lunedì 23 dicembre 2013

BUONE FESTE!

Anche AGA News va in vacanza 
ed augura a tutti salute, pace e serenità.
L'anno trascorso è stato pessimo per noi avvocati.
Speriamo in un 2014 migliore. Davvero. 

Foto Santo Di Guardo

sabato 21 dicembre 2013

L'INTERESSANTE RELAZIONE DI MINNELLA

Che l'amico e collega Avv. Carmelo Minnella fosse uno degli studiosi più preparati in tema di maltrattamenti in famiglia e stalking lo sapevamo già.
A sorprenderci, stamane nel corso dell'evento formativo organizzato dall'AGA e tenutosi nella Sala Romeo del Palazzo delle Culture di Giarre, che lo ha visto brillante relatore sul tema: "Stalking condominiale: riconoscimento giuridico e tutela cautelare", è stata la sua capacità di mantenere costanti l'interesse e l'attenzione di un uditorio, composto da tanti penalisti ma soprattutto da oltre un centinaio di civilisti.
La capacità discorsiva, i contenuti teorici e pratici con cui è stato affrontato l'argomento, introdotto dal nostro consigliere Avv. Giuseppe Musumeci con la dotta eloquenza che lo contraddistingue, hanno reso l'ultimo evento formativo AGA dell'anno davvero interessante.
Ad aprire l'incontro è stato il presidente Avv. Giuseppe Fiumanò, il quale ha circostanziatamente illustrato lo stato dell'arte per quanto riguarda riforma forense, processo civile e -in particolare- trasferimento dell'Ufficio del Giudice di Pace nell'ex palazzo di Giustizia di corso Europa.
Alla fine, scambio di auguri -il presidente dell'Ordine Magnano ha inviato i propri- in clima di austerità, nella consapevolezza che un 2014 particolarmente ostico attende la categoria.

venerdì 20 dicembre 2013

L'AVVOCATURA CONTRO IL PROCESSO “INCIVILE”

Dichiarato lo stato di agitazione e richiesto 
un incontro urgente con il ministro Cancellieri 
e con le commissioni parlamentari

Con le nuove norme maggiori spese e ostacoli per i cittadini, più potere e meno responsabilità per i magistrati, crescono gli oneri per gli avvocati. L’accusa viene dall’Organismo unitario dell’avvocatura che, riunito in assemblea in Roma, ha approvato un deliberato estremamente critico contro lo schema di Ddl delega varato dal Governo, “per l’efficienza del processo civile” e uno sul cosiddetto “svuota carceri”. Nicola Marino, presidente Oua, affronta, innanzitutto, uno degli aspetti più controversi del progetto governativo sul processo civile (insieme alla famigerata previsione della motivazione a pagamento) quello della presunta “responsabilizzazione” dei legali rispetto alle cosiddette “liti temerarie”: «Ci vogliono mettere il bavaglio minacciando la condanna solidale del professionista: con questa norma non avremmo avuto nessun caso Englaro e non avremo più avvocati che potranno difendere i cittadini nelle grandi battaglie contro gli abusi bancari (anatocismo). Gli adeguamenti del diritto positivo alle nuove domande di giustizia che emergono nel Paese - aggiunge il presidente Oua - sono spesso frutto di scelte appunto “temerarie” contro il pensiero dominante (vedi, per esempio, il caso Englaro): decisioni che hanno cambiato e cambiano le nostre leggi e le dinamiche stesse della nostra società moderna». L'Oua nel deliberato denuncia come questo progetto si innesti, «ancora una volta nell’alveo di una serie di riforme parziali del Processo iniziate negli anni 90 e che ha trovato il suo culmine in questi ultimi mesi». Quindi si punta il dito contro le forze politiche che «anziché fare autocritica, cercano motivazioni esterne rispetto allo sfascio del Paese, quasi che la mancata riforma della giustizia, il mancato finanziamento del sistema della giurisdizione, il fallimento di tutti gli interventi privi di sistematicità fossero il frutto del fato anziché responsabilità di una classe dirigente inefficiente ed incapace. Il pur condivisibile obiettivo di velocizzare e razionalizzare il processo civile - si continua - rispetto al quale si ricorda è già pronto da tempo un progetto di riforma organica ad opera della commissione presieduta dal prof. Vaccarella (sul cui merito saranno necessarie gli approfondimenti opportuni con il contributo dell’avvocatura), non può andare a discapito di quelle che sono le garanzie fondamentali del processo».   Il presidente Oua, interviene, quindi, anche sullo “svuota carceri”, ribadendo come, «ancora una volta siano stati adottati provvedimenti unicamente correttivi che non saranno in grado di incidere, significativamente con effetti immediati sul grave problema del sovraffollamento penitenziario. Il provvedimento normativo – rileva ancora Marino citando il secondo documento - non contiene alcun intervento risolutivo sull’adozione, ormai abusata, della misura della custodia cautelare in carcere, intervenendo unicamente sull’art. 275bis, relativo all’uso dei braccialetti elettronici, strumento tanto costoso quanto inutilizzato».  Nel deliberato, si sostiene quindi, come “la linea adottata non soddisfi le richieste dell’Unione Europea e porterà inevitabilmente il Paese ad insostenibili condanne economiche (e non solo)…”. Si ribadisce, quindi, “l’urgenza di assumere iniziative legislative coraggiose ed incisive…quali amnistia ed indulto”  «Abbiamo richiesto un incontro urgente con il ministro della Giustizia e i due presidenti delle commissioni Giustizia della Camera e del Senato – conclude Marino – sia per discutere dell’immediata modifica del progetto di DDL di delega sul civile, sia per definire il necessario ammodernamento del processo penale che comprenda anche l’introduzione di istituti quali la ‘messa alla prova’ e la ‘irrilevanza del fatto’, precedute da un massiccio intervento di depenalizzazione».     L’Assemblea dell’OUA, nelle more dell’interlocuzione, ha proclamato lo stato di agitazione riservando all’esito dell’interlocuzione con le istituzioni sopra indicate, ogni conseguente iniziativa di protesta.

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 20.12.2013)

Iscrizione all’Albo ed iscrizione alla Cassa

di Giulio Pignatiello - Delegato di Cassa Forense
  
La tornata elettorale appena conclusasi e gli adempimenti successivi, necessari per l’insediamento dei nuovi componenti del Comitato dei Delegati per il quadriennio 2013-2017, hanno irrimediabilmente arrestato l’attività della Cassa Forense finalizzata ad emanare il Regolamento utile a disciplinare la norma prevista dalla nuova legge professionale, la quale prevede che “l’iscrizione all’Albo comporta la contestuale iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense”.

In realtà, il termine previsto dalla medesima legge per l’emanazione del suddetto regolamento è di un anno e, quindi, scade il 2.2.2014; è innegabile, tuttavia, che la mancata adozione, allo stato, di tale Regolamento ingenera ed alimenta, in molti colleghi che si accingono ad iscriversi all’albo ed in coloro che, invece, sono iscritti all’albo ma non ancora iscritti alla Cassa, una situazione d’incertezza alla quale è sempre più difficile dare giuste ed adeguate risposte.

Allora, cosa fare prima del 31.12.2013?

I colleghi che nell’anno 2012 hanno superato anche uno solo dei parametri reddituali “REDDITO PROFESSIONALE IRPEF (€ 10.300,00) e VOLUME D’AFFARI IVA (€ 15.300,00)" devono obbligatoriamente iscriversi entro il termine sopra indicato utilizzando le previsioni normative vigenti e non vi sono alternative.

Gli altri colleghi che devono fare particolare attenzione alla data del 31.12.2013 per iscriversi alla Cassa sono i soggetti iscritti all’albo che quest’anno compiono 39 anni di età.

Costoro (iscritti all’albo ma non ancora alla Cassa) se non vogliono poi dover rinunciare alla possibilità di beneficiare dei trattamenti assistenziali, quali la pensione d’inabilità, d’invalidità ed indiretta, devono comunque iscriversi alla Cassa necessariamente entro la fine dell’anno.

Chi, invece, non si trova in tali situazioni, a mio parere, prima d’iscriversi può ancora decidere di attendere l’emanazione del nuovo regolamento.

E’ sicuro, infatti, che la nuova disciplina in materia, oltre a contenere le norme previdenziali per disciplinare il futuro di tutti coloro che si iscriveranno alla Cassa, prevedrà anche una norma transitoria di chiusura per la regolarizzazione di tutte le situazioni pregresse, in modo da poter dare a ciascun iscritto una posizione previdenziale definita e certa.

A tal proposito, l’unica ulteriore indicazione certa che sono in grado di fornire è che - come già riferito in un mio precedente articolo sull’argomento (vedi CF NEWS n. 7 del mese di Luglio/2013) - le norme ipotizzate non stravolgeranno le linee guida ed i principi dell’attuale sistema previdenziale.

Le agevolazioni di pagamento dei contributi saranno rivolte ai nuovi iscritti ed ai soggetti con particolari parametri reddituali e riguarderanno un periodo temporale limitato, presumibilmente fino ad un massimo di 10 anni.

Si cercherà, quindi, d’introdurre un meccanismo di pagamento della contribuzione previdenziale “flessibile” e proporzionata al reddito professionale, al fine di evitare “cancellazioni indiscriminate” e garantire anche ai neo iscritti la possibilità d’intraprendere gradualmente il proprio percorso di crescita professionale.

Le norme che saranno introdotte, tuttavia, dovranno necessariamente prevedere il pagamento di una contribuzione minima, diretta a garantire tanto “l’equità” quanto la “copertura” della prestazione previdenziale finale da erogarsi.

Per il futuro, quindi, sarà indispensabile e necessario avere un “reddito professionale”.

In mancanza di entrate professionali, pertanto, sarebbe opportuno non iscriversi né all’Albo né tantomeno alla Cassa, per evitare di dover essere costretti a corrispondere importi non coperti da nessuna forma di guadagno.

In un contesto normativo che ha già recepito importanti modifiche strutturali del sistema e che è in procinto di dover introdurre un’altra innovativa regolamentazione risulta più che mai necessario informarsi adeguatamente sulle nuove previsioni normative che disciplineranno il futuro previdenziale.

L’approfondimento e la migliore conoscenza delle singole norme permetteranno una migliore programmazione della propria posizione pensionistica e, di conseguenza, consentiranno di adottare in tempo utile ogni accorgimento necessario per poter ottimizzare il proprio futuro post lavorativo.


(Da cassaforense.it)

DOVE SI TROVA IL PALAZZO DELLE CULTURE

Ricordiamo che domani il corso formativo si svolge al Palazzo delle Culture, essendo chiuso il tribunale -ahinoi- ormai da tre mesi (vero, colleghi distratti?!).
Il Palazzo delle Culture di Giarre da anni è sede di importanti incontri culturali e convegni.
Peraltro, negli anni Novanta ha ospitato incontri su temi professionali organizzati dalla nostra associazione, quando ancora si chiamava Associazione Giarrese Giovani Avvocati.
La struttura, in passato pure sede del locale istituto tecnico industriale, si trova in piazza Macherione ed è facilmente raggiungibile da piazza Duomo.
Basta risalire per poche decine di metri la via Garibaldi a piedi -la strada alle spalle di piazza Duomo con senso di marcia a scendere per i veicoli- ed imboccare la prima traversa a destra. A pochi metri, dopo l'incrocio con la via De Roberto, di fronte alla piazzetta intitolata all'illustre poeta giarrese, c'è il Palazzo delle Culture.
A domani!

GLI AVVOCATI BOCCIANO IL PACCHETTO GIUSTIZIA

Cnf: Il più radicale dissenso sul disegno di legge delega.
Anai: un governo di saltimbanchi e di giocolieri
che vuole una giustizia farsa.
Anf: si spara sulla figura dell'avvocato.
Oua: totale ignoranza dei reali
problemi che investono imprese

Il mondo forense boccia lo schema di disegno di legge che delega il Governo all'emanazione di disposizioni riguardanti il processo civile approvato dal Consiglio dei Ministri. In particolare il Cnf esprime il proprio radicale dissenso sul provvedimento in generale e la ferma riprovazione per taluni dei suoi contenuti. Il disegno di legge, il cui studio il Cnf si riserva di approfondire, si pone in contrasto con l'iniziativa assunta dal Ministro della Giustizia, non più tardi del giugno di quest'anno, con la costituzione di una Commissione mista di avvocati, magistrati e professori universitari presieduta dal professor avvocato Romano Vaccarella, per formulare proposte di interventi su processo civile e mediazione nell'ambito di un progetto organico volto ad eliminare le criticità prodotte dagli interventi estemporanei succedutisi negli anni; nonostante la commissione stesse per sottoporre il suo progetto, il Ministro ha contraddetto sé stesso facendosi promotore di modifiche nuovamente estemporanee, scollegate da una visione di insieme, causa di ulteriori criticità. Lo schema di ddl delega, deliberatamente elaborato ancora una volta senza tener conto dell'avvocatura in contrasto con l'articolo 35, comma 1, lett. q) della legge n. 237/2012 (legge di riforma dell’ordinamento forense), esprime un pregiudizio infondato e sgradevole nei confronti della categoria degli avvocati visti come causa prima delle lungaggini del processo, aggiungendo alle norme che hanno sin qui punito la professione con previsioni di decadenze, inammissibilità, riduzione di compensi, quella sulla solidarietà del difensore con l'assistito per i casi di condanna ex articolo 96 del codice di procedura civile (cosiddetta lite temeraria) così ignorando, tra l'altro, un principio elementare di diritto e di etica che vuole distinto il ruolo del difensore da quello dell'assistito. Desta sconcerto la previsione per cui il giudice motiva la sentenza solo se chi lo richiede paga prima un nuovo balzello pari alla metà del contributo unificato previsto per l'appello. Pur in presenza di altre norme che, prese isolatamente, possono contribuire a snellire il processo e l'attuazione della sentenza, è riprovevole il metodo seguito ed il pregiudizio alimentato nei confronti della categoria la quale si è sempre - ma inutilmente - dichiarata disponibile all'interlocuzione col Ministero offrendo la sua collaborazione all'elaborazione di progetti organici di riforma rifiutando la casualità e l'estemporaneità che invece caratterizzano l'azione governativa in materia. Duro anche il giudizio dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura. L’Oua nei prossimi giorni renderà pubblico anche un documento complessivo di analisi e di proposte che verranno inviate al Parlamento. Per Nicola Marino, presidente Oua, l’intervento del Governo dimostra l’assenza di una strategia di riforma efficace del processo civile e una totale “ignoranza” sui reali problemi che investono imprese e cittadini: «È un passo indietro, sempre nella direzione della rottamazione della nostra giustizia civile. Le principali misure contenute nel ddl di legge delega sono state “vendute” ai mezzi di comunicazione come il rimedio alle evidenti lungaggini dei procedimenti nel nostro Paese, ma in realtà sono una “lista della spesa” infarcita di norme sbagliate ed inutili come sempre a “costo zero” (come si precisa nell’ultimo articolo del ddl)». Il presidente dell’Oua quindi, va nel merito del testo: «Inaccettabile la motivazione a pagamento assolutamente in contrasto con l’articolo 111 (comma 6) della Costituzione. Così si limita la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto. Giudizio negativo anche per la previsione del giudice unico in appello per alcune materie e per le cause pendenti da oltre tre anni: anche in questo caso assistiamo a una maggiore decisionalità in capo al magistrato e, visto l’enorme arretrato, di fatto ritorneranno in campo proprio quegli “ausiliari”, oltretutto mai assunti e sui cui criteri di qualità nel reclutamento vi sono parecchie criticità. Sul cosiddetto “appello veloce”: si punta sulla riduzione della capacità di revisione da parte del magistrato, che viene spinto a rifarsi direttamente a quanto stabilito nel precedente grado senza analisi critica. Inoltre, in questa visione “kafkiana” del processo, il magistrato può anche decidere se una causa è “temeraria”, o no. A scapito di un avvocato che si vedrebbe costretto a pagarne economicamente le conseguenze in solido con il proprio cliente che, oltretutto, è il titolare del diritto in contestazione. Quindi, un altro enorme potere di decisione affidato alla discrezionalità o arbitrarietà giudice. Infine, sinteticamente: negativa la valutazione sugli articoli relativi ai beni pignorati e alle garanzie mobiliari: il Governo nel comunicato che ha reso pubblico ha dimenticato di segnalare che per i cittadini-creditori aumenteranno i costi. Così da essere vittime due volte. Purtroppo – conclude Marino – questo Governo invece di costruire e definire riforme efficaci per il buon funzionamento della giustizia, insiste nell’assoluta mancanza di volontà di dialogo con l’avvocatura, privilegiando la ricerca di titoli ad effetto, non ultimo “Destinazione Italia”. Dove è finito il processo telematico, per fare solo un esempio? In questo modo, non solo non saremo in grado attrarre le imprese straniere, ma faremo scappare anche quelle italiane. Questo nuovo “processo incivile” è un danno per tutti i cittadini. Ci rivolgiamo al Parlamento: si intervenga e si modifichi questo provvedimento». Forti  perplessità sulle misure varate dal Consiglio dei Ministri sul processo civile, vengono espresse dal segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense,  Ester Perifano.  “Anche il governo delle larghe intese – dice la Perifano -   spara sulla figura dell’avvocato, e utilizza il settore dell’amministrazione della giustizia come il salvadanaio da cui attingere, a spese ovviamente del cittadino e delle imprese. C’è una cronica e irrefrenabile bulimia legislativa di ogni governo che si alterna da qualche anno a questa parte sui temi attinenti la giustizia: questo disegno di legge - continua Perifano - giunge infatti a poco più di tre mesi dalla reintroduzione della ‘obbligatorietà temperata’ della media conciliazione quale requisito di ammissibilità del processo civile in numerose e delicate materie, a poco più di un anno dalla riforma del giudizio di appello, a poco più di un anno dalla quarta nell’arco di meno di 10 anni modifica delle regole del ricorso per cassazione, a poco più di un anno dalla entrata in vigore della riforma del rito del lavoro. La sensazione di una macchina che giri a vuoto tra gli addetti è netta. E ora – aggiunge Perifano - dal Governo arrivano altre novità che fanno scuotere la testa a chi le aule dei tribunali le frequenta quotidianamente: si prospetta una norma per la ‘sentenza semplificata’ che prevede che il Giudice possa rimettere alle parti la scelta se richiedere la motivazione estesa ai fini della impugnazione della sentenza, previo pagamento di una quota del contributo unificato dovuto per il giudizio successivo, che altro non è che una sorta di sentenza a pagamento. Si propone poi una norma sulla possibile responsabilità solidale dell’avvocato nel caso di condanna per lite temeraria. E ancora una volta si vuole “punire” solo e soltanto gli avvocati, quali responsabili unici del degrado della giustizia. È una norma ingiustificata, immotivata, inaccettabile, che macchia irrimediabilmente l’intero provvedimento, perché le riforme hanno un senso e funzionano se servono per qualcosa, in questo caso per la tutela dei diritti e del cittadino, non già contro qualcuno. Per il resto del provvedimento si tratta di proposte di ben poco rilievo, di efficacia discutibile e di orizzonte limitato e parziale – conclude Perifano. L’Anai, Associazione Nazionale Avvocati Italiani, accusa il governo di essere “un governo di saltimbanchi e di giocolieri che vuole una giustizia farsa e un giudice senza responsabilità. Invece di intervenire sull’organizzazione della giustizia implementando il processo civile telematico su tutto il territorio – osserva il presidente Anai, Maurizio de Tilla - invece che incrementare i giudici ed attrezzare la giustizia con mezzi e risorse, il Governo Letta-Alfano e, per esso, il Ministero della Giustizia se ne inventa una ogni tre-quattro mesi. Stavolta attacca frontalmente il processo civile autorizzando i giudici a depositare sentenze senza alcuna motivazione (che si può chiedere solo a pagamento), oppure scrivere sentenze con motivazione succinte oppure “di riporto” con un semplice richiamo alla sentenza di primo grado (senza nulla aggiungere).  Un processo farsa che agevola il lavoro dei giudici che, dopo un complicato ed estenuante processo, possono limitarsi a non fare niente se non la stesura di un dispositivo di poche righe (ad esempio: rigetta la domanda, accoglie la domanda: punto e basta). Così si premiano i giudici che non hanno voglia di lavorare e che faranno grande uso delle facoltà di decidere senza addurre argomenti. Un processo farsa che non esiste nemmeno nei paesi del terzo mondo o dei paesi retti da una dittatura. Ma vi è di più – aggiunge de Tilla - . Ecco un’ulteriore trovata del Governo di ristrette intese: il giudice può condannare l’avvocato a pagare le spese di causa insieme al cliente. Il che può realizzare una vera e propria azione di rivalsa dei giudici verso gli avvocati esigenti e non graditi. Demoliti mille uffici giudiziari con un milione di cause pendenti che non troveranno mai esito, reintrodotta la obbligatorietà della media conciliazione per un numero sterminato di materie senza alcun risultato concreto, prosegue con ulteriori interventi il “gioco dell’oca” del Governo che riesce a realizzare finalmente il suo sogno: spezzare le regole del contraddittorio e della giustizia conferendo ai giudici un potere immenso senza responsabilità. Ma se un gioco deve esserci, perché non abolire del tutto il processo civile e tornare alla prima casella cancellando il diritto dei cittadini ad agire in giudizio? Non occorre nemmeno modificare l’art. 24. – conclude de Tilla - Basta appellarsi al Superpotere del Capo dello Stato”. Una voce fuori dal coro, quella dei giovani avvocati italiani che promuovono il "Pacchetto carceri" ed esprimono soddisfazione per l'accoglimento delle richieste formulate sull'affido terapeutico e l'istituzione del Garante nazionale dei detenuti. Da Aiga arriva però anche un pressante appello ad abbandonare la logica degli "interventi- ritocco", formulando un piano di soluzioni strutturali. «Siamo confortati – osserva il Presidente dell’Aiga, Nicoletta Giorgi - dalla sensibilità mostrata dal Governo per il problema del sovraffollamento carcerario, ma non è più rinviabile una riforma organica di tutto il sistema penale, sia sostanziale che processuale. Certamente positiva appare la rivisitazione degli istituti della liberazione anticipata, che contempla un aumento dello "sconto" di pena per buona condotta da 45 a 75 giorni per ogni 6 mesi di detenzione». L’Aiga promuove anche la scelta di un maggiore utilizzo del braccialetto elettronico: «Uno strumento – commenta Giorgi – oggi esistente solo sulla carta, che può essere utilizzato solo per chi è agli arresti domiciliari. La novità, invece, è l'applicazione esterna per l’affidamento in prova, permessi, lavoro esterno. Riteniamo che l’allargamento del suo utilizzo anche per le misure alternative alla detenzione vada letta anche come un incentivo ad adottarla per i magistrati che finora l'hanno applicata poco e che da ora in avanti avranno l’obbligo di motivare il diniego all’utilizzo ritenendo il soggetto troppo pericoloso. Anche i correttivi all’istituto dell’affidamento in prova con l’innalzamento del tetto di pena da scontare da tre a quattro anni, rappresenta un ulteriore passo avanti nel segno dalla funzione rieducativa della pena». Sul versante dei tossicodipendenti, sembrano essere state accolte le sollecitazioni dell’Aiga: il decreto aumenta le possibilità di affido terapeutico per i detenuti tossicodipendenti per favorire la cura nelle comunità di recupero anche in caso di recidiva per reati minori ed arriva il reato di "spaccio lieve" con pene minori da uno a 5 anni e multe per decongestionare i penitenziari. Infine, accolta una battaglia da sempre sostenuta dai Giovani Avvocati: l’istituzione del Garante nazionale dei detenuti, quale organo indipendente preposto a una tutela extra-giudiziale dei diritti di quanti si trovano ristretti negli istituti penitenziari. Ma sui ddl in materia civile e penale gli under 45 avvertono: «Non siamo più disponibili a subire “interventi-ritocco” che non risolvono nulla. Dichiariamo la nostra piena disponibilità ad elaborare soluzioni di tipo strutturale per interventi organici di riforma in ambito civile e penale. Chiederemo di essere sentiti in Commissione Giustizia di Camera e Senato, poiché dinanzi ad una Giustizia al collasso, non sono più permessi rinvii. In materia civile, siamo assolutamente contrari alla cosiddetta “motivazione a pagamento” che rappresenta una ulteriore compressione del diritto di difesa e ci riporta indietro di trecento anni. Per quanto riguarda il penale, siamo pronti al confronto su temi centrali, quali il sistema delle misure cautelari, la revisione dei meccanismi di impugnazione in Cassazione, limitando quelle dei pm nei casi di sentenza doppia-conforme di assoluzione; la possibilità di arrivare all'archiviazione per irrilevanza del fatto; il potenziamento dei riti speciali».

Luigi Berliri (da Mondoprofessionisti del 19.12.2013)

giovedì 19 dicembre 2013

Correzione scritti esame avvocato

Sono stati ufficializzati dal ministero della Giustizia gli accoppiamenti di commissioni ed elaborati per la correzione delle prove scritte per l’esame avvocato 2013.
Gli elaborati di Catania saranno corretti a Lecce, quelli di Messina a Caltanissetta e quelli di Palermo a Salerno.

SABATO LO "STALKING CONDOMINIALE"

L'Ordine Avvocati di Catania ha accreditato l’evento avente per tema: “STALKING CONDOMINIALE: RICONOSCIMENTO GIURIDICO E TUTELA CAUTELARE”, relatore l’amico e collega Avv. Carmelo Minnella, che si svolgerà nella Sala Romeo del Palazzo delle Culture di Giarre, piazza Macherione, il prossimo Sabato 21 Dicembre, dalle ore 9 alle ore 12.
La partecipazione al corso dà diritto a n. 3 crediti formativi, ed è gratuita per i soci AGA. Ai non soci è richiesto un contributo spese di € 5,00.

Accertamento nullo se intestato a società estinta

di Maurizio Villani e Iolanda Pansardi
 
La cancellazione della società dal Registro delle imprese ne causa l'estinzione, per cui l'accertamento o altro atto impositivo notificato e intestato alla società è da considerarsi inesistente, in quanto privo del soggetto nei cui confronti avanzare la pretesa.
Al riguardo, è stato sancito che:
    in virtù della riforma del diritto societario, i creditori insoddisfatti, ivi com­preso, quindi, l'ufficio, possono agire solo nei confronti dei soci o dei liqui­datori, con la precisazione che questi ultimi risponderanno solo se ne risulti acclarata la loro responsabilità (C.T. Prov. Lucca 20.4.2007 n. 176);
    è nullo l'accertamento intestato ad una società cancellata dal Registro delle imprese, in quanto soggetto
    non più esistente (CTR Milano n. 51/19/2013; CTR Milano 5.03.2012 n. 27; CTR Firenze 19.01.2012 n. 3; CTR Milano 15.06.2011 n. 79; C.T. Reg. Torino 1.2.2010 n. 5, C.T. Prov. Treviso 27.9.2010 n. 72 e Cass. 3.12.2011 n. 22863, con riferimento ad una cartella di pagamento);
    è nulla la cartella di pagamento formata in base ad un ruolo intestato alla società che, antecedentemente all'iscrizione a ruolo stessa, risultava cancel­lata dal Registro delle imprese (C.T. Prov. Torino 15.1.2010 n. 19).
Di conseguenza, dal momento della sua cancellazione dal Registro delle Imprese, la Società ricorrente è da ritenersi società estinta, non è più soggetto di diritto ed è priva di legittimazione sostanziale e processuale.
Infatti, la cancellazione dal Registro delle Imprese, ai sensi dell'art. 2495, comma 2, del codice civile, come modificato dalla riforma del diritto societario, comporta l'estinzione della società, indipendentemente dall'esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti.
Questo il ripensamento in materia culminato nelle tre pronunce della Cassazione a Sezioni Unite del 2010 (sentenze nn. 4060, 4061 e 4062) laddove la dottrina e la giurisprudenza, giungendo a posizione diametralmente opposte, si sono a lungo confrontate in ordine alla possibilità che una società, una volta compiuta la liquidazione ed eseguita la sua cancellazione dal Registro delle imprese, potesse essere ritenuta ancora esistente in base a passività o attività non considerate dai liquidatori nella fase di liquidazione ed emerse successivamente alla sua formale cancellazione.
La Suprema Corte di Cassazione è, infatti, intervenuta a risolvere un contrasto giurisprudenziale riguardante le conseguenze giuridiche della cancellazione di una società dal Registro delle Imprese in particolare a seguito delle modifiche apportate all’articolo 2495 del codice civile da parte del D. Lgs. n. 6/2003.
Prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. appena citato, l’iscrizione e la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese aveva efficacia di pubblicità legale delle vicende rilevanti riguardanti le società.
L’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in applicazione dell’articolo 2495 del codice civile nella formulazione ante riforma si può sintetizzare nell’assunto che non fosse la semplice formalità della cancellazione ad estinguere una società, ma che, invece, essa sopravvivesse fino a quando i rapporti giuridici ad essa facenti capo non avessero trovato soluzione. E di conseguenza la stessa manteneva la propria capacità giuridica, processuale e sostanziale, nonostante l’avvenuta iscrizione della cancellazione dal Registro delle Imprese, fino alla reale cessazione di ogni attività imprenditoriale.
La Corte di Cassazione, prendendo in considerazione le innovazioni della riforma del codice civile in vigore dal 1° gennaio 2004, stabilisce che: “ l’art. 2495, comma 2, c.c. come modificato dall’art. 4, D.Lgs. n. 6 del 2003 è norma innovativa e ultrattiva che disciplina gli effetti delle cancellazioni delle iscrizioni di società di capitali e cooperative intervenute anche precedente alla sua entrata in vigore (1° gennaio 2004), prevedendo a tale data la loro estinzione, in conseguenza dell’indicata pubblicità e quella contestuale alle iscrizioni delle stesse cancellazioni per l’avvenire e riconoscendo, come in passato, le azioni dei creditori sociali nei confronti dei soci, dopo l’entrata in vigore della norma…”.
Si evince facilmente che la conclusione giurisprudenziale cui è giunta la Suprema Corte risulta legata all’espressione con cui l’articolo 2495, comma 2, del codice civile stabilisce che: ”Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione…..”, norma questa che consente di affermare che la cancellazione determina l'estinzione della persona giuridica con decorrenza dalla formalità della pubblicità nel Registro delle Imprese.
La Suprema Corte considera operativa la cancellazione di una società anche in presenza di debiti.
Ciò in quanto l’interpretazione analogica consente di ricavare dalla disciplina sullo scioglimento e liquidazione delle società di capitali la previsione normativa di cui all’articolo 2495, comma 1, del codice civile secondo il quale: “Approvato il bilancio di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese”.
In altri termini, le società si estinguono con la cancellazione dal Registro delle Imprese e la cancellazione comporta la loro irreversibile estinzione prescindendo
dai rapporti giuridici pendenti.
Ne consegue che in quelle occasioni, il giudice di legittimità è giunto ad affermare il principio secondo cui la cancellazione della società dal Registro delle imprese determina l'estinzione dell'ente a prescindere dall'esistenza di creditori insoddisfatti o di rapporti giuridici ancora da definire.
Con la recente sentenza, sempre a Sezioni Unite del 12 marzo 2013 n. 6071, lo stesso giudice di legittimità ha definito il rapporto che si instaura tra società estinta e soci nonché il destino delle eventuali sopravvenienze attive, il trattamento dei residui passivi e la disciplina dei rapporti processuali precisando che i soci subentrano nei rapporti debitori e creditori della società, ma sono loro (e soltanto loro) «la giusta parte» a cui notificare gli atti.

(Da diritto.it del 17.12.2013)

mercoledì 18 dicembre 2013

L'Oua boccia il pacchetto giustizia

"Un passo indietro verso 
la rottamazione della giustizia civile”

Duro il giudizio dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura sul pacchetto per la giustizia civile, varato ieri dal Consiglio dei ministri. L’Oua nei prossimi giorni renderà pubblico anche un documento complessivo di analisi e di proposte che verranno inviate al Parlamento.  Per Nicola Marino, presidente Oua, l’intervento del Governo dimostra l’assenza di una strategia di riforma efficace del processo civile e una totale “ignoranza” sui reali problemi che investono imprese e cittadini: «È un passo indietro, sempre nella direzione della rottamazione della nostra giustizia civile. Le principali misure contenute nel ddl di legge delega sono state “vendute” ai mezzi di comunicazione come il rimedio alle evidenti lungaggini dei procedimenti nel nostro Paese, ma in realtà sono una “lista della spesa” infarcita di norme sbagliate ed inutili come sempre a “costo zero” (come si precisa nell’ultimo articolo del ddl )».  Il presidente dell’Oua quindi, va nel merito del testo: «Inaccettabile la motivazione a pagamento assolutamente in contrasto con l’articolo 111 (comma 6) della Costituzione. Così si limita la possibilità per una vittima di poter ricorrere contro una sentenza sbagliata, se non pagando ulteriormente per la tutela di un diritto. Giudizio negativo anche per la previsione del giudice unico in appello per alcune materie e per le cause pendenti da oltre tre anni: anche in questo caso assistiamo a una maggiore decisionalità in capo al magistrato e, visto l’enorme arretrato, di fatto ritorneranno in campo proprio quegli “ausiliari”, oltretutto mai assunti e sui cui criteri di qualità nel reclutamento vi sono parecchie criticità. Sul cosiddetto “appello veloce”: si punta sulla riduzione della capacità di revisione da parte del magistrato, che viene spinto a rifarsi direttamente a quanto stabilito nel precedente grado senza analisi critica.  Inoltre, in questa visione “kafkiana” del processo, il magistrato può anche decidere se una causa è “temeraria”, o no. A scapito di un avvocato che si vedrebbe costretto a pagarne economicamente le conseguenze in solido con il proprio cliente che, oltretutto, è il titolare del diritto in contestazione. Quindi, un altro enorme potere di decisione affidato alla discrezionalità o arbitrarietà giudice. Infine, sinteticamente: negativa la valutazione sugli articoli relativi ai beni pignorati e alle garanzie mobiliari: il Governo nel comunicato che ha reso pubblico ha dimenticato di segnalare che per i cittadini-creditori aumenteranno i costi. Così da essere vittime due volte. Purtroppo – conclude Marino – questo Governo invece di costruire e definire riforme efficaci per il buon funzionamento della giustizia, insiste nell’assoluta mancanza di volontà di dialogo con l’avvocatura, privilegiando la ricerca di titoli ad effetto, non ultimo “Destinazione Italia”. Dove è finito il processo telematico, per fare solo un esempio? In questo modo, non solo non saremo in grado attrarre le imprese straniere, ma faremo scappare anche quelle italiane. Questo nuovo “processo incivile” è un danno per tutti i cittadini. Ci rivolgiamo al Parlamento: si intervenga e si modifichi questo provvedimento».

(Da Mondoprofessionisti del 18.12.2013)

40mila euro di fatturato non giustificano l’Irap

Cass. Sez. VI civile – Ord. 17.12.2013 n. 28212

Per l’avvocato il pagamento dell’Irap non può essere imposto soltanto sulla base dei guadagni ottenuti dovendosi sempre dimostrare la presenza di una adeguata organizzazione. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza 28212/2013, ribaltando la sentenza della Commissione  tributaria regionale della Emilia Romagna che aveva condannato un legale ritenendo sufficiente per la sottoposizione ad imposta l’esistenza di un “discreto livello di guadagni”, pari a 38 mila euro nel 2003.


(Da ilsole24ore.com del 17.12.2013)

Angela Parlante, praticante avvocato a 80 anni

Fatica per conseguire il titolo di avvocato!
Conferirle il titolo honoris causa?

La notizia è comparsa su laRepubblicaBari.it: "È la praticante più anziana d'Italia in lizza per ottenere l'abilitazione all'esercizio della professione forense. L‘ostunese Angela Parlante siede tra i banchi del campus universitario di Lecce"  insieme a trentenni griffate, in tacchi a spillo e borse Louis Vuitton. Lei, che di anni ne ha 79, arranca con le sue scarpe da ginnastica rosse che fanno pendant con la pesante sciarpa di lana e i fiori disegnati sul foulard che toglie solo quando si siede al banco.

Il suo viso è solcato dalle rughe ma negli occhi c'è la lucida determinazione di chi vuole raggiungere un obiettivo: "Voglio superare l'esame - dice - ci ho provato già altre sei o sette volte, ma ora devo riuscirci". Puntiglio di altri tempi il suo. Che l'ha spinta a laurearsi nel 2000, dopo essere andata in pensione dal lavoro svolto per 35 anni nella biblioteca della Provincia di Brindisi, e poi a frequentare lo studio di un avvocato del suo paese per conseguire lo status di praticante che le ha consentito di accedere all'esame.

Falliti i primi tentativi ci riprova alla soglia degli 80 anni: "I compiti di quest'anno non erano difficili, ho studiato per riuscire a farli e ieri sera non riuscivo a dormire perché ero un po' agitata". L'età però si fa sentire e in aula accusa un piccolo malore, che costringe i commissari ad allertare il 118: "Mi girava la testa e per questo mi hanno fatto i controlli e l'elettrocardiogramma, volevano portarmi in ospedale ma io dovevo consegnare il compito finito e sono rimasta".

Gabriella Filippone - Fonte: laRepubblicaBari.it (da studiocataldi.it)

Si al risarcimento danni ai nonni non conviventi

Si può provare il rapporto d'affetto
attraverso contatti Facebook

C'è un’inspiegabile tendenza a sottovalutare  l'importanza dei rapporti  d'affetto che intercorrono tra nonni e nipoti, specie quando si tratta di risarcire un danno da perdita dei propri  congiunti. I nonni infondo sono dei genitori con un tempo più dilatato e nella loro età  spesso c'è tutta la saggezza di cui si ha bisogno.

Spesso sono dei veri e propri punti di riferimento, delle bussole che aiutano ad orientarsi in quell'oceano di incertezze che ci riserva la vita.

"Devi compiere la tua crescita, non importa quanto alto sia stato tuo nonno" diceva Abraham Lincoln dimostrando quanto potesse essere intenso l'amore per i nipoti.

Occupandosi proprio di questo legame affettivo  e di come debba essere risarcita la perdita di un nipote  la corte di cassazione (sentenza n.29735/2013) ha chiarito che nel caso di danno da perdita parentale, il diritto al risarcimento spetta anche ai nonni che dimostrino la relazione affettiva con i nipoti.  La dimostrazione della relazione affettiva può avvenire anche sulla base dei contatti telefonici o telematici avvenuti (come ad esempio con Facebook).

Il risarcimento del danno da perdita del nipote può essere chiesto non solo in caso di incidente stradale ma anche in tutte quelle circostanze in cui la morte del parente sia avvenuta per colpa di terzi.

Perché sia riconosciuto questo diritto ai nonni, il presupposto non deve essere necessariamente la convivenza stabile bensì la prova di un forte legame con il nipote.

Dunque, secondo gli ermellini il requisito della "non convivenza" passa in secondo piano perché l'importanza e la stabilità di un legame affettivo e parentale non si basa sulla "compresenza fisica nello stesso luogo" ma proprio grazie ad una società improntata ad una continua telecomunicazione i rapporti d'affetto possono alimentarsi nel tempo con mezzi come il telefono o internet.

Ad esempio i contatti tra nonni e nipote possono avvenire usando la piattaforma di facebook e si può dimostrare il rapporto di affetto producendo come prova le conversazioni in chat.

Ne consegue che, in casi come questi, il giudice  analizzerà il caso valutando condizioni soggettive e situazioni di fatto per evitare, da parte di soggetti realmente lontani a livello affettivo, abusi del sistema assicurativo della responsabilità civile.

Barbara Pirelli (da studiocataldi.it)

martedì 17 dicembre 2013

Avvocati mediatori di diritto

In una circolare il ministero della Giustizia
ha riconosciuto la loro specificità professionale

Sono due le circolari Ministeriali emanate nel corso degli ultimi giorni dal Ministero della Giustizia che chiariscono alcuni aspetti della cosiddetta mediazione bis (disciplinata dall'art. 84 del dl 69/2013) e correttamente indicano che gli avvocati, mediatori di diritto, sono sottratti all'aggiornamento obbligatorio secondo il DM 180. Gli avvocati mediatori potranno adempiere all'obbligo nelle forme e con le modalità che sono previste dall'art.11 Riforma Forense. Gli avvocati mediatori valutino con attenzione, quindi, gli inviti di aggiornamento che non provengono dai propri Consigli dell’Ordine, dalle Fondazioni e dalle Associazioni Forensi.  “Ben vengano –  dichiara il segretario generale dell'ANF, Ester Perifano  – i chiarimenti e le precisazioni ulteriori del Ministero. All’obbligo di aggiornamento il mediatore avvocato – spiega Perifano dovrà adempiere nell’ambito dei percorsi seguiti per la Formazione Continua Permanente. Che il Cnf dovrà specificare a breve, mediante la pubblicazione di linee guida generali alle quali tutti dovranno adeguarsi. Le circolari sono decisamente apprezzabile, poiché sottolineano la specificità dell’avvocatura in un settore, quello della tutela dei diritti, nel quale gli avvocati hanno senz’altro una marcia in più rispetto agli altri professionisti.  Gli avvocati devono, anche attraverso la corretta applicazione della nuova legge sulla mediazione – conclude  il segretario generale dell'ANF  – riappropriarsi del loro ruolo, che è sempre stato quello di dirimere i conflitti e tutelare i propri assistiti”.


(Da Mondoprofessionisti del 17.12.2013)

18 anni ad uxoricida, tradimento non è provocazione

Cass. sez. I Pen., sent. n. 50639 del 16.12.2013 
Moglie uccisa, marito condannato a diciotto anni di galera. Il tradimento di lei non è una provocazione.
Nessun dubbio sulla colpevolezza dell’uomo, capace di uccidere la moglie, soffocandola a mani nude. Dinamica chiara: nessun raptus, ma azione consapevole, prolungata per diversi minuti. Illogico richiamare l’infedeltà della moglie come provocazione, anche perché quella situazione è stata ‘metabolizzata’ dall’uomo.

(Da dirittoegiustizia.it del 16.12.2013)

IL PRESIDENTE CI INVITA ALL’EVENTO DEL 21

Cari Colleghi e Soci,
dopo un periodo di forzata inattività, Vi comunico che Sabato 21 dicembre 2013, nella Sala Romeo del Palazzo delle Culture sito nella Piazza Macherione di Giarre (pressi di Piazza Duomo), dalle ore 9 alle 12, si terrà l’evento formativo organizzato dall’Associazione Giarrese Avvocati sul tema “Stalking condominiale: riconoscimento giuridico e tutela cautelare”.

Relatore: Avv. Carmelo Minnella.

La partecipazione all’evento, gratuita per i soci AGA, dà diritto a n. 3 crediti formativi.

Cordialmente



    Il Presidente

Giuseppe Fiumanò

lunedì 16 dicembre 2013

La crisi abbatte i redditi dei professionisti

Rapporto Adepp, più colpiti avvocati
e notai; donne trainano nuovi iscritti

La scure della crisi non ha risparmiato neppure i liberi professionisti, che tra il 2009 e il 2012 hanno visto ridursi del 3,2% il loro reddito medio. In termini reali il calo è ancora più marcato e sale fino ad un pesante -10,4%. È quanto emerge da un rapporto dell'Adepp, l'Associazione degli enti previdenziali privati, che ha condotto un'indagine tra i suoi iscritti sui redditi utili per il calcolo dei contributi. Le casse che ne fanno parte vanno da quelle dei notai a quelle degli ingegneri, passando per avvocati, medici o commercialisti. Colpita in modo particolare, l'area definita 'giuridica', che ha registrato una caduta del valore reale dei redditi percepiti pari al 21,2%. Cresce, intanto, il numero degli iscritti agli enti previdenziali privati e la spinta arriva dalle professioniste donne. In generale, spiega ancora l’Adepp, nel 2012 si è registrato un aumento degli iscritti complessivi dell'1,23% rispetto all'anno precedente. E se si fa il confronto con il 2007 allora il rialzo diventa pari all'8,8%. Ecco che nel rapporto tra donne e uomini iscritti in cinque anni lo svantaggio per le professioniste si è ridotto, su un campione di 100 associati, da 29 contro 71 a 33 contro 67. Il terzo rapporto sulla previdenza privata sottolinea, inoltre, come sia stata forte la crescita degli iscritti con età pari o superiore a 40 anni, visto che, spiega, ''la mancanza di lavoro dipendente, o la perdita di esso, ha fatto sì che non solo i più giovani ma anche la categoria dei lavoratori più anziani intraprenda l'esercizio della libera professione come soluzione alternativa''. Nel 2012, le Casse previdenziali dei diversi settori hanno inoltre erogato complessivamente 334 milioni di euro in prestazioni assistenziali e di sostegno al reddito ai propri iscritti. Per quanto riguarda il welfare, le Casse private hanno erogato sempre nello stesso anno complessivamente 227,2 milioni, incrementando del 43,72% l'ammontare delle risorse destinate a tale scopo dal 2007. Nel 2012 l'Adepp rileva come le Casse abbiano erogato complessivamente 334 milioni di euro in prestazioni assistenziali e di sostegno al reddito ai propri iscritti. Così, spiega l'Adepp nel rapporto dedicato al settore. Per quanto riguarda il welfare, le Casse private hanno erogato nel 2012 complessivamente 227,2 milioni incrementando del 43,72% l'ammontare delle risorse destinate a tale scopo dal 2007. Cresce il numero degli iscritti agli enti previdenziali privati e la spinta arriva dalle professioniste donne. A rivelarlo è il terzo rapporto dell'Adepp sul settore. In generale nel 2012 si è registrato un aumento degli iscritti complessivi dell'1,23% rispetto all'anno precedente. E se si fa il confronto con il 2007 allora il rialzo diventa pari all'8,80%. Ecco che nel rapporto tra donne e uomini iscritti in cinque anni lo svantaggio per le professioniste si è ridotto da 29 contro 71 a 33 contro 67. Il terzo rapporto sulla previdenza privata sottolinea, inoltre, come sia stata forte la crescita degli iscritti con età pari o superiore a 40 anni, visto che, spiega, ''la mancanza di lavoro dipendente, o la perdita di esso, ha fatto sì che non solo i più giovani ma anche la categoria dei lavoratori più anziani intraprenda l'esercizio della libera professione come soluzione alternativa''. ''La strumentazione degli ammortizzatori sociali - ha detto il presidente dell'Adepp, Andrea Camporese - esiste solo per i lavoratori dipendenti, e questo non è più possibile. Mi ero entusiasmato per il discorso di insediamento di Letta, che aveva detto che uno dei punti centrali dell'azione del futuro governo era la copertura sociale del lavoro non dipendente, ma io non ho visto novità in questo capitolo e - ha sottolineato Camporese - credo che se non arriveranno ci saranno problemi ancora più gravi. Le professioni sono un pezzo rilevante di ricchezza del paese, non possiamo essere trattati come una dependance del sistema pubblico. Abbiamo preso gli enti con i debiti, rimesso in equilibrio un sistema a 50 anni dimostrando di essere efficienti - ha aggiunto - non possiamo essere bloccati da norme inefficienti e incongrue per il nostro sistema. ''Abbiamo fatto uno sforzo enorme senza nessun finanziamento da parte dello stato per cercare di alleviare le sofferenze e aiutare i nostri colleghi a entrare nel mondo del lavoro, ma a questo sforzo è corrisposto uno 'zero' da parte del pubblico'. Il presidente dell'Adepp che sottolinea che ''C'è un'impostazione ideologica, si è pensato per troppo tempo in questo paese che un professionista è un privilegiato, piuttosto egoista, spesso evasore, tutta questa realtà non solo non esiste ma - evidenzia - è stata spazzata via dai numeri, dalla perdita dei redditi, dalla sofferenza di chi ha studiato e che si ritrovano in una gravissima difficoltà lavorativa. Abbiamo fatto uno sforzo enorme - sottolinea Camporese - senza nessun finanziamento da parte dello stato per cercare di alleviare le sofferenze e aiutare i nostri colleghi a entrare nel mondo del lavoro, ma a questo sforzo è corrisposto uno 'zero' da parte del pubblico. C'è un'impostazione ideologica, si è pensato per troppo tempo in questo paese che un professionista è un privilegiato, piuttosto egoista, spesso evasore, tutta questa realtà non solo non esiste ma - evidenzia - è stata spazzata via dai numeri, dalla perdita dei redditi, dalla sofferenza di chi ha studiato e che si ritrovano in una gravissima difficoltà lavorativa. Spero - prosegue - che venga il momento in cui affrontare in modo trasparente i temi dell'autonomia, della tassazione e del welfare, certamente non possiamo subire altro''. Lo ha detto il presidente dell'Adepp, Andrea Caporese, presentando il terzo rapporto sulla previdenza privata. ''Credo che reagiremo ulteriormente, quanto meno - ha spiegato - facendo sapere da subito, dopo le ferie natalizie, quali sono gli abusi subiti''. Quindi, ha sottolineato, ''io proporrò ai colleghi presidenti di scrivere a ogni singolo iscritto gli abusi che subisce, in modo che abbiano consapevolezza di chi è colui che abusa, che non siamo noi, poi vedremo qual è la comprensione da parte del governo''. Il vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani, parlando al convegno, ga detto che   ''Per anni le attenzioni di Bruxelles sono state un po' limitate, ma per la prima volta in Ue il professionista è stato indicato come un vero e proprio imprenditore che produce benessere e lavoro. Le aziende in Europa non potrebbero operare se non avessero il supporto delle professioni'' ha aggiunto. Per febbraio-marzo concluderemo il lavoro e daremo vita ad un piano d'azione europeo per i professionisti'' per ''far sì che i liberi professionisti siano protagonisti della crescita economica. I fondi europei 2014-2020 non possono escludere i professionisti. Non finanziamenti a pioggia ma aiutare i professionisti a diventare protagonisti della crescita, i giovani in particolare''. Questo il compito della politica a sostegno delle professioni, secondo Tajani.

(Da Mondoprofessionisti del 16.12.2013)

COMMISSIONE ESAMI AVVOCATO A CATANIA



Elenco dei componenti della 1ª Sottocommissione presso la Corte di Appello di Catania per gli esami di avvocato, indetti per l’anno 2013, contenuto nel D.M. 14.11.2013.

CORTE D'APPELLO DI CATANIA
Iª SOTTOCOMMISSIONE
Generalità componenti
Funzione
PATERNITI LA VIA avv. Pietro
Nato a Catania il 6.10.1948
Ordine di Catania
PRESIDENTE
D'AGATA dott. Vincenzo
Nato a Catania il 27.2.1936
Magistrato in pensione
COMPONENTE TITOLARE
MASCOLINO avv. Mario
Nato a Vittoria il 3.12.1955
Ordine di Ragusa
COMPONENTE TITOLARE
NATULLO avv. Nicola
Nato a Napoli il 28.11.1968
Ordine di Catania
COMPONENTE TITOLARE
SALANITRO prof. Guido
Nato a Catania il 25.10.1971
Professore associato
Università degli Studi di Catania
Dipartimento Scienze Politiche e Sociali
COMPONENTE TITOLARE
LA PUZZA avv. Tiziana
Nato a Catania il 14.2.1969
Ordine di Caltagirone
VICE PRESIDENTE
VALENTI dott.ssa Carla Aurora
Nato a Catania l' 11.12.1976
Magistrato ordinario che ha conseguito la II valutazione di professionalità
Tribunale di Catania
COMPONENTE SUPPLENTE
CORIA avv. Daniela
Nato a Scicli il 23.7.1964
Ordine di Modica
COMPONENTE SUPPLENTE
GUIDO avv. Antonello
Nato a Catania il 5.6.1962
Ordine di Catania
COMPONENTE SUPPLENTE
DE MARCO dott.ssa Cinzia
Nato a Palermo il 5.4.1967
Ricercatore
Università degli Studi di Catania
Dipartimento Economia e Impresa
COMPONENTE SUPPLENTE

Conciliazione e opposizione a sanzioni amministrative

Nella prima udienza, «il giudice interroga liberamente le parti presenti, tenta la conciliazione della lite e formula alle parti una proposta transattiva», recita il comma 1 dell’art. 420 c.p.c.
L’art. 77 c. 1 lett. b) D.L. 69/2013, convertito con modifiche nella L. 98/2013 - con l’evidente intento di allineare il rito lavoro al nuovo art. 185-bis c.p.c., che introduce la “proposta di conciliazione del giudice” - ha previsto che la proposta del giudice possa avere oltre che natura “transattiva” anche finalità «conciliativa». In assenza di una disciplina transitoria, la nuova norma processuale risulta applicabile anche ai procedimenti pendenti al 21 agosto 2013 (data della sua entrata in vigore), in virtù del principio tempus regit actum.
Tuttavia, a differenza dell’art. 185-bis c.p.c. - che (nella versione modificata in sede di conversione) stabilisce che il giudice, «avuto riguardo alla natura del giudizio, al valore della controversia e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto», formula alle parti la proposta “ove possibile” - sembra che nel rito lavoro sia stata inserita, non tanto l’opportunità, quanto il potere-dovere del giudice, oltre a tentare la conciliazione, di formulare anche una proposta diretta alla soluzione negoziale della controversia.
Il nuovo testo del comma 1 dell’art. 420 c.p.c., qualifica la proposta di risoluzione come «transattiva o conciliativa»; con questa dicotomia si vuole, probabilmente, ricomprendere ogni possibile soluzione pacificatoria. Il giudice potrà orientare, come ritiene più opportuno, la sua idea compositiva, sia in una prospettiva più strettamente giuridica (connessa al petitum e, comunque, fondata su “reciproche rinunce” delle parti: proposta transattiva), sia più propriamente conciliativa e, quindi, legata agli interessi eventualmente emersi, anche in una gradazione diacronica e orientata a una soluzione. 
Si deve, allora, verificare la compatibilità del complesso sistema con il rito stradale.
Mentre il libero interrogatorio delle parti, seppur di difficile verificazione, risulta ipoteticamente realizzabile, è escluso che possa procedersi alla transigibilità delle somme derivanti da sanzioni amministrative, in quanto integranti un credito pubblico di natura sanzionatoria, ontologicamente sottratto alla disponibilità delle parti, giusto il disposto dell’art. 1966 c.c.
Resta da chiedersi fino a che punto potrà spingersi la creatività del giudice di pace nel procedere, prima, a esperire il tentativo di conciliazione e, poi, a formulare la proposta di conciliativa.
Il nuovo potere, che potrebbe rivelarsi uno straordinario strumento di vantaggio per entrambe le parti (oltre che di deflazione del contenzioso), va gestito non tanto in un’ottica di preconcetto antagonismo giudiziario, quanto di reciproca e rispettosa considerazione e valutazione, caso per caso, delle reali posizioni di ciascuno. In merito, si osserva che risulterà meno arduo pervenire ad un accordo conciliativo se il quadro normativo all’interno del quale si muovono le richieste, le pretese e le articolazioni argomentative delle parti si riveli (sufficientemente) chiaro e stabile fin dall’inizio.
Benché la legge non preveda che la proposta debba essere motivata - la motivazione risulta funzionale all’impugnazione del provvedimento - nulla vieta che il Giudice possa, utilmente, indicare le direttrici (evidenziando alle parti i punti di debolezza dei rispettivi apparati difensivi: fatti incontestati, prove documentali, lacune probatorie, onus probandi, ecc.) che potrebbero orientare e responsabilizzare le parti nella riflessione sul contenuto e nella opportunità e convenienza di fare propria (ovvero sviluppare ulteriormente) la proposta.
Si pensi alla provocazione della conciliazione giudiziale e/o alla proposta di composizione della lite mediante:
- invito all’amministrazione - valutato l’eventuale fumus di fondatezza dei motivi posti a sostegno del ricorso unitamente all’orientamento giurisprudenziale dominante - di disporre l’archiviazione, la revoca e/o l’annullamento del provvedimento impugnato, con richiesta di estinzione del processo previa declaratoria di intervenuta cessazione della materia del contendere e, al ricorrente - esaurito il suo interesse alla pronuncia giudiziale e integrata la completa soddisfazione delle proprie ragioni - di rinunciare alle spese del giudizio con richiesta di loro compensazione; o, simmetricamente, invito all’opponente - valutato l’eventuale fumus di infondatezza dei motivi posti a sostegno del ricorso unitamente all’orientamento giurisprudenziale dominante - di rinunciare al processo e, all’amministrazione - previa condanna del ricorrente al pagamento della sanzione determinata in misura minima - di rinunciare alle spese del giudizio con richiesta di loro compensazione.
- proposta di modifica dei termini della contestazione mediante riqualificazione giuridica della violazione attribuita, con altra ipotesi di illecito amministrativo senza, tuttavia, porre a fondamento del rettificato addebito alcun fatto nuovo che, quindi, resta immutato nella sua consistenza materiale, per evitare di violare il precetto di corrispondenza tra contestazione e condanna (ad esempio: dall’illecito di insozzamento della strada di cui alla lett. f-bis) dell’art. 15 c. 1, sanzionato dal comma 3-bis con il pagamento di 105 euro, a quello di insudiciamento/imbrattamento della strada di cui alla lett. f), sanzionato dal comma 3 con il pagamento di 25 euro; dall’illecito di mancata riduzione della velocità di cui al comma 3 dell’art. 141, sanzionato dal comma 8 con il pagamento di 84 euro, a quello di mancato adeguamento/moderazione della velocità di cui ai commi 1 e 2, sanzionati dal comma 11 con il pagamento di 41 euro);
- restituzione nel termine per fornire all’organo di polizia procedente le generalità del conducente al momento della commessa violazione, ai fini della decurtazione dei punti di cui al comma 2 dell’art. 126-bis, l’obbligato in solido che - indotto in errore dalla prassi (avvallata dal Ministero dell’Interno, ma smentita dalla consolidata giurisprudenza di legittimità) secondo la quale, avendo proposto ricorso avverso la violazione prodromica (quella recante l’invito) riteneva di dover effettuare la segnalazione solo all’esito del procedimento di accertamento dell’illecito presupposto - abbia omesso di indicarli nel termine di 60 giorni dalla notifica della contestazione;
- riduzione alla metà del minimo edittale del periodo di sospensione della patente ordinato dalla Prefettura, quale misura cautelare e provvisoria ai sensi dell’art. 223 c. 1, per le ipotesi di reato di cui agli artt. 186 c. 2, lett. b) e c), e 7 e 187 c. 1 e 8, sempre che non si sia verificato un incidente stradale, visto che in caso di successivo svolgimento positivo della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, il giudice penale (ai sensi dell’art. 186 c. 9-bis e 187 c. 8-bis) procede a ridurre alla metà la sanzione amministrativa accessoria (definitiva) della sospensione della patente; 
- riconoscimento del cumulo giuridico, con applicazione della sanzione prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo, in caso di concorso omogeneo di violazioni della stessa disposizione anche in ipotesi di molteplicità degli accertamenti intervenuti - finanche da diversi organi di polizia (ad esempio: violazione di durata dei limiti di velocità, di cui all’art. 142, più volte accertata - si pensi al tutor - in contestualità cronologica e sulla medesima strada; utilizzo di durata del cellulare, di cui all’art. 173 c. 2, durante il medesimo contesto di marcia; plurime violazioni in materia di pubblicità sulle strade, di cui all’art. 23, accertate in vie diverse, ma in relazione al medesimo contesto storico, locale, fattuale e pubblicitario, nonostante l’effettuazione di un’unica campagna senza o in difformità dell’autorizzazione) e anche commesse con più azioni od omissioni (ad esempio: ripetersi delle violazioni di circolazione in Z.T.L. senza autorizzazione, di cui all’art. 7 c. 9 e 14, addebitabile esclusivamente alle modalità ed ai tempi di notifica dei verbali che non hanno consentito al trasgressore di prendere cognizione della prima violazione - c.d. multe seriali) - e ciò, al fine di evitare il verificarsi di un’ipotesi di bis in idem;
- ammissione, nonostante l’intervenuta proposizione dell’opposizione e il decorso del termine, del ricorrente a effettuare, nei casi in cui è consentito, il nuovo pagamento in misura ridotta scontato del 30%.
Indicati i termini della proposta, il giudice potrebbe, quindi, provvedere a fissare una nuova udienza per prendere atto delle posizioni delle parti - invitando gli avvocati (del ricorrente) e i delegati (dell’amministrazione) a conferire con i propri assistiti per valutare la ragionevolezza della proposta e a munirsi dell’eventuale procura speciale per la formale accettazione - riservandosi, all’esito, circa l’eventuale prosieguo istruttorio.
Laddove le suddette ipotesi risultassero ammissibili, dirompente diverrebbe - a differenza di quanto previsto dall’art. 185-bis c.p.c., nella versione modificata in sede di conversione - la novità.
Infatti, l’ingiustificato rifiuto della proposta giudiziale costituirebbe «comportamento valutabile dal giudice ai fini del giudizio»; di talché le parti sono onerate - non sarebbe sufficiente la mera dichiarazione di non aderire alla proposta (con un “no, grazie”) - della allegazione di un “giustificato motivo” di rifiuto, che potrà essere oggetto di sindacato (anche sanzionatorio) in sede decisoria.
E’ pur vero che la proposta formulata in sede di prima udienza potrebbe apparire eccessivamente creativa e scoraggiarne la (formulazione o la) adesione, ma il destino della nuova previsione resta nelle mani del giudice e dell’uso che intenderà farne, nella consapevolezza che la “minaccia” di una proposta conciliativa potrebbe divenire, indirettamente, un utile strumento per sollecitare un uso più responsabile della giustizia.
Nella scelta delle parti è destinata ad assumere peso specifico l’autorevolezza e capacità del “proponente” e il percorso che lo avrà condotto a indicare un’ipotesi solutiva. Tutto ciò impone al giudice - che dovrà sviluppare una particolare sensibilità tesa a orientare la possibile soluzione negoziale, sinora obliterata dalla necessaria ricerca del dictum - da un lato, e alle parti e ai loro rappresentanti - che dovranno rivedere radicalmente le strategie difensive sin dall’avvio del processo - dall’altro, una vera e propria rivoluzione culturale.
Resta, quindi, solo da verificare la giurisprudenza che si formerà in merito alla varietà di proposte e al loro diverso orientamento.

Fabio Piccioni (da ilsole24ore.com del 16.12.2013)

domenica 15 dicembre 2013

Giudizio abbreviato minorile: decide il GIP, non il GUP

Cass. Pen., sez. II, sent. 5.11.2013 n° 44617

Gli ermellini, con la sentenza 5 novembre 2013, n. 44617, confermando la pronuncia della Corte d’Appello di Bologna, sezione minorenni, hanno ribadito che, nell’ambito del procedimento penale a carico di imputati minori di età, per la celebrazione del giudizio abbreviato è competente il giudice per le indagini preliminari e non quello per l’udienza preliminare.

In particolare, il Procuratore Generale della corte territoriale emiliana, ricorreva ai giudici di Piazza Cavour avverso la pronuncia con la quale la Corte d’Appello aveva annullato la condanna, emessa in prima battuta dal Tribunale, alla pena della reclusione e della multa, a carico di un soggetto minorenne, giudicato colpevole dei delitti di rapina e lesioni, nonchè resistenza a pubblico ufficiale.

La Corte emiliana, a suffragio dell’applicata sanzione della nullità, aveva ritenuto che l’emissione della sentenza era avvenuta, a seguito della celebrazione del processo nella forma del giudizio abbreviato, ad opera del giudice di primo grado, in composizione collegiale, quale giudice dell’udienza preliminare, anziché da parte del giudice delle indagini preliminari.

La Cassazione, rigettando il ricorso del Procuratore Generale, rileva che la legislazione in tema di processo minorile non offre indicazioni in ordine alla competenza funzionale per celebrare il giudizio abbreviato, nell’ipotesi ove l’istanza venga proposta dopo l’emissione del decreto di giudizio immediato. Ciò posto, a dir del collegio romano, vanno seguite le disposizioni ordinarie del codice di rito penale.

Ribadendo il proprio consolidato orientamento (ex multis Cass. Sez. VI, sent. n. 14389/2009), gli ermellini hanno quindi ritenuto applicabile il disposto di cui all’art. 458 c.p.p., a norma del quale la competenza funzionale a celebrare il giudizio abbreviato, il quale segua il decreto di giudizio immediato “appartiene al giudice delle indagini preliminari, seppur persona fisica diversa, per ragioni di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., comma 2, da quella che ha emesso il decreto di giudizio immediato”.


(Da Altalex del 12.12.2013. Nota di Laura Biarella)

sabato 14 dicembre 2013

Sinergia tra magistratura e foro per curare i mali del processo

Lettera del 1° Presidente della Corte di Cassazione, 
Santacroce, al Presidente del CNF Guido Alpa

Con l’auspicio che costituisca per il futuro una imprescindibile direttiva per la redazione degli atti (avanti a qualsiasi autorità giurisdizionale) ad opera degli avvocati e degli aspiranti che sosterranno l’esame nella sessione di dicembre 2013, proponiamo il testo della lettera inviata a giugno dal Primo Presidente della Corte di Cassazione, dott. Giorgio Santacroce, al Presidente del Consiglio Nazionale Forense, avv. Guido Alpa, pubblicata sul sito ufficiale della Cassazione e diretta a incentivare una maggiore collaborazione giudice e avvocato e a ridurre la durata dei processi.

Richiamandosi alla norma espressa nell’articolo 132, comma 2, n. 4, del Codice di Procedura Civile, il Presidente sottolinea la necessità che la sentenza contenga “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”. Sul piano operativo, il Presidente ricorda le raccomandazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e del Consiglio di Stato, che prevedono un limite di pagine per i ricorsi e l’invito ad allegare brevi riassunti che possano guidare il giudice nell’esame della materia.

Lo stesso invito è rivolto agli avvocati cassazionisti. I ricorsi, i controricorsi e le memorie devono essere contenuti e se particolarmente complessi è preferibile l’allegazione di riassunti di poche pagine. Le memorie non devono riprodurre il contenuto dei precedenti scritti difensivi, ben potendo richiamarne solo alcuni aspetti, da considerarsi i più essenziali. Il rispetto dei requisiti di “sinteticità” e “chiarezza” garantisce non solo una crescita dell’attenzione del giudicante ma, di fatto, aumenta la forza d’impatto dell’impugnazione. Ciò non contrasta in alcun modo con il principio di autosufficienza del ricorso in Cassazione, in quanto “quest’ultimo esige non la completa trascrizione nel ricorso stesso dei documenti, bensì solo la “sintetica” indicazione delle “porzioni” del documento o dei documenti in questione”.

(Da filodiritto.com del 2.12.2013)

Mobbing e danno erariale

La Corte di Cassazione Civile con Sentenza 28 agosto 2013, n. 19814, uniformandosi ad un orientamento giurisprudenziale recente e costante, ha evidenziato e chiarito cosa debba intendersi per mobbing.
Secondo i giudici della Suprema Corte, mobbing è quella condotta da parte del datore di lavoro o del superiore gerarchico, organizzata e prolungata nel tempo, perpetrata nei confronti del lavoratore nell’ambito dell’ambiente lavorativo, che si concreta in sistematici e ripetuti comportamenti ostili ed astiosi che sfociano in forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui deriva la umiliazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo e dannoso del suo equilibrio fisiologico e psichico e della sua personalità, intesa nel suo complesso.

I Giudici di legittimità sottolineano che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva, debbano essere considerati rilevanti gli elementi − come ad esempio la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio illeciti o leciti presi in considerazione singolarmente − attuati in maniera reiterata e sistematica contro il dipendente con chiaro intento vessatorio. Inoltre, affermano che il nesso eziologico tra la condotta datoriale ed il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore, nonché l’elemento soggettivo, sia costituito e dato dall’intento persecutorio.

Anche la Cassazione Penale, con Sentenza 3 luglio 2013 n. 28603, ha trattato la questione del mobbing, affermando che il lavoratore che viene profondamente emarginato e perseguitato sul luogo di lavoro, subendo uno straining, ossia una forma di mobbing attenuata, può aver diritto ad un risarcimento per le lesioni subite.

Recentemente anche la Corte dei Conti, sez. giur. Piemonte, Sentenza n. 135/2013, si è confrontata con il fenomeno del mobbing, ovviamente trattandolo sotto il profilo del danno erariale.

La Corte dei Conti ha ravvisato la illiceità della condotta ai fini della responsabilità amministrativo-contabile, sulla scorta della valutazione effettuata dal giudice civile condividendone l’importanza dal punto di vista della idoneità a costituire fonte di responsabilità amministrativa.

Secondo i giudici, in materia di mobbing sussiste una violazione del principio costituzionale dell’imparzialità, fonte di responsabilità erariale, quando viene posto in essere un atteggiamento persecutorio mirato a discriminare ed a umiliare il dipendente.

Ed è la condotta del datore di lavoro, caratterizzata da dolo (accanimento alla persona), l’elemento soggettivo del fenomeno mobbing.

I Giudici, dunque, asseriscono che, come sancito dall’articolo 1 della Legge n. 20/1994, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave.

La condotta del datore di lavoro risulta caratterizzata dal dolo, giacché si tratta di un vero e proprio atteggiamento persecutorio messo in campo nei confronti del lavoratore sottoposto, diretto a umiliare ed a svalutare l’immagine e l’attività dello stesso.

Non può, dunque, essere posto in dubbio l’esistenza di un nesso di causalità tra il danno e il comportamento datoriale, essendo il primo immediatamente conseguente alla suddetta condotta antigiuridica.

Si evidenzia, in conclusione, come l’entrata in vigore del Codice di Comportamento, in base alla Legge n. 190/2012 ed emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013 n. 62, fornisca, in questo momento con maggiore chiarezza, il quadro normativo alla luce del quale valutare la correttezza comportamentale di dipendenti e dirigenti.

L’articolo 13 del Codice di Comportamento, disciplinante gli obblighi di condotta cui il dirigente si deve attenere, al comma 4 prevede e stabilisce che: “Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa”.

Al dirigente è inoltre imposto, sotto il profilo comportamentale, il positivo sforzo di curare il “benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all’aggiornamento del personale”.


Maria Grazia Fumarola (da filodiritto.com del 25.11.2013)