lunedì 30 settembre 2013

ESAMI AVVOCATO, DOMANDA ON LINE



Da quest’anno la domanda di partecipazione all’esame di abilitazione alla professione di avvocato deve essere compilata on-line, previa registrazione, all’indirizzo internet www.giustizia.catania.it utilizzando la procedura alla quale si accede dal link a destra della pagina “Esami di Avvocato”.
L’istanza, per avere valore legale, deve poi essere presentata in bollo, con la documentazione prevista, all’ufficio segreteria degli esami di avvocato dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 12.
La suddetta procedura, in prospettiva, produrrà anche per i candidati notevoli vantaggi, che l’Ordine si riserva di illustrare man mano che verranno attivate le varie funzionalità.

REFERENDUM CONTRO LA DEMOLIZIONE DEI TRIBUNALI



Sono nove le regioni che chiedono
un referendum abrogativo
sulla geografia giudiziaria

Un segnale politico forte, il Governo non può guardare dall'altro lato. In questo modo l'Organismo Unitario dell'Avvocatura-Oua, la rappresentanza politica degli avvocati italiani, sottolinea la decisione dei consigli regionali di Marche, Puglia, Calabria, Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Liguria, di chiedere la convocazione di un referendum abrogativo della legge di riforma della geografia giudiziaria, come previsto dall'articolo 75 della Costituzione. Nicola Marino, presidente Oua, si rivolge al premier Letta e al ministro di Giustizia Cancellieri, «nove regioni, dal nord al sud, con maggioranze di destra e di sinistra e della Lega, tutte unite dalla richiesta di un referendum abrogativo di una riforma pensata male e realizzata peggio. Tutto ciò anche grazie all'iniziativa lanciata a suo tempo dal Presidente dell'Ordine degli avvocati di Avezzano, Sandro Ranaldi, e alla risposta dei consiglieri regionali, che hanno così dimostrato una grande sensibilità e un forte senso di responsabilità». Il presidente dell'Oua, quindi, contesta che questa possa essere definita una “riforma epocale” e critica le previsioni sulle ricadute economiche per il Paese: «Ancora qualche giorno fa Mario Monti sul “Corsera” rivendicava la paternità di questa riforma. All'ex premier, ma anche ai vari editorialisti entusiasti del provvedimento, chiediamo di entrare senza pregiudizi nel merito di quello che sta davvero succedendo. In questi giorni in alcuni tribunali si stanno affittando locali per accogliere quelle sedi distaccate che prima non avevano alcun costo di locazione. Si è passati, quindi, in taluni casi, da un costo zero a circa 600 mila euro l'anno. Dove è il vantaggio economico?» . Marino, quindi, aggiunge: «Dopo aver assistito al balletto delle cifre sui possibili risparmi, con previsioni sempre più al ribasso, abbiamo compreso che in realtà tra sedi da affittare o da ristrutturare e altre nuove di zecca, ma chiuse, il primo impatto del provvedimento è di una decisiva perdita economica. Tutto ciò senza considerare l'aumento dei costi degli atti giudiziari, vista la mancata implementazione in questi anni del processo telematico. In questa lista chiaramente non stiamo mettendo le ricadute economiche per tutti quei funzionari (e avvocati, chiaramente) che saranno costretti a proprie spese a doversi sobbarcare i trasferimenti, nonché le conseguenze sull'indotto e sui servizi dei territori colpiti dai tagli. La verità - continua il presidente Oua - è che questa riforma non piace non solo agli avvocati, ai cittadini e ai sindaci colpiti dal provvedimento, ma anche a quelli che non se sono vittima, perché non si è chiuso ciò che non funzionava, ma si è fatto solo una operazione di tagli lineari». Marino infine ricorda che, «molte operazioni di trasloco non sono state completate e non per le manifestazioni di protesta, ma per disorganizzazione. Molti uffici sono ancora chiusi, le udienze vengono rinviate d’ufficio, gli scatoloni sono sui pavimenti con dentro i fascicoli di procedimenti che riguardano migliaia di cittadini. Si lavora in condizioni precarie e sono a rischio molti processi per prescrizione, per non parlare di code infinite dinanzi alla cancellerie e dagli ufficiali giudiziari. È ora di voltare pagina - conclude - è chiaro il messaggio delle Regioni, che chiedono di ricorrere addirittura allo strumento del referendum abrogativo. È il momento di mettere la parola fine alle polemiche di questi mesi, di aprire una fase di confronto. Certo rimane grave l’atteggiamento della Cancellieri che ha deciso non solo di non rispondere a diverse missive inviate dall’Oua, ma addirittura ha escluso le rappresentanze politiche e istituzionali degli avvocati dalla costituita Commissione ministeriale di monitoraggio. L'avvocatura pretende che si rispetti la legge e quindi di essere consultata sui problemi della giustizia, a partire, appunto, dalla geografia giudiziaria, nell'ottica di un necessario cambiamento. Nessuno crede che la rete dei tribunali possa rimanere così come era, ma non crediamo che questo provvedimento sia lo strumento più adeguato per ottenere risparmi ed efficienza. Si sospenda la riforma, il ministro convochi l'Oua per una riunione urgente».

(Da Mondoprofessionisti del 30.9.2013)

Da domani aumento Iva al 22%



Vista la crisi di Governo, da domani, martedì 1° ottobre scatterà l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% . Questo comporterà che ogni famiglia, in media, pagherà almeno 200 euro in più all’anno. Qui di seguito proponiamo una casistica dettagliata per aiutare i cittadini a capire cosa succederà da domani e come cambieranno le cose.
In base alla legge attualmente in vigore “a decorrere dal 1° ottobre 2013, l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto del 21 per cento è rideterminata nella misura del 22 per cento” (articolo 40, comma 1-ter, decreto legge 6 luglio 2011, n. 98).Dunque, per fermare questo incremento sarebbe necessaria la modifica di questa norma, mediante l’approvazione da parte del Governo di un decreto legge e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, entro martedì prossimo (considerando che i decreti possono entrare in vigore anche il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). Ad ogni modo, visti i tempi e la situazione, il varo di questo decreto legge è da escludere senza ombra di dubbio.
Il Governo potrebbe, comunque, approvare anche successivamente  un decreto legge di “blocco”, ciò non toglie che da domani sia necessario applicare l’aliquota del 22%. Inoltre, possibili blocchi andrebbero gestiti se e quando venisse varato un provvedimento per modificare la norma ricordata nell’ articolo 40, comma 1-ter, decreto legge 6 luglio 2011, n. 98.
Nei registratori di cassa dei commercianti dovrà essere modificata l’aliquota Iva ordinaria ai fini dell’emissione delle fatture fiscali, per le quali l’Iva viene esposta. Per gli scontrini e le ricevute, invece, nel registro dei corrispettivi, dove vanno registrate le operazioni giornaliere, va creata un’apposita colonna, relativa all’aliquota Iva del 22%.
Per quanto riguarda invece l’Iva da applicare agli ordini fatti entro domani, con consegna successiva, si deve considerare la cessione di beni mobili effettuata al momento della consegna del bene, a prescindere dalla data di stipula del relativo contratto od ordine (scritto o verbale), quindi, l’aumento dell’aliquota Iva al 22% sarà valido esclusivamente per le merci consegnate dopo il 30 settembre 2013. Ovviamente, se prima della consegna verrà emessa la fattura o verrà pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l’operazione si considererà effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data della fattura o a quella del pagamento. Dunque, si applicherà l’Iva del 21%, se la fattura o il pagamento avverranno entro il 30 settembre 2013, indipendentemente dal fatto che la consegna avverrà il 1 ottobre.
La nuova aliquota iva, sulle prestazioni di servizi, viene applicata quando si considerano effettuate le prestazioni all’atto del pagamento del corrispettivo; quindi, l’aumento delle aliquote può essere evitato, se il conto viene saldato entro domani, indipendentemente dal fatto che la prestazione sia iniziata o terminata successivamente. Anche in ogni caso, se prima del pagamento viene emessa la fattura, l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data della fattura e si applica l’aliquota Iva in vigore nel momento della fatturazione.
Per quanto concerne gli acconti pagati prima della fornitura, se prima dell’aumento viene pagato un acconto, il fornitore ha l’obbligo di emettere la fattura, applicando l’aliquota Iva del 21% per l’importo incassato. Se la consegna della merce e il pagamento del saldo avverrà il 2 ottobre 2013, la fattura finale dovrà indicare l’Iva del 22% sull’imponibile residuo concordato.
Tra le imprese e i professionisti è più penalizzato chi non può detrarre l’Iva sugli acquisti perché effettua operazioni attive esenti, come ad esempio le banche, le assicurazioni e le strutture sanitarie. Le aziende che esportano (senza Iva), invece, saranno avvantaggiate rispetto a quelle che vendono ai privati, visto che questi ultimi non possono detrarre l’Iva, il loro costo finale di acquisto aumenterà dello 0,8196% da ottobre 2013 (1/122).Per gli esportatori abituali l’Iva a credito aumenterà, in quanto faranno più fatica a detrarre l’aumentata Iva sugli acquisti con la poca Iva a debito (le esportazioni sono senza Iva). Questa conseguenza negativa interesserà anche i soggetti Iva che cedono i loro beni con l’aliquota del 4% o del 10%, come ad esempio i bar e i ristoranti (Iva sulla somministrazione del 10%), i quali hanno molti costi con Iva al 22% (ad esempio, l’affitto dell’azienda).
Nell’ambito dei versamenti della cassa di previdenza, l’aumento dell’Iva al 22% non inciderà sulla base imponibile dei contributi integrativi delle Casse professionali (dal 2% al 5%, con rivalsa obbligatoria) o del contributo alla gestione separata Inps (4%, con rivalsa da concordare), calcolati sul compenso e sui rimborsi spese (diversi da quelli anticipati in nome e per conto).

(Da leggioggi.it del 30.9.2013)

«EX TRIBUNALE, LA SEDE RESTI AL COMUNE»

Il sindaco punta a mantenere tre piani
da utilizzare per fini istituzionali
e risparmiare sugli affitti


Vi sono buone possibilità che l'edificio di corso Europa che ospitava la sezione staccata del Tribunale possa restare nella disponibilità del Comune piuttosto che essere adibito, per intero, ad archivio del Tribunale di Catania. Ancora non vi è nulla di definitivo ma, nei giorni scorsi, il sindaco Roberto Bonaccorsi ha visionato i locali di corso Europa insieme al presidente del Tribunale di Catania Bruno Di Marco.

E' stata accertata la valenza di quanto messo a disposizione del Tribunale da parte dal precedente sindaco Teresa Sodano ed è stato verificato che la disponibilità data riguarda solo i locali adibiti ad archivio nell'edificio di corso Europa. Il sindaco e il presidente del Tribunale hanno quindi verificato chi aveva fatto l'investimento per la costruzione dell'edificio di corso Europa ed è emerso che l'immobile appartiene al Comune di Giarre.

Il sindaco ha inviato un'apposita comunicazione al presidente del Tribunale. «Il mio auspicio era quello di avere ancora il Tribunale a Giarre e di questo ne sarei stato ben felice - ha spiegato il primo cittadino - ma se, purtroppo, questo non è possibile è meglio usare quei locali piuttosto che lasciarli in disuso: sarebbe uno spreco. Comunque, tutti i prossimi passi saranno concordati con il presidente del Tribunale».

Tolta l'area riservata ad archivi ciò che si dovrà definire è la destinazione del parcheggio sotterraneo, del piano terra e del primo piano dell'edificio di corso Europa. Per quanto sarà possibile, il sindaco intende utilizzare questi locali per finalità istituzionali e per ridurre i fitti passivi. Tra i locali affittati del Comune figurano ancora l'ufficio del Giudice di pace, sito in via Veneto angolo corso Lombardia, il cui canone annuo è di circa 18mila euro, e gli uffici della sezione circoscrizionale per l'impiego, sito in via Veneto 63/75 e il cui canone anno è di circa 37mila euro. Tra l'altro questi due uffici si trovano nelle vicinanze dell'edificio che ospitava l'ex tribunale e quindi anche per l'utenza non vi sarebbero grossi cambiamenti. Ancora non è detta l'ultima parola ma questi primi segnali sono promettenti.


Maria Gabriella Leonardi (da La Sicilia del 28.9.2013)

domenica 29 settembre 2013

Dal diritto alla vita al diritto alla felicità

“I fiori della valle nascono dall’affetto del sole e dalla passione della natura, e i bambini sono fiori d’amore e tenerezza” (da “Ali spezzate” di Kahlil Gibran). I figli hanno diritto a fiorire e rifiorire.
“Io sono invece convinto che l’essere umano ha la possibilità di godere di molteplici fioriture, fisiche e spirituali, nel corso della sua esistenza e che dobbiamo far di tutto perché noi e i nostri simili possiamo esprimere questo potenziale” (lo psicoterapeuta Fulvio Scaparro).
Per raggiungere quest’obiettivo, la filosofa statunitense Martha Nussbaum propone la pratica di un insieme di abilità/virtù che, in una sorta di decalogo, ben si adattano al percorso di crescita delle persone minori d’età.
Vita, “ovvero essere in grado di vivere una vita di lunghezza non marcatamente inferiore alla media”. La vita, di cui più si parla nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 (cosiddetta Convenzione di New York), nel suo Preambolo e negli artt. 6, 16, 23, 27, 29, 30, 31. “Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto innato alla vita. Gli Stati parti si impegnano a garantire nella più alta misura possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo” (art. 6 Convenzione). Di questo devono avere consapevolezza dapprima gli adulti per, poi, educare i bambini alla vita. La vita appartiene ai bambini: emblematiche a tale proposito le locuzioni “sua vita privata” (art. 16 par. 1 Convenzione) e “propria vita culturale” (art. 30 Convenzione). È bene che il bambino si appropri della vita per non sciuparla in futuro; deve essere aiutato a trovare la fiducia nella vita e a riflettere sul senso della sua vita (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance di giugno 2007).
Salute fisica, “vale a dire essere in salute, ben nutriti, adeguatamente vestiti, in grado di avere una soddisfacente vita sessuale”. Tutelare la salute è dare futuro, come si legge nel paragrafo “Entrare nel futuro” della Carta di Ottawa per la promozione della salute (novembre 1986) e nel quarto punto del documento programmatico europeo “Salute 21 – Salute per tutti nel 21° secolo” (marzo 1999): “La salute dei giovani – creare le condizioni per una migliore salute dei giovani, quale premessa indispensabile per un inserimento attivo e proficuo nella società”.
Integrità fisica, “ovvero essere in grado di evitare inutili sofferenze fisiche o mutilazioni, vivere in un ambiente sicuro e non essere oggetto di alcun tipo di violenza”. Di quest’aspetto la Convenzione di New York si occupa in più articoli, in particolare nell’art. 19 par. 1 si legge: “Gli Stati parti adotteranno ogni misura appropriata di natura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per proteggere il fanciullo contro qualsiasi forma di violenza, danno o brutalità fisica o mentale, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, inclusa la violenza sessuale, mentre è sotto la tutela dei suoi genitori, o di uno di essi, del tutore o di chiunque altro se ne prenda cura”. Pure nell’art. 36 della Convenzione si legge: “Gli Stati parti devono proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento pregiudizievole a qualsiasi aspetto del suo benessere”.
Sensi, immaginazione e pensiero, “quindi essere in grado di usare i propri sensi, di immaginare, di pensare liberamente, di ragionare sulle basi di un’educazione adeguata”. Vita, salute fisica e integrità fisica costituiscono l’individualità fondamentale per lo svolgimento della personalità che si manifesta quando il singolo esercita i propri diritti nelle formazioni sociali (art. 3 Costituzione). Sensi, immaginazione e pensiero sono quella libertà di pensiero, di coscienza e di religione nel cui esercizio i genitori, o altre figure adulte di riferimento, hanno il diritto e il dovere di guidare il fanciullo in modo consono alle sue capacità evolutive (art. 14 Convenzione di New York).
Emozioni, “espresse dall’essere in grado di provare piacere o dolore, amare, provare gratitudine o compassione”. Le emozioni costituiscono la prima e diretta esperienza che i bambini fanno del mondo e delle relazioni con le persone che li circondano, dal primo vagito alla suzione del latte materno. “I bambini hanno diritto ad essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze” (dal punto n. 3 della Carta dei diritti all’arte e alla cultura del 2011). Emozione è tirare fuori tutto quello che si ha dentro, è quella libertà di espressione del fanciullo di cui all’art. 13 della Convenzione di New York, che si manifesta anche nella libertà di ricercare, ovvero ricercare il proprio sé e la propria strada. In questo fondamentale è l’educazione: “[…] l’educazione deve tendere a promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità” (dall’art. 29 lettera a Convenzione di New York). È fondamentale l’alfabetizzazione emotiva per prevenire i dilaganti malesseri causati dall’analfabetismo emozionale. “Si impara davvero qualcosa attraverso le emozioni. Tutto il resto è informazione” (Albert Einstein).
Ragion pratica, “ovvero essere in grado di avere una propria visione del bene e del giusto, saper dedurre da questa principi e valori”. “L’educazione del fanciullo deve tendere a inculcare al fanciullo il rispetto dei genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del Paese in cui vive, del Paese di cui è originario e delle civiltà diverse dalla propria” (dall’art. 29 lettera c Convenzione di New York). È essenziale che il bambino sappia discernere quel che vale (= valore) per superare ogni crisi (etimologicamente “separazione, scelta, giudizio”), perché questa è la vera crescita. Già nell’art. 7 della Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959 all’art. 7 si parlava di giudizio personale e senso di responsabilità morale e sociale del bambino.
Affiliazione, “essere in grado di vivere con e per gli altri, di intrattenere relazioni e interazioni sociali; essere in grado di unirsi ad altri individui per esprimersi e realizzarsi pienamente”. “L’educazione del fanciullo deve tendere a preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia fra tutti i popoli, gruppi etnici, nazionali e religiosi, e persone di origine autoctona” (dall’art. 29 lettera d Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Altre specie e la natura, “ovvero essere in grado di vivere in armonia con la natura e con le altre specie animali”. “L’educazione del fanciullo deve tendere a inculcare nel fanciullo il rispetto per l’ambiente naturale” (dall’art. 29 lettera e Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Gioco, “capacità di provare gioia, di ridere e di giocare”. “Il bambino deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto” (art. 7 par. 2 Dichiarazione dei diritti del bambino del 1959). Questa formulazione, per quanto apprezzabile alla fine degli anni ’50, trascura la soggettività del bambino e la plurivalenza del gioco che, invece, è stata evidenziata negli atti successivi, dalla Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro del 1967 alla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance del 2007, in cui si legge: “Egli [il bambino] ha diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco, ed anche ad un avvenire professionale”. Il gioco, pertanto, come modo d’essere del bambino stesso, come elemento di vita. Come nei vari significati di “ludus” in latino, da “gioia”, in Livio “ludus aetatis”, “piaceri della giovinezza, gioia dell’amore”, a “scuola” (elementare o dei gladiatori). “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca segnala agli istituti di istruzione primaria e secondaria la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinché gli istituti, nell’ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo” (legge n. 189/2012). Questa previsione legislativa, ed in particolare la locuzione “il senso autentico del gioco”, rimarca la rilevanza del gioco nella formazione e nella vita dei giovani.
Controllo sul proprio ambiente e sulla propria vita, “ovvero essere in grado di non subire indesiderate interferenze nelle scelte personali, in grado di difendere i propri spazi e proprietà”. Il gioco come strumento per partecipare liberamente e pienamente alla vita artistica e culturale: così l’art. 31 della Convenzione Internazionale sui diritti dell’Infanzia. Attraverso il gioco il bambino si sperimenta ed impara le regole del gioco, le regole del più grande gioco che è la vita. Così si avrà il pieno sviluppo della persona umana e la futura partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3 comma 2 Costituzione). Il gioco, come modus vivendi dell’homo ludens, per stare bene con se stessi e con gli altri, come fonte di benessere. “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita, garantendo che la società in cui uno vive sia in grado di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute” (dal paragrafo “Entrare nel futuro” della Carta di Ottawa per la promozione della salute). Da notare che in questa previsione legislativa il gioco è collocato tra il lavoro e l’amore, linfa della vita quotidiana.
Tutto ciò è già insito nel bambino, perché “il bambino possiede in lui importanti risorse” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance). Questa fecondità, questa prosperità è la felicità dell’infanzia (etimologicamente felicità deriva dalla stessa radice di fecondità, feto, figlio), felicità di cui si parla solo negli atti internazionali (Preambolo della Dichiarazione dei diritti del bambino, Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance).
“I bambini sono degli artisti nell’approfittare di ogni occasione per essere felici” (lo scrittore svizzero Robert Walser). La filosofa Nussbaum sostiene che per arrivare ad una soglia minima di rispetto della dignità umana nelle costituzioni, come nelle attività di governo, i diritti vadano sostituiti con la garanzia di “capacità”, con il dispiegarsi cioè di quelle condizioni che rendono un uomo realizzato. È quello che bisogna fare nel salvaguardare e promuovere l’infanzia felice.
“Ogni bambino ci racconta nella sua maniera la bellezza e le ferite della vita e ci richiama così alla nostra responsabilità. La sua nascita rappresenta un’esperienza nuova per l’umanità che gli deve quello che ha di meglio” (dalla Charte du Bureau International Catholique de l’Enfance).
Libertà, felicità, futuro: “Quando una persona è matura? Quando è capace di prendere decisioni libere e feconde” (una psicologa). Sia data questa possibilità ad ogni bambino, persona minore d’età.

Margherita Marzario (da filodiritto.com)

sabato 28 settembre 2013

Regioni sostengono abrogazione geografia giudiziaria

 
Riforma dell'ordinamento giudiziario

e nuova geografia dei tribunali,

Regioni al fianco degli avvocati:

verso il referendum abrogativo?



Giustizia, si rafforza il fronte delle regioni che chiedono un referendum abrogativo della riforma sulla geografia giudiziaria. Nicola Marino, presidente OUA: "Puglia, Marche, Abruzzo, Calabria e Basilicata: si raggiunge così il numero minimo previsto di regioni per indire un referendum abrogativo, e giovedì anche la Campania decide. Il Ministro Cancellieri e il Presidente del Consiglio non possono eludere questa importante novità. Serve una sospensione del provvedimento, necessario un incontro urgente con l'avvocatura". Inoltre, l'OUA scrive al Ministro affinchè si attivi con urgenza la commissione di monitoraggio della riforma con la presenza dell'OUA in rappresentanza dell'avvocatura.


(Comunicato stampa OUA 24.9.2013)

venerdì 27 settembre 2013

CF: Iscritti no, iscritti sì, iscritti ... forse!


Eravamo stati facili vate.

La legge 247/2012, certamente una conquista per l'Avvocatura italiana che ha visto, finalmente, dopo 80 anni, varata la nuova legge professionale, ha creato e crea dubbi ed incertezze interpretative.

In particolare e, per quanto qui interessa, suscita perplessità l'interpretazione dell'art. 21, co. 8-9-10.

Ed infatti, mentre è pacifico che la Cassa debba, entro un anno dalla entrata in vigore della legge, emanare il regolamento con il quale determinare i contributi minimi dovuti dagli avvocati che non raggiungono i parametri reddituali minimi - (euro 10.300,00) - ed eventuali condizioni di diminuzione o di esenzione, è controverso se detti avvocati (oggi oltre 56 mila) debbano considerarsi iscritti sin dalla data di entrata in vigore della legge (2 febbraio 2013), ovvero se gli stessi debbano considerarsi iscritti dopo l'emanazione del regolamento di cui all'art. 21 comma 9.

Entrambe le tesi hanno una loro ragione ed una loro giustificazione, ma la soluzione non è né facile, né semplice, anche perché la scelta comporta una notevole incidenza per gli iscritti (tanto per citarne una: se si è iscritti dal 2 febbraio i 56 mila dovranno certamente versare i contributi da detta data; se invece l'iscrizione avverrà contestualmente all'emanazione del regolamento e costoro, conosciute le regole del gioco - alias l'entità dei contributi che dovranno versare - potranno decidere entro un lasso di tempo, i contributi dovranno essere versati solamente da coloro che hanno fatto una scelta positiva).

Il Comitato dei Delegati, organo sovrano all'emanazione del regolamento ex art. 21 co. 9, composto da 80 Avvocati in rappresentanza dei Distretti Italiani, sin dalla emanazione della L. 247/2012, ha iniziato un confronto serio, competente, ragionato, per addivenire alla migliore soluzione ed alla emanazione di un regolamento che tenga conto del tenore letterale e della ratio della legge, ma principalmente della difficoltà economica dei 56 mila che guadagnano meno di 10.300,00 euro. E tale confronto sta facendo, dopo aver sentito tutta l'avvocatura, istituzionale ed associativa in ben due incontri e dopo aver predisposto una bozza del regolamento medesimo, già sottoposto all'attenzione ed ai suggerimenti di tutta l'avvocatura, e dalla stessa unanimemente condiviso, quanto meno nella impostazione generale.

Tale confronto, necessariamente, si è dovuto interrompere, a seguito della scadenza del Comitato dei Delegati e delle votazioni per il rinnovo dello stesso, avvenute nei giorni dal 9 al 19 settembre.

Ma proprio tale competizione elettorale ha riproposto la problematica.

In particolare due associazioni (l'AIGA e l'Agifor), sostenendo la tesi secondo la quale sin dal 2 febbraio 2013 (data di entrata in vigore della L. 247/2013), tutti gli avvocati iscritti all'Albo sono, parimenti, iscritti alla Cassa, hanno richiesto al Giudice di accedere alla detta tesi e, conseguenzialmente di ammettere al voto per il rinnovo del Comitato dei Delegati, tutti gli avvocati iscritti all'albo e, quindi, anche i 56 mila al di sotto del parametro reddituale.

Il risultato che si è avuto, a conferma dei dubbi e perplessità interpretative manifestate sin dall'inizio, è stato, pur nell'unanime rigetto del ricorso, sia da parte del Giudice monocratico, sia da parte del Giudice Collegiale in sede di reclamo, una diversa e contrapposta visione contenuta nella parte motiva delle ordinanze in menzione.

Ebbene, mentre il giudice monocratico sostiene che "... osta all'interpretazione offerta in ricorso la portata stessa dell'art. 9, in quanto non sarebbe ragionevole considerare iscritto ad una cassa di previdenza alcun soggetto senza prima aver disciplinato le conseguenze di tale iscrizione, con particolare riferimento alla determinazione dei parametri finalizzati all'individuazione degli oneri economici gravanti sugli assicurati, posto che non potrebbe esservi iscrizione alla cassa senza il versamento dei contributi dovuti ...", il Giudice del reclamo sostiene, a contrario, che: "... La formula adottata dall'art. 21, comma 8, della L. 247/2012, appare, invero, pregnante nello stabilire la contestualità dell'iscrizione del professionista, all'albo ed alla Cassa, introducendo un principio di forte novità rispetto al sistema anteatto, ancorché "politicamente" possa certo alimentare dibattiti nel ceto forense. Non sfugge, infatti, che pur prevedendo la stessa novella che la cancellazione dell'albo del professionista, per difetto dei requisiti dell'esercizio professionale non può dipendere dal reddito prodotto, nel contempo sancisce che l'avvocato, solo perché tale, deve versare un contributo previdenziale quantomeno minimo, essendo automaticamente ed in via esclusiva iscritto alla Cassa, ai sensi dell'art. 21 comma 8. Sicché onde sottrarsi a tale onere, potrebbe solo cancellarsi dall'Albo rinunciando alla professione."

Continua, ancora, il Giudice del reclamo, nella articolata motivazione dell'ordinanza, che la mancata individuazione, allo stato, del contributo minimo da versare, (da stabilire con l'emanando regolamento ex art. 21 co. 9), non sarebbe ostativa a ritenere tutti gli avvocati iscritti all'Albo anche iscritti alla Cassa a decorrere dal 2 febbraio 2013, sia perché "... la Cassa potrebbe pur sempre recuperare i contributi nelle more non versati, in base al regolamento poi emanato...", sia, ancora, perché, ad avviso del Giudice del reclamo, "In ogni caso ben potrebbe sopperire la disposizione transitoria dell'art. 65, con la richiesta nelle more ai nuovi iscritti (che non decidano di cancellarsi dall'albo) dei contributi minimi previsti dalla normativa ancora vigente, e salvo conguaglio una volta adottato dalla Cassa il nuovo regolamento ...".

Come può evincersi, le motivazioni contenute nelle richiamate ordinanze, ancorché antitetiche, appaiono, certamente, valide, sensate e ragionevoli. Ma quel che rimane è l'incertezza interpretativa ed i dubbi dell'art. 21 co. 8,9 e 10.

L'Avvocatura nel futuro dovrà decidere se demandare l'interpretazione al Giudice sulla decisione dei vari ricorsi che potranno essere presentati, ovvero demandare la decisione ai loro rappresentanti distrettuali facenti parte del rinnovato Comitato dei Delegati che continuerà il confronto per la redazione ed emanazione del regolamento ex art. 21 co 9, come nei suoi compiti statutari, tenendo conto della realtà economica di 56 mila avvocati che hanno un reddito inferiore a 10.300,00 euro.

Allo stato questi 56 mila colleghi sono: iscritti no, iscritti sì, iscritti ...forse!

Santi Geraci – Cons. d’Amministrazione di C.F. (da cassaforense.it n. 8/13)

Mediazione e processo: un’armonia ritrovata?



Il ‘‘Decreto Fare’’ (d.l. nr. 69/2013) ha reintrodotto
 ‘‘l’obbligo di mediazione’’. 
Breve analisi delle nuove norme

Con la pubblicazione del cd. ‘‘Decreto Fare’’ (d.l. nr. 69/2013), nella G.U. del 20.08.2013, è stato reintrodotto ‘‘l’obbligo di Mediazione’’ – per determinate materie.
Si riportano di seguito i passaggi più significativi del Decreto in quaestio:
    ‘‘Mediazione: … accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa’’ (ex Capo I, art. 1);
    ‘‘(la) Mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale …’’ (ex Capo II, art. 5, comma 1bis);
    ‘‘… le parti devono partecipare con l’assistenza dell’Avvocato’’ (ex Capo II, art. 8, comma 1);
    ‘‘… l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi Avvocati costituisce titolo esecutivo … . Gli Avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico’’ (ex Capo II, art. 12, comma 1);
    ‘‘gli Avvocati iscritti all’Albo sono di diritto mediatori …’’ (ex Capo III, art. 16 comma 4bis).
Ebbene, le disposizioni testè citate non fanno altro che ‘‘porre in luce’’ o meglio ‘‘porre in pratica’’ un nuovo concetto di giustizia.
Più specificatamente, l’istituto giuridico della mediazione – così come strutturato – pare voglia ‘‘ampliare’’ la propria direzione, andando a ‘‘soddisfare’’ e dunque ‘‘garantire’’ ai cittadini un concetto esteso di tutela.
Dalle neo-disposizioni, infatti, emerge un nuovo ruolo dell’accordo (tra le parti), il quale non detiene più l’unica funzione di raggiungere una ‘‘soluzione partecipata e condivisa’’ (in qualche modo, libera ed autodeterminata) alla lite ma si fa garante di una ‘‘valutazione tecnico-giusta’’ del caso controverso già in fase pre-processuale – ovvero nella fase propedeutica o alternativa al giudizio (rispettivamente, in base al risultato negativo o positivo della Mediazione stessa).
A tal preciso riguardo, diviene fondamentale ‘‘la professionalità’’, ‘‘la validità’’ degli operatori giuridici (obbligatoriamente) preposti, ovvero degli Avvocati – detentori di quella giusta preparazione che solo un esperto di diritto può avere.
Questi ultimi, infatti, sono chiamati ad ‘‘assistere’’ al meglio il proprio cliente già (!) nella fase pre-processuale – consigliando la parte sulla scelta della migliore, giusta soluzione.
Il legale è chiamato dunque:
    sia all’analisi-tecnica della vis contenziosa;
    sia a trovare un equilibrio nella formulazione dell’accordo, in modo che quest’ultimo divenga un appropriato strumento giuridico (conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico).
Insomma, pare si sia giunti al tanto auspicato, necessario coordinamento tra l’attività svolta avanti al mediatore e quella che ha luogo, eventualmente, avanti al giudice – soprattutto in termini di operatori preposti e di diritto positivo.
La nuova mediazione, così come disposta, pare non voglia essere più ‘‘un iter a vuoto’’, o ‘‘un mero tentativo di pace’’, ma intende accogliere un preciso e puntuale fine: garantire alle parti – già in fase pre-processuale – una <<giusta>>, tecnicavalutazione della propria posizione giuridica.
Pertanto, rispetto a chi oggi si interroga sul ruolo della mediazione – domandandosi ‘‘qual è il senso di rendere obbligatorio l’uso della mediazione?’’
Si può provare a rispondere dicendo che la mediazione non è più una mera parentesi ibrida ma è già diritto positivo/obbligo e dunque è già giustizia.

Giovanna Cuccui (da leggioggi.it del 27.9.2013)

In arrivo gli avvocati romeni

 
Gli avvocati romeni potranno essere iscritti

nella sezione speciale dell'albo nazionale

solo se hanno acquisito il titolo

dall'unica autorità romena competente (UNBR)



Il Cnf ha inviato ieri ai Consigli dell’Ordine la circolare 20-C-2013, che chiarisce le condizioni alle quali possono essere accettate le domande di iscrizione all’albo speciale degli avvocati stabiliti che provengano dalla Romania.  Il chiarimento si è reso necessario dopo che erano stati segnalati (anche all’Ambasciata italiana a Bucarest) numerosi casi di richieste di iscrizione pervenute da avvocati che avevano acquisito il titolo di avocat presso strutture non autorizzate a rilasciarlo. La circolare puntualizza che l’unico titolo di avocat che può costituire base per la iscrizione nell’elenco speciale degli avvocati stabiliti è quello rilasciato dalla U.N.B.R. (Uniunea Nationala a Barourilor din Romania, con sede in Palatul de Justitie. E non certo quello proveniente da altre strutture operanti nel territorio romeno. Una prassi grave questa, che insieme alla “via spagnola” (acquisizione del titolo di abogado da parte di cittadini italiani, poi riconosciuto in Italia senza sostenere l’esame di abilitazione), ha permesso a molti soggetti di esercitare la professione forense in Italia senza superare l’esame di abilitazione, con gravi conseguenze per la effettiva e corretta tutela dei diritti dei cittadini che si affidano ad avvocati non qualificati. “Occorre vigilare attentamente sui pericoli di un utilizzo troppo disinvolto della normativa comunitaria si possono verificare infatti ipotesi di “abuso del diritto” che devono essere riconosciute ed evitate, a tutela degli stessi cittadini della Unione europea. La positiva apertura dei mercati deve tener conto necessariamente anche di interessi superiori a quelli economici, come la tutela dei diritti e l’affidamento che i cittadini ripongono nella preparazione e nella qualificazione dei professionisti e degli avvocati a cui si rivolgono”, commenta Andrea Mascherin, consigliere segretario del Consiglio Nazionale Forense. “È necessario quindi che le autorità competenti, di governo e non, rifuggano da interpretazioni erronee e non di rado ideologicamente orientate che non favoriscono l’economia ma in compenso danneggiano i cittadini”.  Con la circolare, il Cnf ha trasmesso una nota del ministero della Giustizia-Dipartimento per gli affari di giustizia (Oggetto: iscrizione nella sezione speciale dell’albo degli avvocati stabiliti provenienti dalla Romania-Dlgs n.96/2011), nella quale si ricostruisce la normativa e si specifica appunto qual è l’unica autorità romena deputata a riconoscere il titolo di avocat, che potrà così essere riconosciuto in tutti i Paesi della Ue. La U.N.B.R. (Uniunea Nationala a Barourilor din Romania, con sede in Palatul de Justitie), indicata dalla Romania nei rapporti intercorsi con il Ministero della Giustizia è “ l’unica autorità competente a operare in questa materia attraverso il sistema di cooperazione tra autorità degli stati membri dell’Ue denominato IMI”.  Niente a che vedere, dunque, con la quasi omonima U.N.B.R. Struttura Bota, presso la quale è invalsa nei mesi scorsi la prassi di rilasciare titoli di avvocato ai fini dello stabilimento in Italia. La circolare Cnf, sulla base della legge forense che affida al Consiglio nazionale il compito di promuovere attività di coordinamento e di indirizzo dei Consigli dell’Ordine al fine di rendere omogenee le condizioni di accesso e di esercizio della professione, invita gli Ordini circondariali, nel rispetto della loro autonomia in relazione alla tenuta degli Albi, ad adeguare le prassi amministrative in essere alle indicazioni fornite dal Ministero; tenendo conto anche del fatto che le iscrizioni di avvocati stabiliti provenienti dalla Romania iniziano infatti ad assumere una proporzione significativa, come risulta dalla segnalazioni pervenute al Cnf in risposta alla richiesta di dati effettuata con la circolare 10-C-2013. Occorrerà dunque che gli Ordini circondariali provvedano alla verifica tempestiva della sussistenza dei requisiti di iscrizione nella sezione speciale dell’albo dei soggetti che abbiamo presentato il titolo abilitativo romeno, procedendo se necessario alla cancellazione dei soggetti precedentemente iscritti sulla base del titolo concesso da istituzioni non competenti ai sensi della legge romena. Circa le nuove iscrizioni, occorrerà procedere agli opportuni controlli anche chiedendo informazioni alle competenti autorità romene.


(Da Mondoprofessionisti del 26.9.2013)

“Assente per malattia” su albo pretorio viola la privacy

 
Cass. Civ. Sez. I, Sent. 1.8.2013, n. 18980



La Cassazione ha stabilito che gli enti locali possono trattare dati di carattere personale anche sensibile e giudiziario solo per svolgere le rispettive funzioni istituzionali. Si commette illecito se si effettua il trattamento di un dato che risulti eccedente le finalità pubbliche da soddisfare.

Nel caso in esame, un’amministrazione comunale aveva pubblicato nell’Albo Pretorio e sul sito internet istituzionale dati personali di un proprio dipendente relativi allo stato di salute nonché alla pendenza tra le parti di procedure giudiziarie aventi ad oggetto il “mobbing”. Per scrupolo, vale la pena riportare la definizione di mobbing contenuta nella pronuncia in questione: “il termine “mobbing” definisce “una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità”.

I giudici di merito hanno ritenuto che fossero stati rispettati i principi di pertinenza e necessità, coerentemente a quanto stabilito dall’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 196/2003 (“Codice Privacy”), e che non fossero stati diffusi dati riguardanti lo stato di salute del dipendente ovvero dati giudiziari.

La Cassazione ha cassato la pronuncia del Tribunale e, con riferimento ai dati sensibili, ha stabilito che costituisce diffusione di un dato sensibile quello relativo all’assenza dal lavoro di un dipendente a causa di malattia. La “salute”, infatti, è definibile come stato di benessere fisico e di armonico equilibrio psichico, in quanto esente da malattie, da imperfezioni e disturbi organici o funzionali. Di conseguenza, la dicitura “assenza per malattia” costituisce diffusione di un dato sensibile, in quanto contenuta in documenti pubblicati e consultabili da un numero indeterminato di soggetti (articolo 4, comma 1,lettere m), Decreto Legislativo n. 196/2003).

In conclusione, i giudici di legittimità hanno rilevato che le azioni dell’amministrazione comunale configurano un illecito per violazione dell’articolo 22 del Codice Privacy che definisce i principi applicabili al trattamento dei dati sensibili e giudiziari e le norme che i soggetti pubblici devono rispettare nell’utilizzo di tali informazioni.


(Da filodiritto.com)

giovedì 26 settembre 2013

Responsabilità civile e penale: peculiarità e differenze

 
Nel nostro ordinamento giuridico sono due le categorie principali di responsabilità soggette ad analisi dottrinali e giurisprudenziali: la responsabilità civile e la responsabilità penale.



-La Responsabilità civile

La responsabilità civile si può suddividere a sua volta in due tipologie:

    La responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.), che è quella che sorge in capo alle parti stipulanti un contratto, un negozio giuridico (artt. 1321 e ss. c.c.); nello specifico essa concerne le obbligazioni, ossia i diritti e gli obblighi che sorgono in capo alle parti contrattuali (es. il lavoratore che ha stipulato un contratto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., ha l’obbligo di eseguire la

    prestazione nei confronti della controparte contrattuale, il datore di lavoro).

    La responsabilità extracontrattuale da atto illecito ex art. 2043 c.c. che dice che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”; ciò significa che qualunque fatto volontario o commesso con negligenza, imprudenza o imperizia (colpa generica) oppure per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini (colpa specifica) cha causi ad altri un ingiusto danno, rende responsabile colui che lo ha commesso al risarcimento del danno. Proprio dall’enunciato della norma è possibile ravvisare una differenza sostanziale dalla responsabilità penale che risiede nell’atipicità dell’illecito civile.



-La Responsabilità penale

La responsabilità penale è quella che si occupa di determinate azioni od omissioni che configurano nel nostro codice penale un fatto di reato, e più specificatamente un delitto o una contravvenzione; da ciò si evince la tipicità dell’illecito penale.

La sua peculiarità principale definita dall’art. 27 c.1 Cost. è la personalità; ciò significa che per la commissione di una fattispecie di reato, di un delitto o di una contravvenzione, è responsabile solo il soggetto agente, colui che ha commesso personalmente il fatto antigiuridico.

Tra gli elementi strutturali del reato, la colpevolezza consente al giudice penale di accertare la responsabilità penale del soggetto agente partendo, come sappiamo, dal presupposto dell’imputabilità, ossia della capacità di intendere e di volere (capacità naturale); infatti secondo l’art. 85 c.p. “nessuno può essere punito per il fatto, se al momento in cui lo ha commesso non era imputabile”.

Per l’accertamento del presupposto della capacità naturale del soggetto agente, che consentirà successivamente di stabilirne la responsabilità penale, il nostro codice fissa dei limiti di età: secondo l’art. 97 c.p., i soggetti agenti minori di 14 anni sono considerati non imputabili, ossia incapaci di intendere e di volere; per quanto concerne, invece, i soggetti agenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni, l’art. 98 c.p. prevede che sarà il giudice penale discrezionalmente a valutare l’imputabilità al momento della commissione del reato; infine per quanto concerne i soggetti agenti maggiori di 18 anni, la capacità naturale si presume salvo vengano riscontrate patologie mentali come vizi totali o parziali di mente (artt. 88 e 89 c.p.).

-La responsabilità oggettiva: il ruolo svolto in sede civile e i problemi sorti in sede penale

In sede civile come abbiamo visto la commissione di un atto illecito comporta una responsabilità diretta per dolo o colpa (ex art. 2043 c.c.) in capo al soggetto agente; tuttavia qualora quest’ultimo abbia commesso il fatto nello svolgimento delle sue mansioni, anche il datore di lavoro dal quale questi dipende può essere ritenuto responsabile oggettivamente (art. 2049 c.c.).

La responsabilità oggettiva si configura quindi senza dolo e senza colpa.

In sede penale il codice del 1930 prevede una serie di ipotesi di responsabilità oggettiva nelle quali un elemento del fatto o l’intero reato viene imputato al soggetto agente senza che sia necessario l’accertamento del dolo o, almeno, della colpa; tale responsabilità si fonderebbe quindi solo sulla sua oggettiva esistenza.

Si tratta però di una disciplina contraria alla Costituzione, in particolare all’art. 27 c.1 Cost. secondo cui “la responsabilità penale è personale” (principio di colpevolezza); per questo la Corte Costituzionale ha affermato in due sentenze del 1988, e in particolare nella n. 1085/1988, che in ambito penale non è ammessa una responsabilità oggettiva “pura” (senza dolo e senza colpa) in quanto in contrasto con la fonte normativa fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

Nonostante ciò il legislatore non ha ancora provveduto ad eseguire gli opportuni adeguamenti, lasciando aperta la porta a ipotesi di responsabilità oggettiva come:

    responsabilità oggettiva in relazione all’evento

    responsabilità oggettiva in relazione ad elementi del fatto diversi dall’evento

    responsabilità oggettiva in relazione all’intero fatto di reato

Quindi in attesa di un intervento normativo per cercare di ovviare al problema,

il giudice penale deve esaminare le ipotesi sopra citate conformandosi al principio costituzionale ex art. 27 c.1 Cost.; nell’eventualità sarà quindi ammessa solo una responsabilità oggettiva “impura”, che presenti almeno l’elemento giuridico della colpa.


Dario La Marchesina (da diritto.it del 24.9.2013)

mercoledì 25 settembre 2013

Arrivano parametri per gli altri professionisti



Sarà utilizzato in caso di liquidazione

da parte di un organo giurisdizionale

in assenza di accordo scritto tra le parti



È stato pubblicato sulla GU di ieri ed è subito operativo, il Decreto 2 agosto 2013, n. 106, denominato "Regolamento recante integrazioni e modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. (13G00149)" . Il regolamento si applica, per la prima volta, anche alle prestazioni rese dagli iscritti all'Ordine degli Assistenti Sociali e sono elencate nello specifico le tipologie di lavoro svolto dall’Assistente Sociale, relativamente alle diverse aree di intervento. “Finalmente una legge dello Stato – rileva soddisfatta Edda Samory, presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali - recepisce le prestazioni specifiche della Professione di Assistente Sociale”.


(Da Mondoprofessionisti del 25.9.2013)

Perquisizione con nomina difensore, valida anche per atti successivi



Valida anche per gli atti successivi la nomina del difensore fatta senza formalità nel corso di una perquisizione.
A deciderlo è una sentenza della Cassazione (n. 39072 del 23 settembre 2013), con cui i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’indagato contro l’ordinanza del Tribunale che dichiarava inammissibile l’istanza di riesame presentata dal suo avvocato.
L’uomo, indagato per il reato di pornografia minorile, aveva effettuato la nomina in sede di perquisizione e i giudici di merito avevano aderito a quell’orientamento secondo cui la nomina del difensore di fiducia costituisce atto formale che non ammette equipollenti e per la cui validità processuale è necessario il rispetto delle forme e modalità indicate nell’articolo 96, commi 2 e 3, c.p.p., e per questo avevano ritenuto l’indicazione del difensore effettuata nel corso della perquisizione anche perché limitata ad uno specifico atto (la perquisizione) e, conseguentemente, il legale privo di legittimazione in relazione alle successive attività processuali.
Gli ermellini sono di diverso avviso, e hanno chiarito che la nomina del difensore, pur se effettuata senza il puntuale rispetto delle formalità indicate nell’articolo 96 c.p.p., deve ritenersi valida in presenza di atti inequivoci dai quali possa desumersi che la sia avvenuta per facta concludentia.
E, con riferimento alla decisione di merito, così puntualizzano: «andava precisato in modo adeguato il rapporto tra l’atto di p.g. e l’impugnazione che ne è seguita, non essendo condivisibile il ragionamento del Tribunale circoscritto alla riferibilità della nomina esclusivamente alla perquisizione e non anche al successivo sequestro che ne è seguito; da parte del Tribunale è stato, in modo del tutto contraddittorio, spedito avviso di deposito dell’ordinanza impugnata proprio dall’avvocato difensore dell’indagato, quale difensore di fiducia. L’ordinanza va quindi annullata».

Lucia Nacciarone (da diritto.it del 25.9.2013)

Risoluzione e risarcimento nel medesimo giudizio

 
Cass. Civ. Sez. II, Ordinanza  4.7.2013



Oggetto del ricorso in Cassazione è un contrasto nell’interpretazione e applicazione dell’articolo 1453 secondo comma del Codice Civile. Tale norma prevede al primo comma che, in caso di inadempimento di una delle parti in un contratto a prestazioni corrispettive, l’altra parte possa chiedere a sua scelta l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, “in ogni caso”, il risarcimento del danno.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’articolo 1453 del Codice Civile rappresenta una deroga al più generale principio del divieto di “mutatio libelli”, come definito dagli articoli 183-184 e 345 del Codice di Procedura Civile. Coerentemente da quanto stabilito dal secondo comma del suddetto articolo, “la risoluzione può essere domandata  anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento”.

Accertato che la norma in esame rappresenta un’eccezione, piuttosto che una regola generale, i giudici di legittimità hanno constatato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale, all’interno della stessa Corte, nel definire la natura della domanda di risarcimento danni.

Il ricorso trae origine da una disputa che vede come parti due società, obbligate sulla base di un contratto, sottoscritto nel 1992, con il quale si affidava l’appalto per l’escavazione e la coltivazione di una cava.

Nel 2000 la società committente manifesta la propria volontà di non adempiere agli obblighi contrattuali.

La società appaltatrice ricorre in giudizio per chiedere la condanna all’adempimento della controparte, salvo modificare il “petitum” in sede di precisazione delle conclusioni nella richiesta di risoluzione del contratto, sulla base dell’articolo 1453 del Codice Civile. Il Tribunale rigetta le domande attrici.

In appello i giudici dichiarano risolto il contratto e condannano la società committente al risarcimento del danno. Come i giudici di legittimità hanno avuto modo di osservare, “la Corte territoriale ha aderito ad un recente orientamento di questa Corte che prevede la possibilità non solo del mutamento della domanda di adempimento in quella di risoluzione, […] ma altresì la possibilità di formulare la domanda di risarcimento del danno nonché quella di restituzione del prezzo, essendo tali ultime domande accessorie sia alla domanda di risoluzione che a quella di adempimento”.

Tale indirizzo entra in contrasto con il prevalente orientamento giurisprudenziale che considera la domanda di risarcimento danni come un’azione del tutto diversa per “petitum” alle altre due, e di conseguenza inammissibile l’introduzione della domanda risarcitoria in corso di causa, in luogo di quella (iniziale) di adempimento. Di qui, la trasmissione degli atti al Primo Presidente per un eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.



(Da filodiritto.com)

martedì 24 settembre 2013

Scuole: sì trasparenza, ma senza violare privacy



Garante della Privacy, nota 11.9.2013

Graduatorie on line e moduli di iscrizione solo con dati pertinenti. No alla pubblicazione sul web dei nomi degli studenti le cui famiglie sono in ritardo nel pagamento della retta per la mensa. Vietato diffondere telefono e indirizzo di personale scolastico e studenti.
In occasione dell'avvio dell'anno scolastico, il Garante per la privacy ricorda alle scuole di ogni ordine e grado la necessità di tenere presente alcuni principi stabiliti nei provvedimenti adottati in questi anni in materia di trasparenza in ambito scolastico, a tutela dei dati degli studenti e dei lavoratori che operano nel mondo dell'istruzione. Numerosi sono, infatti, i casi in cui istituti e pubbliche amministrazioni, per un'errata interpretazione della normativa sulla trasparenza o per semplice disattenzione, rendono accessibili informazioni che dovrebbero restare riservate, mettendo in questo modo a rischio la riservatezza e la dignità delle persone.

Le graduatorie
Il Garante è intervenuto più volte contro illeciti compiuti nella pubblicazione on line di graduatorie di vario tipo, le quali spesso contengono dati personali non pertinenti o eccedenti le finalità istituzionali perseguite.
Alcuni Comuni, ad esempio, hanno pubblicato on line le graduatorie di chi ha diritto ad usufruire del servizio di scuolabus includendo tra le varie informazioni liberamente accessibili, non solo i dati identificativi dei bambini, ma anche l'indirizzo di residenza e il luogo preciso dove lo scuolabus li avrebbe fatti salire e scendere. La diffusione di questi dati, oltre a comportare una violazione della normativa, può rendere i minori facile preda di malintenzionati.
Un altro caso frequente riguarda la pubblicazione sui siti Internet degli istituti delle graduatorie di docenti e personale amministrativo tecnico e ausiliario (Ata) per consentire a chi ambisce a incarichi e supplenze di conoscere la propria posizione e punteggio. Tali liste, giustamente accessibili a tutti, non devono però contenere, come in diversi casi segnalati al Garante, i numeri di telefono e gli indirizzi privati dei candidati. Questa illecita diffusione dei contatti personali incrementa, tra l'altro, il rischio di esporre i lavoratori a forme di stalking o a possibili furti di identità.

Il servizio mensa
Il Garante ricorda che è illecito pubblicare sul sito della scuola il nome e cognome degli studenti i cui genitori sono in ritardo nel pagamento della retta o del servizio mensa. Lo stesso vale per gli studenti che usufruiscono gratuitamente del servizio in quanto appartenenti a famiglie con reddito minimo o a fasce deboli. Gli avvisi messi on line devono avere carattere generale, mentre alle singole persone ci si può rivolgere con comunicazioni di carattere individuale.
A salvaguardia della trasparenza sulla gestione delle risorse scolastiche, restano ferme le regole sull'accesso ai documenti amministrativi da parte delle persone interessate.

L'iscrizione a scuole e asili
Gli istituti scolastici e gli asili nido, così come i Comuni, devono predisporre con cura i moduli di iscrizione di bambini e studenti, così da non chiedere alle famiglie informazioni personali eccedenti e non rilevanti. Particolare attenzione deve essere posta sull'eventuale raccolta di dati sensibili, come quelli sulle condizioni di salute e sull'appartenenza etnica o religiosa. Il trattamento di questi dati, oltre a dover essere espressamente previsto dalla normativa, richiede infatti speciali cautele e può essere effettuato solo se i dati sensibili sono indispensabili per l'attività istituzionale svolta: non è questo il caso della semplice iscrizione a scuola.
L'Autorità segnala, infine che, allo scopo di fornire un quadro organico in materia di protezione dei dati personali nel mondo della scuola, e affrontare nel contempo le problematiche legate all'uso di Internet e delle nuove tecnologie, verranno adottate presto specifiche Linee guida in materia.

Borse di studio “Camera europea di Giustizia”



L’Associazione Culturale “Camera Europea di Giustizia” di Napoli ci informa che è indetto il concorso a n. 2 borse di studio per incoraggiare gli studi e le ricerche nel settore delle scienze giuridico-sociologiche: la n. 2 del 2013 “Rinascita” e la n. 3 del 2013 “Risorgimento”.
La domanda di ammissione al concorso (redatta utilizzando l’apposito modulo scaricabile dal sito www.cameradigiustizia.com) completa della documentazione richiesta, nonché l’elaborato in triplice copia dattiloscritta e sottoscritta in originale, oltre che su supporto informatico (anche CD), dovranno pervenire a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento - ovvero con consegna a mano - all’indirizzo: Associazione “Camera Europea di Giustizia” c/o Studio Avv. Nicola Cioffi Via Agostino Depretis, 62 – Napoli.
Si considereranno pervenute in tempo utile le domande spedite o consegnate entro il 30 dicembre 2013.