sabato 31 ottobre 2015

FOTO CONVEGNO DNA

Pubblichiamo due foto relative al convegno sul tema "DNA ED ACCERTAMENTO DEL FATTO - REATO" organizzato dall'AGA in collaborazione col Gruppo 24 Ore e svoltosi nell'aula delle adunanze del Palazzo di Giustizia di Catania a inizio ottobre




venerdì 30 ottobre 2015

Avances del marito e violenza sessuale

Non ha nessun valore scriminante la circostanza
che la donna non si opponga palesemente ai rapporti sessuali
se l'autore ha consapevolezza del rifiuto implicito

Con la sentenza numero 42993/2015, depositata il 26 ottobre la Corte di Cassazione ha ricordato che il delitto di violenza sessuale può essere integrato anche attraverso una violenza idonea a porre la vittima in uno stato di soggezione, disagio e vergogna, tanto da indurla ad assecondare le avances del molestatore per evitare danni maggiori.

Così, nel caso di specie, è stata confermata la condanna a quattro anni di reclusione per il ricorrente, che aveva abusato della moglie (e maltrattato anche i figli): la donna, infatti, aveva accettato le richieste a sfondo sessuale fatte dal marito solo perché stanca, sfinita e impaurita.

In sostanza, per la Cassazione, la violenza e la minaccia vanno valutate utilizzando come riferimento non criteri astratti ma circostanze concrete. Così, esse possono essere rilevanti ai fini della configurazione del delitto di abusi sessuali anche nel caso in cui si estrinsechino in una intimidazione psicologica idonea a influire negativamente e condizionare la libera determinazione della vittima. Senza che sia necessario che esse si protraggano anche nella fase esecutiva del comportamento criminoso.

Di conseguenza nessun valore scriminante può essere dato alla circostanza che la moglie non si opponga palesemente ai rapporti sessuali se risulti provato che l'autore aveva consapevolezza del rifiuto implicito, consapevolezza derivante chiaramente dalle violenze e dalle minacce poste in essere precedentemente.

Oltretutto, la Corte ha ricordato che nella fattispecie in esame l'errore sul dissenso si sostanzia in un errore inescusabile sulla legge penale e non può in ogni caso configurarsi l'esimente putativa del consenso dell'avente diritto.


Valeria Zeppilli (da studiocataldi.it)

Voltura utenza idrica, morosità pregresse non imputabili a nuovo utente

Con l'innovativa ed arguta sentenza n. 767/2015, depositata il 12 ottobre scorso, il Giudice di Pace di Asti ha risolto l'annosa e controversa questione su chi debba pagare le spese pregresse in caso di voltura delle utenze domestiche. Nel caso di specie, un professionista, dopo aver acquistato un immobile a seguito di una procedura giudiziaria all'incanto, si vedeva contestare dalla locale società erogante il servizio di distribuzione dell'acqua potabile, l'omesso pagamento delle fatture per il servizio di fornitura idrica, imputabile al precedente proprietario.
La società richiedeva le somme al “nuovo proprietario” subentrante, invocando l'articolo 9, comma 7, del locale Regolamento dell'Autorità d'Ambito N. 75 del 11/11/2005, che così recita : “chi subentra nell'unità immobiliare, in cui esista già in funzione una presa, deve sottoscrivere una voltura del contratto di somministrazione entro 30 giorni; in caso d'inadempimento dovrà assumere in capo a se stesso gli obblighi dell'utente cessato”.

Il Giudice ha accolto le ragioni del proprietario subentrante, precisando, in primo luogo, che “gli importi portati dalle fatture precitate non possono essere addebitati all'odierno attore, in quanto trattasi di morosità maturate anteriormente rispetto alla voltura della fornitura di acqua dallo stesso sottoscritta, imputabili solo ed esclusivamente al precedente utente...”.

Quanto all'applicabilità del Regolamento dell'Autorità d'Ambito, il Giudice ha stabilito che, trattandosi di un provvedimento amministrativo volto a regolare i rapporti tra amministrazioni, non è estendibile ai rapporti tra il gestore del servizio e gli utenti.

Questa rivoluzionaria sentenza potrà essere utilmente applicata ai numerosissimi casi di sfratti per morosità, in cui molto spesso gli inquilini morosi non pagano le utenze e le società di erogazione dei servizi essenziali ne ribaltano il costo sui proprietari degli immobili. In periodo di crisi economica, una bella notizia a tutela dei consumatori.


Erik Stefano Carlo Bodda (da studiocataldi.it)

lunedì 26 ottobre 2015

PCT, STOP ALLE COPIE DI CORTESIA

IL MINISTERO EMANA UNA CIRCOLARE ESPLICATIVA,
ACCOLTA LA PROPOSTA DELL'OUA

L'Organismo Unitario dell'Avvocatura esprime soddisfazione per la circolare del 23 ottobre 2015 emanata dal ministero della Giustizia con la quale è stato definitivamente chiarito che è compito delle cancellerie, ove il giudice ne faccia richiesta, assicurare la stampa di atti e documenti depositati telematicamente, esentando così gli avvocati dal deposito delle cosiddette "copie di cortesia", prassi che aveva onerato l'avvocatura di un incombenza incoerente con la ratio del pct.

"Il ministro Orlando - ha sottolineato il Segretario Oua, Stefano Radicioni - ha accolto le richieste che l'Organismo Unitario dell'Avvocatura ha formulato nel corso dell'incontro svoltosi lo scorso 14 Luglio”.

"Un ulteriore passo avanti verso la effettiva realizzazione del processo civile telematico - ha concluso la presidente Oua, Mirella Casiello -. Si valorizza così il grande sforzo sostenuto dall'avvocatura per il successo del Pct. Con la circolare, inoltre, si conferma la giusta interpretazione da parte dell’Oua del provvedimento emanato in estate, a fronte delle molte polemiche di quei giorni».

CS OUA del 24.10. 2015

sabato 24 ottobre 2015

La crisi blocca la crescita degli studi

L’avvocatura «sta attraversando una fase di forte crisi», per l’80% degli intervistati. Soffre la «perdita di prestigio» per il 60% e le «inefficenze del sistema giustizia» per il 49 per cento. Non solo: ci sono «troppi avvocati», a detta del 45% degli avvocati stessi. Ma mentre la crisi economica si intreccia con quella che appare come una perdita dei punti di riferimento anche nella vita professionale, emerge prepotente una domanda di nuova rappresentanza: da un lato il 47% dei legali intervistati chiede di «limitare l’accesso alla professione» per mettere un freno alla concorrenza al ribasso fra colleghi, dall’altro, il 36% vorrebbe «favorire il ricambio generazionale».
Sono queste alcune delle risposte contenute nella seconda parte della ricerca del Censis, commissionata da Cassa forense, sull’avvocatura italiana (la prima parte era stata illustrata alla Conferenza nazionale della Cassa forense a Rimini a fine settembre). La ricerca, che comprende le risposte di circa 8mila legali, verrà illustrata questa mattina a Padova, nella prima sessione del Congresso Aiga.

La fotografia della professione scattata dal Censis è per certi versi statica, visto che la dimensione del proprio studio è stabile per il 76% degli intervistati, mentre è diminuita per il 15% ed è cresciuta solo nel 9 per cento.

I problemi affrontati vanno dalla difficoltà a risparmiare (per l’82% del campione) alla diminuzione del reddito familiare (che colpisce il 55%), dalle difficoltà derivanti da una riduzione dell’attività (50%) alle difficoltà economiche dovute a spese impreviste (45%). Per quasi il 70% degli avvocati tali eventi hanno avuto ripercussioni sul lavoro – si legge nella sintesi che verrà presentata stamattina al congresso Aiga –. Il 25% ha dovuto ridurre l’attività, il 3% l’ha interrotta, e il 42% ha avuto problemi con clienti e collaboratori.

Tra i rimedi possibili, oltre all’assai gettonato limite all’accesso alla professione sul quale il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che interverrà questo pomeriggio al Congresso ha annunciato novità eurocompatibili, trovano posto anche l’aumento dell’offerta di welfare, soluzione che piace al 28%, e le forme di supporto alla formazione continua.

«Per Aiga - sottolinea Nicoletta Giorgi, presidente dei giovani avvocati-, è importante che la giovane avvocatura si confronti con un mercato che cambia: la crisi economica ha accelerato la messa in discussione del vecchio modello di avvocatura, come anche la ricerca del Censis dimostra. Noi siamo impegnati a costruirne uno nuovo». E Giorgi, quanto all’accesso alla professione, ribadisce di essere assolutamente favorevole, come dimostra anche la ricerca, a una modifica dell’ultimo anno di Giurisprudenza per introdurre una selezione per sceglie di intraprendere la professione.


G.Ne. (da Il Sole 24 Ore del 23.10.2015)

COMUNICATO STAMPA OUA

CONGRESSO ANM, A BARI L’OUA LANCIA PROPOSTE
PER UN’AZIONE COMUNE AVVOCATURA E MAGISTRATI:
SERVONO RIFORME ORGANICHE E CONDIVISE
E PER IL 2016 CONVOCARE STATI GENERALI GIUSTIZIA

Nel corso del suo intervento nella giornata inaugurale del XXXII Congresso Nazionale dell’Anm, la presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Mirella Casiello, ha sottolineato, come «avvocati e magistrati quest’anno abbiano deciso di navigare in “mare aperto”, affrontando e analizzando, nelle loro rispettive assisi nazionali (l’avvocatura a novembre a Torino), il rapporto tra economia, diritti e giustizia. Un dibattito su precise direttrici che ha attraversato, e condizionato, anche negativamente, gli ultimi anni, e che sottolinea una grande assenza: la Politica».

«Perché a prescindere da chi ha governato in questa II repubblica, dal valore o meno di questo o quel premier o ministro – ha sottolineato - sulla giustizia, e sulle riforme che l’hanno interessata, è venuta meno la Politica. Marginalizzata prima a causa delle sterili contrapposizioni dovute al post tangentopoli, poi dagli Esecutivi cosiddetti Tecnici, con il consenso di editorialisti ed economisti, che teorizzavano una giustizia di serie A per le imprese e di serie B per i cittadini».

«In questo contesto – ha denunciato la presidente Oua - gli avvocati sono stati marginalizzati e usati come capri espiatori di tutti i problemi della giurisdizione.  Purtroppo, ciò è avvenuto anche a causa dell’assenza di un’azione comune con la stessa magistratura. Divide et impera: ognuno ha coltivato il proprio orticello, mentre si trasformava la giustizia italiana a livello strutturale, organizzativo e procedurale.

Consentitemi un piccolo, ma non esaustivo, elenco di provvedimenti controversi nel merito o per modalità di attuazione: aumenti costanti ed esponenziali del contributo unificato, mediazione obbligatoria, taglio dei tribunali, introduzione di filtri, tribunale delle imprese, ultimo, in ordine di tempo, il taglio del periodo feriale…».

«Con il ministro Orlando, è vero, abbiamo assistito a un cambio di passo sul piano del dialogo - ha aggiunto - e, pur con difficoltà, si sono varati strumenti nuovi o rinnovati come la negoziazione assistita e gli arbitrati, il divorzio “breve” e quello “facile”.  Però, di fatto, continua a mancare una visione di insieme, una prospettiva organica e complessiva di riforma del settore. Anche perchè magistrati e avvocati continuano a dialogare poco e in modo discontinuo». 

Quindi, Casiello rivolgendosi all’Anm ha lanciato un pacchetto di proposte: «Mi piacerebbe gettare le basi per un nuovo percorso. Le differenze e le diffidenze non mancheranno, è inutile nascondere questa realtà, ma ci sono dei punti sui quali pensiamo si possa aprire un “Cantiere” di Iniziative Politiche.

Pensiamo a:

- un tavolo unitario Oua-Anm (con presidenti degli ordini forensi e delegati territoriali Oua), sulla geografia giudiziaria. Non per dire dei no, ma per fare proposte e per accompagnare nel lavoro l’istituita commissione ministeriale, per una condivisa riforma delle corti di appello e per rivedere le storture della recente soppressione di circa 1000 uffici giudiziari:

- contrastare insieme ulteriori aumenti delle spese di giustizia, ma anche per far in modo che le risorse che si generano siano vincolate in investimenti per la modernizzazione delle strutture (e della sicurezza);

- implementare il processo telematico e la fine del ricorso alla copia di cortesia;

- un aumento del personale e dei giudici togati;

- la riforma della magistratura onoraria;

- una legge che garantisca il legittimo impedimento e le pari opportunità per le avvocate e che eviti gravi e discriminatorie contrapposizioni con alcuni giudici nelle aule dei tribunali.

- una riforma del processo civile, partendo dalle commissioni Vaccarella/Berruti, riforma condivisa e non basata su ulteriori filtri ai danni dei cittadini;

- l’istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e i minori e quindi il superamento degli attuali tribunali per i minori;

- l’affermazione del principio del giusto processo: i magistrati insieme agli avvocati devono chiudere con la stagione dei processi-spettacolo e anche con l’uso/abuso delle intercettazioni;

- un condiviso provvedimento sui reati minori, sulle pene alternative al carcere;

il ruolo stesso del carcere e del recupero sociale, ma anche per affrontare la domanda di sicurezza che viene dai cittadini;

- il potenziamento del  patrocinio a spese dello stato e della difesa d’ufficio.

«Infine – conclude Casiello - è giunto il momento di riportare alla dimensione pubblica il dibattito sulle riforme, coinvolgendo tutti gli operatori del settore. Chiediamo, quindi, all’Anm di proseguire questo dialogo alla nostra IX Conferenza Nazionale che si terrà a Torino a fine novembre: al fine di promuovere la convocazione di un momento straordinario di confronto, con gli Stati generali della Giustizia nei primi mesi del 2016, sotto l’egida della Presidenza della Repubblica».


Roma, 23 ottobre 2015

venerdì 23 ottobre 2015

Novità in arrivo per il processo civile telematico

Il Ministero della Giustizia annuncia l'introduzione di novità
per il deposito di atti telematici, la firma digitale,
la consultazione di registri e il software di redazione

Processo civile telematico, croce o delizia? Quello che si è presentato come un potente ed efficace mezzo per “svecchiare” la giustizia, si sta trasformando (troppo) spesso in un vero e proprio incubo per gli operatori del settore che, invece di beneficiare dei vantaggi di non dover più sostenere lunghe ed estenuanti code in cancelleria, inviando comodamente gli atti da casa, si trovano a perdere molto più tempo rimanendo fermi davanti al proprio pc.

Ma le potenzialità del processo telematico ci sono e vanno sfruttate, consapevoli che con il necessario adeguamento e assestamento le cose non potranno che evolvere per il meglio.

E di ciò è ovviamente consapevole anche il Ministero della giustizia, che, giusto qualche giorno fa, ha preannunciato sul proprio sito dedicato al pct il rilascio di nuovi schemi XSD volti a migliorare i sistemi telematici del processo.

Le migliorie, in particolare, riguardano il deposito degli atti telematici, i controlli di validità temporale sulle firme digitali, la verifica dei soggetti firmatari, la consultazione dei registri e l’identificazione del software di redazione.



Il deposito degli atti telematici

Più nel dettaglio, con riferimento ai depositi, viene introdotto un nuovo atto del curatore, denominato “DomandeVerificate”, che, con il fine di tracciare l’esito della verifica delle domande esaminate in udienza, riporterà come dato strutturato la data dell’udienza di verifica e l’indicazione delle domande verificate, con specificazione di quando si provvederà a verificare le eventuali domande residue.

Un’ulteriore modifica, relativa al deposito degli atti introduttivi o in corso di causa, riguarda l’elemento modello F23, che avrà come attributo la data e il codice identificativo del modello stesso.



Le firme digitali

Venendo alle firme digitali, si prevede un controllo di validità temporale che permette, in presenza della marcatura temporale della firma, di controllare che la scadenza del certificato sia successiva a tale data e, in assenza della marcatura, che la scadenza del certificato sia successiva all’attestazione temporale dell’invio tramite p.e.c..

I controlli che abbiano dato esito negativo verranno classificati sulla base della loro gravità e saranno a disposizione dei magistrati.

Viene inoltre previsto un nuovo controllo sull’algoritmo di firma utilizzato per i documenti depositati e per il certificato di firma stesso.

Con riferimento alle firme, infine, si diminuisce l’elenco degli errori bloccanti con la conseguenza che pressoché tutti gli esiti negativi dei controlli genereranno semplici avvisi di errore.

A restare bloccante è solo l’esito negativo del controllo sulla presenza e sull’integrità della firma dell’atto principale.



La consultazione dei registri

Per quanto riguarda, poi, la consultazione dei registri, innanzitutto si è provveduto ad integrare le informazioni relative ai registri di contenzioso civile, volontaria giurisdizione e lavoro: mentre prima la loro esposizione ai professionisti esterni tramite web services era limitata al nome e al cognome delle parti principali del procedimento, con le nuove migliorie essa viene estesa a tutte le parti e ai relativi difensori (con indicazione del codice fiscale di questi ultimi).

Inoltre, i servizi di consultazione dei registri delle procedure mobiliari, immobiliari e concorsuali, oltre a fornire i dettagli di tutte le parti nel procedimento e dei relativi difensori, ora forniscono anche il codice fiscale di questi ultimi.

Migliorie hanno infine riguardato i registri Civile e Penale della Corte di Cassazione, le cui query di consultazione sono state uniformate a quelle di SICID e SIECIC con previsione di dati aggiuntivi relativi alle parti.

Il software di redazione

Le modifiche annunciate dal Ministero della giustizia riguardano, in ultimo, alcune implementazioni dettate dalla necessità di acquisire informazioni relative al software che redige il datiAtto.xml per finalità statistiche e di debug e di gestire i metodi di pagamento tradizionali allo stesso modo dei pagamenti telematici nel datiAtto.xml.

Per maggiori informazioni consulta la sezione del Ministero della giustizia "Migliorie ai sistemi del PCT"


Valeria Zeppilli (da studiocataldi.it del 21.10.2015)

mercoledì 21 ottobre 2015

Elezioni forensi riviste e corrette

Attesa la decisione del ministro Orlando
Avvocatura convocata al completo in via Arenula
Serve norma ad hoc per superare il vecchio regolamento

Elezioni forensi riviste e corrette. Parola al ministero della giustizia. Avrà luogo oggi, infatti, l'incontro tra le associazioni forensi maggiormente rappresentative e il ministro Andrea Orlando. All'ordine del giorno, la decisione del dicastero di via Arenula circa le modalità per le nuove elezioni dei consigli forensi. Intervento già promesso da Orlando per settembre e, rimando poi, a ottobre inoltrato. E due sembrano essere le strade possibili: un regolamento rinnovato da cima a fondo o una modifica alla legge 247/2012 con una nuova norma primaria da inserire o il un dl ad hoc, o nel primo testo utile attinente per materia. Certo è, però, che indipendentemente dalla strada scelta dovranno essere garantite democrazia, rappresentanza e rappresentatività e, sono almeno altre due le criticità che dovranno essere superate. Prima tra tutte l'eliminazione del voto di lista. Previsione più volte criticata da gran parte dell'avvocatura nella parte in cui, infatti, è consentito di votare in blocco una lista con tanti candidati quanti sono i seggi in palio. In secondo luogo, poi, dovrà essere tutelata la parità di genere così come delineata nella bocciatura dal Tar Lazio nel punto in cui la legge forense impone di riservare al genere meno rappresentato almeno un terzo dei componenti della lista. Nel corso dell'incontro, poi, dovrà anche essere sciolto il nodo relativo alla disciplina transitoria. Al momento, infatti, la situazione sul territorio è fortemente disomogenea. Da un lato ci sono ci sono consigli dove le elezioni si sono tenute ed i risultati sono stati ritenuti regolari o quanto meno non contestabili. In questo caso sarà difficile ipotizzare nuove elezioni. Ci sono, però, anche consigli dove si è votato e per i quali non potranno non essere prese in considerazione le pendenze di fronte ai giudici amministrativi o al Consiglio nazionale forense. In questo caso sarà necessario valutare come procedere e in che tempi. Ci sono, infine, consigli dove le votazioni non hanno avuto luogo. In questo caso sarà necessario aspettare le nuove disposizioni e applicarle nella loro completezza.


Beatrice Migliorini (da Italia Oggi del 21.10.2015)

martedì 20 ottobre 2015

Telecamere con l'avviso

Videosorveglianza anche senza registrazione
Volti ripresi sono sempre dato personale

La ripresa di immagini è sempre videosorveglianza anche se non si fa registrazione. E i volti ripresi sono sempre un dato personale, anche se la persona non viene identificato.

La Cassazione (sentenza n. 17440 del 2 settembre 2015) cambia la sua giurisprudenza e fa chiarezza sulle regole generali della videosorveglianza e conferma la sanzione comminata dal garante della privacy a una torrefazione calabrese, che non aveva esposto il cartello informativo previsto per la videosorveglianza.

Nel caso specifico si è trattato di una telecamera presente all'interno di un negozio, collegata a un monitor sistemato nel soppalco dell'esercizio commerciale, utilizzata dal titolare per sorvegliare l'accesso degli avventori.

La vicenda è stata sanzionata dal Garante della privacy per violazione dell'obbligo di informativa ai sensi dell'articolo 13 del codice della privacy (Ddlgs 196/2003).

Il commerciante ha presentato opposizione in cui ha sostenuto che non aveva trattato dati personali e questo perché non c'era la registrazione delle immagini e perché riprendeva le immagini senza poter identificare le persone.

In effetto un orientamento giurisprudenziale risalente al 2009 (sentenza n. 12997 della Cassazione) sosteneva che l'immagine non fosse di per sé un dato personale, senza una didascalia o un sonoro che individuasse la persona.

Questo orientamento è stato accolto dal giudice di primo grado, che ha annullato la sanzione, ritenendo che l'immagine di una persona non potesse essere definita dato personale in assenza di elementi oggettivi che ne consentano una potenziale identificazione. In particolare, il Tribunale ha valorizzato le modalità e la funzione della videoripresa, finalizzata unicamente a consentire al titolare dell'esercizio di controllare l'accesso di persone sospette nel proprio locale al piano terreno per il tempo in cui lo stesso si trovava nel laboratorio collocato su un soppalco, in assenza di ogni potenziale identificabilità delle persone riprese, peraltro da un apparecchio di non elevata definizione, senza alcuna possibilità di registrazione delle immagini stesse.

Con la sentenza in commento la Cassazione cambia idea, riforma la sentenza di primo grado e sostiene che l'immagine è un dato immediatamente idoneo a identificare la persona, a prescindere dalla sua notorietà.

In particolare, con riferimento all'attività di videosorveglianza senza registrazione, la Cassazione ricorda che il trattamento è legittimo e riporta quanto prescritto dal garante e cioè che «nei casi in cui le immagini sono unicamente visionate in tempo reale, oppure conservate solo per poche ore mediante impianti a circuito chiuso (Cctv), possono essere tutelati legittimi interessi rispetto a concrete ed effettive situazioni di pericolo per la sicurezza di persone e beni, anche quando si tratta di esercizi commerciali esposti ai rischi di attività criminali in ragione della detenzione di denaro, valori o altri beni (ad esempio gioiellerie, supermercati, filiali di banche, uffici postali)».

Il trattamento è legittimo, ma proprio per questo è soggetto all'obbligo dell'informativa. E in caso di violazione di questo obbligo scatta la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'articolo 161 del codice della privacy.


Antonio Ciccia Messina (da Italia Oggi del 20.10.2015)

lunedì 19 ottobre 2015

L'onorario è in base al valore

Nel caso in cui il valore della controversia dovesse essere manifestamente diverso da quello presunto secondo il codice civile, per quanto riguarda la liquidazione degli onorari a favore dell'avvocato che abbia prestato la propria opera in un giudizio relativo ad azione revocatoria, tale valore si dovrà determinare sulla base del valore effettivo della controversia. A sottolinearlo sono stati i giudici della terza sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 19520 dello scorso 30 settembre.
I giudici di piazza Cavour hanno altresì tenuto in considerazione, nella sentenza in commento, il tenore dei primi due comma dell'art. 6 del dm n. 127 del 1994, che distinguono tra il criterio di determinazione degli onorari a carico del soccombente ed il criterio di liquidazione degli onorari a carico del cliente, sottolineando che è corretto in diritto il provvedimento impugnato che - sulla base dell'apprezzamento in fatto del valore della controversia - ha escluso il ricorso alle presunzioni del codice di rito. Non sarà perciò pertinente il richiamo delle norme degli artt. 10 e 14 cod. proc. civ., sottolineando il principio per il quale ai fini della liquidazione degli onorari a carico del cliente ed a favore dell'avvocato che abbia prestato la sua opera in un giudizio relativo ad azione revocatoria, vale il principio sopra menzionato. Inoltre, secondo gli Ermellini, il superamento, da parte del giudice, dei limiti minimi e massimi della tariffa forense nella liquidazione delle spese giudiziali va a rappresentare una sorta di vizio «in iudicando» e, pertanto, è necessario che nel ricorso per cassazione siano specificati i singoli conteggi contestati e le corrispondenti voci della tariffa professionale violate, al fine di consentire alla Corte il controllo di legittimità, senza dover espletare un'inammissibile indagine sugli atti di causa (si veda da ultimo, Cass. n. 22983/14). Rientra inoltre nel potere discrezionale del giudice di merito la determinazione della misura degli onorari tra i minimi e i massimi tariffari, sicché non è censurabile il provvedimento che, come nel caso sottoposto all'attenzione della suprema corte, abbia applicato la misura media, in relazione all'oggetto ed alla complessità della controversia.


Maria Domanico (da Italia Oggi Sette del 19.10.2015)

Processi troppo lunghi, stretta sui risarcimenti

Per il settore risparmi stimati per 30-35 milioni

Passa anche per un restyling della legge Pinto la cura dimagrante degli stanziamenti alla Giustizia, prevista con la legge di Stabilità e stimata in 30-35 milioni di euro. L’articolo 56 introduce una serie di paletti per chiedere l’indennizzo da irragionevole durata del processo (civile, penale, amministrativo, contabile) e fissa il minimo (400 euro) e il massimo (800 euro) degli importi che lo Stato è tenuto a liquidare per ogni anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo (somme diminuite del 20 o 40% quando le parti del processo sono, rispettivamente, più di 10 o di 50). Una stretta, insomma. Non solo. L’articolo 43 (che riduce una serie di spese dei ministeri) taglia invece le indennità dovute a giudici di pace, giudici onorari aggregati, giudici onorari di Tribunale e viceprocuratori onorari, «in modo da assicurare risparmi non inferiori a 6.650.275 euro per il 2016 e a 7.550.275 euro a decorrere dal 2017». Ridotto, poi, di 4 milioni il Fondo per la mobilità del personale amministrativo, che dovrebbe consentire di coprire entro fine anno 1.031 posti e altri 2mila nel 2016 (su un totale di 9mila scoperture).

Sarà dunque meno facile chiedere il risarcimento del danno per l’eccessiva durata dei processi; il che forse consentirà di ridurre anche l’enorme mole delle cause-Pinto pendenti presso le Corti d’appello, la cui durata è spesso “irragionevole”.

Costituisce infatti condizione di ammissibilità per la domanda di «equa riparazione» l’aver esperito i «rimedi preventivi» all’irragionevole durata del processo, previsti dal nuovo articolo 1 bis della legge. Nel civile, ad esempio, bisognerà aver chiesto di passare dal rito ordinario a quello sommario entro l’udienza di trattazione o, comunque, almeno 6 mesi prima che sia decorso il termine di ragionevole durata (3 anni in primo grado e in altrettanti in appello). Così nel penale, è previsto che le parti possono depositare l’istanza di accelerazione sempre sei mesi prima della scadenza del termine ragionevole (3 anni in primo grado; due in appello) o due mesi prima se il giudizio è in Cassazione.

Strada sbarrata al risarcimento, quindi, se il «rimedio preventivo» non è stato esperito correttamente e anche in un’altra serie di casi, tra cui «l’abuso dei poteri processuali che abbia determinato un’ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento». Inoltre, si introduce una serie di ipotesi in cui «si presume insussistente, salvo prova contraria, il pregiudizio da irragionevole durata del processo». E tra queste figura anche l’intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all’imputato, poiché si presume, appunto, che se l’eccessiva durata ha portato alla prescrizione, quest’ultima rappresenti già un vantaggio per l’imputato. Adempiuti vari obblighi di documentazione previsti dalla nuova disciplina, entro sei mesi lo Stato dovrà pagare, «ove possibile», per intero, ma «nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio».

La norma transitoria ovviamente esclude dall’obbligo del «rimedio preventivo» (condizione di ammissibilità della domanda di indennizzo) i processi in corso nei quali, al 31 ottobre 2016, non ci sia più il tempo utile per esperirlo.


Donatella Stasio (da Il Sole 24 Ore del 19.10.2015)

Laura Jannotta nuovo presidente dell’Unione Camere Civili

Laura Jannotta è la prima donna alla guida dell'Unione nazionale Camere Civili. Il nuovo presidente dell'Uncc, avvocato di Ferrara, da nove anni nel direttivo dell'Unione e da sei, fino a oggi segretario della giunta del leader uscente dei civilisti, Renzo Menoni, è stata eletta ad Ascoli Piceno al termine del VI Congresso delle Camere Civili.
Con 155 voti, contro i 115 ottenuti dall'altro candidato Antonio De Notaristefani di Vastogirardi, del foro di Napoli.

"Proseguiremo con più forza e determinazione - ha dichiarato la Jannotta dopo la sua elezione - sulla strada delle riforme a favore di una giustizia civile più efficiente, attraverso una sempre più ampia interlocuzione con la politica e le altre componenti dell'Avvocatura".


(Dal Corriere Quotidiano del 18.10.2015)

venerdì 16 ottobre 2015

Sanzioni tributarie dal 2016

Restyling in arrivo per il regime fiscale dei professionisti

Nuove sanzioni amministrative tributarie anticipate di un anno. Le modifiche introdotte dal dlgs n. 158/2015 entreranno in vigore dal 1° gennaio 2016, senza quindi attendere il 2017 come previsto dal decreto delegato. Ad anticiparlo è il viceministro dell'economia, Luigi Casero, intervenuto ieri a Milano in occasione del IV Congresso nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili. «In sede di legge di stabilità cercheremo di anticipare al 2016 la partenza del nuovo sistema sanzionatorio, in quanto esempio concreto del nuovo rapporto tra fisco e contribuente che stiamo cercando di costruire.

Un sistema che penalizza molto di più chi froda e che tratta in maniera meno severa piccoli errori o lievi inadempimenti». Si ricorda, inoltre, che la riforma delle sanzioni penali tributarie entrerà invece in vigore dal 22 ottobre 2015.

In arrivo anche uno statuto dei lavoratori autonomi, che consenta di razionalizzare in maniera organica il trattamento fiscale dei professionisti. «Nel corso del tempo si sono storicizzate alcune storture a carico dei lavoratori autonomi che sarebbe opportuno correggere», aggiunge Casero, «mi vengono in mente la parziale indeducibilità delle spese di formazione (obbligatoria per legge), come pure quella dei costi auto per gli agenti di commercio. Senza dimenticare le modifiche al regime forfettario, che incentiverà l'avvio di nuove attività professionali».

Tra le misure anticipate dal viceministro anche una norma sullo scioglimento agevolato delle società di comodo, che peraltro costituisce una delle 10 proposte fiscali avanzate dal Cndcec (si veda altro articolo in pagina), nonché la conferma dei bonus fiscali per la casa (ristrutturazioni e risparmio energetico) anche per il 2016.

Nel passare in rassegna gli interventi realizzati in attuazione della delega fiscale, particolare attenzione è stata rivolta proprio al tema delle tax expenditures. «In questo paese siamo abituati a pensare che ogni agevolazione è per sempre», spiega Casero, «ora invece abbiamo stabilito di rivedere periodicamente detrazioni e deduzioni, decidendo quali mantenere solo dopo un'attenta analisi su costi e benefici sia dal punto di vista del gettito sia sotto il profilo sociale».

Ulteriori interventi, che potrebbero essere inseriti dal governo nella manovra di stabilità anche nel corso dell'iter parlamentare, interessa poi le società di persone.

La nuova Iri (Imposta sul reddito imprenditoriale), sebbene prevista dalla legge n. 23/2014 non ha ancora visto la luce. «La delega doveva essere attuata a saldo zero e alcune misure, come questa, sono state rimandate a un successivo momento», precisa il viceministro, «stiamo ragionando su tale intervento, tenendo però ben presente che con la riduzione dell'Ires rischieremmo di sbilanciare la tassazione troppo a favore delle società di capitali. L'obiettivo sarà quindi quello di parificare l'imposizione sulle persone fisiche imprenditrici con quella dei soggetti Ires».

Come ricordato da Luigi Mandolesi, consigliere nazionale del Cndcec delegato alla fiscalità, una partita importante si gioca pure sul nuovo calendario degli adempimenti tributari.

Casero, che peraltro nei mesi scorsi ha istituito presso il Mef un tavolo tecnico chiamando a partecipare proprio i commercialisti, ha replicato che «bisogna prevedere termini che favoriscano tutti, sia chi deve pagare, sia gli intermediari che assistono i contribuenti, sia chi deve controllare. L'ipotesi del tax day, con tutte le scadenze accorpate in un unico giorno, non rientra tra gli obiettivi del governo. Quello che ci interessa è invece pervenire a un sistema fiscale nuovo, incentrato sui concetti di semplificazione e certezza».

Un'ulteriore apertura del viceministro è arrivata anche sulla proposta della categoria di velocizzare la detrazione dell'Iva vantata dalle imprese nei confronti di debitori in crisi, senza più dover attendere la chiusura di procedure concordali che possono durare quasi un decennio. 


Valerio Stroppa (da Italia Oggi del 16.10.2015)  

mercoledì 14 ottobre 2015

Cassazionisti senza limiti temporali

Iscrizione all'albo dei cassazionisti senza limiti temporali per chi possiede i requisiti di anzianità. Ovvero, coloro che hanno maturato i 12 anni di attività forense alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento, oppure entro i tre anni successivi, potranno iscriversi all'albo senza sostenere alcun corso o esame.
Lo ha chiarito la commissione consultiva del Consiglio nazionale forense, coordinata da Michele Salazar, che ha adottato un parere (quesito n. 69, relatore Carlo Orlando) sulla portata della norma transitoria, contenuta nell'articolo 22, commi 3 e 4 della legge 247/2012, relativa all'iscrizione all'albo dei cassazionisti secondo la normativa vigente. In particolare, il parere evidenzia che, «ai sensi dell'articolo 22, comma 3, secondo periodo, potranno chiedere direttamente l'iscrizione all'albo speciale anche coloro che abbiano già maturato i requisiti per la iscrizione secondo la normativa previgente alla data di entrata in vigore della legge n. 247/2012 (ossia il 2 febbraio 2013) ovvero, in virtù di quanto previsto dalla norma transitoria di cui al comma 4, articolo 22, li maturino entro tre anni dalla sua entrata in vigore (ossia entro il 2 febbraio 2016)».

«Più specificatamente», prosegue il parere del Cnf, «chi al momento dell'entrata in vigore della legge aveva già maturato i requisiti di anzianità o li maturi entro i tre anni dalla entrata in vigore (dunque entro il 2 febbraio 2016), potrà presentare direttamente domanda di iscrizione all'albo speciale dei patrocinatori davanti alle giurisdizioni superiori senza necessità di sostenere nessun corso o esame».

Infine, il parere specifica che, dalla lettura della normativa di riferimento, «l'unico limite che viene in essere ai fini dell'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori è quello relativo al momento di acquisizione dei requisiti richiesti per detta iscrizione, e non già quello in cui viene presentata la richiesta».


Gabriele Ventura (da Italia Oggi del 14.10.2015)

martedì 13 ottobre 2015

Corsi Altalex a Catania in Novembre

Altalex ci segnala i seguenti eventi formativi
che si svolgeranno a Catania in Novembre

Master breve in contrattualistica internazionale ULTIMI POSTI 
Catania dal 6 novembre - 5 incontri, 12 crediti formativi avvocati - Prof. Avv. M. Alessandri, Prof. Avv. M. Chiara Malaguti, Prof. Avv. M. Massironi, Avv. P. O'Malley, Avv. E. Baroni  



Corso avanzato custode e delegato. Ruolo, compiti e responsabilità 
Catania 11 e 12 novembre – 2 incontri, 6 crediti formativi avvocati – Dott. Raffaele Rossi (Magistrato)



Master breve in diritto societario
Catania dal 21 novembre al 19 dicembre – 5 incontri, 8 crediti formativi avvocati – Notaio M. Portelli, Prof. R. Vigo, Prof. Avv. V. Sangiovanni, Avv. F. Mauceri, Avv. M. Vaccari



Corso avanzato sul ricorso per cassazione civile
Catania 27 e 28 novembre - 2 incontri, 6 crediti formativi avvocati – Dott. Domenico Chindemi (Consigliere Corte di Cassazione)  



Per ogni ulteriore informazione è possibile consultare il sito www.altalexformazione.it

Preventivo scritto sempre obbligatorio

Il primo disegno di legge sulla concorrenza approvato ieri (il 7, ndAGANews) alla Camera e ora all’esame del Senato contiene diverse novità per gli avvocati.
Pur essendo saltata, a seguito delle polemiche della categoria notarile, la norma che prevedeva il trasferimento in capo ai professionisti forensi delle competenze (esclusive dei notai) relative agli atti di compravendita di beni immobili destinati ad uso non abitativo con valore massimo entro i 100mila, nel corso dell’iter parlamentare, infatti, è stata confermata l’apertura alle società multiprofessionali, anche con l’ingresso di soci di capitale (seppur con il limite di 2/3 costituiti da soci professionisti iscritti all’albo).

Nel testo licenziato dalla Camera è stato eliminato, altresì, il divieto del vincolo di appartenenza ad una sola associazione professionale oggi previsto dalla legge di riforma dell’ordinamento forense e confermato l’obbligo di presentare il preventivo di massima per iscritto ai clienti.

In merito, la nuova norma andrà a modificare l’art. 13, comma 5, della l. n. 247/2012 che prevede attualmente che il preventivo scritto debba essere fornito dall’avvocato soltanto “a richiesta” dell’assistito, facendo scattare tale obbligo sempre e comunque.

Per cui, anche in assenza di esplicita istanza, il professionista sarà tenuto a rendere noto al cliente, il livello della complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento sino alla conclusione dell’incarico, nonché sempre in forma scritta “la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale”.

Marina Crisafi (da studiocataldi.it dell’8.10.2015)

lunedì 12 ottobre 2015

No abitabilità? Il venditore deve risarcire

La diligenza che incombe sul venditore, essendo connessa all'assunzione dell'obbligo di consegnare un immobile provvisto del requisito di abitabilità, ha per oggetto la scrupolosa predisposizione ed il controllo di tutti gli atti finalizzati all'ottenimento della predetta licenza di abitabilità, ivi compresi gli atti presupposti all'utile esperimento dell'iter amministrativo e tra questi, la verifica dell'esistenza di una formale lottizzazione, che si pone a monte di tutto l'iter.
Condotte, queste ultime, non esigibili dall'acquirente, il quale legittimamente confida nell'obbligo assunto dal venditore.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con sentenza n. 20349 depositata il 9 ottobre 2015, rigettando il ricorso di una società edilizia, avverso la sua condanna al risarcimento dei danni nei confronti di alcuni acquirenti, cui aveva alienato un immobile poi sottoposto a confisca nell'ambito di un procedimento per il reato di lottizzazione abusiva.

Risarcimento anche senza previa risoluzione del contratto

La Suprema Corte – facendo proprie le argomentazioni dei giudici di merito – accoglie dunque la richiesta di risarcimento danni avanzata dagli acquirenti e sorta in seguito all'inadempimento, da parte della società venditrice, di consegnare un immobile dotato del necessario requisito di abitabilità.

Ciò – ha precisato la Corte – indipendentemente da una preventiva richiesta di risoluzione del contratto, attesa l'autonomia dei rimedi in considerazione, non costituendo l'azione di risoluzione del contratto di compravendita un presupposto né logico né giuridico dell'evento di danno.


Eleonora Mattioli (da telediritto.it del 12.10.2015)

Nei Tar si rischia la paralisi

Da gennaio il 30% di giudici in meno
per effetto dei pensionamenti

Tre mesi per correre ai ripari, altrimenti con il nuovo anno la giustizia amministrativa rischia un forte passo indietro: collegi che non si riusciranno a costituire, udienze che salteranno, calo della produttività (e, dunque, rinvigorimento dell’arretrato), viavai di magistrati da un Tar all’altro per cercare di tappare i buchi. Il quadro non è eccessivo, visto che il presidente del Consiglio di Stato, Giorgio Giovannini, a settembre ha deciso di lasciare l’incarico, disilluso dalla mancanza di segnali del Governo nonostante una lettera inviata a giugno in cui si tratteggiava il rischio di paralisi.

La questione è quella degli organici, dopo che il Dl 90/2014 ha anticipato i pensionamenti dei dipendenti pubblici, magistrati compresi. Fra questi ultimi, chi a fine anno avrà raggiunto 70 anni, dovrà lasciare. Un esodo che, unito alle tante uscite anticipate a cui da tempo ricorrono coloro che vogliono mettersi al riparo da sorprese dell’ultima ora, mette a rischio l’attività di Tar e Consiglio di Stato. E il problema riguarda solo la giustizia amministrativa. I magistrati ordinari e quelli contabili - che pure ricadevano sotto gli effetti della norma del Dl 90 - questa estate sono, infatti, riusciti a ottenere una proroga: i primi fino a dicembre 2016 e i secondi fino a giugno.

I giudici amministrativi, invece, sono rimasti al palo, vittime degli atavici dissidi interni. Tant’è che all’interno del Consiglio di presidenza - l’organo di autogoverno di Tar e Consiglio di Stato, dove si riflettono le diverse posizioni fra la componente dei tribunali amministrativi e quella dei consiglieri di Stato - c’è chi ha tifato perché il Parlamento non estendesse anche alla magistratura amministrativa le proroghe concesse alle altre due giurisdizioni. Di più, a luglio il Consiglio ha votato una delibera di appoggio all’operato delle Camere.

«Si sono create due fazioni - spiega Manfredo Atzeni, consigliere di Stato e componente dell’organo di autogoverno -: quella dei favorevoli allo svecchiamento, che è maggioritaria, e quella di chi vorrebbe che il limite della pensione salga a 72 anni. Al di là di tali posizioni, c’è un problema reale di vuoti che si verranno a creare con il nuovo anno, sia nei posti di vertice, sia negli altri livelli. Ne risentirà la produttività e i costi, perché cresceranno le spese di missione per far viaggiare i magistrati in modo da assicurare nei Tar più scoperti un minimo di udienze».

Secondo una proiezione, a gennaio i posti vacanti saranno in media del 30% rispetto agli organici, con punte del 68% per le presidenze nei Tar. È vero che è in corso di svolgimento il concorso per reclutare 45 referendari (il primo livello dei tribunali amministrativi), ma le immissioni in ruolo delle nuove leve è di là da venire. Anche perché sono state ricevute più di 4mila domande e, dunque, i tempi si allungano. Così come non si può pensare a tempi brevi per il reclutamento di cinque consiglieri di Stato: i candidati conosceranno a dicembre la sede delle prove scritte. Dunque, i nuovi magistrati entreranno in servizio, nel migliore dei casi, verso la fine del 2016.

Nel frattempo c’è da tamponare l’emergenza. Da un po’ di anni a questa parte l’arretrato ha continuato a scendere: a fine 2014 era di poco meno di 300mila cause e a fine settembre scorso si è arrivati a 272mila. Il rischio è questo processo virtuoso si interrompa e le pendenze riprendano a galoppare. I primi segnali di questa inversione di tendenza - affermano a Palazzo Spada - già si intravedono.


Antonello Cherchi (da Il Sole 24 ore del 12.10.2015)

venerdì 9 ottobre 2015

Patrocinio gratuito? Spesa sì, ma di civiltà

L`assistenza legale ai non abbienti è in aumento
ed è costata oltre 1 miliardo in 8 anni.
Ma resta tre volte sotto la media dei Paesi europei

Ormai dire "spesa pubblica" pare peggio che pronunciare una parolaccia. Figurarsi se una voce di spesa pubblica, da sola, ammonta a i miliardo e 90 milioni di euro negli ultimi 8 anni. Se poi questa montagna di soldi dei contribuenti è andata a beneficiare chi aveva in corso un processo, rischia il linciaggio chi s`azzardi a sostenere che è stato ed è denaro ben speso. E invece è proprio così: anzi, è un segno di civiltà che dal 2007 al 2014 siano state i milione e 320.000 le persone non abbienti ammesse nei processi penali e civili al "gratuito patrocinio", cioè alla possibilità di scegliere un legale di propria fiducia senza pagarne la parcella, saldata invece dallo Stato a chi ha un reddito inferiore a 11.369 euro (erano 10.628 sino a poco tempo fa, poi il pressing dell`Oua-Organizzazione unitaria dell`avvocatura è riuscito a sbloccare dopo 37 mesi l`adeguamento).

L`ultima relazione del Ministero della Giustizia e una rilevazione statistica elaborata da Alberto Vigani per l`Oua su questo istituto - da non confondere con il difensore d`ufficio, che è invece un avvocato nominato dallo Stato (ma pagato poi dall`imputato) al solo scopo di assicurare la difesa tecnica a chi ancora non abbia un difensore di fiducia - mostrano che le persone ammesse al gratuito patrocinio nel penale sono aumentate dalle 97.95o del 2007 alle 153.00o del 2014, ad un costo annuale di 88 milioni (sceso da un picco di quasi 101 milioni nel 2013 perché la penultima legge di stabilità ha ridotto di un terzo le liquidazioni).

Nel civile, invece, dove si è partiti più a rilento che nel penale (35,1% dei fondi contro il 71% di Francia e Germania), sono arrivate a beneficiarne m.800 persone nel 2013 e 124.000 l`anno scorso, per un costo di 53,8 milioni nel 2014 contro i 25,2 del 2007 (pur diminuito del 9% rispetto a 12 mesi fa).

PARCELLE DIMINUITE. A tratti, in passato, il gratuito patrocinio, specie nei processi-fantasma agli imputati stranieri "irreperibili", ha rischiato di scolorare in corporativo ammortizzatore sociale della fascia di avvocati meno capace di stare da sola sul mercato: ma negli ultimi tempi l`aumento della specializzazione dei legali e dunque della qualità anche di queste difese, sommato al congelamento normativo degli inutili processi agli imputati "irreperibili", hanno ridimensionato questa criticità.

Alla quale la ricerca dell`Oua oppone peraltro il diminuito valore delle parcelle medie liquidate agli avvocati: 809 euro nel penale, il 14% meno che nel 2007, senza contare che l`effettivo costo per le casse statali è ancora minore perché il 20% di Iva sulla parcella ritorna all`amministrazione finanziaria dello Stato.

Anzi, per l`assistenza legale ai non abbienti l`Italia spende ancora poco, cioè 2,67 euro pro capite: non soltanto 20 volte meno di alcune nazioni del Nord Europa, ma soprattutto tre volte meno della media dei Paesi del Consiglio d`Europa (7,50 euro pro capite), o la metà di nazioni comparabili come Germania e Francia (4,20 e 5,60 euro).


(Da “Sette” – Il Corriere della Sera del 9.10.2015)

Padre non versa mantenimento, condanna se non dimostra indigenza

Cass., VI sez. Penale, sent. 39851/2015

Nonostante la situazione lavorativa "precaria" e saltuaria, è confermata la condanna a tre mesi di reclusione ed euro 260,00 di multa per il padre che si sottrae all'obbligo di versamento  dell'assegno di mantenimento.

I giudici della Corte di Cassazione, VI sez. penale, hanno così deciso nella sentenza n. 39851/2015 sul ricorso di un uomo che aveva omesso di versare l'assegno di mantenimento (dell'importo di euro seicento mensili) nei confronti di moglie e figli nell'intero arco temporale ricompreso fra l'agosto 2008 e l'aprile 2009, salvo un parziale adempimento per la somma di euro 640,00.

Il ricorrente precisa di non aver avuto alcuna volontà di sottrarsi all'obbligo di versamento del mantenimento, per non ha potuto provvedervi per oggettiva impossibilità considerando la precarietà delle sue condizioni di lavoro e della indisponibilità di un reddito costante nel tempo.

In aggiunta l'uomo afferma di aver comunque provveduto all'acquisto di generi di prima necessità e di un mezzo di trasporto per consentire gli spostamenti dei propri figli.

Per gli Ermellini il ricorso è tuttavia inammissibile, poiché teso ad una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali già svolte nei precedenti gradi di giudizio.

La Suprema Corte ritiene puntuale la ricostruzione svolta in merito, poiché esattamente i giudici hanno posto in rilievo il dato oggettivo che l'imputato, benché svolgesse attività lavorativa, sia pure in modo saltuario, ha fatto mancare con la sua condotta i mezzi di sussistenza alla coniuge ed ai tre figli minorenni, non essendo la persona offesa in grado di provvedere alle molteplici esigenze di un nucleo familiare composto di quattro unità.

Alla stregua delle rappresentate emergenze probatorie, dunque, deve ritenersi che l'impugnata pronuncia abbia fatto buon governo del quadro di principi che regolano la materia in esame ove si consideri che, in caso di mancato pagamento di quell'assegno, la tutela penale prescinde dalla prova dello stato di bisogno dell'avente diritto e che l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti fissati insede civile, deve essere assoluta, integrando una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.

Nel caso in esame, l'imputato non ha offerto alcuna dimostrazione di versare in una situazione di assoluta ed incolpevole indigenza, sì da rendere materialmente impossibile l'ottemperanza alle relative statuizioni civili.

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, d'altronde, incombe sull'interessato l'onere (nel caso in esame non soddisfatto) di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, del tutto inidonee dovendosi ritenere, a tal fine, la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà.

Il ricorso è inammissibile e il ricorrente è tenuto anche al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.


Lucia Izzo (da studiocataldi.it del 5.10.2015)

mercoledì 7 ottobre 2015

Legali, illeciti da dettagliare

La sentenza del Consiglio nazionale forense
sul principio della tendenziale tipizzazione
Sanzioni precise e comportamenti sempre classificati

Il comportamento illecito dell'avvocato va sempre classificato e sanzionato con precisione. Anche se l'illecito disciplinare non è espressamente previsto dal codice deontologico. Lo chiarisce una sentenza del Cnf (n. 137/2015 depositata il 18 settembre scorso), che ha definito alcuni passaggi tra il vecchio e il nuovo codice con riguardo al principio della «tendenziale tipizzazione» degli illeciti disciplinari contenuto nella legge professionale. In particolare, il riferimento è all'art. 3, comma 3 della legge n. 247/2012, secondo il quale l'illecito non può essere classificato esclusivamente come fatto tipico astratto e non può nemmeno essere limitato alle sole ipotesi previste dal codice deontologico. Tale sistema misto, afferma il Cnf, è regolato dall'insieme delle norme che dettano principi utili per circoscrivere il perimetro ordinamentale all'interno del quale deve essere ricostruito l'illecito disciplinare non tipizzato definendo la sua configurazione, la sua portata e le conseguenze che ne derivano, anche in assenza dell'espressa previsione della condotta e dell'indicazione della relativa sanzione. Il riferimento è a norme di natura primaria (artt. 3 c. 3, 17 c .1, e 51 c. 1 della legge 247/2012) e di natura secondaria (artt. 4 c. 2, 20 e 21 del codice deontologico). Tali fonti normative e regolamentari, si legge nella sentenza, «sono idonee a consentire la coesistenza, nell'ambito disciplinare, della matrice tipica con quella atipica dando certezza di criteri precisi, non derogabili, nonaleatori e non discrezionali che permettono di avere in ogni caso piena contezza della incolpazione e delle sue conseguenze e che, senza necessità di operare alcuna trasmigrazione di norme penali, assicurano nell'ambito disciplinare quella garanzia che altrove è data dalla tipicità penalistica». «L'approccio del nuovo codice deontologico al problema della individuazione della sanzione», continua la sentenza, «ha dovuto quindi essere coerente con tale impostazione riservando al garantismo un'attenzione che non avrebbe potuto, comunque, prescindere dall'ineludibile apporto della copiosa e consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito formatasi negli anni». Il Cnf richiama poi la sentenza delle sezioni unite della Cassazione (n. 9057/2009), secondo la quale «in tema di illeciti disciplinari, stante la stretta affinità delle situazioni, deve valere il principio in tema di norme penali incriminatrici a forma libera, per le quali la predeterminazione e il criterio dell'incolpazione viene validamente affidato a concetti diffusi e generalmente compresi nella collettività in cui il giudice disciplinare opera». Tali concetti diffusi «fanno parte del diritto disciplinare e devono essere utilizzati per classificare e sanzionare quei comportamenti illeciti non espressamente previsti dal codice deontologico». 


Gabriele Ventura (da Italia Oggi del 7.10.2015)

lunedì 5 ottobre 2015

“Ufficio del processo” a supporto dei giudici

Una struttura che supporterà il lavoro del magistrato, e che permetterà di migliorare la qualità del servizio giustizia. L'ufficio del processo, con gli ultimi decreti firmati dal guardasigilli, Andrea Orlando, diventa una realtà, proponendo una nuova organizzazione negli uffici giudiziari, con una particolare attenzione anche all'uso delle risorse informatiche e di innovazione. A presentare l'ufficio del processo è stato ieri il guardasigilli, Andrea Orlando: «Se ne parla da molti anni», ha dichiarato il ministro, «sappiamo che per arrivare alla piena potenzialità di questo strumento bisogna investire ancora, ma oggi questa struttura a supporto del giudice inizia ad essere realtà e va salutata favorevolmente». L'ufficio del processo sarà composto da diverse figure professionali: magistrati onorari, tirocinanti laureati (giovani che vogliono entrare in magistratura e praticanti avvocati), personale amministrativo, magistrati ausiliari per le Corti d'appello e i tirocinanti che hanno svolto stage. Per il nuovo staff a supporto delle toghe sono stati stanziati 17 mln di euro: 8 mln, provenienti dal Fondo unico giustizia, per borse di studio a favore dei tirocinanti laureati; 7,8 mln per stage di perfezionamento in cancelleria, 800 mila euro per sviluppare la consolle dell'assistente (un applicativo informatico con il quale l'assistente può mettere a disposizione del magistrato ricerche, appunti, bozze di documenti) e implementare la banca dati della giurisprudenza di merito, e 1 mln per nuovi computer, con cui sarà possibile la gestione amministrativa dei tirocinanti nonché consolidare gli strumenti informatici. Alle risorse già stanziate si aggiungeranno 5 mln provenienti dai fondi europei del Pon Governance. L'ufficio del processo è già stato sperimentato in alcune realtà italiane, prime fra tutte Milano e Firenze: «Le prime sperimentazioni», ha sottolineato Orlando, «hanno fatto registrare una riduzione delle pendenze di circa il 15% () Tutti gli investimenti per migliorare le performance del processo ci consentiranno dei risparmi in termini di riduzioni di penali che paghiamo per la legge Pinto».

(Da Italia Oggi del 3.10.2015)