mercoledì 31 ottobre 2012

Aumentano ricorsi al TAR contro soppressione uffici giudiziari

DE TILLA AL GOVERNO: “RIVEDERE GEOGRAFIA GIUDIZIARIA,
CHIARI I PROFILI DI INCOSTITUZIONALITÀ.
ASSURDO ANDARE INCONTRO A UN’ALTRA BOCCIATURA
DOPO QUELLA SULLA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA

ALLA CAMERA PRESENTATA DALL’ON. SILIQUINI MOZIONE
PER RADICALE MODIFICA DELL’INTERVENTO GOVERNATIVO

Il presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura-Oua, Maurizio de Tilla, dopo la recente decisione della Consulta che ha bocciato la media-conciliazione obbligatoria, si è rivolto ancora una volta al Governo, ma stavolta per la geografia giudiziaria: «La chiusura di circa 1000 uffici giudiziari è una decisione sbagliata per il buon funzionamento della macchina giudiziaria ed è il colpo di grazia alla cosiddetta “giustizia di prossimità”. È un taglio che non produrrà risparmi significativi (con situazioni paradossali come l’abolizione di tribunali con strutture nuove e recentemente costruite) e che danneggerà in modo determinante interi territori, compromettendo la competitività del tessuto produttivo e i diritti dei singoli cittadini. Non solo: il provvedimento varato ha chiari profili di incostituzionalità e in queste settimane si moltiplicano i ricorsi al Tar e le remissioni alla Corte Costituzionale. Prima in Sardegna e nei prossimi giorni possiamo annunciare iniziative analoghe in Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Calabria, Basilicata (nei prossimi giorni daremo notizie più approfondite)».
«È bene apprendere dalla recente esperienza della bocciatura della mediazione obbligatoria – continua il presidente Oua – non è accettabile che il Governo vada incontro ad un’altra situazione similare. Sia dal Parlamento, come dimostrano i pareri approvati dalle diverse commissioni e la mozione presentata recentemente anche dall’on. Siliquini, sia da prestigiosi costituzionalisti, arriva un richiamo a rivedere la revisione della geografia giudiziaria, anche per le chiare forzature e illegittimità nell’iter di approvazione del provvedimento. Evidente la violazione degli artt. 70-72-76 e 77 della Costituzione per le ragioni esposte dal prof. avv. Giuseppe Verde e recepite nei ricorsi al T.A.R.».
«Ci rivolgiamo al ministro Severino – conclude de Tilla – perché incontri l’Oua e ascolti le proposte dell’avvocatura».

Comunicato stampa OUA del 30.10.2012

RIFORMA FORENSE: LA CAMERA APPROVA

Il ddl torna al Senato per la terza lettura

La Camera ha approvato a larghissima maggioranza  (395 sì, 7 contrari, 14 astenuti) la riforma della professione forense. È stata stralciata la parte relativa all'esame di Stato (articolo 46), che sarà trattata in un provvedimento ad hoc. Il provvedimento torna ora all'esame del Senato. Questi i punti principali del nuovo ordinamento.
-evitare gli abusi a danno dei cittadini prevedendo la specifica competenza dell’avvocato nella consulenza stragiudiziale.
-la possibilità di costituire associazioni multidisciplinari
-previsione di società di capitali senza il socio esterno a garanzia dell’autonomia della prestazione professionale
- le specializzazioni con l’irrinunciabile apporto delle associazioni specialistiche forensi
- la pubblicità informativa anche sul web purché trasparente,veritiera, non suggestiva né comparativa
- l’obbligo di formazione continua per tutti gli avvocati superando il sistema dei crediti formativi
- l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile degli avvocati
-la pattuizione del compenso tra cliente e avvocato è completamente libera. L’avvocato ha l’obbligo di informare il cliente sulla complessità dell’incarico e sugli oneri ipotizzabili e dovrà fornirgli il preventivo, se il cliente lo richiede. I parametri si applicano in caso di disaccordo
-il divieto del patto di quota lite
-l’affermazione della centralità della difesa d’ufficio
-l’esercizio della professione dovrà essere effettivo e continuativo come condizione per la permanenza dell’albo. La prova dell’effettività dovrà prescindere dal reddito
-l’obbligo di iscrizione alla Cassa forense
-gli Ordini forensi hanno finalità di tutela dell’utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale
- lo sportello per il cittadino presso gli Ordini, per orientarlo nelle prestazioni professionali e nell’accesso alla giustizia
-rappresentanza di genere nelle elezioni dei consigli dell’Ordine, del Cnf e dei Consigli distrettuali di disciplina
-ai praticanti è dovuto il rimborso delle spese; previsto il compenso commisurato all’effettivo apporto professionale
-la pratica, di 18 mesi, potrà essere svolta presso due avvocati contemporaneamente e secondo altre modalità oltre il tirocinio in studio.
-il praticantato sarà ancor più professionalizzante con la frequenza di corsi di formazione specifici promossi dalle scuole forensi
-esame: tre prove scritte e una orale, senza codici commentati
-pieno riconoscimento dell’importanza della deontologia a   garanzia del regolare svolgimento della professione
-maggiore tipizzazione degli illeciti disciplinari
- istituzione dei consigli distrettuali di disciplina, con incompatibilità per garantire la terzietà del giudizio disciplinare
-giuramento degli avvocati presso il proprio Consiglio dell’Ordine in seduta pubblica. Il testo, secondo il Cnf, “rafforza la tutela dei diritti dei cittadini e la qualificazione professionale degli avvocati per tutta la durata dell’esercizio professionale e tutela l’ interesse pubblico all’effettività della tutela dei diritti dei cittadini e al miglioramento della giurisdizione”. Camera e Governo, secondo il consiglio nazionale forense, “hanno tenuto conto dei principi di ammodernamento della professione contenuti nel decreto Crescita: il nuovo Statuto aggiorna la professione promuovendo l’accesso dei giovani meritevoli, aprendo a una concorrenza qualificata nel rispetto della necessaria autonomia e indipendenza degli avvocati.  “Questo importante risultato è stato acquisito con il favore di tutta la camera nell’interesse dei cittadini e della tutela della dignità della professione forense”, dichiara il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa. “ I giovani potranno avviarsi alla professione con maggiore fiducia nel futuro e con maggiori garanzie di qualità, competenza e correttezza. I clienti saranno più tutelati e potranno contare su consulenti e difensori preparati e corretti. A questo punto è necessario perfezionare questo importante impegno del Parlamento con il passaggio definitivo in Senato nel giro di poche settimane. La riforma, una volta approvata, costituirà una solida base per proseguire nel percorso di ammodernamento della professione”. L'Unione Camere Penali, "pur ribadendo la necessità di modificare il regime della specializzazione, esprime apprezzamento per l'approvazione della riforma forense alla Camera. Si tratta di un obiettivo sul quale i penalisti si sono molto impegnati ed ancor di più si impegneranno nel prossimo passaggio al Senato. È fondamentale - commenta l'Ucpi - che l'Avvocatura ottenga il proprio statuto entro la presente legislatura e non venga, altrimenti, vanificato il grande lavoro, anche di approfondimento culturale, compiuto all'interno della stessa avvocatura e, successivamente, all'interno delle rappresentanze politiche". I penalisti, ai fini di una valutazione complessiva di quanto oggi avvenuto, sottolineano come nel corso degli anni in cui si è sviluppato l'iter parlamentare, "la situazione politica è mutata radicalmente", e puntano l'indice contro quelle "forze, non solo al governo ma anche all'interno dei partiti" che "perseguendo una finta liberalizzazione, miravano e mirano a una vera e propria liquidazione dell'avvocato". Tra tutte le innovazioni contenute nel progetto di legge, prosegue la nota, "è stata la specializzazione quella piu' direttamente oggetto della battaglia dei penalisti, grazie alla quale oggi diventa più concreta la prospettiva dell'ingresso nel nostro ordinamento giuridico di un istituto del tutto nuovo che avrà la funzione di ammodernare il ceto forense e rafforzare il diritto di difesa nel processo". Di parere contrario il segretario generale dell’Anf Ester Perifano “La legge sul riordino della professione forense – sostiene la Perifano - approvata alla Camera, duole constatarlo, non ha nulla che ricordi una riforma se non il titolo, e non può che suscitare notevoli perplessità perché non risolve alcuno dei problemi effettivi degli avvocati, come ad esempio l’accesso, che viene appesantito dalla previsione di scuole forensi obbligatorie, oltre alla totale mancanza della riforma dell’esame di stato, i cui articoli sono stati stralciati. È una pseudoriforma, monca di parti essenziali , che punisce l’autonomia degli ordini a tutto vantaggio di un centralismo fuori moda da anni. Per tutti, tranne che per l’avvocatura.”   Maria Grazia Siliquini (Popolo e territorio) la definisce “momento storico per la professione, una riforma attesa dal 1933. Nella legge inserita per la prima volta la funzione dell'avvocatura per garantire al cittadino l'effettiva tutela dei suoi diritti. Il testo che abbiamo votato in aula – sottolinea - è il frutto di un proficuo lavoro in Commissione giustizia votando emendamenti che rafforzano autonomia e indipendenza dell'avvocato. La consulenza legale sia esclusivo appannaggio degli Avvocati con vincolo del rispetto del codice deontologico. Rispetto alle società tra Avvocati siamo stati favorevoli al principio che chi svolge la professione non può essere socio di una società che non sia formata esclusivamente tra Avvocati, non da soci di capitali seppur di provenienza legittima, l'avvocato deve potersi muovere in autonomia - sottolinea - La questione liberalizzazioni è un falso problema se si considera che in Italia in base all'art. 33 della Costituzione il diritto di accesso è garantito a tutti. Se si tiene poi conto che in Italia i professionisti sono il triplo di Francia e Germania ci si rende conto che non c'è nulla da liberalizzare”, conclude Siliquini.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 31.10.2012)

Riforma forense rinvio a chi sa quando

A Napoli dal palco del congresso straordinario dell'Aiga i vari politici, da Mantini e Cavallaro, avevano parlato chiaramente: il rinvio dell’approvazione della riforma era stato un errore di percorso. Martedì  i lavori sarebbero arrivati in porto. E invece nulla. Il ddl non è neanche all’ordine del giorno.  Ma intanto le fila di coloro che vogliono una riforma della professione così come è alla Camera, si assottiglia. 
Per gli avvocati under 45 quella della rappresentanza è una priorità a tal punto da portare il presidente dell'Aiga, Dario Greco, ad annunciare, sabato, il proprio rifiuto a firmare la delega in bianco, chiesta dal presidente della Commissione giustizia del Senato, Filippo Berselli, per approvare la riforma dell'ordinamento forense entro 24 ore dall'ingresso a palazzo Madama del testo licenziato dalla Camera.
“La delega in bianco non me la sento di firmarla - spiega Greco. “Noi vogliamo che la riforma sia approvata entro la legislatura, ma per questo è necessario votare l'emendamento all'articolo 65 che prevede una delega al governo di dodici mesi per emanare, sentito il Cnf, gli ordini e le associazioni, i decreti legislativi per garantire un sistema democratico di elettorato attivo e passivo. Che tradotto nel nostro slogan vuol dire: un avvocato, un voto".
Per l'approvazione dell'emendamento promette il suo appoggio Maurizio de Tilla. «Da questo momento mi batterò con i giovani avvocati - spiega il leader dell'Oua - visto che c'è innegabilmente un gap di democrazia che ha prodotto i tentennamenti sia sulla geografia giudiziaria, sia sulla media conciliazione. E per questo deve essere votato l'emendamento sulla governance, che non è contro la riforma forense ma vuole arricchirla”. Il nodo da sciogliere è intricato.
“Chi solleva adesso il problema della governance di fatto affossa la riforma - spiega il presidente dei penalisti, Valerio Spigarelli -. È vero che le camere penali chiedono una modifica all'articolo 9 che affida agli atenei il compito di creare gli specialisti, ma in quel caso si tratta di aggiungere solo la parola "anche", che consente di salvare le scuole forensi ben più qualificate. Nel caso della governance, problema che esiste, l'operazione sarebbe molto più complessa. Si tratta di un discorso da affrontare nel lungo periodo, non ora”.
La pensa allo stesso modo il presidente dei civilisti, Renzo Menoni. “È meglio una cattiva riforma – spiega Menoni - la quale comunque riconosce la peculiarità della nostra categoria, piuttosto che finire nel calderone del Dpr professioni”.
Dal treno della riforma è scesa da tempo Ester Perifano, segretario dell'Associazione nazionale forense. «La riforma così come è non risolve i problemi ma ne aggiunge altri - sottolinea Perifano - e per questo prendiamo le distanze da quel testo. Il problema della governance è forte, Oua e Cnf si indeboliscono a vicenda perché non riconoscono i reciproci compiti”».
Invita a evitare le fughe in avanti il rappresentante del Cnf, Andrea Pasqualin, che afferma di sentirsi «simpaticamente» sul banco degli imputati. “Questa legge non è perfetta - sostiene Pasqualin - ma la base per far ripartire l'avvocatura. Sono d'accordo sull'istanza di un sistema di elezione democratico, ma la discussione dovrebbe essere rimandata. Non è vero che la riforma dà al Cnf un ruolo diverso. Il modello cosiddetto "bicefalo" - conclude - è in piedi da 15 anni e ha funzionato bene finché qualcuno a cominciato a smarcarsi”.

(Da Mondoprofessionisti del 30.10.2012)

martedì 30 ottobre 2012

CONFERIMENTO RIFIUTI A GIARRE

Dall'Ufficio Stampa del Comune di Giarre riceviamo e tempestivamente pubblichiamo:

DIRAMATA ORDINANZA SINDACALE
PER DISCIPLINARE IL CONFERIMENTO DEI RIFIUTI
Il sindaco di Giarre, Teresa Sodano, atteso che risulta opportuno disciplinare  il servizio della raccolta integrata dei rifiuti (“porta a porta”) stabilendo specifiche disposizioni e norme tecniche per il conferimento dei rifiuti da parte degli utenti, nonché per il corretto utilizzo dei contenitori, ha emesso apposita ordinanza sindacale, la  n.91 del 29 ottobre 2012.
“In considerazione del fatto che, seppure lentamente, la situazione relativa alla raccolta dei rifiuti si sta normalizzando – commenta il sindaco Teresa Sodano – ho ritenuto necessario diramare l’ordinanza sindacale con la quale si disciplina il conferimento dei rifiuti (orari e modalità), stabilendo le sanzioni per i trasgressori. Questo provvedimento conferma il costante impegno dell’amministrazione comunale nella soluzione dei problemi derivanti dall’avvio della raccolta integrata dei rifiuti, auspicando da qui in avanti un miglioramento tangibile cosi da portare benefici all’intera collettività”.
Con l’ordinanza sindacale n.91, i cittadini dovranno conferire i rifiuti urbani e assimilati secondo il nuovo sistema “porta a porta” utilizzando i contenitori e i sacchetti dedicati;  inoltre provvederanno all’esposizione degli stessi fuori della porta d’ingresso delle rispettive abitazioni, prospiciente la pubblica via, nei giorni di raccolta, secondo il calendario distribuito dalla società d’ambito Joniambiente, dalle 20 del giorno antecedente la raccolta alle 6 del giorno di raccolta.
UMIDO: nei sacchetti colore lattice contenuti all’interno del contenitore in plastica di colore marrone;
CARTA E CARTONE: nel contenitore in plastica grigio con coperchio azzurro  (senza sacchetto);
PLASTICA:  nei sacchetti di colore giallo;
VETRO E LATTINE: nel contenitore in plastica grigio con coperchio verde (senza sacchetto);
SECCO RESIDUO /secco non riciclabile) in sacchetti generici della spesa o sacco nero
-         di ricollocare i contenitori all’interno degli stabili, dopo gli svuotamenti;
-         di conservare i contenitori delle varie funzioni all’interno dei condomini, dei fabbricati ovvero nelle aree private o di pertinenza degli edifici;
-         E’ fatto obbligo ai residenti e/o dimoranti in condomini composti da più di quattro appartamenti abitati, in funzione al fabbisogno complessivo, di individuare spazi e/o aree condominiali interne, al fine di poter collocare appositi e distinti (per tipologia) contenitori in cui conferire in modo differenziato;
-         E’ vietato a chiunque risieda all’interno del perimetro urbano il conferimento dei rifiuti di ogni tipo nei contenitori stradali dalle 6 alle 20, al fine di consentire la rimozione dei cassonetti stradali per Rsu e consentire l’ordinario svolgimento del nuovo sistema di raccolta “porta a porta”.
Tra i punti centrali dell’ordinanza sindacale si sottolinea che è vietato abbandonare sulle aree pubbliche e private di tutto il territorio comunale e nei pubblici mercati qualsiasi rifiuto, anche racchiuso in sacchetti o in recipienti; E’ necessario, esporre sacchetti o contenitori con all’interno i rifiuti su aree  pubbliche e private in giorni e in orari diversi da quelli stabilito dall’ordinanza e non conformi per tipologia per cui sono dedicati.
Nel caso in cui il conferimento dei rifiuti venisse effettuato in maniera difforme e, in violazione alle modalità previste nel servizio “porta a porta”, i medesimi saranno lasciati sul posto e dopo il passaggio degli operatori preposti alle apposite segnalazioni, il produttore avrà l’obbligo di ritiro immediato dei medesimi rifiuti dagli spazi pubblici o privati con l’obbligo del corretto conferimento nei giorni successivi. In caso di reiterate violazioni saranno applicate le previste sanzioni.

Capitolo sanzioni. Il mancato rispetto dell’ordinanza sindacale comporterà per le violazioni indicate, le sanzioni amministrative pecuniarie da 25 euro a 620 euro. Le violazioni dei divieti di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti e nel suolo  oltre che l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee, comportano, altresì l’applicazione nei confronti dei trasgressori delle sanzioni previste agli art.255 e 256 del D.Lgs 152/2006 e segnatamente:
-         sanzioni amministrativa e pecuniaria da 105 a 620 euro per chi abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee;
-         sanzione amministrativa pecuniaria da 25 a 155 euro se l’abbandono di rifiuti sl suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti.
La violazione del divieto di cui all’art.192 commi 1 e 2 del D.Lgs 152/2006, ascrivibile ai titolari di imprese, ai lavoratori autonomi e ai responsabili di Enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti, comporta l’applicazione nei confronti dei trasgressori delle seguenti pene: arresto da 3 mesi a 1 anno o con l’ammenda da 2.600,00 a 26.000,00 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;
arresto da 6 mesi a 2 anni e con l’ammenda da 2.600,00 a 26,000,00 euro, se si tratta di rifiuti pericolosi.



US/MARIO PREVITERA

Figlio vessato da bullo, padre non può farsi giustizia da solo

Con la sentenza n. 39499/2012, la Cassazione conferma la multa di 3.420 ai danni di un papà che, stanco delle ripetute prepotenze che il figlio undicenne subiva da un ragazzino di due anni più grande, si è fatto giustizia da sé portando il bullo, a suon di minacce, a chiedere scusa in ginocchio alla 'vittima' e dandogli pure due schiaffi.
Il caso. Un bullo era solito compiere «ripetute e umilianti vessazioni» ai danni di un altro ragazzo di 2 anni più piccolo. Il padre di quest’ultimo, stanco delle prepotenze poste in essere, aveva portato il ragazzino nella stanza dove si era rifugiato suo figlio, lo aveva fatto inginocchiare e poi, a scuse ottenute, prima di lasciarlo andare, lo aveva ammonito con due schiaffi. Scatta così la condanna, confermata in appello,  per il padre “giustiziere” a 3 mesi di carcere convertiti in 3.420 euro di multa. L’uomo però non ci sta e propone ricorso per cassazione, ma senza successo.
Il giudizio di legittimità. Infatti, il verdetto è stato convalidato anche dalla Cassazione che ritiene la pena "calibrata e commisurata alla gravità del danno cagionato al minorenne": la sua "persona è stata sicuramente sconvolta e alterata, sul piano psichico, dalla condotta reiteratamente violenta, sotto tutti i profili, dell'imputato, proiettata verso un obiettivo di punizione e rieducazione, assolutamente al di fuori della sua competenza ed estranea alle regole di civiltà che sempre e comunque devono vincolare le azioni e le reazioni dei cittadini". Secondo la Suprema Corte, "per rimediare alla incresciosa situazione", il padre aveva una sola strada - "una singola e civile prospettiva decisionale e operativa" - quella di "rivolgersi, in maniera tempestiva ed efficace, ai gestori del centro sportivo per l'adozione delle necessarie misure preventive e punitive". Per gli Ermellini, la scelta di "agire con molteplice violenza sul giovane e immaturo tredicenne non è stata assolutamente necessitata".

(Da avvocati.it del 29.10.2012)

Porta amante a pranzo con moglie e figli, addebito separazione al marito

Con la sentenza n. 17195/2012, la Corte di Cassazione conferma l’addebito della separazione a carico di un marito sardo nell'aver provocato la fine del suo matrimonio.
Il caso. Il Tribunale e la Corte di Appello di Cagliari dichiaravano la separazione di due coniugi, con addebito a carico esclusivo del marito, che aveva imposto la presenza della sua amante anche ai pranzi di Natale con moglie e figli. Altrimenti, se il 'diktat' non veniva esaudito, l'uomo minacciava di non partecipare agli happening familiari. Senza successo il marito fedigrafo ha cercato di sostenere, innanzi ai giudici della Suprema Corte, che quella con la sua “amica” era solo una "frequentazione", un "adulterio apparente", non reale.
Il giudizio di legittimità. Ma la Cassazione ha confermato quanto sostenuto dalla Corte d’appello. Infatti, nel corso della causa di separazione era emerso che l'uomo frequentava assiduamente la casa di questa amica, la accompagnava al posto di lavoro, con lei dovevano essere discussi i problemi interni familiari e la donna era presente in casa per le feste di Natale, altrimenti non vi partecipava". Inoltre, in seguito alla richiesta di sua moglie di dare un taglio alla relazione extraconiugale, il marito solo "apparentemente accondiscese", continuando "di nascosto a frequentare l'amica sotto la cui abitazione era spesso parcheggiata la sua macchina". Ormai l’uomo, davanti ai familiari e ai conoscenti aveva assunto la veste di "accompagnatore e paladino" della donna, un ruolo che "mal si conciliava con un generico rapporto di amicizia, per la cui salvezza non ha esitato a mettere in discussione la sopravvivenza stessa della famiglia".

(Da avvocati.it del 29.10.2012)

Violentata in visita a domicilio, condannato medico

Con la sentenza n. 40143/2012, la Cassazione conferma la condanna a 20 mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti di un medico fiscale che, al termine di una visita di controllo su una lavoratrice in malattia, aveva iniziato a palpare la donna cercando insistentemente di baciarla.
Il caso. Il medico, con il compito di effettuare la visita fiscale ad una lavoratrice presso il suo domicilio, la costringeva a subire atti sessuali, strofinandosi sul corpo della donna e tentando a più riprese di baciarla. Per il camice bianco, però, non c’è scampo e, anche se con la concessione delle attenuanti, viene condannato a 1 anno e 8 mesi di reclusione. Senza successo l’uomo ricorre per cassazione.
Il giudizio di legittimità. Secondo la Suprema Corte, il racconto della paziente era stato "chiaro e preciso" ed era da escludere qualsiasi "motivo di rancore" nei confronti dell'imputato "dal momento che in occasione del controllo fiscale, il medico aveva confermato lo stato di malattia e l'inidoneità della donna a riprendere il lavoro, con una prognosi di sette giorni".

(Da avvocati.it del 29.10.2012)

lunedì 29 ottobre 2012

Mediazione, eliminate sanzioni e obbligo informativa

La Corte Costituzionale, a termine della seduta tenutasi il 24 ottobre 2012, ha dichiarato l’illegittimità, per eccesso di delega legislativa, dell’art. 5, primo comma, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, istitutivo della mediazione nelle controversie civili e commerciali, laddove si prevede il carattere obbligatorio della media-conciliazione (l’art. 60 della legge-delega n. 69/2009, in attuazione della direttiva europea 52/2008, non parlava di obbligatorietà della mediazione, ma il Governo emanò egualmente il decreto legislativo n. 28/2010 prevedendone, appunto, l’obbligatorietà).
Una sentenza che, è bene evidenziare immediatamente, non si pone tanto contro l’obbligatorietà del tentativo di mediazione, come si sarebbe portati a credere, bensì, più che altro, contro il comportamento dell’esecutivo, in rapporto a quanto deliberato dal Parlamento.
Come è risaputo, il D.Lgs. 28/2010 aveva introdotto, nell’ambito di particolari materia, la conciliazione come una condizione di procedibilità dell’azione, con la conseguenza che l’azione poteva ben essere iniziata, ma si arrestava se le parti interessate non si fossero rivolte ad un Organismo di mediazione.
A seguito della pronuncia del giudice delle leggi le cose cambiano: la conciliazione torna facoltativa nelle materie per le quali, prima dell’intervento del giudice delle legge, era prevista come obbligatoria, ovvero: a) condominio; b) diritti reali; c) divisione; d) successioni ereditarie; e) patti di famiglia, f) locazione; g) comodato; h) affitto di aziende; i) risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti; l) risarcimento del danno da responsabilità medica; m) diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità; n) contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Scompaiono, inoltre, le sanzioni pecuniarie per chi non partecipa al procedimento di mediazione, mentre rimane l’obbligo di avviso, da parte del legale, di informare dell’esistenza dell’istituto, non riferendo più l’ipotesi di conciliazione obbligatoria.
Rimane il principio di fondo secondo il quale chiunque può accedere alla conciliazione per la mediazione di una controversia civile e commerciale in materia di diritti disponibili. Ora come allora, la controversia può essere decisa o da un giudice o da un soggetto diverso, come, per l’appunto, l’Organismo di mediazione, istituito dal D.Lgs. 28/2010.
L’interrogativo sorge spontaneo: quale sarà il futuro per quei quasi 40.000 professionisti, avvocati, ingegneri e geometri, che hanno investito tempo e denaro per la formazione da mediatore, e per gli oltre 900 Ordini ed Enti che si sono registrati come Organismi di mediazione presso il Ministero della Giustizia? Le motivazioni della sentenza, attese per le prossime settimane, forse potranno aiutarci nella soluzione di questo grave problema, nonché per porre sul piatto riflessioni non solo sulla mediazione intesa come un filtro preventivo dell’azione giudiziale, ma anche sulla più generale problematica dell’accesso alla giustizia.

Simone Marani (da AltaMediazione.it  del 27.10.2012)

Esame avvocato, previste due sessioni annuali



Ieri (il 25, NdAGANews) l'Aula della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento alla riforma forense che prevede due sessioni annuali dell'esame di Stato per l'accesso alla professione di avvocato: la cadenza sarà semestrale anzichè annuale.
L'emendamento era stato proposto dal deputato radicale Marco Beltrandi che dichiara soddisfatto: "E' stato approvato contro il parere del relatore, del governo e della commissione Bilancio da una larghissima maggioranza di deputati di ogni forza politica a partire da tutto il gruppo del Pd e dell'Idv. Sono così insorti i maestri aedi della corporazione che hanno soprattutto il timore di rendere accettabile un esame che oggi si svolge con modalità del tutto inaccettabili al solo scopo di fare una cieca selezione senza merito e che hanno persino invocato a gran voce l'annullamento di tutto il provvedimento. Cosa che evidentemente non si realizzerà visto che esso rimane soltanto il più grottesco provvedimento corporativo di tutta la storia della Repubblica italiana".
Soddisfazione anche da parte dell'Associazione Nazionale Forense. Contrario invece il Consiglio Nazionale Forense per motivi di "spesa": lo scoglio principale appare al momento proprio quello della copertura finanziaria, visto anche il parere negativo espresso sul punto dalla Commissione Bilancio.

(Da Altalex del 26.10.2012)

domenica 28 ottobre 2012

Gratuito patrocinio, aggiornato limite reddituale

Con la pubblicazione sulla G.U. n. 250 del 25 ottobre 2012 del decreto del 2 luglio scorso, il Ministero della Giustizia innalza la soglia reddituale da non superare a 10.766,33 euro.
In base a quanto stabilito dal TU spese di giustizia, si è così provveduto all’adeguamento biennale del limite massimo di reddito al fine di poter essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato.
Tale operazione si basa sulle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall’Istituto Nazionale di Statistica. Per cui sulla base di tali dati il nuovo importo è stato fissato a 10.766,33 euro.

(Da avvocati.it del 26.10.2012)

sabato 27 ottobre 2012

Dal 1° Novembre iscrizioni alla Cassa on-line

I servizi interattivi messi a disposizione degli Avvocati sul sito di Cassa Forense si arricchiscono di un’altra importante funzionalità.
A partire dal prossimo 1° novembre, infatti, per chi si iscrive per la prima volta alla Cassa, sarà possibile avvalersi di una comoda procedura on-line per inoltrare la domanda di iscrizione in modo veloce, completo e sicuro.
Per accedere alla procedura è necessario accreditarsi alla sezione riservata del sito internet della Cassa (www.cassaforense.it) mediante codice meccanografico e PIN.
La procedura richiederà, inoltre, l’indicazione obbligatoria della PEC personale. Tra gli indubbi vantaggi del nuovo servizio, oltre ai risparmi in termini di costi e di tempi di spedizione, va segnalato anche un canale preferenziale per i tempi di istruttoria che verranno, così, drasticamente abbattuti.
L’iniziativa rientra in un più ampio progetto di modernizzazione dei rapporti con gli iscritti che prevede, in un futuro prossimo, l’estensione delle modalità on-line anche per le domande di riscatto, di prestazioni previdenziali, ecc., con un ampio ricorso alla PEC per accelerare i tempi delle comunicazioni.
Ci auguriamo che siano molti i giovani avvocati che si avvarranno del nuovo servizio di iscrizione on-line e che, dal 1° novembre, l’unica coda per presentare una domanda di iscrizione alla Cassa… sia quella del mouse!

Michele Proietti (da cassaforense.it)

Cassa, scadenze M.Av. del 31 Ottobre

Scade il 31 ottobre 2012 il termine per il pagamento dei bollettini M.Av. inviati a circa 15.000 professionisti identificati dalle seguenti causali:
Contributi anni in corso e rateazioni: avente ad oggetto i contributi minimi dovuti dai professionisti iscritti nel 2012 e riferiti al medesimo anno (comprensivi anche della quota del contributo soggettivo modulare obbligatorio), che non è stato possibile richiedere con i M.Av ordinari di gennaio e/o le rateazioni precedentemente accordate su contributi obbligatori (l’importo complessivo non è ulteriormente rateizzabile);
Contributi anni precedenti: comprende i contributi minimi obbligatori riferiti ad anni precedenti al 2012 e non rateizzati e per i quali è possibile chiedere la rateizzazione se l’importo è di almeno € 2.000,00 su specifica richiesta del professionista per un massimo di tre anni, mediante iscrizione a ruolo;
altri contributi (Istituti Facoltativi): riferito a rateazioni di somme dovute alla Cassa per iscrizione retroattiva (art. 11 o 13 della L. n. 141/92) o per beneficio ex art. 14 della L. n. 141/92 (l’importo complessivo non è ulteriormente rateizzabile).
Dettagliate informazioni al riguardo sono pubblicate sul sito internet della Cassa www.cassaforense.it, nella sezione “Primo piano”; inoltre, nella sezione Accesso Riservato - servizi on line - mav - dettaglio mav, ciascun iscritto interessato può consultare il dettaglio analitico delle somme chieste in pagamento.

Franca Martellone (da cassaforense.it)

Rateazione di contributi già iscritti a ruolo

Il Consiglio di Amministrazione della Cassa Forense, nel quadro di una revisione e armonizzazione del sistema di rateazione dei crediti contributivi, per facilitare il pagamento dei contributi dovuti e già iscritti a ruolo, ha deliberato di stipulare una convenzione con Equitalia. Tale convenzione è già operativa dal 1° agosto 2012.
L’agente della riscossione, su richiesta del professionista, può concedere la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino a un massimo di 72 rate mensili (6 anni) nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva temporanea difficoltà. L’importo minimo di ogni rata non può, comunque, essere inferiore a 100 euro mensili.
Il tasso di interesse applicato è del 3% in ragione d’anno, come previsto dalla convenzione stipulata dalla Cassa.
La disciplina che regola la concessione del beneficio è differenziata a seconda dell’importo del debito:
    per importi fino a 20.000,00 euro il numero massimo di rate concedibile è pari a 48, fermo restando l’importo minimo della singola rata non inferiore a euro 100.La concessione di tali rateazioni è automatica senza la necessità di allegare alcuna documentazione comprovante la situazione di difficoltà economica;
    per importi superiori a 20.000,00 euro il numero massimo di rate concedibile è pari a 72, fermo restando l’importo minimo della singola rata non inferiore a euro 100.La concessione di tale rateazioni è subordinata alla verifica della situazione di difficoltà economica. L’agente della riscossione analizza l’importo del debito e la documentazione idonea da allegare alla richiesta.
In ogni caso, la domanda di rateazione va presentata, all’agente della riscossione competente per territorio, tramite raccomandata a/r oppure recandosi direttamente agli sportelli del concessionario.
Il beneficio della dilazione decade al mancato pagamento di due rate consecutive.

Franca Martellone (da cassaforense.it)

venerdì 26 ottobre 2012

I CITTADINI LIBERI DALLA MEDIAZIONE

Esulta il mondo forense per la sentenza della Corte
e chiede di essere sentito.
Ingoiano il rospo le associazioni favorevoli all'obbligatorietà

La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità, per eccesso di delega legislativa, delle norme che hanno introdotto la conciliazione nelle controversie civili e commerciali, nella parte in cui si prevede il carattere obbligatorio della mediazione. Dunque una vittoria degli organismi forensi che fin dall’inizio hanno combattuto contro l’obbligatorietà dell’istituto. E che adesso chiedono, dopo tanti no, di essere ascoltati dal Guardasigilli.
Che cosa deve fare ora il Governo? La sentenza sarà depositata tra 20 giorni per la pubblicazione in G.U. e il Parlamento unitamente al Governo dovranno dettare nuove regole. Tra l'altro, il fatto di diventare facoltativo toglie vigore a un istituto che era stato introdotto per rendere più rapida ed efficiente la giustizia su alcune cause di grande interesse per migliaia di cittadini. E per il quale si erano sviluppate nuove figure professionali le cui associazioni si arrampicano sugli specchi per difendere i loro associati.
Per il presidente dell’organismo di rappresentanza politica degli avvocati, Maurizio de Tilla, in prima linea in questa battaglia, «ieri è una bella giornata, all’indomani di una grande manifestazione che ha visto sfilare molte migliaia di avvocati per le vie di Roma, che chiedevano a gran voce di modificare un sistema fallimentare nei risultati (oltretutto con uno scarso gradimento tra i cittadini) e incostituzionale. I fatti, ora, ci danno ragione su tutta la linea. L’obbligatorietà e i costi alti – continua il presidente Oua – costituivano un meccanismo perverso che, oltre che limitare l’accesso alla giustizia, avviava un processo di privatizzazione di un diritto sancito dalla nostra Costituzione. La media-conciliazione obbligatoria è figlia di diverse forzature nel suo iter di approvazione e dell’assoluta indifferenza ai richiami delle Commissioni Parlamentari che chiedevano decise e forti correzioni. 
Il Cnf, da parte sua,  esprime soddisfazione per la decisione della Corte Costituzionale. "Va dato ampio riconoscimento ai colleghi che per primi hanno individuato la strada del ricorso in sede giudiziaria", osserva Il Consiglio Nazionale Forense in una nota. "Da parte sua, - ragguaglia ancora la nota - il Cnf ha sostenuto le motivazioni del ricorso con una memoria di Massimo Luciani, depositata alla Corte. Il Cnf ha sin dal principio sottolineato che la previsione del passaggio obbligatorio dalla mediazione come condizione, per di più onerosa, per adire il giudice non solo rendeva oltremodo difficoltoso l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini; ma era una previsione anomala con riguardo alla natura propria di un istituto che risulta tanto più efficace quanto basato sulla reale volontà delle parti".
Il Cnf rileva che "l'efficienza della giustizia è un obiettivo che è condiviso dall'Avvocatura ma occorre che le soluzioni giuridiche in concreto individuate rispettino i diritti dei cittadini e i principi dell'ordinamento".
L’Unione Nazionale delle Camere Civili, che ha lo scorso anno proposto ricorso al Tar Lazio (in parallelo con altro analogo ricorso proposto dall’Oua), contestando l’illegittimità costituzionale della normativa sulla mediazione obbligatoria, non può non esprimere la propria piena soddisfazione per la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale, che ha accolto i rilievi sollevati. Si tratta di un’importante vittoria non tanto per l’Uncc e neppure per l’Avvocatura, quanto per i cittadini, i quali erano costretti dall’iniqua legge della mediazione obbligatoria ad esperire, anche contro la loro volontà, tale procedura, sostenendo costi spesso anche non indifferenti e rallentando ulteriormente la possibilità di tutelare i loro diritti avanti all’autorità giudiziaria. L’Unione Nazionale delle Camere Civili è quindi fiduciosa che, dopo questa importante sentenza della Corte Costituzionale, il Governo rinunci a rendere sempre più difficoltoso l’accesso alla Giustizia, frapponendo ostacoli, allungandone ulteriormente i tempi e aumentandone costantemente e gravemente i costi. È un grave vulnus per uno Stato libero e democratico, che soprattutto le fasce socialmente ed economicamente più deboli siano scoraggiate dal tutelare i propri diritti e si vedano quindi costrette, per l’irragionevole durata dei processi e lo spropositato aumento dei costi, a rinunciare alla tutela dei propri diritti e a subire i soprusi di soggetti economicamente più forti. Si auspica quindi che l’attuale Ministro della Giustizia, con il quale è stato avviato un dialogo che si spera proficuo e il Parlamento, vogliano prendere atto della palese iniquità e illegittimità di tutti quei provvedimenti normativi che, sotto il pretesto della “deflazione del contenzioso”, tendono in realtà a precludere l’accesso alla giustizia dei cittadini. L’Unione Nazionale delle Camere Civili e l’Avvocatura tutta, la cui funzione è storicamente la tutela di tali diritti, continueranno ad opporsi, con assoluta fermezza, a qualsiasi provvedimento legislativo che leda o restringa il diritto di difesa.
Per il segretario generale dell’Anf Ester Perifano, “è stato punito l’approccio aziendalistico del Ministero della Giustizia, ma soprattutto di un Ufficio Legislativo che non ha mai né voluto considerare le giuste riflessioni che l’Avvocatura e tanti operatori del diritto sollevavano, e né apportare le necessarie modifiche. Oggi - conclude Perifano - prevale lo stato di diritto: confidiamo che la Corte costituzionale avrà lo stesso approccio quando esaminerà molti dei provvedimenti degli ultimi mesi che con la nostra Costituzione hanno ben poco a che fare”.
“Abbiamo avuto la conferma che viviamo ancora in uno Stato democratico: la Consulta ha sanzionato l’istituto della media-conciliazione obbligatoria per palese vizio di incostituzionalità” sottolinea Dario Greco, presidente dell’Aiga, l’Associazione italiana dei giovani avvocati. “Lo strumento processuale è, infatti, sbagliato – aggiunge -perché non ha portato alcun beneficio al cittadino, né ha reso più efficiente la macchina giudiziaria. Martedì insieme a migliaia di avvocati, abbiamo manifestato a Roma, con il tricolore sul braccio con su scritti gli artt. 3 e 24 della Costituzione e oggi la Consulta ci ha dato ragione”. 
Anche sul fronte opposto si canta vittoria. Anche se le dichiarazioni sfiorano il grottesco.  
“La pronuncia della Consulta relativa alla mediazione mi rincuora e mi stimola, per diversi motivi”, afferma Lorenza Morello, Presidente nazionale di Avvocati per la Mediazione. “In primis su tutti i punti sottoposti all'attenzione del Giudice delle leggi è stato bocciato il solo profilo legato all'obbligatorietà, senza toccare gli altri aspetti che reggono l'istituto. In secundis, essendo la vera natura della mediazione la volontarietà, ed essendo venuta meno l'obbligatorietà oggi si apre un ciclo nuovo -  afferma la Morello - uno stimolo per dimostrare a tutti quanto la mediazione sia lo strumento per lo snellimento della giustizia, che è un punto cardine della nostra economia e della nostra società. Fondamentale resta altresì il ruolo delle istituzioni, e mi rivolgo prima di tutto al Ministro Severino, per far sì che l'istituto venga conosciuto da tutti, in quanto la vera e sola pecca è che non si è ancora fatta una campagna di divulgazione seria di una forma stragiudiziale che sta dando, e darà sempre più, ottimi risultati - conclude. Difende il suo orticello anche l’Anpar con una interpretazione singolare della sentenza della suprema corte.  “La sentenza della Corte – sostiene presidente Anpar, Giovanni Pecoraro -  non è una sentenza sulla mediazione obbligatoria, ma una decisione che critica il comportamento del Governo in rapporto a quanto deliberato dal Parlamento con la legge delega (articolo 60 della legge 69/2009) in attuazione della nota direttiva europea n. 52/2008. Pertanto solo a lettura ultimata dei motivi della sentenza conformi alla direttiva dell'U.E. citata, migliori e più soddisfacenti per i mediatori, gli organismi di mediazione e di formazione. Il fatto più importante da tener presente è che in definitiva è lasciata inviolata la libertà del cittadino ad usufruire della mediazione perché economicamente conveniente e per la brevità del procedimento. Come ho sempre detto e ripetuto sono i cittadini e i mediatori i protagonisti della mediazione sia essa obbligatoria che facoltativa. Questa è una sentenza che dà dignità ai bravi mediatori". Chi si contenta gode.

(Da Mondoprofessionisti del 25.10.2012)

Riforma forense ad un passo dall'approvazione

La Camera vota 63 dei 67 articoli. Restano da votare solo gli articoli riferiti
agli esami di Stato per l'esercizio della professione di avvocato

La riforma forense in vista del traguardo. La Camera ha votato tutti gli articoli del provvedimento meno l’articolo relativo agli esami di Stato per l'esercizio della professione di avvocato. Un emendamento del Radicale Marco Beltrandi che consente di tenere due sessioni all'anno, invece dell'unica attualmente prevista, per l'esame di abilitazione alla professione di avvocato. Il raddoppio del numero delle sessioni di esame di avvocato fa crescere la spesa, ha stabilito con una parere la commissione bilancio contrario all'emendamento. Da qui la necessità di accantonare le norme: in sessione di bilancio, infatti, non possono essere approvate nuove spese, e se la commissione Bilancio resterà fedele al parere iniziale per evitare di bloccare l'intero provvedimento sarà necessario cancellare l'intero articolo.  Quanto alle disposizioni approvate, la Camera ha varato il nuovo tirocinio, che per non più di sei mesi potrà essere effettuato anche in concomitanza dell’ultimo anno di università. È previsto un rimborso spese e anche la possibilità che al tirocinante sia riconosciuta una indennità o un compenso commisurato all’effettivo apporto professionale. Il tirocinio consisterà anche nella frequenza obbligatoria di corsi di formazione professionalizzanti. Sono istituiti i consigli distrettuali di disciplina, composti da avvocati eletti secondo un regolamento del Cnf, con il rispetto della rappresentanza di genere. La rappresentanza di genere dovrà essere garantita anche nelle elezioni al Consiglio dell’Ordine e al Cnf, secondo alcuni emendamenti approvati ieri. Altre modifiche riguardano la istituzione dello sportello del cittadino presso i Coa e la permanenza nell’albo se l’esercizio della professione è effettivo e continuativo con esclusione di ogni riferimento al reddito professionale. La iscrizione all’albo comporterà la contestuale iscrizione alla Cassa forense. Viene salvaguardata la indipendenza degli avvocati con le regole sulla incompatibilità tra professione e altre attività di lavoro autonomo o di impresa. Selezione più rigida per accedere all’albo dei cassazionisti. Sulle specializzazioni, gli emendamenti approvati nelle due ultime sedute riconoscono il ruolo delle associazioni specialistiche. Nella votazioni avvenute lo scorso 9 era stata approvata la riserva di consulenza pur con alcune modifiche, le nuove regole sul preventivo (obbligatorio solo se richiesto dal cliente) e sui parametri (che potranno essere invocati in caso di disaccordo). Modello speciale di società tra avvocati, senza socio di puro capitale.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 25.10.2012)

giovedì 25 ottobre 2012

No autorizzazione condominio, no concessione edilizia

Cons. di Stato Sez. VI, sent. n. 5128 del 28.9.2012

Nessuna concessione edilizia senza il previo consenso del condominio, quando l’opera riguarda l’uso di bene comune. È irrilevante che serva a migliorare l’illuminazione dell’appartamento dei richiedenti.
Questo abbaino non s’ha da fare! È questa, parafrasando il Manzoni, l’opinione del comune di Ortisei che non ha concesso ai coniugi proprietari di un appartamento in un condominio la sua realizzazione nel sottotetto di loro pertinenza. Poco importa se un’ala del tetto impediva la visuale al soggiorno del loro appartamento, comprendo in parte la finestra, e che esso fosse necessario per migliorarne l’illuminazione del soggiorno. Il sindaco è stato irremovibile: nessuna autorizzazione senza il consenso dell’assemblea, tanto più che era un’opera voluttuaria e poteva rovinare il decoro architettonico del condominio.
Il Consiglio di Stato sez. VI, con la sentenza n. 5128 dello scorso 28 settembre, ha ratificato la decisione dell’ente.
La vicenda affrontata. È questa la sintesi della lite che dal 2005 ha visto opposto un uomo, comproprietario con la moglie di un appartamento in un condominio ed il comune.
La vicenda finiva al vaglio del Tar di Bolzano che decretava l’inammissibilità del ricorso (Tar Bolzano n. 197/08), accogliendo l’eccezione della PA, perché lo stesso non era stato notificato ad almeno uno dei condomini, controinteressati al giudizio (Tar Bolzano nn. 74/08 e 115/02). Il CDS ha confermato il parere del Tar e del comune.
Serve l’autorizzazione del condominio per i lavori nel proprio appartamento e lo sfruttamento del bene comune? Nella fattispecie, a detta del ricorrente, non era necessaria perché << l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.), in caso di recupero di sottotetti legalmente esistenti e già utilizzati come abitazioni, consentirebbe la realizzazione di abbaini in eccedenza alla cubatura esistente>>. La giurisprudenza civilistica costante ed un’esegesi letterale del combinato disposto degli artt. 1102, 1117 e 1120 cc confermano che non è necessaria alcuna autorizzazione dell’assemblea, poiché trattasi di una mera modifica e non di un’innovazione, pagata dal soggetto che ne trae vantaggio (GDP Grosseto n. 1038/11, Cass. civ. sez II n. 25460/02 e 1243/03), perciò non risulta leso l’uso paritario del bene comune. Il CDS ha smentito questo assunto, rilevando, tra l’altro, che l’opera non è una modifica per un migliore sfruttamento del bene comune, ma <<un’innovazione voluttuaria>> che interessa il tetto condominiale, perciò l’autorizzazione era dovuta. Si noti come sullo stesso tema la giurisprudenza civilistica e quella amministrativa giungano a soluzioni antitetiche.
Il potere di controllo del comune e condizioni per il rilascio della concessione. << In sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici (v., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332; C.d.S., Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1654)>>. L’art. 70 l. prov. n. 13/97, invero, prevede che esso possa essere concesso solo a chi <<sia munito di titolo giuridico sostanziale per richiederlo >>. Nel nostro caso non c’era alcun titolo giuridico, poiché l’assemblea condominiale non era stata avvertita, né, malgrado i numerosi solleciti, alcun condomino era stato citato in causa, stante il chiaro interesse all’esito della lite. Infine <<L’art. 21, comma 1, l. n. 1034 del 1971 (v., in fattispecie analoga, C.d.S., Sez. VI, 29 maggio 2007, n. 2742)>> sancisce l’inammissibilità del ricorso se non è rispettato questo onere.
I condomini sono sempre controinteressati. << Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che la posizione di controinteressato nel processo amministrativo si configura in base a due elementi: uno sostanziale, costituito dalla titolarità di un interesse analogo e contrario a quello che legittima la posizione del ricorrente, ed uno formale, rappresentato dalla menzione o agevole individuazione in base all’atto stesso (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2008, n. 74 e Sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5491).>> (Tar BZ cit. e CDS sez. IV n. 2546/10). È palese l’interesse del condominio perché l’opera riguarda un bene comune ed una struttura portante dell’edificio.
Decoro architettonico. Le opinioni costanti della giurisprudenza civilistica ed amministrativa anche in questo caso sono contrastanti. Per la prima l’evoluzione tecnologica e dei costumi (v. panni stesi in bella vista) ha fortemente ridimensionato il concetto di decoro architettonico (GDP cit. contra Trib.Varese sez.I civ. del 25/2/11). Infine la S.C., in un’analoga lite, ha stabilito che << non viola il decoro architettonico il comproprietario che esegue i lavori se, sulla facciata, sono presenti interventi preesistenti tollerati dagli altri comproprietari e di cui non è stata richiesta l'eliminazione>> ( Cass. civ. sez II n. 14992/12). Il G.A ha invece convalidato il rifiuto per questo motivo come sopra detto.

Giulia Milizia (da diritto.it del 24.10.2012)

Portierato ed omissione contributiva

Cass. Pen. Sez. IV, sent. n. 40906 del 18.10.2012

Massima
Integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell'amministratore condominiale che, ricevute le somme di denaro necessarie dai condomini, ometta di versare i contributi previdenziali per il servizio di portierato.

1. Questione
L’amministratore condominiale è stato ritenuto responsabile, con sentenza della Corte di
Appello, che ha parzialmente riformato quella del tribunale, della falsificazione di dodici modelli F24, in cui risultava apposto il falso timbro di un istituto di credito, e di appropriazione indebita delle relative somme, costituenti i contributi da versare per il portiere dello.
Il ricorso proposto dall’amministratore si articola in tre motivi:
1. violazione dell'art. 124 cod. pen. per intempestività della querela;
2. vizio di motivazione con riferimento agli artt. 192 cod. proc. pen. e 646 cod. pen. in quanto il mancato versamento dei contributi per i dipendenti non integra interversione del possesso, trattandosi di somme di proprietà del datore di lavoro, ma inadempimento di natura civilistica;
3. vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di falso.
 Contro la sentenza in appello è stato presentato ricorso in cassazione, che è stato dichiarato inammissibile.

2. Amministratore di condominio e contributi del portiere
La fattispecie in esame concerne la qualificazione della condotta dell'amministratore di condominio che riceve dai condomini le somme necessarie per il pagamento dei contributi previdenziali, trattandosi di importi non nella sua originaria disponibilità, ma consegnatigli dei condomini.
Non è decisivo il richiamo alla sentenza delle SS.UU. n 1327/05 che riguarda l'accantonamento di trattenute, non aventi natura contributiva previdenziale e assistenziale, da versare alle Casse Edili; deve, invece, ritenersi - per quanto riguarda le trattenute che devono essere periodicamente versate agli istituti previdenziali per il trattamento di fine rapporto del dipendente - commette il reato di appropriazione indebita l'amministratore del condominio che, avendo ricevuto dei condomini gli importi relativi al pagamento dei contributi previdenziali relativi al portiere dello stabile, ometta versarli all'istituto previdenziale. Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di Cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

3. Giurisprudenza contrastante
La presente pronuncia ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale (Cass. pen. Sez. II, 11/11/2010, n. 41462; Cass. pen., Sez. II, 18/03/2009, n. 19911; Cass. pen. Sez. Unite, 27/10/2004, n. 1327) secondo il quale integra il reato di appropriazione indebita la condotta del datore di lavoro che omette di versare nel termine assegnato le somme di denaro trattenute a titolo di contributi previdenziali sui compensi spettanti al lavoratore.
Tale orientamento non trova riscontro in Cass. pen., Sez. II, 04/03/2010, n. 15115, la quale ritiene che la peculiarità del caso di specie è data dalla circostanza che il denaro oggetto della contestata appropriazione è rappresentato da una quota ideale del "patrimonio" del possessore, indistinta da tutti gli altri beni e rapporti che contribuiscono a costituirlo. Si è infatti in presenza del particolare atteggiarsi dell'obbligo del datore di lavoro di corrispondere al lavoratore la retribuzione al netto di "ritenute" a vario titolo effettuate, con la conseguenza che le somme "trattenute" o "ritenute" rimangono sempre nella esclusiva disponibilità del "possessore", perchè non solo non sono mai materialmente versate al lavoratore, ma soprattutto non potrebbero esserlo, avendo il dipendente soltanto il diritto di percepire la retribuzione al netto delle trattenute effettuate alla fonte dal datore di lavoro. Le "trattenute", quindi, si risolvono a ben vedere in una operazione meramente contabile diretta a determinare l'importo effettivo della somma che il datore di lavoro è obbligato a versare al lavoratore, alle scadenze previste, a titolo di retribuzione. In casi del genere, non può quindi ritenersi la sussistenza del requisito della "altruità" del denaro o della cosa mobile, quale che sia il titolo della trattenuta alla fonte (su questi principi, cfr. Cass. Sez. U, n. 1327 del 2005, dove l'esplicito riferimento anche alle trattenute operate dal datore di lavoro in forza di accordi economici o di contratti collettivi). Ciò ha trovato riscontro in Cass. pen., Sez. Unite, 25/05/2011, n. 37954, la quale afferma che non integra il reato di appropriazione indebita, ma mero illecito civile, la condotta del datore di lavoro che, in caso di cessione di quota della retribuzione da parte del lavoratore, ometta di versarla al cessionario. In motivazione, la Suprema Corte ha precisato che la regola dell'acquisizione per confusione del denaro e delle cose fungibili nel patrimonio di colui che le riceve non opera ai fini della nozione di altruità accolta nell’art. 646 c.p.. Non potrà, pertanto, ritenersi responsabile di appropriazione indebita colui che non adempia obbligazioni pecuniarie cui avrebbe dovuto far fronte con quote del proprio patrimonio non conferite e vincolate a tale scopo.

Rocchina Staiano (da diritto.it del 23.10.2012)

mercoledì 24 ottobre 2012

Il 30 a Catania convegno su Riforma Forense

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CATANIA

Hotel Excelsior - Piazza Verga - Catania

30/10/2012 ore 15.30


RIFORMA FORENSE
PARAMETRI, REGOLAMENTI, GEOGRAFIA GIUDIZIARIA

Introduzione e saluti:
Avv. Maurizio Magnano di San Lio
(Presidente Ordine Avvocati Catania)

Interventi:
Avv. Maurizio De Tilla
(Presidente Organismo Unitario dell’Avvocatura)

Avv. Andrea Mascherin
(Consigliere Segretario Consiglio Nazionale Forense)


Catania, 23 ottobre 2012


   Il Consigliere Segretario                                            Il Presidente
        Avv. Diego Geraci                               Avv. Maurizio Magnano di San Lio

LA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA È INCOSTITUZIONALE

 
De Tilla: si blocca così il processo 
di privatizzazione della giustizia civile
Perifano: punito l'approccio aziendalistico 
del Ministero della Giustizia

La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28, nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.
Per il presidente dell’organismo di rappresentanza politica degli avvocati, Maurizio de Tilla, in prima linea in questa battaglia, «questa è una bella giornata, all’indomani di una grande manifestazione che ha visto sfilare molte migliaia di avvocati per le vie di Roma, che chiedevano a gran voce di modificare un sistema fallimentare nei risultati (oltretutto con uno scarso gradimento tra i cittadini) e incostituzionale. I fatti, ora, ci danno ragione su tutta la linea, come si legge nel comunicato stampa diffuso dalla Consulta che “ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione”.
L’obbligatorietà e i costi alti – continua il presidente Oua – costituivano un meccanismo perverso che, oltre che limitare l’accesso alla giustizia, avviava un processo di privatizzazione di un diritto sancito dalla nostra Costituzione. La media-conciliazione obbligatoria è figlia di diverse forzature nel suo iter di approvazione e dell’assoluta indifferenza ai richiami delle Commissioni Parlamentari che chiedevano decise e forti correzioni. Ma anche di una concezione sbagliata dei sistemi extragiudiziali di risoluzione delle controversie, unica nel panorama europeo, partorita nelle stanze del ministero di Giustizia del precedente Esecutivo, senza la necessaria consultazione con l’avvocatura. Questa sistema ha solo alimentato un mercato “drogato” di scuole di formazione per mediatori e di società di conciliazione nate ad hoc, senza i dovuti criteri di qualità. Tutti aspetti che abbiamo denunciato più volte, spesso senza la dovuta attenzione dei mezzi di comunicazione. Ora è giunto il momento di approfondire il confronto – conclude de Tilla – e di puntare davvero su sistemi moderni di soluzione alternative alle controversie, con criteri di qualità e rigore e senza dissimulate privatizzazioni dei diritti. Non solo: il ministro Severino deve tener conto di questa decisione e avviare un dialogo aperto e a tutto campo sulle proposte dell’avvocatura, che ha sempre ragione quando invoca il rispetto della Costituzione. Anche, in questa occasione prendiamo un impegno ulteriore come Oua: la battaglia continua contro l’aumento dei costi per i cittadini, per l’eliminazione del filtro in appello e il taglio di oltre 1000 uffici giudiziari. Basta con le ricette sbagliate, è giunto il momento delle vere riforme per ridurre i tempi dei processi e rendere efficiente la macchina giudiziaria”.
Per il segretario generale dell’Anf Ester Perifano, “è stato punito l’approccio aziendalistico del Ministero della Giustizia, ma soprattutto di un Ufficio Legislativo che non ha mai né voluto considerare le giuste riflessioni che l’Avvocatura e tanti operatori del diritto sollevavano, e né apportare le necessarie modifiche. Oggi - conclude Perifano - prevale lo stato di diritto: confidiamo che la Corte costituzionale avrà lo stesso approccio quando esaminerà molti dei provvedimenti degli ultimi mesi che con la nostra Costituzione hanno ben poco a che fare”.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 24.10.2012)