sabato 13 luglio 2013

Atti impugnabili davanti alle Commissioni Tributarie

Sommario
Ammissibilità del ricorso cumulativo
Atti impugnabili davanti alla Commissione Tributaria

Ammissibilità del ricorso cumulativo

Prima di esaminare la specifica questione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario appre utile chiarire, trattandosi pur sempre di questione attinente l’impugnabilità oggettiva, ancorchè no soggettiva la possibilità di un ricorso cumulativo nel giudizio tributario.[1]
Un orientamento ritiene che i contribuenti che chiedono al giudice di risolvere questioni simili sulla stessa imposta ma per fatti e annualità diversi non possono presentare un ricorso cumulativo cioè proposto da piu’ soggetti contro piu’ atti impositivi. Infatti è illegittimo nel processo tributario il cumulo delle cause che hanno tra loro un rapporto di mera affinità derivante dalla comunanza anche parziale di una o più questioni di fatto.
Nel processo tributario non era ritenuto ammissibile la proposizione di un ricorso collettivo (proposto da più parti) e cumulativo (proposto nei confronti di più atti impugnabili) da parte di una pluralità di contribuenti titolari di distinti rapporti giuridici d'imposta, ancorchè gli stessi muovano identiche contestazioni.
A sostegno di tale orientamento si affermava che in tale giudizio, a natura precipuamente impugnatoria, la necessità di uno specifico e concreto nesso tra l'atto impositivo che forma oggetto del ricorso e la contestazione del ricorrente, così come richiesto dall'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, impone, indefettibilmente, che tra le cause intercorrano questioni comuni non solo in diritto ma anche in fatto e che esse non siano soltanto uguali in astratto ma attengano altresì ad un identico fatto storico da cui siano determinate le impugnazioni dei contribuenti con la conseguente virtuale possibilità di un contrasto di giudicati in caso di decisione non unitaria.[2]
Tuttavia, deve ritenersi ammissibile il ricorso cumulativo ove la contestazione dell’Ufficio rispetto alle istanze di rimborso proposte dai ricorrenti si fondi su questioni di diritto, e non di fatto, comuni ai contribuenti, cosicché il richiamo alla necessaria identità in fatto delle questioni appaia in concreto ultroneo.[3]
Infatti, fermi restando gli eventuali obblighi tributari del ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati -[4] il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima "ratio", in procedimenti formalmente distinti ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d'imposta, pur se riferiti a diverse annualità, a condizione che i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d'ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d'imposta, ciò che accade ove i motivi di impugnativa siano comuni, in tutti i loro elementi, a tutte le sentenze impugnate, difettando, in caso contrario, il presupposto costituito dalla possibilità della formazione del giudicato rilevabile d'ufficio nel caso di decisione separata di una delle cause.[5]
La Cassazione specifica che “mentre nell’ipotesi del litisconsorzio facoltativo improprio, disciplinato dalla processualistica civile, le cause possono avere tra loro un rapporto di mera affinità derivante dalla comunanza anche parziale di una o più questioni, nel processo tributario, l’indispensabilità dello specifico e concreto nesso tra atto e/o oggetto di ricorso ex art.19 d.lgs n. 546/92 e la contestazione del contribuente, richiesta invece dalla peculiarità del relativo giudizio, postula necessariamente che intercorrano, tra le cause, questioni comuni non solo in diritto ma anche in fatto e che esse non siano soltanto uguali in astratto ma consistano altresì in un identico fatto storico da cui siano determinate le impugnazioni dei contribuenti. Solo allorché i provvedimenti impugnati, pur formalmente autonomi, si risolvano nel loro concreto articolarsi in un unico fatto storico nei confronti di più contribuenti, e questi versando in un’analoga situazione muovano anche solo in parte identiche contestazioni, può ritenersi che la definizione delle questioni comuni abbia carattere pregiudiziale rispetto alla decisione di tutte le cause, così da consentire l’ammissibilità, nel processo tributario, di un ricorso al tempo stesso collettivo (proposto da più contribuenti) e cumulativo (nei confronti di più atti impugnabili). Viene perciò confermata la sentenza di merito che nel caso di specie (ricorso cumulativo presentato da 17 avvocati che ritenevano tutti di non essere soggetti ad IRAP) aveva ritenuto inammissibile il ricorso cumulativo in considerazione della diversità delle situazioni di fatto e di diritto in cui versavano i numerosi ricorrenti i quali svolgevano professioni ed attività diverse, con un’organizzazione lavorativa, volta per volta diversa, che comportava indagini di fatto differenti”.[6]
Deve, quindi, ritenersi ammissibile il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti sulla base della medesima “ratio” in procedimenti in materia tributaria formalmente distinti ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, e dipendenti per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause e in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta.[7]
La possibilità di ricorso cumulativo, in fattispecie ove il valore della controversia è limitato ( ad esempio per contributi consortili), assicura in concreto il principio di cui all’art.24 Cost. rendendo economicamente possibile la tutela in giudizio dei diritti, oltre che quello della ragionevole durata del processo in quanto è evidente che il numero dei giudizi influisce sulla loro durata.[8]
La censura di inammissibilità del ricorso cumulativo per l’assenta differenza delle posizioni dei vari deve essere dimostrata da chi la eccepisce, e la posizione in diversi comuni degli immobili non determina necessariamente una diversa situazione di fatto ai fini del dovere di contribuenza.


Atti impugnabili davanti alla Commissione Tributaria

La giurisdizione delle Commissioni presuppone la natura tributaria della controversia, essendo stata dichiarata l’illegittimità della norma che riservava alle CT anche la cognizione delle sanzioni comunque irrogate dagli uffici finanziari (Corte cost. 130/2008).[9]
Si assiste al passaggio dalla giurisdizione quale manifestazione di sovranità alla giurisdizione come "luogo" di tutela di situazioni soggettive azionate.[10]
Si può, quindi, ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria. [11]
I criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale per qualificare come tributarie alcune entrate sono: 1) doverosità della prestazione; 2) mancanza di un rapporto sinallagmatico tra parti;3)collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione a un presupposto economicamente rilevante.[12]
Non è rilevante, invece, la formale denominazione del prelievo.[13]
Le questioni di competenza vanno eccepite immediatamente nella fase iniziale della causa. (art. 38 c.p.c.)
Occorre individuare gli atti impugnabili davanti al giudice tributario.[14]
Se l'atto impugnato è finalizzato all'accertamento del rapporto d'imposta, di diritto soggettivo è sottoposto alla giurisdizione delle commissioni tributarie.
L'art. 12, comma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, configura la giurisdizione tributaria come giurisdizione a carattere generale, che si radica in base alla materia, indipendentemente dalla specie dell'atto impugnato.
L’art. 19 D.lgs 546/1992 reca l'elenco degli atti dei vari uffici dell'amministrazione finanziaria o dagli altri enti territoriali aventi capacità impositiva ed emessi in una delle materie descritte al precedente art. 2, suscettibili d'impugnazione avanti le commissioni tributarie.[15]
L'elencazione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario, di cui all'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, non esclude l’impugnabilità di atti non compresi in tale novero ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria.[16]
L'art. 35, comma 26-quinquies, del DL 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto nell'elenco degli atti impugnabili, di cui all'art. 19, le lett. e-bis) ed e-ter), l'iscrizione di ipoteca sugli immobili e il fermo di beni mobili registrati.[17]
Il principio da cui desumere l’impugnabilità di un atto è desumibile dall’assioma che un atto che abbia contenuto impositivo non può essere privato di tutela giurisdizionale.[18]
Va, al riguardo, operata una precisazione nel senso che l'elencazione degli "atti impugnabili", contenuta nell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, tenuto conto dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge n. 448 del 2001, deve essere interpretata alla luce delle norme costituzionali di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost) e .di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) riconoscendo la impugnabilità davanti al giudice tributario di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è "naturaliter" preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 citato.[19]
Risulta ormai superato, quindi, il principio della tassatività degli atti impugnabili indicati dall’art. 19 D.lgs 546/92, alla luce delle pronunce della Suprema Corte che hanno riconosciuto la ricorribilità e la conseguente tutela giurisdizionale davanti alle Commissioni tributarie contro l’atto di revoca dell’accertamento con adesione [20]e contro il diniego di autotutela.[21]
Anche il provvedimento di rigetto della domanda di condono è atto autonomamente impugnabile anche in mancanza di una specifica previsione, in considerazione dello scopo che ha e degli effetti che produce.[22]
Sorge, infatti, in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l'interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall'ente pubblico. La mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall'art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e cioè la cristallizzazione) di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall'art. 19.[23]
Pertanto "l'identificazione dell'atto impugnabile non deve, tuttavia, essere condotta secondo un criterio nominalistico … e occorre verificare se ci si trovi di fronte ad un atto sostanzialmente imposi- tivo, che, essendo prodromico alla riscossione coattiva, possa ritenersi autonomamente impugnabi- le".[24]
Va, quindi, riconosciuta la possibilità di ricorrere alla tutela del giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, con l'esplicazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa propria di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 cit. atteso l'indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione di quella notizia, dell'interesse (art. 100 c.p.c.) a chiarire, con pronuncia idonea ad acquistare effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale - ormai, allo stato, esclusiva del giudice tributario - comunque di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall'ente pubblico.[25]
Si deve, quindi, riconoscere la ricorribilità di provvedimenti davanti al giudice tributario ogni qual volta vi sia un collegamento tra atti della Amministrazione e rapporto tributario, nel senso che tali provvedimenti devono essere idonei ad incidere sul rapporto tributario, dovendosi ritenere possibile una interpretazione non solo estensiva ed anche analogica della categoria degli atti impugnabili previsti dall’art. 19 D.lgs 546/92.[26]
Costituisce, ormai, principio affermato” che con l'art. 12, comma 2, della L. 28 dicembre 2001, n. 448(secondo cui "appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie") la giurisdizione tributaria è divenuta - nell'ambito suo proprio - una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari. Di conseguenza, è stato modificato l'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto il contribuente può rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta abbia interesse a contestare (art. 100 del codice di procedura civile) la convinzione espressa dall'Amministrazione in ordine alla disciplina del rapporto tributario”.[27]
Pertanto, nonostante l'elencazione tassativa degli atti impugnabili, contenuta nell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, il contribuente può impugnare anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco, purché espressione di una compiuta pretesa tributaria.[28]
In forza di tale principio generale ”sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, tutti quegli atti con cui l'Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell'attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione "avviso di liquidazione" o "avviso di pagamento" o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l'impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell'atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile.[29]
La mancata ricorribilità di tali atti davanti al giudice tributario comporterebbe una lacuna di tutela giurisdizionale, in violazione dei principi contenuti negli artt. 24 e 113 Cost. perché "il carattere esclusivo della giurisdizione tributaria non consente che atti non impugnabili in tale sede siano devoluti, in via residuale, ad altri giudici, secondo le ordinarie regole di riparto della giurisdizione.[30]
Pertanto anche gli inviti al pagamento che hanno tali caratteristiche sono immediatamente impugnabili.[31]
L'"invito al pagamento" menzionato del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 67, comma 2, lett. a), non "costituisce atto presupposto o comunque prodromico ad ogni iscrizione a ruolo e di ogni avvio di procedura riscossiva" e, quindi, "non deve essere emesso in tutte le ipotesi in cui iscrizioni e procedura abbiano titolo in avvisi di liquidazione, accertamento, rettifica o irrogazione di sanzioni (e cioè in atti recanti certificazione dell'esistenza e della quantificazione delle ragioni vantate dall'amministrazione finanziaria e da questa fatte oggetto di pretesa attuativa), nonché, in via analogica, tutte le volte che il credito tributario abbia già un titolo“.[32]
In alcuni casi, invece, l'avviso di pagamento, soprattutto se contiene le modalità di calcolo dell'imposta e la calendarizzazione dei pagamenti costituisce una vera e propria liquidazione dell'imposta dovuta che incide sulla posizione patrimoniale del contribuente e presuppone che il Comune abbia formato il ruolo, poi trasmesso al Concessionario per la riscossione. che, anziché emettere direttamente la cartella di pagamento, trasmette un avviso di pagamento nel quale sono riportati tutti gli elementi caratterizzanti la cartella.[33]
"Ove tale invito sia stato notificato al contribuente - e in particolar modo quando ciò avvenga senza che (prima) altro diverso titolo sia stato a quest'ultimo notificato -, esso non costituisca, in quanto prodromico all'iscrizione a ruolo del tributo e idoneo a portare a conoscenza del contribuente medesimo la pretesa dell'amministrazione e a renderne possibile l'esercizio del diritto di difesa, atto autonomamente impugnabile".[34]
Sono impugnabili gli “avvisi inutili”; in caso di erronea emissione e notificazione di un avviso di accertamento il contribuente ha il diritto di impugnarlo, e ciò indipendentemente dalla circostanza che il medesimo avviso si riveli inutile od innocuo. Ogni atto giuridico infatti produce effetti anche se viene definito inutile dall’ emittente e può comunque produrre danni nella sfera giuridica del destinatario, a prescindere dalle intenzioni dell’emittente stesso.[35]
È impugnabile la comunicazione con cui l’ufficio revochi la sospensione della procedura di riscossione, precedentemente concessa in attesa di verificare il diritto allo sgravio.[36]
Impugnabile è anche il provvedimento di revoca dell'accertamento con adesione del contribuente essendo inerente al rapporto tributario e alla corretta applicazione dell'imposta sul reddito e dell'I.V.A., in considerazione dello scopo che ha e degli effetti che produce, quale atto necessariamente presupposto dell'avviso di accertamento, dovendosi ritenere ricompreso, con interpretazione estensiva, nella nozione di avviso d'accertamento, atto impugnabile innanzi alle stesse.[37]
Sono impugnabili gli atti prodromici quali la cartella esattorìale o l’avviso di mora o l’intimazione di pagamento ex art. 50 del DPR n. 602; quella delle Commissioni Tributarie è una giurisdizione di carattere generale, che si radica in base alla materia indipendentemente dal contenuto dei motivi opposti all’atto impositivo; competono perciò al giudice tributario le questioni circa la rilevanza e la fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla idoneità delle disposizioni normativa a permettere al contribuente che abbia ricevuto la notifica di un’intimazione dì pagamento senza aver preventivamente ricevuto la notifica di una cartella esattoriale, di poter conoscere l’autorità davanti la quale proporre l’impugnazione ed il relativo termine.[38]
L’impugnazione avverso l’avviso di mora emesso dal concessionario alla riscossione, deducendo la omessa notifica della cartella di pagamento, può essere promossa dal contribuente indifferentemen­te nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra co­storo si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore (allo scopo di renderlo partecipe della responsabilità della gestione del processo); di conseguenza è ammissibile il ricorso per cassazione promosso dal contribuente nei soli confronti della Amministrazione finanziaria, ancorché il concessionario fosse parte nel giudizio di merito.[39]
Alla possibilità di impugnare tali atti prodromici non può (né deve) essere attribuita natura di onere ovverosia quella natura che, per l'impugnazione degli atti espressamente elencati nell'art. 19, discende dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22 (con conseguente cristallizzazione della pretesa tributaria contenuta in detti atti in ipotesi di mancata impugnazione nel termine perentorio di cui all'art. 22) attese, da un lato, la necessità di una interpretazione strettamente rigorosa dell'elencazione dell'art. 19 cit., soprattutto, in considerazione della evidenziata conseguenza discendente dalla loro non impugnazione, e, dall'altro, l'esigenza di evitare che, accedendo alla tesi della necessità di osservare il termine perentorio di cui all'art. 22 anche per l'impugnazione degli atti, sia pure di imposizione fiscale, non elencati nell'art. 19, l'allargata tutela del contribuente si traduca in danno per lo stesso (potendo l'ente opporre l'intervenuta cristallizzazione della pretesa tributaria contenuta in un atto diverso da quello elencato per sua mancata impugnazione nel termine perentorio).[40]
Sussiste in capo al contribuente il potere di contestare dinanzi agli organi di giustizia tributaria la legittimità anche degli “ordini di verifica” in quanto atti prodromici del provvedimento impositivo eventualmente adottato all’esito di quanto emerso da quella verifica.[41]
Sono, quindi, impugnabili davanti alle Commissioni tributarie: 1) gli atti prodromici del “procedimento impositivo” quali i provvedimenti emessi dal Procuratore della Repubblica ex artt. 33 DPR 29 settembre 1973 n. 600 e 52, comma 2, DPR 26 ottobre 1972, n. 633, di autorizzazione alla perquisizione domiciliare e/o personale da parte degli organi fiscali inquirenti[42];2) il preventivo invito al pagamento (contenuto nell’art. 60, comma 6, DPR n. 633/72), quale adempimento necessario e prodromico alla iscrizione a ruolo dell’imposta sul valore aggiunto[43];3) l’”invito al pagamento” notificato dal Comune al contribuente quale atto prodromico all’iscrizione a ruolo[44]; 4) dell’invito di cui all’art. 51, comma 2, n. 2, DPR 26 ottobre 1972, n. 633, per fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari (Cass., trib., 18 aprile 2003, n. 6232);4) l’invito al pagamento menzionato nell’art. 67, comma 2, lett. a) DPR 28 gennaio 1988, n. 43[45]; 5) la mancata notifica di un atto prodromico quale vizio proprio” (ex art. 19, terzo comma, D. Lg.vo n. 546 del 1992) dell’atto notificato al contribuente[46]
Nel caso in cui l’Amministrazione erroneamente indichi che trattasi di "atto non impugnabile", si può prospettare un vizio dell'atto, oppure la eventualità di una rimessione in termini del contribuente per errore scusabile, oppure .la possibilità che esso non sia idoneo a determinare la decorrenza del termine di cui all'art. 21 D.lgs 546/02, ad esempio, in quanto non notificato.[47]
Oltre alle controversie già attribuite alla giurisdizione delle Commissioni tributarie promosse dai singoli possessori, concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale, vengono aggiunte alla giurisdizione tributaria dalla l. n. 248 del 2.12.2005 anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche … del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità ed il diritto sulle pubbliche affissioni.[48]
Il fermo-auto fondato su crediti tributari è impugnabile davanti al giudice tributario.[49]
Rientrano nella competenza delle Commisioni tributarie le cause promosse in via cognitoria dal contribuente contro l’Amministrazione in materia di pagamento o di restituzione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale.[50]
Per quanto riguardava più in particolare le controversie in tema di rimborso, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario solo nel caso in cui l’Amministrazione abbia proceduto al riconoscimento del debito e non residui più alcuna questione sull’esistenza dell’obbligazione, il quantum della restituzione e le modalità della sua esecuzione.
Quindi rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la richiesta con cui il contribuente chieda il rimborso di quanto versato a titolo di imposta e dovutogli in restituzione in base alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale.
Deve ritenersi impugnabile davanti al competente giudice tributario anche il preavviso di fermo amministrativo per mancato pagamento di debiti tributari che ha anche natura di un tipico atto di precetto, stante la minaccia di esecuzione forzata in un breve termine. e in considerazione della particolare incisività di tale misura, che ha natura cautelare, in quanto volta a garantire il fruttuoso esperimento dell'espletanda esecuzione.
L'autonoma impugnabilità del preavviso va affermata anche con riferimento a obbligazioni di natura extratributaria, trattandosi, in ogni caso, di atto funzionale a portare a conoscenza dell'obbligato una determinata pretesa dell'Amministrazione. [51]
Trattasi di atto con funzione analoga all’avviso di mora con cui si da attuazione alla procedura esecutiva esattoriale.
“Il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86, D.P.R. n. 602 del 1973 che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico di natura tributaria è impugnabile dinanzi al giudice tributario in quanto atto funzionale, in una prospettiva di tutela del diritto di difesa del contribuente e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a portare a conoscenza del medesimo contribuente, destinatario del provvedimento di fermo, una determinata pretesa tributaria rispetto alla quale sorge ex art. 100 c.p.c. l'interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositivo” [52]
Il preavviso di fermo è, quindi, impugnabile, in quanto il destinatario del preavviso ha un interesse specifico e diretto alla controllo della legittimità sostanziale della pretesa che è alla base del provvedimento cautelare.
Tale atto contiene, oltre all’invito al pagamento da effettuarsi entro venti giorni dalla notifica, la comunicazione ultima che decorso inutilmente il termine per pagare si provvedere alla iscrizione del fermo presso il Pubblico Registro Automobilistico senza ulteriore comunicazione. Quindi, l’atto impugnato vale come comunicazione ultima della iscrizione del fermo entro i successivi venti giorni (salvo pagamento).[53]
La giurisdizione competente deve ritenersi quella tributaria che sarà tenuta ad esaminare in primo luogo la natura delle pretese che stanno alla base della richiesta e di conseguenza decidere se proseguire nel giudizio di merito, ove trattasi di debito tributario o rimettere il tutto al giudice ordinario.[54]
Un precedente orientamento della Cassazione riteneva, invece, mancare l’interesse del ricorrente a impugnare un provvedimento privo di effetti pregiudizievoli, in quanto “la comunicazione preventiva di fermo amministrativo (c.d. preavviso) di un veicolo, notificata a cura del concessionario esattore, non arrecando alcuna menomazione al patrimonio - poiché il presunto debitore, fino a quando il fermo non sia stato iscritto nei pubblici registri, può pienamente utilizzare il bene e disporne - e’ atto non previsto dalla sequenza procedimentale dell’esecuzione esattoriale e, pertanto, non può essere autonomamente impugnabile ex art 23 L. n. 689/81, non essendo il destinatario titolare di alcun interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 cod. proc. Civ.[55]
Tra le questioni ancora aperte relativamente agli atti impugnabili che non hanno avuto una consacrazione definitiva, pur propendendosi per la loro impugnabilità davanti alle Commissioni tributarie, rientrano: l’avviso bonario, anche se non ricompreso nell’elenco di cui all’art. 19 D.L.gs 546/92, trattandosi di atto assimilabile ad un atto di accertamento o di liquidazione del tributo col quale l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria già compiuta e perfezionata, potendo, quindi, qualificarsi come atto impositivo è atto impugnabile ai sensi della normativa sul processo tributario.[56]
Tale principio non vale, tuttavia, per quegli avvisi, quali, ad esempio, quello di cui all’art. 36 bis, comma 3, DPR n. 600/1973 o quello ex art. 54 bis, comma 3 DPR n. 633/1972 che, contenendo anche un invito alla comunicazione di dati ed elementi, sono espressione di una pretesa impositiva in itinere e non ancora formalizzata.[57]
Anche l’estratto di ruolo può essere oggetto di ricorso alla commissione tributaria, costituendo una parziale riproduzione del ruolo, atto considerato impugnabile dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. [58]
È, altresì, impugnabile la comunicazione di iscrizione a ruolo delle somme dovute, spedita al contribuente debitore a mezzo del servizio postale essendo equiparata alla cartella esattoriale.[59]
Non trattasi di atto privo di effetti giuridici e quindi il contribuente ha l’interesse a impugnarlo a tutela della propria situazione giuridica, in quanto contiene “la determinazione dell’esatta somma dovuta […]” e la specifica che “in mancanza del suo pagamento seguirà l’iscrizione a ruolo […]”. Pertanto, tale atto si qualifica come una vera e propria liquidazione dell’imposta e quindi è da giudicare equipollente alla cartella esattoriale, impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546/1992.[60]
Gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tali sono impugnabili innanzi alle commissioni tributarie, anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione[61]
Tuttavia, in senso contrario, quando faccia seguito ad una comunicazione di revoca del beneficio divenuta definitivo anche da parte del giudice tributario, di primo grado, avverso la comunicazione di revoca del beneficio, non integra una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria e può essere impugnato solo per vizi propri.
In tal caso l’avviso di recupero, costituisce una intimazione di pagamento della somma dovuta in base alla comunicazione di revoca del beneficio (divenuta definitiva a seguito della pronuncia del giudice tributario, e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all'art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, essa resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti alla comunicazione di revoca del beneficio da cui è sorto il debito. Ne consegue che i vizi relativi a tale ultimo atto non possono essere fatti valere con l'impugnazione dell’ avviso di recupero.
È impugnabile davanti alla CT un bollettino di conto corrente postale, attraverso cui l‘ A.F. può liquidare la propria pretesa tributaria, trattandosi di atto impositivo attraverso cui l’A.F. ha esercitato la pretesa tributaria e può essere equiparato ad un vero e proprio avviso di liquidazione, sebbene sia denominato in altro modo e redatto in forma differente.[62]
Ammissibile deve ritenersi il ricorso alle Commissioni tributarie avverso il canone di abbonamento radiotelevisivo che costituisce a tutti gli effetti una prestazione di natura tributaria fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio.[63]
Le Commissioni tributarie sono pure competenti per i contributi di bonifica giustizia tributaria/procedimento/giurisdizione e per le spese di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario e, quindi anche sulla domanda con la quale il contribuente chiede la restituzione delle somme versate a tale titolo, ove deduca di non aver tratto alcun vantaggio dall'attività consortile, in base all'art. 12 l. n. 448 del 2001 che rimette simili controversie, in via esclusiva, al Giudice tributario.[64]
Invece per quanto riguarda gli atti di carattere generale si ritiene che il contribuente sia libero di adeguarsi al parer reso dalla A.F. interpellata e le ragioni del contribuente potranno essere fatte valere avverso l'atto successivo con il quale la pretesa impositiva potrà essere esercitata allorquando il contribuente, nonostante la determinazione adottata, non la intenda rispettare.
Non impugnabili sono i pareri resi dalla Amministrazione finanziaria in sede di interpello preventivo, qualora si tratti di atto generale di interpretazione preventiva della portata di una normativa che non incide direttamente sul rapporto tributario, mentre a diverse conclusioni dovrebbe giungersi nel caso opposto (es: art. 167, comma 5, Tuir in caso di interpello per il regime cfc o ex art. 132, c.3 e 4, Tuir nel caso di interpello per l’accesso al consolidato mondiale) ove il comportamento della Amministrazione incida direttamente sulla definizione del rapporto tributario come anche nel caso di ruling internazionale (art. 8 D.L. 30.9.2003, n. 269) o pianificazione fiscale concordata (art. 1, c. 387 e segg. l. 30.12.2004,n. 311).
La circolare n. 7/E del 3 marzo 2011 della Agenzia delle Entrate chiarisce che le risposte date attraverso gli interpelli non possono essere impugnate davanti alle Commissioni Tributarie in quanto hanno natura di atti amministrativi non provvedi mentali, la natura di parere, al quale il contribuente può non adeguarsi, non trattandosi, comunque, di attoi lesivo della posizione del contribuente.[65]
Tale principio deve valere anche per le risposte agli interpelli disapplicativi (ex art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973) che, qualche Commissione Tributaria di merito, ha individuato come atti impugnabili, assimilandoli agli atti di diniego o di revoca di agevolazioni.[66]
Tale circolare, tuttavia, non è vincolante per il contribuente; va, al riguardo rilevato che la risposta all'interpello consente al contribuente di conoscere in tempi certi e brevi la posizione dell'Amministrazione finanziaria sull'applicazione di norme tributarie in riferimento a circostanze concrete.
L'atto impositivo può eventualmente arrivare in un momento successivo, qualora il contribuente, non attenendosi al parere dell'Agenzia, abbia messo in atto un comportamento in contrasto con le norme tributarie. Soltanto in questa ipotesi è possibile, secondo l’orientamento dell’A.F., il ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale competente.
Tuttavia se l’atto incide sfavorevolmente nella posizione soggettiva del contribuente potrebbe ipotizzarsi una impugnazione, anche al fine di una pronuncia meramente dichiarativa, introducendosi, così, la possibilità da parte delle CT di emettere sentenze meramente dichiarative.
Il parere reso dall’Ufficio sull’interpello vincola il fisco che non può emettere atti impositivi contrari al parere reso, a pena di nullità del provvedimento.
Deve, quindi, ritenersi impugnabile la determinazione assunta dall'Ufficio in seguito a una istanza di interpello con cui il contribuente chiede una esenzione, una agevolazione, una esclusione in genere, in quanto la sua mancata impugnazione nei termini previsti rende definitiva la decisione presa in sede amministrativa.[67]
Le risposte negative agli interpelli antielusivi, pur non essendo ricomprese tra gli atti autonomamente impugnabili indicati dall'articolo 19 del Dlgs 546/1992, sono assimilabili ad altri atti contemplati dalla norma e, più precisamente, ai provvedimenti di diniego di agevolazioni tributarie e sono stati ritenuti impugnabili in quanto le determinazioni in senso negativo dell’A.F. costituiscono atto di diniego di agevolazione fiscale e sono soggette ad autonoma impugnazione ai sensi dell’art. 19, 1° comma, lett. h del Dlgs n. 546 del 1992. [68]
Tale atto rientra tra quelli tipici previsti come impugnabili da detta disposizione normativa, e pertanto la mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti dalla comunicazione delle determinazioni al contribuente ai sensi dell’art.l, comma 4 D.M. 19 giugno 1998, n, 259, rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all’istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito della impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate.[69]
Nel caso di disapplicazione in dichiarazione senza il preventivo interpello, l'ufficio, oltre a irrogare la sanzione fissa prevista dall'articolo 11, comma 1, lettera a), del Dlgs 471/97, dovrà comunque verificare se gli elementi sostanziali addotti dal contribuente per la disapplicazione siano idonei a dimostrare l'effettiva sussistenza delle circostanze esimenti previste dalle disposizioni. In assenza di tale dimostrazione, la sanzione per infedele dichiarazione verrà irrogata nella misura massima prevista dalla legge. [70]
Invece la mancata impugnazione di un atto generale,ancorchè ritenuto impugnabile, non è ostativa alla impugnazione dell’atto successivo emesso nei confronti del contribuente, perché è con tale atto che si esplica la potestà accertatrice della A.F.
Diverso è, invece, dell’interpello c.d. personalizzato con cui il contribuente chiede una agevolazione o esenzione.
Il contribuente che ha presentato un'istanza in tal senso è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo, a che l’ A.F. esamini compiutamente l'istanza e gli eventuali allegati al fine di verificare se possa sottrarsi alla disciplina limitativa di cui chiede la disapplicazione.
In tal caso il rifiuto, ove non impugnato, non consente l’impugnazione tardiva del successivo provvedimento.
Non impugnabili sono anche le circolari della Agenzia delle Entrate con le quale viene interpretata una norma tributaria, anche qualora contengano direttive agli uffici gerarchicamente subordinati perché vi si uniformino; si è ritenuto, infatti, che trattasi di un parere dell'Amministrazione non vincolante per il contribuente e la relativa Circolare non è, quindi, impugnabile né davanti al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva né davanti al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione.[71]
Va esclusa, anche, allo stato, la proposizione dell’azione di mero accertamento negativo davanti alle Commissioni tributarie, qualora la pretesa fiscale non venga attivata mediante la formazione e la notificazione di un atto concreto, non essendo ancora venuta meno la natura impugnatoria del giudizio tributario.[72]
Non si ravvisa, tuttavia, la violazione di alcun principio costituzionale o comunitario, perché il diritto del contribuente non rimane affatto privo di tutela, in quanto questa viene assicurata nel momento utile in cui la lesione del diritto, con l'atto impositivo, si presenti concreta ed attuale.[73]
Tuttavia la possibilità di far ricorso al sistema di impugnazione del silenzio-rigetto assicura una ampia tutela con l’apertura alla possibilità, de iure condendo, ma auspicabile, dell’azione di accertamento negativo, ad esempio sulla debenza o meno di un determinato tributo, che eviterebbe agli Uffici di reiterare atti di accertamento per ciascun anno, nell’incertezza della sua debenza.
Non è impugnabile l'accertamento con adesione, non essendo neanche integrabile o modificabile da parte dell'ufficio e non rileva ai fini penali ed extratributari.[74]
Anche le comunicazioni previste dal comma 3 del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3 non sono, invece, autonomamente impugnabili, in quanto prevedono anche un "invito" a fornire "eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi", manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela, oltre che attraverso l'intervento del giudice.[75]
Nel caso in cui, invece, il contribuente impugni non il rigetto dell’istanza di rateazione, ma il piano di rateazione, nessuna rettifica sul numero delle rate concesse dal concessionario può essere apportata dai giudici tributari perché ciò sarebbe illegale in quanto non suffragato da norma specifica e il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile..
Si tratta però di parametri e indici - trasfusi da Equitalia in un software messo a disposizione del contribuente – decisi dall'agente delle riscossione; è quindi evidente che non possanoavere rilevanza esterna.[76]
Sussiste, quindi, la competenza delle CT limitatamente ai soli casi di diniego totale della rateizzazione del debito fiscale, ma la Cassazione nulla dice in ordine al potere dei giudici di valutare il "quantum" della rateizzazione.
Spetta al giudice di merito accertare, con congrua motivazione, gli atti impositivi dagli atti che non sono impositivi, costituendo invece un sollecito al contribuente a collaborare con l'ente esponendo le proprie ragioni, esaminando gli aspetti sostanziali dell'atto.[77]
Occorre, tuttavia, anche prestare attenzione alle conseguenze derivanti da tale principio in quanto, ad esempio, il ricorso avverso la cartella esattoriale, emessa successivamente in relazione all'avviso non opposto, potrebbe essere qualificato inammissibile ai sensi del citato art. 19.[78]
Qualora nelle more del giudizio, sia stata emessa cartella di pagamento con riferimento alla medesima pretesa di cui, ad esempio, alla comunicazione di irregolarità , ex art. 36 bis, comma 3, d.p.r. n. 600/73, tali cartelle sostituiscono la precedente comunicazione di irregolarità e va, quindi, dichiarata la carenza di interesse delle parti relativamente al primo atto di natura impositivo impugnato.
L'emissione della cartella di pagamento integra una pretesa Tributaria nuova rispetto a quella originaria che sostituisce l’atto precedente e ne provoca la caducazione d'ufficio, con la conseguenza carenza di interesse delle parti nel giudizio avente a oggetto il relativo rapporto sostanziale, venendo meno l'interesse a una decisione relativa a un atto - comunicazione di irregolarità - sulla cui base non possono essere più avanzate pretese tributarie di alcun genere, dovendosi avere riguardo unicamente alla cartella di pagamento che lo ha sostituito integralmente.
Va, al riguardo rilevato che, con riferimento agli atti non ricompresi nell’art. 19 D.lgs cit., vi è la mera "possibilità" e non dell’obbligo, di ricorrere alla tutela del giudice tributario, dovendosi riconoscere la facoltà di impugnare anche l’atto successivo, espressamente previsto dal citato art. 19, con conseguente caducazione dell’impugnazione avverso l’atto precedente.
Una interessante questione concerne lo spostamento del giudizio davanti al giudice competente nel caso in cui la pronuncia della Cassazione sulla giurisdizione sia intervenuta nel corso del giudizio di appello o di Cassazione o in tali giudizi sia stata, comunque eccepita la carenza di giurisdizione del giudice adito.[79]
La pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d'appello in punto di difetto di giurisdizione, (ad esempio la sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura fiscale, quali le sanzioni irrogate per i lavoratori irregolari, attribuendo le relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), difetto già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l'imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto).
L'interpretazione dell'art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione "è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo", deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All'esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l'ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito.
In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l'unico tema dibattuto sia stato quello relativo all'ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito "per saltum", non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.[80]
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente, quindi, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
Non può quindi prescindersi, dalla interpretazione dell'art. 37 c.p.c., effettuata dalla Sezioni Unite con la sentenza 24883/2008, secondo cui la possibilità di rilevare ed eccepire il difetto di giurisdizione deve tener conto dei principi costituzionali di economia processuale di ragionevole durata del processo che impongono la rilevabilità del difetto di giurisdizione soltanto se la relativa eccezione sia stata proposta nel corso del processo di appello della sentenza di primo grado, impedendo che sul giudizio di merito formulato con la prima sentenza si sia formato il giudicato implicito.[81].
È, quindi, inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, abbia appellato la sentenza del giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 329, comma 2 cod. proc. civ.

(Da Altalex dell’11.7.2013. Articolo di Domenico Chindemi)

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[1] Analizza la tematica, BODRITO, Note critiche sull'inammissibilità dell'impugnazione cumulativa con ricorso collettivo, in Riv. giur. trib., 2010, 865. Sulla competenza territoriale in caso di cumulo di domande avverso più contraddittori pubblici. RUSSO, Ruolo e cartella: problematiche dei ricorsi cumulativi e limite della competenza territoriale.in Il Fisco, 2011, F. 20, 3151.

[2] Cass. 30/04/2010 n. 10578, in Dir. Prat. Trib.,2010, 1127, con nota di SPACCAPELO, Ancora sul ricorso collettivo-cumulativo nel processo tributario sulle condizioni di ammissibilità.. Nella fattispecie, la Corte ha confermato la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile il ricorso cumulativo proposto da una pluralità di liberi professionisti con attività ed organizzazione lavorativa differente, avverso il silenzio rifiuto formatosi sulle singole domande di rimborso dell'IRAP fondate sull'assenza di un'attività autonomamente organizzata.

[3] Cass 27 ottobre 2010 n. 21955, Cass. 30/06/2010, n. 15582, in Il Fisco, 2010, F. 29, 4676, con nota di TURIS, Limiti e condizioni all'impugnazione cumulativa delle sentenze rese dal giudice tributario.A favore della ammissibilità del ricorso cumulativo, BROCCHETTA, Azioni collettive e processo tributario. Ultimi orientamenti della giurisprudenza di legittimità. In Il Fisco, 2011, F. 10, 1532.

[4] Cfr FIACCADORI, L'imposta di bollo sul ricorso tributario cumulativo, in Il Fisco, ANNO 2008, F 12, 2204.

[5] Cass. 7/05/2010 n. 11186.

[6] Cass 27 ottobre 2010 n. 21955.

[7] Cass. S.U. 16/02/2009 N. 3692, sulla ammissibilità del ricorso cumulativo in tema di consorzi di bonifica, FRATTINI La giurisprudenza ed i contributi di bonifica: realtà e prospettive. Il c.d. ricorso cumulativo/collettivo, in Arc. Loc. cond., 2011, 407.

[8] Cass. 29 marzo 2011 n. 7159.

[9] Sul riparto di giurisdizione e competenza nel processo tributario, AZZONI, Giurisdizione e competenza delle Commissioni Tributarie, in IlFisco, 2009, F 2, 227.

[10] In tal senso, GLENDI, La giurisdizione nel quadro evolutivo di nuovi assetti ordina mentali, in Dir. Prat. Trib., 2009, 773.

[11] Cass. 23/07/2009, n. 17202.

[12] Si sofferma sull'importanza della funzione di normogenesi dei principi costituzionali, NICOTINA, L'ampliamento della giurisdizione tributaria ex art. 2 D.Lgs. n. 546 del 1992: un'interpretazione costituzionalmente orientata, in Dir. Prat. Trib., 2008, 151.

[13] Corte Cost. 8.05.09 n. 141.

[14] L'elenco di atti indicati nell’art. 19 D.lgd 546/92 è stato inteso quale selezione di ipotesi di "crisi di cooperazione", tra amministrazione e contribuente, sufficientemente qualificate da giustificare e meritare, esse sole, l'intervento del giudice, nel rispetto della ideale celerità e speditezza dell'azione dell'amministrazione finanziaria, BASILAVECCHIA, Funzione impositiva e forme di tutela, Torino, 2009, 29.

[15] Accorda al predetto elenco carattere tassativo, ritenendolo però, al contempo, suscettibile di interpretazione estensiva F. TESAURO, Manuale del processo tributario, Torino, 2009, 82; Ripropongono la soluzione elaborata a suo tempo per l'analogo elenco contenuto nell'art. 16 del DPR n. 636/1972, G. FALSITTA, Manuale di diritto tributario . Parte generale, Padova, 2008, 546; M. CANTILLO, Aspetti critici del processo tributario nella recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, in Rass. trib., 2010, 13.

[16] Cass 8.10.2007, n. 21045.

[17] Al riguardo, MESSINA, L'iscrizione di ipoteca sugli immobili ed il fermo sui beni mobili registrati nella procedura esattoriale e nel processo tributario, in A. Comelli - C. Glendi (a cura di), La riscossione dei tributi, Padova, 2010, 147.

[18] RUSSO, L'ampliamento della giurisdizione tributaria e del novero degli atti impugnabili: riflessi sugli organi e sull'oggetto del processo, in Rass. trib., 2009, 1585. Ritiene necessaria un'interpretazione della tipizzazione degli atti impugnabili volta a superare il nomen di ciascun atto per valorizzarne, piuttosto, la natura sostanziale, espressa dalla funzione per suo tramite esercitata e dagli effetti realizzati PERRONE, I limiti della giurisdizione tributaria, in Rass. trib., 2006, 707.

[19] L”'aver consentito l'accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi, comporta... la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta la Amministrazione manifesti (anche attraverso la procedura del silenzio-rigetto) la convinzione che il rapporto tributario (o relativo a sanzioni tributarie) debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare (in assenza di simile manifestazione di volontà espressa o tacita non sussisterebbe l'interesse del ricorrente ad agire in giudizio ex art. 100 c.p.c.)"., Cass. SS.UU.,10.8. 2005, n. 16676.

[20] Cass. S.U. 26.3.1999, n. 185.

[21] Cass., SS.UU., 5776/2005 Cass. civ., SS.UU., 27 .3. 2007, n. 7388. Sul progressivo superamento dell'art. 19 quale condizione di accesso alla tutela giudiziale operato dalla giurisprudenza di legittimità, CARINCI, Dall'interpretazione estensiva dell'elenco degli atti impugnabili al suo abbandono: le glissment progressif della Cassazione verso l'accertamento negativo nel processo tributario,(commento a Cass., 15/06/2010, n. 14373, sez. Tributaria; Cass., 06/07/2010, n. 15946, sez. Tributaria), in Riv. dir. trib. 2010, 10, 617.

[22] Corte. cost., 6.12.1985, n. 313. La sentenza - nel ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 16 d.P.R. n. 636 del 1972 (come modificato dall'art. 7 del d.P:R. n. 739 del 1981) sotto il profilo che non comprende, nell'elencazione tassativa degli atti impugnabili innanzi alla commissione tributaria di I grado, il provvedimento di declaratoria di inammissibilità - ha motivato nel senso che è ammissibile l’interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata del cit. art. 19.

[23]. Cass 8.10.2007, n. 21045, trattasi di fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso alla commissione tributaria avverso un "invito di pagamento" emesso dal comune per il pagamento della TOSAP.

[24] Cass. 6.12. 2004, n. 22869.

[25] Cass., SS.UU., 27. 3.2007 n. 7388.

[26] TABET, Verso la fine del principio di tipicità degli atti impugnabili?, in GT - Riv. giur. trib., 2008, 507.

[27] La riforma del 2001 ha poi necessariamente comportato una modifica dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546.1992; l'aver consentito l'accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi, comporta infatti la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta l’Amministrazione manifesti (anche attraverso la procedura del silenzio-rigetto) la convinzione che il rapporto tributario (o relativo a sanzioni tributarie) debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare (in assenza di simile manifestazione di volontà espressa o tacita non sussisterebbe l'interesse del ricorrente ad agire in giudizio ex art. 100 del codice di procedura civile,. Cass. SS.UU., 10 agosto 2005, n. 16776.

[28] È stato ritenuto atto impugnabile una "nota" con la quale l'amministrazione aveva "negato la definizione agevolata" chiesta dal contribuente avendo riconosciuto alla stessa "natura di atto amministrativo che esplicita la volontà negativa dell'amministrazione, rispetto alla richiesta dei contribuenti", Cass., 9..8. 2006, n. 18008.

[29] Cass. SS. UU, 24/07.2007, n. 16293, in Il Fisco, 2007, 6427.

[30] Cass., SS.UU., 27. 3.2007, n. 7388; Cass. SS.UU. ord. n. 13793.04. Sul mancato inserimento tra gli atti impugnabili del provvedimento di cancellazione dall'Anagrafe unica delle ONLUS, PISTOLESI, E' corretto attribuire al Giudice tributario le liti sull'iscrizione delle ONLUS. (nota a Cass. , S.U. 9/10/2008, n. 24883), in Corr. Trib., 2009, 251.

[31] RANDAZZO, "Avvisi bonari" ed esercizio informale di funzioni tributarie, in Rass. trib., 2008, 460; COPPA, Impugnabilità degli avvisi bonari e tutela del contribuente, in Corr. trib., 2007, 3697.

[32] Cass. n. 3550/2002.

[33] Cass. 15.05.2008, n. 12194; Cass. SS. UU, 24.07.2007, n. 16293, cit., 6427.

[34] Cass. 6.12. 2004, n. 22869.

[35] Cass. 26.2.2009, n. 4622.

[36] Cass. 12.1.2010, n. 285.

[37] Cass. SS.UU. 26.03.1999, n. 2185 in Il Fisco, 1999, fasc. 24, 8078. Attiene poi al merito, e cioè rientra nella competenza del giudice fornito di giurisdizione, accertare l'autonoma impugnabilità di tale provvedimento di revoca.

[38] Cass. 27.1. 2011, n. 1865.

[39] Cass., ord. 10 febbraio 2011 n. 3307 ; cfr anche Cass. 28 maggio 2007 n. 12449 e del Cass. 14 febbraio 2007, n. 3242 ; Cass, Sezioni Unite, del 25 luglio 2007 n. 16412.

[40] Cass., SS.UU., 27. 3.2007 n. 7388.

[41] Cass 16 marzo 2009, n. 6315.

[42] Cass., trib.: 19 ottobre 2005 n. 20253; 12 ottobre 2005 n. 19837; 1° ottobre 2004 n. 19690; 3 dicembre 2001 n. 15230; 19 giugno 2001 n. 8344.

[43] Cass., 18 aprile 2008 n. 10179, Cass.14 aprile 2006 n. 8859.

[44] Cass. 6 dicembre 2004 n. 22869

[45] Cass. 12 marzo 2002 n. 3540.

[46] Cass., trib., 25 gennaio 2008 n. 1652 Cass. S.U. n. 16412/2007.

[47] Cass. 15.05.2008, n. 12194; Cass. SS. UU, 24.07.2007, n. 16293, cit, 6427.

[48] La Corte ha ribadito che "le tasse automobilistiche hanno indiscutibilmente natura tributaria" e le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice tributario, Cass. SS.UU. 16289/2007.

[49] Cass. 2 agosto 2011 n. 16858.

[50] Cass. 5 dicembre 2011 n. 25931.

[51] Cass. 6 dicembre 2011, n. 26196; Cass. S.U., 7 maggio 2010, n. 11087.

[52] Cass. SS.UU. 11.5.2009 n. 10672.

[53] Cass. Sez. SS.UU., 07/05/2010, n. 11087.

[54] Cass. SS.UU., 11/04/2009, n. 10672; CTP ROMA 22.10.2007 n. 341; La giurisprudenza ordinaria di merito ammette la risarcibilità dei danni derivanti da atti di esecuzione illegittimi, ritenendo che il soggetto, destinatario del provvedimento nullo od annullato, a causa dello “stress” e dei patemi d’animo che subisce per effetto della illegittima richiesta di pagamento, oltre a tutte le perdite di tempo e le spese non ripetibili da sostenere per difendersi dall’arbitrarietà della pretesa, è titolare di un diritto soggettivo al risarcimento dei cosiddetti “danni esistenziali” liquidabili da parte del Giudice in via equitativa, in particolare da parte del Giudice di Pace nei limiti della propria competenza per valore, Giudice di Pace Roma 20.11.2007.

[55] Cass., 14.4.2009, n. 8890

[56] Cass, S.U. 26.7.2007 n. 16428.

[57] Cass, S.U. 26.7.2007 n. 16428. La Commissione provinciale di Bari, con sentenza 09/03/2007, n. 15, sez. VIII, ha dichiarato nulla la cartella di pagamento non preceduta dall'invito formale, ritenendo fondata l'eccezione di nullità dell'atto sollevata dalla ricorrente per violazione dell'art. 6 comma 5 l. n. 212 del 2000; per un commento a tale sentenza RAMPAZZO, Avviso bonario e diritto al contraddittorio preventivo tra i principi della fase istruttoria dell'accertamento tributario, in Giur. merito 2007, 9, 2454.

[58] Cass. 19.1.2010,n. 724.

[59] Cass. 15 giugno 2010, n. 14373.

[60] Cass. 15 giugno 2010, n. 14373.

[61] Cass. ord. 22 marzo 2011 n. 6582, trattasi do fattispecie relativa ad avviso di recupero di un credito di imposta per insussistenza dei requisiti del beneficio, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, emesso prima dell’entrata in vigore della L. n. 311/2004.

[62] Cass. 17.12.2010, n. 25591.

[63] Cass. 20.11.2007 n. 24010,; la S.C ha ritenuto che la giurisdizione sulla debenza del canone medesimo spetta al giudice tributario ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992.

[64] Cass. SS.UU., 24.01.2007, n. 1481; Cass. SS.UU., 24.01.2007, n. 1481.

[65] Cfr Consiglio di Stato,n. 414/2009.

[66] Circolare Agenzia delle Entrate 03/03/2009, n. 7/E).

[67] Cass. 15.4.2011,n. 8663; Ctp Reggio Emilia 20 settembre 2011 n. 154.

[68] Cass. 15.4.2011,n. 8663.

[69] Cass. 15 aprile 2011. n. 8663.

[70] Circolare Agenzia delle Entrate n. 23/E/2011, paragrafo 8.2.

[71] Cass 2.11.2007, n. 23031.

[72] Cass., 20.11.2007, n. 24011; Cass. 9.6.2003, n. 9181; tuttavia la stessa possibilità di far ricorso al sistema di impugnazione del silenzio-rigetto assicura una ampia tutela con l’apertura alla possibilità dell’azione di accertamento negativo, ad esempio della debenza o meno di un determinato tributo, che eviterebbe agli Uffici di reiterare atti di accertamento per ciascun anno, nell’incertezza della debenza del tributo.

[73] Cass. SS.UU. 6.11.1993 n. 10999; Cass. 13.7.1993 n. 7706.

[74] L'art. 2-bis del d.l. d.l. 30 settembre 1994 n. 564, inserito dalla legge di conversione 30 novembre 1994 n. 656, prevede l'accertamento con adesione del contribuente ai fini delle imposte sul reddito e dell'IVA e cioè riguarda imposte devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie ai sensi dell'art. 2 del d. lgs n. 546 del 1992, con la conseguenza che non può non essere attribuita alla giurisdizione delle stesse commissioni ogni questione concernente l'applicazione di dette imposte, in qualunque modo si giunga al loro accertamento.

[75] Cass. 15.05.2008, n. 12194; Cass. SS. UU, 24.07.2007, n. 16293, cit, 6427.

[76] Ctp di Milano 12.4.2011, n. 152/21/11.

[77] Cass. 15.05.2008, n. 12194 ; Cass. SS. UU, 24.07.2007, n. 16293, cit., 6427; nella fattispecie l'avviso impugnato conteneva le modalità di calcolo dell'imposta e la calendarizzazione dei pagamenti e, quindi, costituiva una vera e propria liquidazione dell'imposta dovuta incidente sulla posizione patrimoniale del contribuente"; dunque indicava adeguati fattori da cui è ragionevole dedurre che ci si trovi di fronte alla comunicazione di una pretesa impositiva, e non ad una richiesta di chiarimenti.

[78] Cass. 15.05.2008, n. 12194.

[79] Sul principio della translatio iudicii con riferimento al giudizio tributario, CAPO, Prime applicazioni nel processo tributario del principio della translatio iudicii tra giudici di ordine diverso introdotto dalla Corte costituzionale (nota a Commissione Tributaria Provinciale Salerno SEZ. 16 Sentenza 12 DEL 20/01/2009 ) in Giur. it, 2009, 1821; sulla conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda in caso di difetto di declaratoria di difetto di giurisdizione, MARINI, Incostituzionalità della giurisdizione tributaria e rapporti pendenti., in Riv. giur. trib., 2008, 376.

[80] Cass. Sez. U, Sentenza n. 24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008. Sulla problematica della rilevabilità d'ufficio del difetto di giurisdizione, GLENDI, Tramonta la rilevabilità « in qualunque stato e grado » del difetto di giurisdizione., in Dir. Prat. Trib., 2010, 109.

[81] cfr. Cass. 26019/2008, Cass. 29523/2008.