il ricorrente agito per “violazione delle norme comunitarie e dei principi regolatori della materia”, ex art. 339, comma terzo c.p.c., motivo perfettamente valido se si considera anche che la data di emissione del provvedimento (28.11.2006/19.02.2007) è susseguente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006.
La questione andava invece risolta soffermandosi sul contenuto delle censure, che, per la Suprema Corte, appaiono fondate, sulla base di quanto già affermato dalla Cass. 11 maggio 2010, n. 11361: “l’acquisto di un biglietto aereo presso una agenzia di viaggi comporta la conclusione di un contratto di trasporto con le modalità dell’art. 1342 cod. civ., in quanto le condizioni di contratto sono definite dalla compagnia aerea per regolamentare la serie indefinita di rapporti con tutti coloro che acquistino il biglietto, già predisposto su un modulo standard e che richiama il regolamento negoziale e le condizioni generali di contratto”.
Quindi il Giudice di pace non ha il potere, secondo quanto disposto dall’art. 113, secondo comma c.p.c., di decidere secondo equità, rientrando tale contratto nella fattispecie dell’art. 1342 c.c., come confermato dagli Ermellini: “Colui che stipula online non ha, in genere, alcuna possibilità di instaurare una trattativa specifica, finalizzata alla modifica di una o più delle condizioni generali di contratto, potendo, al contrario, soltanto scegliere di accettarle o rifiutarle”. Il ricorso è stato accolto, e la sentenza cassata e rinviata al Tribunale di Roma.

(Da Altalex del 27.7.2013. Nota di Enrica Maria Crimi)

Sanzioni per abusi edili

Sanzioni degli abusi edili e passaggio del tempo
Cons. di Stato, Sez. V, 15.7.2013, n. 3847

La p.a. ha l'onere, in via eccezionale, di motivare l'adozione di una misura repressiva in materia edilizia quando il decorso di un lasso di tempo notevole fra la realizzazione dell'opera irregolare, ma munita pur sempre di un formale titolo, e l'adozione della misura repressiva abbia ingenerato un solido affidamento in capo al cittadino (specialmente ove si tratti di un terzo acquirente). Tale onere deve considerare anche la condizione di buona fede dei soggetti da sanzionare e gli eventuali indebiti vantaggi che questi avrebbero ricavato dall'illecito.

sabato 27 luglio 2013

Equa riparazione, mediazione interrompe termini

Cass. Civ., Sez. Unite, 22.7.2013, n. 17781
Risarcimento per irragionevole durata del processo:
la mediazione interrompe i termini

Anche se la dichiarazione di illegittimità costituzionale ha escluso la obbligatorietà della mediazione in ogni controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili e se la mediazione non costituisce più condizione di proponibilità della domanda, resta fermo l'effetto della istanza di mediazione d'interruzione della prescrizione e di impedimento per una sola volta della decadenza dal diritto di agire per equa riparazione, essendo rimasta ferma l'applicazione del decreto, che non è stato dichiarato in contrasto con la carta costituzionale ed è coerente agli intenti deflattivi del contenzioso giudiziario della disciplina legale della mediazione stessa.

Imputabile chi fattura abusivamente favorendo indebiti risparmi fiscali

Cass. Pen., sent. n. 29061 del 9.7.2013

Con la sentenza 29061 del 9 luglio, la Cassazione, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, ha stabilito che l’utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (punita dall’articolo 2 del Dlgs 74/2000) comprende sia l’inesistenza oggettiva che quella soggettiva, ossia quella relativa alla diversità tra l’operatore che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura.
Stesse conclusioni valgono per la fattispecie collegata di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui al successivo articolo 8. A tal proposito, a nulla vale invocare, quale ius superveniens, l’articolo 8 del Dl 16/2012, in quanto nessun effetto di depenalizzazione può essere ricondotto a tale disposizione, il cui ambito di applicazione è ristretto alle procedure di accertamento tributario.
La vicenda processuale
La vicenda riguarda due soggetti condannati sia in primo che in secondo grado, rispettivamente, per i reati previsti dagli articoli 8 e 2 del Dlgs 74/2000, ovvero emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.
In particolare, uno degli imputati era stato condannato perché, quale titolare di una ditta individuale di commercio di autoveicoli, aveva emesso negli anni 2004 e 2005 fatture soggettivamente false, perché relative a forniture di veicoli effettuate da soggetti terzi esteri in sospensione di imposta.
L’altro imputato veniva invece condannato, ai sensi dell’articolo 2, per aver utilizzato in dichiarazione quelle fatture.
La Corte d’appello di Milano, nel confermare la condanna per i due imputati, aveva precisato che:
    nessuna distinzione poteva essere effettuata, al fine della sussistenza dei reati contestati, tra fatture oggettivamente e soggettivamente false
    l’interposizione fittizia dell’emittente aveva consentito all’utilizzatore un indebito risparmio Iva
    in relazione alla posizione dell’utilizzatore delle fatture, in atti vi era la prova del pagamento di quest’ultimo direttamente in capo al formale venditore del soggetto interposto.
Nel giudizio in Cassazione viene dedotta in particolare, almeno per quello che interessa in questa sede, la violazione dell’articolo 8 del Dlgs 74/2000. Secondo la difesa, la norma in questione fa riferimento alle fatture emesse per le sole operazioni oggettivamente inesistenti, dovendo essere escluse dall’ambito di rilevanza penale quelle concernenti operazioni soggettivamente false.
Tale interpretazione troverebbe ora un espresso aggancio normativo per effetto dello ius superveniens rappresentato dall’articolo 8 del Dl 16/2012, che ha sostituito il comma 4-bisdell’articolo 14 della legge 537/1993. Con tale disposizione, infatti, si è stabilito che non sono deducibili i costi delle spese dei beni e del servizi direttamente utilizzati per il compimento di attività qualificabili come delitto non colposo per le quali il Pm abbia esercitato l’azione penale e, nella relazione di accompagnamento al testo normativo, si è puntualizzato che l’indeducibilità non trova applicazione per i costi delle spese esposte in fatture che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.
La pronuncia della Cassazione e ulteriori osservazioni
La Corte suprema ha dichiarato inammissibili i ricorsi, condannando altresì i ricorrenti alla refusione delle spese processuali.
In relazione alla posizione dell’emittente, i giudici di legittimità, confermando un orientamento ormai consolidato (Cassazione, sentenze 17452/2012 e 10394/2010), hanno ribadito l’assunto secondo cui “la utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti, con riguardo all’IVA, comprende anche sia la inesistenza oggettiva che soggettiva, ossia quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura”.
Questa posizione è ricavabile da un’interpretazione letterale e sistematica del combinato disposto degli articoli 8 e 1, lettera a), del Dlgs 74/2000.
L’articolo 8 sanziona infatti “chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, e l’articolo 1, lettera a), prevede che “per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
Del resto, anche la giurisprudenza formatasi in relazione al correlato articolo 2 del Dlgs 74/2000 (cui l’articolo 8 evidentemente si ricollega con la finalità di anticipare la tutela del bene giuridico protetto), conferma che “la falsità può essere riferita anche all’indicazione dei soggetti con cui è intercorsa l’operazione, intendendosi per ‘soggetti diversi da quelli effettivi’, ai sensi dell’art. 1 lett. a), del citato D.Lgs., coloro che, pur avendo apparentemente emesso il documento, non hanno effettuato la prestazione, sono irreali, come nel caso di nomi di fantasia, o non hanno avuto alcun rapporto con il contribuente finale” (cfr Cassazione, sentenza 27392/2012).
Per la Cassazione, proprio tale ipotesi si attaglia perfettamente alla fattispecie concreta caratterizzata, secondo la ricostruzione effettuata dai giudici d’appello, dalla natura fittizia dell’interposizione della ditta emittente la cui finalità era solo quella di consentire ai cessionari un indebito risparmio dell’Iva che la stessa non versava, sfruttando anche la finzione di essere esportatore abituale.
In merito allo ius superveniens rappresentato dall’articolo 8 del Dl 16/2012, la Corte di legittimità, richiamando la sentenza 40559/2012, precisa che nessun effetto di depenalizzazione può essere ricondotto alla disposizione citata, che si è limitata a precisare una regola per le procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, stabilendo che non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione. Ciò non ha alcun riflesso sulle disposizioni penali relative all’incriminazione di condotte fraudolente.
In altre parole, secondo l’interpretazione dei giudici di legittimità, una cosa è l’aspetto strettamente tributario per cui, in virtù del nuovo quadro normativo, l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi (sempre che ricorrano i requisiti generali del costo, ovvero certezza, inerenza e oggettiva determinabilità), altra cosa è l’aspetto penale che non ha risentito della predetta modifica normativa.
Nessun richiamo si rinviene infatti nel Dl 16/2012 al Dlgs 74/2000 e, in particolare, alla definizione di operazioni soggettivamente inesistenti: se ne deve desumere, si legge nella pronuncia in commento, la volontà del legislatore di lasciare inalterato il livello di tutela penale.

Francesco Brandi (da litis.it)

venerdì 26 luglio 2013

CNF: tariffe esistono solo per Autorità Garante

Il Cnf contesta l'apertura di procedimento

In merito all’apertura di una “ nuova” istruttoria dell’Antitrust su possibili intese restrittive su “tariffe” e codice deontologico da parte del Cnf a danno dell’autonomia dei professionisti, il Cnf manifesta stupore per l’iniziativa che si annuncia non conferente. È noto ormai a tutti che il sistema tariffario non esiste più e che le tariffe minime, già non più vincolanti dal 2006, sono state abrogate del decreto Cresci-Italia. Decreto che ha introdotto i Parametri forensi, poi approvati con il decreto ministeriale 140/2012. Il sito istituzionale del Cnf non solo è stato puntualmente aggiornato con la cronaca degli eventi, con la pubblicazione di Dossier sugli aggiornamenti normativi che si rendessero via via necessari ma pubblica, in una sezione fissa accessibile dalla homepage, proprio l’articolo 9 del decreto Cresci-Italia e il decreto ministeriale 140/2012, recante il regolamento sulla determinazione dei Parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate del ministero della giustizia. Lo stesso decreto 140/2012 è pubblicato nella Banca dati citata dall’Antitrust (peraltro esterna al sito e sotto altro logo) come ultimo atto adottato e dunque in vigore. L’aver mantenuto i precedenti atti amministrativi (come la circolare del 2006), afferenti peraltro ad altre fonti normative, ha valore semmai “storico” ma certo non può averlo giuridico per chiunque abbia dimestichezza con il sistema delle fonti dell’ordinamento. Quanto al secondo rilievo, sono ormai note da tempo le posizioni dell’Antitrust in merito al Codice deontologico forense senza che si abbia memoria di un provvedimento sanzionatorio da parte dei giudici amministrativi nei confronti del Cnf. Anzi, al contrario, il Consiglio di Stato ha escluso procedimenti a carico del Cnf. Nel merito, il citato articolo 19 si limita a vietare l'intermediazione di agenzie e procacciatori per acquisire clienti; non è una preclusione generale che impedisce agli avvocati di allargare la loro "quota di mercato" (a voler usare terminologia cara all'Agcm), ma solo di farlo tramite mezzi illeciti. L’Antitrust sembra ignorare che dignità e decoro sono principi contenuti nella legge professionale e che il concetto di dignità è associato, nel dettato costituzionale, a quello della persona e del lavoro. Il Cnf ha sempre fornito all’Autorità garante , con la massima trasparenza e immediatezza, ampia e documentata risposta, anche sulle stesse questioni adesso riproposte. Lo stesso farà in questa occasione, rilevando tuttavia una ipersensibilità su alcuni temi che appare ingiustificata.

(Da Mondoprofessionisti del 26.7.2013)

Opp. a d.i. rito lavoro, atto da depositare nei 40 giorni

Nelle controversie che seguono il rito del lavoro l’opposizione a decreto ingiuntivo deve essere depositata nel termine in cancelleria.
A deciderlo è la Cassazione con la sentenza n. 17945 del 24 luglio, con cui i giudici di legittimità hanno chiarito che il termine perentorio di quaranta giorni per contestare il decreto (decorrenti dalla notifica agli interessati del provvedimento) riguarda anche il deposito in cancelleria dell’opposizione, e non solo la citazione alla controparte.
Laddove non vi sia il deposito interviene la decadenza e non può esservi più alcuna sanatoria.
Il caso di specie riguardava un Comune, affittuario di una serie di locali di proprietà di un privato, in mora con i pagamenti.
Questi aveva ottenuto il decreto ingiuntivo al fine di ottenere le somme a lui dovute, e il Comune aveva proposto l’opposizione al decreto. Ma non era stato preventivato che nel proporre l’opposizione al decreto la parte processuale risulta vincolata alla natura della controversia, che in questo caso è soggetta al rito del lavoro.
Se il creditore domanda decreto ingiuntivo in base ad uno dei rapporti soggetti al rito del lavoro (come quello ex art. 46 della legge sull’equo canone di locazione) quest’ultimo risulterà applicabile anche alla relativa opposizione.
E quindi l’opposizione per quanto proposta con citazione, per essere tempestiva avrebbe dovuto essere proposta in cancelleria nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto, in applicazione del termine perentorio ex art. 641, comma 1, c.p.c.
Diversamente, sottolineano i giudici, l’opposizione risulta non idonea ab origine a produrre i suoi effetti e, dunque, in relazione alla intervenuta decadenza, non è applicabile la sanatoria dell’articolo 156 c.p.c. che si riferisce esclusivamente all’inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori.

Lucia Nacciarone (da diritto.it del 26.7.2013)

Giarre, stretta del Sindaco su spese legali

Spese legali da capogiro
«Rivedremo gli incarichi»

Il sindaco Roberto Bonaccorsi comincia ad attuare alcuni dei provvedimenti che aveva annunciato in campagna elettorale e ieri il primo atto della sua giunta è stato la delibera n. 69 che ha modificato il regolamento per l'ordinamento degli Uffici e dei Servizi, spostando alcune funzioni tra le varie aree comunali. Depotenziata l'area finanziaria, diretta dal dott. Letterio Lipari. «Alcune funzioni di competenza del dott. Lipari (II area), personale e contenzioso passeranno all'avv. Giuseppe Panebianco (V area) - spiega il sindaco Bonaccorsi -. Altre funzioni, come il Centro elaborazione dati, passano al dott. Maurizio Cannavò (I area). In campagna elettorale avevo detto che al Comune vi era un dirigente sovraccaricato di responsabilità; le funzioni sono state ridistribuite in modo omogeneo tra tutti i dirigenti, per evitare una concentrazione, al di là del normale, in un unico dirigente. Nell'arco dei primi 90 giorni completerò questa redistribuzione».
Alla prima area passano anche lo sport, turismo e politiche giovanili. La nuova ripartizione di funzioni è sul sito internet del Comune.
Novità importanti anche sul fronte delle spese legali. «Ho dato mandato - aggiunge Bonaccorsi - che non vengano più conferiti incarichi per cause dinanzi al Giudice di pace: il Comune per queste cause si avvarrà del proprio dirigente. Ho visto, ad esempio, che per una causa del valore di 4mila euro è stato conferito un incarico ad un avvocato costato 3.800 euro. Rivedremo tutta l'attività relativa al contenzioso che prima comportava spese incerte in quanto al momento dell'incarico era dato all'avvocato solo un acconto poi, conclusa la causa, il legale emetteva fattura. Per gli incarichi che sarò costretto a dare in questa fase il legale che difenderà il Comune dovrà determinare da subito il suo costo. Si sta preparando il regolamento per il collegio di difesa, che sarà coordinato dall'avv. Panebianco, e che dovrà avere costi certi».
Il sindaco ha rilevato che ogni anno in media il Comune ha speso circa 600mila euro in spese legali; inoltre, per tutte le cause pendenti al momento ci sono solo le fatture di acconto. Negli ultimi 5 anni sono stati spesi circa 2 milioni e 600mila euro, a cui vanno aggiunte le fatture di saldo. «Spero di arrivare a far spendere al Comune, per gli incarichi legali, un ottavo, un decimo di quanto speso prima e destinare quanto risparmiato per migliorare i servizi e ridurre le tariffe. Ho accettato di candidarmi perché mi era stata assicurata autonomia nell'azione amministrativa, non garantirò le clientele».
Altra novità, l'incarico che il sindaco ha conferito a un esperto, il dott. Giuseppe Oliva, per la verifica della situazione economica finanziaria del Comune al 30 giugno scorso, relazione che Bonaccorsi aveva promesso in campagna elettorale. Bonaccorsi pagherà di tasca sua il dott. Oliva, riducendosi la propria indennità per l'importo che sarà erogato al professionista, 3.500 euro.

Maria Gabriella Leonardi (da La Sicilia del 25.7.2013)

Elezioni Cassa, OUA preoccupata per ricorso AIGA

Elezioni Cassa Forense, l'Oua
 esprime forte preoccupazione
per il ricorso presentato dall'Aiga a Palermo

Nicola Marino, presidente Oua: "Senza entrare nel merito dell'iniziativa dell'Aiga e delle polemiche di questi mesi sull'obbligo di iscrizione, previsto dalla legge professionale, dei 56mila legali che fino ad ora non  hanno mai versato contributi all'ente previdenziale, non possiamo però non sottolineare che un eventuale accoglimento del ricorso aprirebbe scenari  inquietanti. È evidente come una sospensione del processo elettorale porterebbe a un possibile commissariamento e a un incalcolabile danno per  tutti gli iscritti alla cassa forense e quindi all'avvocatura".

(Da Mondoprofessionisti del 25.7.2013)

Antitrust contro CNF su tariffe minime

L’Antitrust avvia un'istruttoria nei confronti del CNF
Con una circolare sulle tariffe minime e un parere sui siti internet che propongono prestazioni professionali con compensi ridotti avrebbe limitato l'autonomia dei singoli professionisti

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella riunione del 16 luglio 2013, ha deciso di avviare un’istruttoria per verificare se il Consiglio Nazionale Forense abbia messo in atto due distinte intese finalizzate a limitare l’autonomia dei singoli avvocati nella determinazione dei compensi e nella ricerca di nuova clientela. Alla base della decisione dell’Antitrust due distinti comportamenti messi in atto dal CNF:
1) la pubblicazione, sul sito istituzionale del Consiglio, delle tariffe ministeriali, ormai abrogate, accompagnate da una circolare emanata nel 2006 in base alla quale l’avvocato che richiede un compenso inferiore al minimo tariffario può comunque essere sanzionato in base al Codice Deontologico. Secondo l’Autorità il comportamento del CNF non troverebbe giustificazione neanche nei ‘parametri’ citati dall’articolo 13 della riforma forense del 2012 visto che tali parametri non possono comunque trasformarsi in tariffe minime obbligatorie;
2) il parere n. 48/2012 reso dal Consiglio in base al quale l’utilizzo, da parte degli avvocati, di siti internet che propongono ai consumatori associati sconti sulle prestazioni professionali, confligge con il divieto di accaparramento della clientela sancito dall’art. 19 del codice deontologico forense. Secondo l’Antitrust tale parere, inibendo l’impiego di un nuovo canale di distribuzione e stigmatizzando l’offerta di servizi incentrata sulla convenienza economica, potrebbe essere idoneo a limitare la concorrenza tra professionisti. Il parere era stato rilasciato a proposito della piattaforma Amica Card, circuito a disposizione di aziende e professionisti (tra cui avvocati) che intendono promuovere i propri servizi tramite internet, a fronte del pagamento di un canone mensile; i consumatori-utenti, sottoscrivendo (gratuitamente o a pagamento) la tessera AmicaCard, possono acquistare, a condizioni agevolate, i servizi reclamizzati sul circuito direttamente dai professionisti ad esso aderenti.
L’istruttoria dovrà concludersi entro il 31 ottobre 2014.

(Da Mondoprofessionisti del 25.7.2013)

La pensione modulare

In un recente convegno tenutosi a Vasto, una collega mi ha chiesto se Cassa Forense si fosse mai preoccupata di prevedere anche una previdenza integrativa.
Mi sono accorto, dopo aver sentito anche altri partecipanti al convegno, che nonostante l’impegno profuso per la diffusione della pensione modulare, ancora molti iscritti non la conoscevano.
I professionisti sono da tempo consapevoli del fatto che senza correttivi sostanziali i vigenti sistemi previdenziali risulteranno inadeguati a sostenere gli oneri pensionistici futuri, a causa dei mutamenti demografici economici e professionali.
Cassa Forense con l’introduzione della quota “modulare di pensione”, denominata più genericamente come “pensione modulare” introdotta dalla riforma previdenziale entrata in vigore il 1° gennaio 2010, ha inteso offrire un’opportunità a tutti i suoi iscritti per rendere il loro futuro meno incerto e più sereno.
Ogni iscritto a Cassa Forense può decidere volontariamente, anno per anno, di destinare una quota variabile del suo reddito professionale (tra 1° e 10%).
La totale deducibilità fiscale del contributo, che non può comunque superare il 10% del tetto reddituale di euro 94.000,00 (per l’anno 2013), costituisce uno dei motivi per aderirvi.
Il rendimento riconosciuto al montante contributivo che ogni iscritto costituirà, sarà pari al 90% del rendimento del patrimonio netto della Cassa, riferito all’ultimo quinquennio, con la garanzia di un interesse minimo della misura dell’1,5%.
Il rendimento riconosciuto al 31/12/2011 è stato del 3,63%, mentre al 31/12/2012 è stato del 3,39%.
Le adesioni che risultano essere in numero di 8.603 vanno manifestate entro il 30 settembre di ogni anno, in sede di invio telematico del Mod. 5 e potranno essere variate nella percentuale scelta entro il 31 dicembre dello stesso anno, in sede di stampa dei bollettini M.A.v. per eseguire il pagamento.
Non va sottovalutato che la gestione della quota modulare avviene a cura della Cassa che, non avendo scopo di lucro, mette a disposizione dell’iscritto le sue strutture amministrative senza costi aggiuntivi, ottenendo ottimizzazione del rendimento rispetto ad impieghi previdenziali alternativi (Assicurazioni e Istituti di Credito).
L’adesione alla quota modulare lascia inalterata la possibilità di aderire anche ad una forma pensionistica complementare, con la conseguenza per coloro che intendono aderire anche ad essa di usufruire integralmente degli ulteriori benefici fiscali previsti.
E’ vero che in un periodo come l’attuale caratterizzato da una forte recessione economica e di contrazione dei redditi è difficile valutare la convenienza di tale importante strumento, ma “chi non prova a crearsi il futuro che desidera deve accontentarsi del futuro che gli capita”.

Nunzio Luciano – Vice Pres. Vicario di CF (da cassaforense.it)

Il CNF su società tra avvocati

La L. 247/2012, all’art. 5, affida all’Esecutivo il compito di emanare un decreto legislativo per disciplinare l’esercizio della professione forense in forma societaria, delega da esercitarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, avvenuta a febbraio 2013. In prossimità della scadenza del termine indicato (2 agosto), il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha sollecitato il Governo ad apprestare la nuova disciplina, che prevede la possibilità di avvalersi di tutti i tipi societari.
L’intervento della normativa sulla società tra avvocati è destinato ad ampliare il quadro delle possibilità offerte ai professionisti, i quali, oltre che individualmente, potranno esercitare la professione forense non solo in forma associativa (art. 4 L. 247/2012), ma anche in forma societaria (art. 5). Pur essendo prevista l’adozione di uno qualsiasi dei tipi sociali consentiti dalla legge, è preservata la specificità della professione e contemporaneamente si qualifica la relativa attività non come esercizio di impresa. E’ per tali motivi che l’Avvocatura spinge per non far spirare invano il termine della delega.
Il decreto legislativo di cui si attende l’imminente emanazione dovrà rispettare alcuni principi e criteri direttivi elencati nella legge delega. Tra questi vanno evidenziati, soprattutto:
a) la possibilità per l’avvocato di poter far parte di una sola società tra avvocati;
b) l’impedimento a che possano essere amministratori ed ancor prima soci delle costituende società persone che non siano contemporaneamente iscritte all’albo degli avvocati; aspetto, questo, che differenzia la società tra avvocati dall’associazione tra avvocati prevista dall’art. 4 della stessa legge di riforma dell’ordinamento forense, che può anche essere interdisciplinare, cioè formata da soci che esercitano una professione diversa da quella di avvocato.
Ulteriore aspetto che dovrà essere precisato è la necessità che la società abbia per oggetto sociale esclusivo le attività indicate ai commi 5 e 6 dell’art. 2 della L. 247/ 2012, e cioè l’attività forense pura e semplice. Come anticipato, poi, dovrà essere specificato, e su questo punto la legge delega è molto chiara, che l’esercizio della professione forense in forma societaria non è mai attività di impresa ed i relativi redditi costituiscono in tutto e per tutto reddito da lavoro autonomo.
Da ciò consegue che la società tra avvocati non potrà essere soggetta a fallimento o procedure concorsuali (art. 5, co, 2, lett. m) mentre potrebbe essere opportuno prevedere l’applicabilità della procedura cd. di sovraindebitamento.
La definizione del reddito prodotto dalla società come reddito da lavoro autonomo è aspetto di particolare interesse, in quanto consente una combinazione tra modulo di esercizio professionale tipico dell’impresa con i vantaggi dell’attività svolta individualmente; ad esempio, rimarrà fermo il criterio di cassa in luogo di quello, proprio delle società, di competenza, per cui nel caso di società tra avvocati il reddito si considererà prodotto solo quando il pagamento sarà effettivamente intervenuto.
Il compito che attende il legislatore è in particolare quello di rendere profittevole la scelta di una società tra avvocati soprattutto dal punto di vista fiscale/tributario, con norme che ne favoriscano la diffusione, e la tutela della posizione soprattutto dei giovani. In questa direzione l’Avvocatura auspica che siano mantenuti anche in capo al socio di una società tra avvocati i vantaggi attualmente previsti per il singolo in termini, ad esempio, di imposta sostitutiva, quando ne ricorrano le condizioni e a seconda del tipo societario prescelto.
Sotto il profilo della responsabilità molto è già detto nella stessa L. 247/2012, che prevede che le società siano iscritte in un’apposita sezione speciale dell’albo e che rispettino il codice deontologico. Il decreto legislativo potrà disciplinare il rapporto tra sanzioni disciplinari e cause di esclusione dalla società; dovrà prevedere, come specifica la legge, che alla responsabilità della società si aggiunga quella del socio che ha eseguito la prestazione, che sia rispettato il principio della personalità della prestazione professionale e che l’incarico sia svolto solo da socio professionista in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta.
E’ dunque per tutti gli indicati motivi che appare opportuno che la delega sia esercitata in tempo, in quanto consente di realizzare una combinazione tra i vantaggi dell’esercizio in forma societaria ed il mantenimento delle caratteristiche tipiche dell’esercizio della professione forense secondo il modulo individuale, non ultimo in termini di imposizione fiscale.

Anna Costagliola (da diritto.it del 25.7.2013)