giovedì 4 luglio 2013

Audizione OUA a Commissione Giustizia Camera

OUA – ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA

Roma, 4 luglio 2013

Alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati

- Decreto legge n° 69/2013 -

L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, quale soggetto cui è demandata, ex art. 39 della nuova legge professionale, la rappresentanza politico sociale unitaria dell’Avvocatura, ha doverosamente chiesto di essere audito in merito alle disposizioni in materia di giustizia contenute nel decreto legge in oggetto.
Nel merito, richiamato il contenuto della deliberazione assunta dall’Assemblea dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura in data 25.6.2013, si trasmette l’allegato documento a sostegno delle istanze dell’Avvocatura, che ci si riserva di illustrare nel corso dell’incontro.
Si deve rappresentare anche alla Commissione lo sconcerto ed il rammarico per le improvvide ed ingiustificate dichiarazioni del Ministro Cancellieri in pregiudizio della dignità dell’avvocatura, che, allo stato non consentono un sereno confronto con il Suo dicastero, su questioni di grande rilievo per il diritto costituzionale di difesa che l’Avvocatura è chiamata ad esercitare.
L’Avvocatura italiana, unitariamente e normativamente rappresentata dall’OUA confida dunque nella più proficua interlocuzione parlamentare.

     Il Presidente
Avv. Nicola Marino


AUDIZIONE 4 LUGLIO 2013
Si chiede, in primis, lo stralcio delle disposizioni di cui al titolo III del d.l. n. 69/2013, (Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28), finalizzato ad un disegno di legge, dedicato alle materie in esame,
osservando:

a) sul ricorso alla decretazione d’urgenza
La materia dell’ordinamento giudiziario e del processo civile sono soggette a riserva di legge ed il ricorso alla decretazione d’urgenza appare illegittimo ed inopportuno.
Paiono poi del tutto carenti i presupposti della necessità ed urgenza di cui all’art. 77 Cost. Tanto ciò è vero che di alcune disposizioni è prevista l’efficacia decorsi 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.
I rapidi tempi dell’iter di conversione, poi, pregiudicano la compiuta ponderazione e discussione delle disposizioni e dei rilevanti interessi – di rango costituzionale – sottesi.

b) reintroduzione della media conciliazione obbligatoria
1. l'ambito estremamente circoscritto entro  cui gli altri Paesi aderenti all'UE hanno previsto forme obbligatorie di mediazione deve indurre il Governo ed il Parlamento a riflettere sull'opportunità di introdurre un sistema così esteso di mediazione obbligatoria, avendo peraltro già verificato il sostanziale fallimento, in termini sia quantitativi e qualitativi di quello precedente, bocciato dalla Consulta;
2. la stessa argomentazione consente di smentire la facile, quanto errata, valutazione secondo cui il ripristino della mediazione in forme sostanziali identiche a quelle precedenti sia in qualche modo imposto o semplicemente suggerito dall'Europa;
3. l’onerosità del procedimento di mediazione, gravato da obblighi di pagamento proporzionali al valore della controversia, anche per l’ipotesi di mancato raggiungimento dell’accordo, costituisce ostacolo ingiustificato e per ciò stesso censurabile, al diritto di accesso alla giurisdizione.
4. la presenza di istituti di mediazione privata, abilitati con il mero criterio del silenzio-assenso, rende impossibile l’esercizio di controllo effettivo della professionalità, imparzialità e indipendenza del mediatore, con la conseguenza che lo Stato delega, di fatto, ai privati l’amministrazione della giustizia a pagamento;
5. la mancata presenza obbligatoria dell’avvocato nello svolgimento dei procedimenti di mediazione costituisce una grave lesione del diritto di tutela legale, soprattutto  in materie di particolare complessità, quali divisioni ereditarie, colpa medica, patti di famiglia, diritti reali, ecc., con la conseguenza che le parti sono esposte ai rischi di una rinuncia inconsapevole ai diritti sottesi ed ai relativi pregiudizi non solo economico patrimoniali;
6. appare invero evidente che prevedere la sottoscrizione necessaria degli avvocati delle parti in calce al verbale di conciliazione ai fini dell’omologa dell’accordo non è affatto sufficiente a rimediare alla mancata assistenza dell’avvocato nell’intero procedimento ed anzi appare contraddittoria rispetto alla premessa;
7. la mancata regolamentazione della competenza per territorio, con riferimento al luogo presso cui incardinare il procedimento, costituisce un grave errore, da cui deriva conseguenza di poter indurre la controparte a non comparire solo perché la partecipazione sarebbe ingiustamente onerosa;
8. la materia successoria ed immobiliare, oltre che i patti di famiglia, non possono esser oggetto di media-conciliazione perché l’esito positivo e, dunque, il verbale, quand’anche omologato non può avere la stessa efficacia di un titolo giudiziale con la conseguenza di addossare alle parti oneri ulteriori;
9. neppure i diritti sottesi alla colpa medica ovvero alla diffamazione, per il loro profilo segnatamente morale, debbono esser assoggettati alla media conciliazione, che semmai si attaglia alle sole vertenze di impresa e comunque, meramente economiche;
10. ecco perché non si comprende perché non siano state espressamente ricomprese le controversie recentemente rimesse alla competenza funzionale del Tribunale delle imprese, le quali, stante la ritenuta idoneità della media-conciliazione alla rapida definizione delle controversie civili, parrebbero le più titolate al procedimento e risolverebbero in via diretta e non solo mediata alcuni dei problemi (la competitività delle aziende e gli investimenti di imprenditori esteri) che la normativa si pone come obiettivo;
11. la asserita correlazione del regime obbligatorio con l’esigenza di una più rapida diffusione, anche culturale, del sistema dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie, non può andare a discapito dei diritti scaturenti dall’art. 24 Cost.; 
12.  sotto tale profilo si rileva che la Commissione europea, con ordinanza del 29 ottobre 2011, ha ritenuto non in linea con la direttiva 2008/52/CE, così come letta alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la disciplina nazionale italiana in materia di mediazione, tanto in relazione all’onerosità del procedimento, quanto in relazione alla sua obbligatorietà. Ciò è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale nella sentenza 272/2012, allorquando ha affermato che la direttiva europea n. 52/2008, non prevede alcun obbligo di promuovere la mediazione preventiva delle controversie transfrontaliere,  limitandosi all’art.1 ad indicare che la direttiva aveva soltanto l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime, incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario (quindi  mediazione facilitativa). Infatti, essa– come previsto all’art. 5 – lascia espressamente impregiudicata la legislazione nazionale di  rendere il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario, e prescrive che l’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare (e non obbligare) le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia.
13. correlativamente non può essere condivisa la previsione secondo cui il Giudice impone alla parti di adire la media conciliazione, addirittura indicando l’organismo, in qualsiasi fase del giudizio.

Le istanze:
A) eliminazione dell’obbligatorietà, ovvero previsione di totale gratuità del procedimento, ove esso abbia esito negativo;
B) limitazione alle sole materie rientranti nella competenza dei Tribunali delle Imprese, con esclusione di: contratti bancari, responsabilità professionale medica, diffamazione a mezzo stampa, divisioni e successioni ereditarie, e, comunque, per le controversie di valore superiore a €.25.000,00. In ogni caso esclusione dei seguenti procedimenti: monitori (compreso il giudizio di opposizione); cautelari e possessori; convalida di licenza o sfratto per finita locazione o morosità; opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; procedimenti in camera di consiglio; giudizi di usucapione; nell'azione civile nel processo penale; procedimenti sommari di cognizione;
C) previsione di assistenza tecnica obbligatoria nel procedimento;
D) eliminazione di tariffe minime fisse per gli Organismi, in ogni caso da corrispondere a risultato acquisito o a conciliazione avvenuta, per favorire la libera concorrenza
E) possibilità per gli avvocati – mediatori ex lege – di certificare il fallimento del tentativo di conciliazione in autonomia e comunque di svolgere il procedimento presso i propri studi;  
F) eliminazione di ogni conseguenza negativa di tipo processuale e/o fiscale sul successivo giudizio;
G) eliminazione dell’imposizione del ricorso alla media- conciliazione da parte del Giudice nel corso del giudizio, ovvero limitazione temporale alla fase successiva alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. e prima dell’ordinanza ammissiva delle prove; obbligo per il Magistrato di indicare solo Organismi pubblici (tenuti da Camere di Commercio o Ordini Professionali)
H) previsione di concreti ed effettivi incentivi fiscali, quali esonero da ogni onere e tassa anche di registrazione  e trascrizione;
I) introduzione della negoziazione assistita obbligatoriamente dall'avvocato, con attribuzione all'accordo, previa omologa giudiziale, del valore di sentenza e/o titolo esecutivo, prevedendo incentivi fiscali, estesa anche alla materia della famiglia, della separazione e del divorzio, quanto ai diritti disponibili; la stessa, escludendo ulteriori costosi passaggi (quali autentiche notarili per le trascrizioni), verrebbe gestita a costi ragionevoli da organismi costituiti presso ordini forensi (a tal proposito si ricorda che in questa come nella precedente legislatura è stato presentato un ddl (n. 148 S.) dal Senatore Divina della Lega Nord, che prevede l'adozione di questo strumento di adr, che potrebbe essere trasformato in maxiemendamento nella legge di conversione);
L) istituzione di camere arbitrali presso gli ordini forensi, che possano garantire,  in materie e valori determinati, quanto meno nella fase iniziale,  un procedimento condotto da un arbitro avvocato, celere ed a costo ragionevole ed assistito da agevolazioni fiscali, nonché un'adeguata qualità, attribuendo a tali camere arbitrali (ovvero agli avvocati) la competenza ad emettere decreti ingiuntivi e alle stesse camere arbitrali la competenza ad occuparsi dell'arretrato civile, con facoltà alle parti, nei giudizi già pendenti, di rivolgersi alle camere arbitrali medesime previo accordo congiunto;
M) incentivazione, anche fiscale, del ricorso alla procedura arbitrale, con riserva delle funzioni arbitrali agli avvocati, contenimento dei costi, favore per l'arbitro unico, disciplina dei compensi previsti per gli arbitri, non trattati nel D.M. 140/2012, durata massima di otto mesi della procedura arbitrale e effetto devolutivo pieno dell'impugnazione del lodo, con modifica degli artt. 827 e seguenti c.p.c. da proporsi dinanzi ai Tribunali. 
N) potere di autentica di firma agli avvocati per le scritture private aventi ad oggetto diritti reali mobiliari e, quanto agli immobiliari, sino a € 300.000.

c) nomina di magistrati onorari a tempo per lo smaltimento dell’arretrato nelle Corti di Appello Civili
E’ opportuno ricordare che l’Avvocatura chiede da tempo la razionalizzazione dell’impiego dei magistrati, con periodiche verifiche della loro produttività e del rispetto dei termini, oltre che della responsabilità civile dei medesimi, ed anche il controllo della capacità dei dirigenti preposti agli uffici giudiziari ed adottando le best practices. 

Sulle disposizioni del decreto si osserva:
1. la previsione di soli 400 giudici onorari è tuttavia largamente insufficiente per lo smaltimento delle cause d’appello;
2.  occorre un intervento anche sulle cause di primo grado;
3.  occorre incentivare anche la giovane avvocatura, ed escludere i magistrati, gli avvocati dello stato e i notai in pensione, già percettori di pensioni congrue;
4. il compenso previsto, si comprende per le esigue risorse disponibili, è basso e, con le rigide (e corrette) incompatibilità poste, è difficile immaginare coinvolgimenti qualitativamente adeguati. 


d) art. 73 - tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari
L’Avvocatura condivide la previsione. Tuttavia occorrerà porre mente ai possibili conflitti di interesse tra i praticanti che svolgono il tirocinio e lo studio che i medesimi frequentano. Va esclusa la contestualità con il  tirocinio presso lo studio legale.
Quanto alla gratuità, si auspica che possa invece esser prevista almeno una sorta di rimborso/gettone.

e) art. 74 - magistrati assistenti di studio presso la Corte di Cassazione
Si ritiene che la previsione sia opportuna (anche per l’evidente necessità di recupero della funzione nomofilattica della Corte, troppo spesso ormai protagonista di pronunce contrastanti e contraddittorie, che alimentano l’incertezza del diritto), ma si chiede che i magistrati vengano reperiti tra coloro, attualmente fuori ruolo, oltre 260 e non già tra coloro che compongono i già insufficienti organici delle funzioni giurisdizionali.
In merito ai magistrati fuori ruolo può essere utile sottolineare che si tratta di un numero elevatissimo di magistrati (quasi un intero concorso), sottratti all’esercizio delle funzioni giurisdizionali in una situazione in cui l’organico complessivo della magistratura appare, già di per sé, largamente deficitario. Lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura è intervenuto sulla materia con la circolare numero P-2766 dell’8 febbraio 2008 sostenendo che occorre porre un argine al numero eccessivo di richieste di destinazione di magistrati a funzioni extragiudiziarie, anche perché all’interno della magistratura si stanno ormai cristallizzando delle vere e proprie “carriere parallele”, che, per la contiguità con la politica recano un evidente “appannamento dell’immagine della terzietà dell’ordine giudiziario”.
All’interno del solo Ministero della Giustizia circa il 20% dei posti di maggior rilievo, ossia quelli di diretta collaborazione con il ministro, sono in larga parte occupati da magistrati fuori ruolo, il che finisce inevitabilmente per incidere direttamente sul delicato equilibrio tra potere esecutivo da una parte, e ordine giudiziario dall’altra.

f) art. 76 - divisione demandata al notaio
Relativamente alla ipotesi dell’intervento nel processo del notaio nei procedimenti di divisione immobiliare a domanda congiunta con intervento del notaio, la disposizione appare inopportuna ed inutile non essendo necessario coinvolgere il notaio nel processo laddove le parti siano d’accordo, in  quanto lo stesso effetto si può realizzare al di fuori del giudizio.

g) art. 77 - conciliazione giudiziale
Non si condivide l’introduzione dell’obbligo per il Giudice di formulare alle parti una proposta conciliativa o transattiva nei termini ivi previsti, né la conseguente sanzionabilità del rifiuto. La disposizione presuppone una vera e propria  anticipazione di giudizio da parte del Giudice, con conseguente rischio di illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 111, ovvero potrebbe innescare procedimenti di ricusazione, con nefaste conseguenze per la rapidità del processo;
In ogni caso, andrebbe introdotta una limitazione temporale, non prima della scadenza dei termini per il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. e, comunque, prima della pronuncia dell’ordinanza ammissiva delle prove;

h) art. 78 - misure per la tutela del credito
Si chiede che la modifica dell'art. 648 c.p.c. sia estesa pure alla sospensione dell'esecuzione provvisoria ex art. 649 c.p.c.
E’ opportuno anche un ampliamento delle ipotesi di concessione della clausola di esecutorietà provvisoria del decreto ingiuntivo.

i) art. 79 - semplificazione della motivazione della sentenza civile
Si esprime assoluta contrarietà rispetto a tale ulteriore svuotamento del contenuto della sentenza.
Come noto, infatti, già all’attualità la stessa consta della concisa esposizione dei fatti decisivi e dei principi di diritto su cui la decisione è fondata.
Con la previsione di ulteriore affievolimento degli obblighi di motivazione, si andrebbe a violare l’art. 111 Cost., che sancisce appunto l’obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali, principio cardine per la responsabilità dei giudici e la garanzia del controllo di legalità della pronuncia in sede di impugnazione.

l) art. 80 - foro delle società con sede all’estero
La modifica della competenza territoriale così disposta appare inopportuna e presenta diverse criticità:
1) non vi è distinzione tra controparti estere domiciliate in UE e controparti estere domiciliate in territori extra UE;
2) si ravvisa anche una potenziale irragionevolezza, atteso che si differenzia la competenza a seconda che la controparte estera sia ditta individuale o società di persone, indipendentemente dalla natura della società italiana;
3) viene resa più onerosa la presentazione di ricorso per decreto ingiuntivo, anche europeo, nonostante che anche a livello comunitario si sia cercato di rendere più agevole e meno costoso il recupero del credito per via giudiziaria;
4) la misura non sembra rispondere né all’obiettivo della razionalizzazione (con riduzione) degli uffici giudiziari recentemente perseguita, né a quello della attribuzione di materie specifiche a determinati uffici, anche perché in questo caso non è la materia ad essere specifica, ma una delle qualità meno rilevante di una delle parti (la sede della sua attività)

m) art. 80 - modifica composizione commissioni d’esami di avvocato
La disposizione attua la modifica dell’art. 47, comma 1, della nuova Legge Professionale, prevede che la componente della magistratura nelle Commissioni di esame per l’esercizio della professione di avvocato, oltre che da magistrati in pensione (così recitava la formulazione della Legge Professionale), possa invece essere formata anche da “magistrati in servizio”.
Si tratta di una previsione che merita di essere eliminata, trattandosi di questione di preminente interesse dell’avvocatura che, a quanto consta, non l’aveva affatto richiesta, e, per  davvero, in questo caso ancora più che per le altre norme, non è affatto condivisibile il ricorso alla decretazione di urgenza,
Inoltre, è noto che, secondo una delibera del CSM l’impegno in commissione di esame, costituisce legittimo impedimento allo svolgimento delle udienze.
Ciò con quelle perniciose conseguenze sulla gestione dei processi che rientrano nella comune esperienza di ciascun Avvocato (e che, certo, hanno ispirato la formulazione dell’art. 47 della nuova Legge Professionale, che ora si vorrebbe invece mutare). Dunque, un effetto contrario agli scopi di velocizzazione del processo civili posti a base del d.l.
Pertanto, sarebbe opportuna e necessaria una modifica della legge, che preveda la formazione delle Commissioni di esame solo con magistrati a riposo (non precettabili) e, in caso di rifiuto di questi ultimi, la possibilità di comporre comunque le Commissioni con magistrati fuori ruolo, avvocati e docenti universitari.

n) art. 82 - modifiche all’art. 161 L.F. - concordato preventivo
Le modifiche proposte possono sintetizzarsi in tre punti.
a.art. 161, comma sesto
a.Necessaria integrazione della documentazione allegata alla domanda di concordato in bianco (elenco dei creditori con indicazione dei rispettivi crediti).
b.Facoltativa nomina del commissario giudiziale in occasione del provvedimento di concessione termini per deposito proposta, piano ed altri documenti.

b.art. 161, comma settimo
Necessario parere del commissario giudiziale, ove nominato,  per gli atti urgenti di straordinaria amministrazione autorizzandi dal tribunale.

c.art. 161, comma ottavo
Necessari obblighi informativi periodici, almeno mensili, sulla gestione finanziaria e sull’attività  dell’impresa, con vigilanza del C.G. ove nominato e con immediata pubblicazione in registro imprese a cura del cancelliere, con sanzione di inammissibilità e di eventuale fallimento in caso di violazione di tali obblighi.
Infine,  testualmente:
“Quando risulta che l’attività del debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale, se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori”  .
                                  
Esame delle modifiche
1a e 1b)  comma sesto, art 161
Orbene, se la modifica 1a) risulta perfettamente logica e comprensibile - consentendo ai creditori ed al tribunale una migliore visione delle prospettive concordatarie ed offrendo pure una immediata valutazione del passivo totale, del nome, del  numero dei creditori e della loro distribuzione analitica - invece la modifica 1b) si presta a contrastanti opinioni, accese in dottrina. 
Invero, la nomina del C.G. - pur facoltativa da parte del tribunale - non prevede il contestuale deposito di spese di procedura.
Peraltro, se il ricorrente optasse per la domanda ex art. 182 bis primo comma, anziché per il concordato, l’eventuale commissario nominato che fine farebbe ?
E ancora, se il ricorrente rinunzia alla domanda dopo la nomina del commissario, che succede? 
Di poi non è assolutamente chiaro se il commissario debba compiere tutte le attività previste dopo il decreto di ammissione alla procedura.
Quindi, tale nomina, pur facoltativa, andrebbe opportunamente rivista e meglio regolata.
Anche sulla scorta delle prassi sin qui adottate da svariati tribunali, si potrebbe ad esempio prevedere la nomina di un ausiliario, un Consulente e/o Assistente Tecnico, giuridico o contabile, che esegua una verifica sommaria di congruità del passivo (desumibile dall’elenco dei creditori) con i bilanci contestualmente depositati e che assista il Giudice sino al decreto di ammissione, il cui compenso sarebbe liquidato secondo le norme di liquidazione dei compensi al CTU e posto a carico del debitore ricorrente, previo eventuale acconto in sede di nomina.
Il CAT, in considerazione di potenziali conflitti di interessi e/o di crediti per compensi, ma anche per opportunità, non dovrebbe esser poi nominato Commissario Giudiziale nè Curatore  nell’eventuale fallimento.
  
2) comma settimo, art. 161
Tale previsione ha una sua logica ed una sua valenza, tanto più laddove si superasse la problematica della nomina del C.G., come sopra ipotizzato. 

3) comma ottavo, art. 161
Tale modifica, nella prima parte dell’articolo, non stravolge la norma precedente ma offre maggiori garanzie di trasparenza ai creditori ed ai terzi con la tempestiva pubblicazione nel registro imprese della relazione periodica mensile; la sanzione, per la eventuale violazione dell’obbligo, già prevista nel testo previgente (art. 162, commi secondi e terzo: inammissibilità ed eventuale fallimento), va necessariamente confermata.
Di difficile comprensione -e, probabilmente,  anche di ardua applicazione- è invece la previsione di abbreviare i termini concessi dal tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il  commissario giudiziale, se nominato, quando “..risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano.”
Invero, innanzitutto la genericità e l’approssimazione di tale qualificazione giuridica, rimessa alla esclusiva valutazione del magistrato, non consente una oggettiva analisi né una astratta possibilità di rilevare l’idoneità –né, tanto meno, l’inidoneità- di una proposta e di un piano che ancora non sono noti al tribunale né ai creditori, poiché non depositati….
Ma anche e soprattutto dal punto di vista dei tempi, occorre concretamente tener presente la contraddittorietà di tale norma, assolutamente incompatibile con i termini e con i modi del procedimento: ad esempio, se il tribunale concede un termine di 90 giorni (metà tra  minimo 60 e massimo 120), ai sensi dell’art. 161, comma sesto, per la presentazione di proposta e piano concordatario, ne passano almeno 30 per la prima relazione obbligatoria mensile; dopo di che, se qualcuno (un creditore o l’eventuale commissario o il PM …?) segnala al tribunale (oppure lo rileva lo stesso tribunale d’ufficio) che l’attività compiuta dal debitore è “manifestamente inidonea alla  predisposizione della proposta e del piano” , il debitore deve essere sentito - e quindi avvisato mediante notifica e con concessione di termini minimi per garantire la sua difesa - cosi come deve essere sentito anche il C.G., ove nominato.   Nel frattempo, sono passati due mesi circa sicchè il termine residuo di solo un mese risulta difficilmente abbreviabile, semmai solo azzerabile!  
Appare dunque opportuno che anche tale norma venga rivista in sede di conversione, anzi opportunamente soppressa in considerazione delle altre nuove forme di garanzia e di trasparenza per i creditori.
Quanto all’ultimo periodo dell’art. 82, n. 3, che consente espressamente al tribunale di sentire i creditori in ogni momento, tale previsione non sembra particolarmente innovativa, ma si appalesa piuttosto come una mera facoltà che può consentire al creditore, che evidentemente ne faccia richiesta o la cui audizione il tribunale ritenga utile o necessaria, di esporre le proprie ragioni, le proprie deduzioni o le proprie doglianze, ferme però le garanzie offerte nell’opposizione all’omologa e nelle altre impugnazioni ordinarie.    
Pertanto, alla luce delle suesposte brevi considerazioni, si propone che in sede di conversione del D.L.  69/13, l’art. 82 venga così modificato.

emendamento all’art . 82 del dl 69/13
1.All’art 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a.INVARIATO
b.  sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Con il decreto di cui al primo periodo, il tribunale deve nominare un Consulente-Assistente Tecnico, giuridico o contabile, che verifichi la congruenza contabile delle poste passive di cui all’elenco dei creditori con i bilanci societari depositati e che collabori con il tribunale nella disamina e nello studio delle relazioni periodiche del debitore, sino al decreto di ammissione alla procedura di cui all’art. 163 ovvero sino all’omologazione dell’accordo di cui all’art. 182 bis.
Il C.A.T. dovrà prontamente segnalare al Tribunale, nell’interesse dei creditori, eventuali incongruenze, anomalie e disfunzioni della procedura che emergessero dall’esame degli atti e delle relazioni depositate dal debitore: il tribunale, ricevuta la segnalazione del C.A.T., attiverà il procedimento per la declaratoria di inammissibilità e/o di improcedibilità della domanda e, ove sussistano i presupposti, su istanza dei creditori e/o del p.m., per la declaratoria di fallimento. 
Il compenso del C.A.T. sarà liquidato dal tribunale - che potrà determinare eventuali acconti - dopo l’esaurimento dell’incarico, secondo le norme di liquidazione dei compensi al CTU; esso sarà posto a carico della debitrice ricorrente e verrà liquidato in prededuzione nell’eventuale fallimento della stessa.
Il C.A.T. non potrà essere nominato commissario giudiziale della procedura né curatore nell’eventuale fallimento.
                       
2.All’articolo 161, settimo comma, del r.d. 267/42, dopo le parole “sommarie informazioni” sono aggiunte le seguenti: “e deve acquisire il parere del C.A.T.”

3. L’articolo 161, ottavo comma, del r.d. 267/42 è sostituito dal seguente: “Con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria ed all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del C.A.T. , sino alla scadenza del termine fissato. La relazione periodica è pubblicata nel registro delle imprese, entro il giorno successivo al deposito, a cura del cancelliere.  In caso di violazione di tali obblighi, si applica l’art. 162, commi secondo e terzo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori”.

CONSIDERAZIONI

I
Le materie dell’ordinamento giudiziario e del processo civile devono essere oggetto di un più ampio disegno di legge di riforma e non di interventi d’urgenza, di carattere estemporaneo e di portata limitata, che, anziché rispondere agli obiettivi prefissati, diventano essi stessi fonte di ulteriori e peggiori esiti, come sta avvenendo per la riforma della geografia giudiziaria.
L’Avvocatura ha sempre manifestato ampia collaborazione e ha elaborato specifiche proposte, che però, sono sempre state tralasciate, salvo poi intervenire in maniera frettolosa ed in situazioni “d’emergenza”.

II
E’ anche doveroso sottolineare che l’avvocatura si trova in grave stato di difficoltà economica e che non riceve dallo Stato alcuna forma di beneficio assistenziale, né agevolazione, come invece avviene per il settore dell’impresa. E questo nonostante, come noto, i servizi legali siano ormai sotto diversi profili equiparati alle imprese, in particolare per quello che riguarda la concorrenza e i compensi.
Sarebbero dunque auspicabili anche interventi di sostegno, ad esempio detassando ed agevolando l’assunzione di dipendenti presso gli studi professionali.
Ancora, come più volte affermato, occorre un serio intervento sulla disciplina dell’accesso alla professione forense, attraverso la modifica del corso di laurea ovvero l’introduzione del numero programmato.

III
L’obiettivo di rendere più efficiente la giustizia non può essere banalizzato con provvedimenti come quelli oggetto del d.l.
Sul punto, il recentissimo rapporto OECD sullo stato della giustizia civile in Europa, distingue due gruppi di fattori in grado di influenzare la durata delle controversie civili, dal lato dell’offerta e dal lato della domanda.
Dal lato dell’offerta, rilevano in particolare le risorse finanziarie e umane disponibili, gli assetti organizzativi e di governance degli uffici, oltre che il grado di efficienza nell’impiego delle risorse.
Quest’ultimo è influenzato dal livello di specializzazione dei giudici, dalla diffusione delle tecniche di gestione dei flussi e dal grado di informatizzazione degli uffici.
Quanto al lato della domanda, oltre alle ADR si segnala in particolare la qualità della legislazione e il grado di certezza del diritto.
L’avvocatura, come detto è favorevole alle ADR, ma nulla si risolverà se non vi saranno interventi anche sulla qualità della legislazione, come noto in Italia particolarmente farraginosa e complessa, e sull’aumento del grado di prevedibilità delle decisioni.
La ritenuta buona produttività dei giudici italiani molto spesso non si accompagna alla buona qualità delle sentenze, se è vero, come è vero che il tasso di riforma è tra i più alti in Europa, pari al 40%.
Il profilo si accompagna, dunque, all’esigenza di miglior qualificazione della magistratura, al controllo del lavoro e dei risultati, oltre che alla doverosa previsione della loro effettiva responsabilità civile, che non può non comprendere l’attività di interpretazione delle norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove.

IV.
Infine, non si può sottacere che da tempo si susseguono disposizioni tese a deflazionare l’accesso alla giustizia, quali il filtro in appello e l’esasperato aumento del contributo unificato, che, di fatto, comprimono e vanificano i diritti dei cittadini e delle imprese, pregiudicando altresì la legalità nel Paese.
Ove poi si consideri l’inopinata reintroduzione della media conciliazione obbligatoria e onerosa, non vi è dubbio che i già elevati costi di accesso alla giustizia diverranno insostenibili per i cittadini e le imprese.
In proposito, non si può non ricordare come la Corte dei Conti abbia censurato lo smisurato aumento del contributo unificato, anche per i ricorsi amministrativi in materia di appalti, segnalando che i costi proibitivi e dunque la rinuncia alla tutela giurisdizionale hanno già comportato un aumento della corruzione nella pubblica amministrazione.

Comunicato stampa OUA del 4.7.2013