lunedì 19 ottobre 2015

Processi troppo lunghi, stretta sui risarcimenti

Per il settore risparmi stimati per 30-35 milioni

Passa anche per un restyling della legge Pinto la cura dimagrante degli stanziamenti alla Giustizia, prevista con la legge di Stabilità e stimata in 30-35 milioni di euro. L’articolo 56 introduce una serie di paletti per chiedere l’indennizzo da irragionevole durata del processo (civile, penale, amministrativo, contabile) e fissa il minimo (400 euro) e il massimo (800 euro) degli importi che lo Stato è tenuto a liquidare per ogni anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo (somme diminuite del 20 o 40% quando le parti del processo sono, rispettivamente, più di 10 o di 50). Una stretta, insomma. Non solo. L’articolo 43 (che riduce una serie di spese dei ministeri) taglia invece le indennità dovute a giudici di pace, giudici onorari aggregati, giudici onorari di Tribunale e viceprocuratori onorari, «in modo da assicurare risparmi non inferiori a 6.650.275 euro per il 2016 e a 7.550.275 euro a decorrere dal 2017». Ridotto, poi, di 4 milioni il Fondo per la mobilità del personale amministrativo, che dovrebbe consentire di coprire entro fine anno 1.031 posti e altri 2mila nel 2016 (su un totale di 9mila scoperture).

Sarà dunque meno facile chiedere il risarcimento del danno per l’eccessiva durata dei processi; il che forse consentirà di ridurre anche l’enorme mole delle cause-Pinto pendenti presso le Corti d’appello, la cui durata è spesso “irragionevole”.

Costituisce infatti condizione di ammissibilità per la domanda di «equa riparazione» l’aver esperito i «rimedi preventivi» all’irragionevole durata del processo, previsti dal nuovo articolo 1 bis della legge. Nel civile, ad esempio, bisognerà aver chiesto di passare dal rito ordinario a quello sommario entro l’udienza di trattazione o, comunque, almeno 6 mesi prima che sia decorso il termine di ragionevole durata (3 anni in primo grado e in altrettanti in appello). Così nel penale, è previsto che le parti possono depositare l’istanza di accelerazione sempre sei mesi prima della scadenza del termine ragionevole (3 anni in primo grado; due in appello) o due mesi prima se il giudizio è in Cassazione.

Strada sbarrata al risarcimento, quindi, se il «rimedio preventivo» non è stato esperito correttamente e anche in un’altra serie di casi, tra cui «l’abuso dei poteri processuali che abbia determinato un’ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento». Inoltre, si introduce una serie di ipotesi in cui «si presume insussistente, salvo prova contraria, il pregiudizio da irragionevole durata del processo». E tra queste figura anche l’intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all’imputato, poiché si presume, appunto, che se l’eccessiva durata ha portato alla prescrizione, quest’ultima rappresenti già un vantaggio per l’imputato. Adempiuti vari obblighi di documentazione previsti dalla nuova disciplina, entro sei mesi lo Stato dovrà pagare, «ove possibile», per intero, ma «nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio».

La norma transitoria ovviamente esclude dall’obbligo del «rimedio preventivo» (condizione di ammissibilità della domanda di indennizzo) i processi in corso nei quali, al 31 ottobre 2016, non ci sia più il tempo utile per esperirlo.


Donatella Stasio (da Il Sole 24 Ore del 19.10.2015)