domenica 30 ottobre 2011

Crollano scale cinema, gestore condannato

Uno spettatore si avvia all’uscita del cinema dopo aver visto un film. Scende le scale e... gli mancano letteralmente sotto i piedi. La caduta provoca al malcapitato la frattura scomposta di una gamba. Inizia qui una battaglia legale contro il gestore del cinema, fino alla Corte di Cassazione dopo il giudizio a lui contrario dei giudici di merito che lo condannano al pagamento di una cifra risarcitoria di 900 euro. Alla base della motivazione, la pessima condizione di manutenzione delle scale. La Cassazione ha rigettato il ricorso del gestore stabilendo che "il tribunale ha legittimamente ritenuto accertato che le cause della caduta dovevano ricercarsi nello stato di sconnessione delle scale, non a norma, come chiaramente emerso dalla relazione peritale, oltre che nell’insufficienza del sistema di illuminazione delle luci segna passo. In particolare, sono state richiamate le dichiarazioni della stessa (ndr. vittima dell’incidente) che ha riferito di aver perso l’equilibrio essendogli venuto a mancare l’appoggio del piede sinistro, probabilmente dovuto, secondo quanto accertato dal giudice del merito, alla presenza di un vuoto sul pavimento, profondo 50 cm e largo 15/16, e comunque alle gravi sconnessioni delle scale riscontrate dal perito. E dunque ha legittimamente concluso il tribunale, proprio a causa delle cattive condizioni di manutenzione delle scale, (ndr. la vittima) aveva perso l’equilibrio ed era caduto procurandosi le lesioni sopra descritte, anche se non era stato sicuramente accertato se la caduta fosse stata determinata dal vuoto, un vero e proprio trabocchetto, la cui presenza è stata rilevata presso il sedile della quarta fila di poltrone, ovvero da una delle altre sconnessioni segnalate".

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 27.10.2011)

sabato 29 ottobre 2011

Esame avvocato, no plagio se principi di Giurisprudenza consolidata

TAR Puglia-Lecce, sez. I, sentenza 24.10.2011 n° 1837

Esame avvocato: è illegittimo l’annullamento della prova scritta per plagio se le parti incriminate concernono principi giurisprudenziali consolidati o previsioni normative fondamentali.
E’ questo il principio con cui il TAR Lecce, con la sentenza in commento ha accolto il ricorso proposto da un candidato le cui prove erano state prima valutate tutte e tre 30/50, per un totale di 90, e poi annullate a causa di una presunta identità con quelle di altro candidato.
Per il TAR adito, infatti, le parti dell’elaborato che hanno portato all’annullamento della prova d’esame, più che alla fattispecie del plagio, sembrano riportabili all’esposizione di principi giurisprudenziali consolidati o dello stesso contenuto di previsioni normative fondamentali, come l’art. 56 c.p..
In siffatte ipotesi, ha proseguito il TAR salentino deve pertanto trovare applicazione il principio già affermato dalla Sezione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, sentenza 21 ottobre 2010, n. 2147), relativo all’impossibilità di considerare come espressione di univoca corrispondenza con altri elaborati l’utilizzazione di formulazioni presenti in giurisprudenza (sempre possibile, in considerazione dell’utilizzazione di codici commentati) o la mera “copiatura” della formulazione delle norme; è, infatti, possibile presumere, come spesso avviene in procedure d’esame o concorsuali, che i passi “incriminati” possano trovare giustificazione nel ricorso a fonti (leggi, giurisprudenza) comuni o nelle <<ordinarie capacità mnemoniche>> dei candidati, che indubbiamente utilizzano testi di studio diffusi e comuni.
Ha infine concluso il TAR, ritenendo che l’elaborato del ricorrente e quello contrassegnato con il numero n. 404, al di là del necessario e inevitabile riferimento all’istituto del tentativo, sono caratterizzati dall’utilizzo di tentativi ricostruttivi talmente divergenti (nel caso del ricorrente, il riferimento alla possibile mancanza dell’elemento soggettivo e, nel caso dell’elaborato contrassegnato con il numero 404, all’accordo non punibile ex art. 115 c.p.) da portare a ritenere non credibile l’ipotesi del plagio che, si esaurirebbe, in buona sostanza, nella semplice parafrasi della formulazione e dell’elaborazione giurisprudenziale dell’art, 56 c.p.

(Da Altalex del 29.10.2011. Nota di Alfredo Matranga)

Il dialetto non rende inoffensivo l’insulto

Gli insulti sono insulti, non importa in quale lingua li esprimi, e come tali devono essere trattati in sede giudiziaria. E non si scampa dall’accusa neppure di fronte a colorite espressioni dialettali.
Questa la vicenda su cui è dovuta intervenire la Cassazione: un politico locale, nel corso di un’intervista a un giornale locale, si lascia scappare un "re dei cojon", epiteto rivolto all’avversario di turno che il giornalista decide di riportare fedelmente nel suo articolo.
La denuncia per diffamazione che ne segue investe sia il politico che il giornalista e il direttore della testata.
I giudici di merito propendono per la condanna e ai soggetti incriminati non resta che rivolgersi in Cassazione: il ricorso, però, viene respinto mettendo di fatto al bando l’offesa anche se pronunciata in dialetto. 
La Cassazione, a questo proposito, optando per la compensazione delle spese del giudizio, rileva che "l’uso della frase offensiva sposta l’attenzione del lettore dalla contesa tra i due partiti all’incapacità personale dell’esponente di uno di essi di cogliere la necessità di percorsi politici comuni".

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 26.10.2011)

venerdì 28 ottobre 2011

"TRIBUNALE DI GIARRE: SI CHIUDE?" IL 10 NOVEMBRE

Il notaio deve risarcire il cliente se non lo informa dell’ipoteca

Tirata d’orecchie per i notai. Può anche essere “defatigante”, come sostenuto dalla professionista condannata, spulciare per ore ed ore i registri immobiliari alla ricerca di ipoteche e trascrizione pregiudizievoli, ma va fatto. Il mestiere del notaio è anche quello. Parola della Cassazione.
Nel caso di una compravendita immobiliare, dunque, la visura catastale rientra fra le prestazioni che il notaio è obbligato a svolgere usando quella diligenza professionale media che qualunque professionista deve impiegare nello svolgimento della propria attività. Per cui, se poi spunta fuori un’ipoteca, il professionista è tenuto a risarcire il danno subito dall’acquirente.
Lo ha stabilito la Suprema Corte, con la sentenza 22398/2011, al termine di una vicenda giudiziaria che in primo grado aveva visto assolto il professionista, poi condannato al risarcimento dalla Corte d’appello di Roma, in solido con la parte venditrice.
La maldestra difesa della professionista, infatti, non ha convinto i giudici della Suprema corte. Secondo il notaio all’epoca dei fatti le Conservatorie si trovavano in grande arretrato e dunque le indagini relative alla situazione giuridica del bene oggetto di compravendita erano “estremamente defatiganti  e complesse”, tali per cui vi era il rischio di un largo margine di errore, mentre lei aveva usato tutta la diligenza del caso e a riprova chiamava anche in causa dei testimoni.
Il professionista chiedeva gli venisse applicata la limitazione di responsabilità, prevista dall’articolo 2236 del codice civile per i casi in cui la prestazione implichi la “soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà”.
Per la Cassazione però la disposizione invocata si attaglia a ben altri casi e cioè riguarda “prestazioni coinvolgenti problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, per i quali è richiesto un impegno intellettuale superiore a quello medio” ed anche quindi una “preparazione superiore alla media”.
Ipotesi, dunque, del tutto diverse rispetto a quella di cui si controverte che all’opposto è semplicemente dovuta “a negligenza e imprudenza, cioè alla violazione del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai sensi del secondo comma dell’articolo 1176 del codice civile”, rispetto al quale, invece, è sufficiente la colpa lieve.
In conclusione per la Cassazione: “In relazione all’inosservanza dell’obbligo di espletare la visura dei registri immobiliari in occasione di una compravendita immobiliare, il notaio non può invocare la limitazione prevista per il professionista dall’articolo 2236 del codice civile”. Non si tratta, infatti di un caso di “imperizia” rispetto ad una questione complessa ma soltanto di negligenza e imprudenza professionale. 

(Da il sole24ore.com del 27.10.2011)

Sanzionato avvocato che predispone testimonianza col cliente

Cassazione Sezioni Unite – Sent. 27.102011 n. 22380

Punito con la sanzione disciplinare dell’avvertimento il legale che fa partecipare un collega di studio al colloquio con un cliente che deve rendere una testimonianza al solo fine di predisporre una testimonianza che smentisca quella difforme eventualmente resa al giudice in udienza.
Lo hanno chiarito le sezioni Unite che hanno confermato la decisione dei giudici di merito. Il professionista è stato riconosciuto colpevole di aver mancato al suo dovere di riservatezza perché la partecipazione dell’estraneo al colloquio era tesa solo a chiamarlo a deporre per contrastare la versione dei fatti riferita dal teste al giudice.

(Da il sole24ore.com del 27.10.2011)

giovedì 27 ottobre 2011

Come chiudere le liti col Fisco

Con la circolare n. 48/E/2011 l'Agenzia delle Entrate fornisce tutti i chiarimenti necessari per definire in maniera agevolata le mini liti pendenti dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali e regionali, alle sezioni regionali della Commissione tributaria centrale e alla Corte di Cassazione, che vedono coinvolto il Fisco.
Avvisi di accertamento e atti di irrogazione sanzioni.
Con l'art. 39, comma 12, d.l. n. 98/2011, è stata introdotta la possibilità di definire tutte le liti fiscali in cui è parte l’Agenzia entrate, riguardanti atti impositivi, il cui valore non sia superiore ai 20mila euro, pendenti in ogni stato e grado del giudizio alla data del 1° maggio 2011 e per le quali non sia intervenuta alcuna pronuncia giurisdizionale definitiva, prima del 5 luglio 2011, data di entrata in vigore del d.l. n. 98/2011.
Cosa, come, quando, quando.
In particolare, nella circolare viene chiarito:
- cosa si deve intendere per lite pendente,
- come va determinato il valore delle liti autonome. E questo soprattutto in caso di ricorso cumulativo, di impugnazione parziale e di impugnazione di avvisi di accertamento conseguenti a rettifica di perdite,
- qual è l'ambito di definibilità delle liti, relativamente ai diversi tipi di atti impugnati e relativamente ai diversi tributi oggetto della giurisdizione tributaria,
- come si procede alla definizione,
- come calcolare e quando versare gli importi necessari, o ancora
- come scomputare le somme già versate in pendenza di giudizio.
Cosa bisogna fare per per perfezionare la procedura di definizione agevolata?
La risposta fornita dalle Entrate è semplice: pagare il dovuto entro il 30 novembre 2011 attraverso l'F24-Versamenti con elementi identificativi, con codice tributo 8082, e presentare in via telematica la domanda di definizione entro il 2 aprile 2012.
Liti potenzialmente definibili: sospensione dei giudizi e dei termini processuali fino al 30 giugno 2012.
La sospensione potrà essere protratta fino al 30 settembre 2012 per quelle controversie rispetto alle quali gli uffici avranno accertato la presentazione della domanda di definizione. Entro questa data, l’A.F. "verificherà il perfezionamento della domanda e, in caso di accoglimento, comunicherà al competente organo giurisdizionale l’avvenuta estinzione della lite".
Condizioni di obiettiva incertezza o di particolare complessità del calcolo.
In questi casi, se il contribuente, pur osservando una “normale diligenza nella determinazione del valore della lite e nel calcolo degli importi dovuti”, non ha versato esattamente quanto dovuto, l’ufficio potrà riconoscergli la scusabilità dell’errore e invitarlo a versare la differenza entro 30 giorni, senza perdere l'opportunità di procedere alla definizione della lite.

(Da avvocati.it del 26.10.2011)

Fotografato mentre passa col rosso, multa valida anche senza vigile

Vanno pagate le multe prese per essere passati con il semaforo rosso e certificate dalla fotografia effettuata dagli apparecchi 'spia' collocati all'incrocio. Questo anche nell'ipotesi in cui nelle vicinanze non ci sono i vigili a contestare immediatamente l'infrazione. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21605/2011.
Il caso. Un automobilista di Pistoia contestava la 'fotomulta' per l'assenza dei vigili. In primo grado il verbale veniva annullato dal giudice di pace; verdetto, questo, però ribaltato in secondo grado e confermato poi dalla Cassazione.
Il giudizio di legittimità. La Suprema Corte, per effetto delle nuove norme, ha rivisto il suo precedente orientamento contrario a convalidare le multe accertate solo dalle foto senza l'intervento della polizia municipale: "le modifiche apportate al codice della strada, e convertite nella l. n.  214/2003, prevedono che in caso di attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l'accertamento avvenga mediante rilievo con apposite apparecchiature debitamente omologate". Pertanto, secondo i giudici di legittimità, "i documentatori fotografici delle infrazioni commesse alle intersezioni regolate da semaforo, ove omologati ed utilizzati nel rispetto delle prescrizioni riguardanti le modalità di installazione e di ripresa delle infrazioni, sono divenuti idonei a funzionare anche in modalità completamente automatica, senza la presenza degli agenti di polizia".

(Da avvocati.it del 27.10.2011)

mercoledì 26 ottobre 2011

Ecco il nuovo redditometro

E' pronto il nuovo redditometro con oltre 100 voci rappresentative del tenore di vita dei contribuenti, che l'Amministrazione finanziaria utilizzerà a partire dai controlli sulle dichiarazioni dei redditi del 2010 (anno di imposta 2009). Ma il redditometro sarà anche uno strumento in mano ai singoli cittadini che, dopo un fase di sperimentazione di alcuni mesi, da febbraio potranno utilizzarlo per verificare la coerenza tra i redditi dichiarati o dichiarandi e le spese o gli investimenti sostenuti.
Il nuovo redditometro e' stato presentato oggi ai professionisti e alla stampa dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. E non sfugge il fatto che il nuovo strumento di lotta all'evasione fiscale giunga proprio all'indomani della notizia sui 12 condoni che sono contenuti nella bozza del decreto sviluppo.
Gli uffici dell'Amministrazione valuteranno i cosiddetti elementi indicativi di capacità contributiva. In sostanza, le voci di spesa vanno dall'abitazione ai mezzi di trasporto e auto di lusso, alle spese per l'istruzione, anche quelle per gli asili nido. Tra le voci l'Amministrazione considerera' anche le spese per le colf, quelle per elettrodomestici e arredi, i consumi di energia, le polizze assicurative, le spese per scuole e università private, gli abbonamenti alla pay tv.
Molto indicativi del tenore di vita, secondo il fisco, anche le attività sportive e la cura della persona, quindi la frequenza ai centri di benessere, circoli ricreativi culturali, il possesso di cavalli, le spese per i viaggi. Una categoria molto rilevante compresa nel nuovo redditometro sono poi gli investimenti immobiliari e mobiliari netti per i quali si stanno anche affinando le modalità di verifica.
Il redditometro è uno strumento di supporto per l'accertamento fiscale, utile ad una prima scrematura per individuare i contribuenti che presentano un rischio evasione. Ma, come ha spiegato Befera, ''deve essere soprattutto uno strumento per migliorare la compliance'', ossia la fedeltà fiscale dei contribuenti.
''Il redditometro è a disposizione dei cittadini - ha aggiunto il direttore dell'Agenzia delle Entrate - che possono così capire da soli se c'è coerenza tra il loro trend di spese e il reddito dichiarato. Dopo una prima fase di sperimentazione con le categorie, che servirà a mettere a punto il sistema, dal prossimo anno tutti i cittadini potranno utilizzarlo e noi lo inseriremo nei piani di battaglia per la lotta all'evasione''.
Il direttore centrale per l'Accertamento, Luigi Magistro, ha puntualizzato che il redditometro è ''la base di partenza per un eventuale accertamento. Serve ad individuare il rischio più o meno elevato di evasione'' poi ha rassicurato: ''Non andremo a scocciare chi non merita di essere scocciato''.

ASCA del 25.10.2011 (da News Altalex)

Parcella avvocato, interessi dalla domanda giudiziale

Se la determinazione dell’esatto ammontare del credito per prestazioni di patrocinio legale viene rimessa al giudice, la costituzione in mora può aversi unicamente dalla domanda giudiziale: questo rappresenta il dies a quo dal quale decorrono gli interessi legali, e non quindi dalla notifica della parcella al cliente. Questo il dictum della Corte di Cassazione espresso con la sentenza 10 ottobre 2011, n. 20806.
Un avvocato ottenne dal Tribunale un decreto ingiuntivo avverso un soggetto titolare di una ditta individuale, per il pagamento del corrispettivo del patrocinio prestato nell’ambito di un giudizio svoltosi in due gradi. L’ingiunto propone opposizione che trova il proprio epilogo con una sentenza dove i motivi dell’opposizione sono riconosciuti parzialmente fondati. In seguito la Corte di Appello statuisce che gli interessi legali sulla somma dovuta a titolo di parcella professionale devono essere corrisposti a far data dalla spedizione della parcella al cliente. Lo stesso Collegio giudica inoltre equiparabile, ad un formale atto di messa in mora, la spedizione della parcella al cliente. Pertanto detto cliente propone ricorso per cassazione.
La difesa del cliente sostiene che la pronunzia impugnata ha considerato liquido ed esigibile il credito per prestazioni d’opera sulla base della redazione della parcella spedita al cliente e per aver pertanto considerato siffatto adempimento come atto di messa in mora, non prendendo in considerazione l’incertezza del quantum dovuto della parcella, redatta sulla base delle tariffe professionali.
Gli ermellini affermano che, nonostante non venga richiesta espressamente la liquidità del credito dall’istituto della messa in mora, perché sia configurabile un colpevole ritardo nel pagamento del debito occorre che sussista una “sufficiente certezza” del suo importo. Nel caso in cui la determinazione del credito venga affidata al giudice, solo dalla liquidazione operata da questi può aversi un valido atto di costituzione in mora. Pertanto, qualora la determinazione dell’ammontare di un’obbligazione venga rimessa alla sede giudiziale, per la costituzione in mora del debitore occorre la domanda, quale, in ipotesi, la notifica del decreto ingiuntivo emesso dal giudice su istanza del professionista.
La Corte rileva infine che quando un giudizio ha per oggetto la determinazione del credito per prestazioni professionali, nell’ambito del quale al giudice si chiede di determinare anche se la pretesa dell’avvocato sia "congrua", appare confermata l’importanza, nel circoscrivere il “quantum debeatur”, di tale liquidazione giudiziale, essendo demandato al giudice di statuire in merito alla rilevanza della materia controversa al fine di individuare lo scaglione tariffario utilizzabile e, nell’ambito di un minimo ed un massimo, dare rilievo ad “elementi non obiettivamente ponderabili al momento della spedizione della parcella, quali l’importanza dei risultati conseguiti, il pregio dell’opera professionale e le difficoltà incontrate nell’espletamento dell’incarico”.

(Da Altalex del 26.10.2011. Nota di Laura Biarella)

Fondo patrimoniale, il 12 convegno a Catania

Il condirettore della Scuola di Notariato “Jacopo da Lentini”, notaio Filippo Patti, ci informa che Sabato 12 Novembre alle ore 9,30, nel Grand Hotel Excelsior di Catania, piazza Verga, avrà luogo un convegno di studi sul tema: “Il fondo patrimoniale: finalità istituzionali – rischi applicativi”. Introdurrà i lavori il notaio Patti, relazioneranno il prof. Tommaso Auletta, il notaio Giuseppe Trapani, il giudice Giacomo Oberto e l’avvocato Paolo Sciumè.
La partecipazione al convegno consente l’attribuzione di 4 crediti formativi agli avvocati (5 per i notai).
Per partecipare è necessario contattare il Consiglio notarile di Catania, entro lunedì 7 Novembre, ad uno dei seguenti recapiti: tel. 095.444343 – fax 095.444034, e-mail consigliocatania@notariato.it.

Pec e fax, graziato l’amministrativista smemorato

L’avvocato che dimentica di inserire pec e numero di fax negli atti, potrà regolarizzare la sua posizione senza dover pagare il contributo unificato aumentato della metà.
A chiarirlo è il Segretario generale della Giustizia amministrativa, con la circolare del 18 ottobre scorso.
Per l'efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie.
In seguito alle novità introdotte dal decreto n. 98/2011 in materia di contributo unificato, è previsto l’aumento della metà dell’importo del contributo in caso di mancata indicazione dell'indirizzo di posta certificata e del numero fax. Tuttavia, si legge nel documento di prassi, trattandosi di una previsione di natura sanzionatoria, è possibile sanare quest'omissione depositando in giudizio un atto che contenga l’indicazione della pec e del fax.
Esempio: annullamento di un atto amministrativo e contestuale condanna della p.a. al risarcimento danni.
Se il ricorso introduttivo del giudizio contiene più domande,  è comunque dovuto un solo contributo unificato, pari a 600 euro. Invece, si pagano 4mila euro, se la richiesta risarcitoria è formulata in via autonoma nell’ambito del contenzioso sulle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture.
Le novità valgono per tutti i ricorsi depositati dal 6 luglio 2011 compreso, presso la segreteria del giudice amministrativo.
Infine,  viene richiesto un nuovo pagamento del contributo quando, successivamente al ricorso introduttivo, si attua un ampliamento della controversia con la presentazione di motivi aggiunti di ricorso.

(Da avvocati.it del 25.10.2011)

martedì 25 ottobre 2011

Un ddl per rifare il Codice della Strada

Regole chiare e più comprensibili, un corpo più snello, completo restyling dell'istituto della patente a punti, inasprimento delle sanzioni per gli automobilisti indisciplinati: sono queste in sintesi le intenzioni del ddl di iniziativa parlamentare, presentato alla Camera dal presidente della Commissione Trasporti - Mario Valducci - di concerto con i ministri competenti.
Obiettivo del progetto? Ridurre il corpo normativo a poche decine di articoli contenenti i principi generali, le norme di comportamento con le relative sanzioni, delegificando tutte le disposizioni tecniche, sempre più spesso soggette ad aggiornamenti. Entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge, il ddl delega il governo ad approvare uno o più decreti legislativi, che modificheranno in maniera sostanziale il codice della strada.
Cosa è previsto? Riorganizzare le disposizioni codicistiche adeguandole al mutato assetto delle competenze istituzionali, semplificare le procedure, rivedendo l’apparato sanzionatorio ed introducendo il nuovo reato di omicidio stradale per chi guida alterato o scappa dopo aver cagionato un incidente automobilistico. Nella stessa ottica, saranno inasprite le pene previste per chi provoca lesioni in stato di alterazione da alcol e sostanze stupefacenti, e ciò a prescindere dalla gravità dell’incidente. Infine saranno da riformulare le regole per l’accertamento delle sanzioni amministrative.
Patente a punti. Dovrà essere definito l’istituto della patente a punti e l’applicazione delle sanzioni amministrative ovvero delle decurtazioni dei punti anche ai minorenni.
Più semplice proporre ricorso contro le sanzioni. Infine, nel disegno di legge viene prevista la possibilità di limitare l’attuale sdoppiamento tra prefettura e giudice di pace, prevedendo ambiti di competenza diversi ma non più sovrapposti.
Vista però l’instabilità politica di questi tempi e trattandosi tra l'altro di una legge delega, sarà possibile pronosticare una conclusione positiva al complesso iter legislativo che vuole il totale rifacimento del codice stradale?

(Da avvocati.it del 20.10.2011)

Truffa agli stand, organizzatore fiera deve risarcire

L’organizzatore della fiera deve risarcire i danni subiti dal cliente, se quest’ultimo, nel corso dell’evento espositivo, viene truffato nell'acquisto di prodotti da venditori privi dell'iscrizione alla Camera di commercio. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19802/2011.
Il caso. Durante l’evento 'ExpoSavona 2000', una signora aveva dato un acconto sul prezzo definitivo di una merce che le sarebbe stata successivamente consegnata; in realtà mai recapitata. Il venditore che aveva affittato lo stand nel quale la donna aveva fatto il suo acquisto, era risultato non più reperibile, non risultava iscritto alla Camera di Commercio e aveva fornito una partita Iva appartenente a una ditta fallita. Il caso della signora non era isolato. Infatti, si è scoperto poi che nei giorni dell'Expo l’uomo aveva truffato anche altri compratori. Per ottenere il risarcimento del danno la signora aveva citato in giudizio la società che aveva organizzato la fiera. Se in primo grado il tribunale negava il diritto al risarcimento, la Corte d'appello ribaltava il verdetto, condannando la società. Invano, quest’ultima ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo di non poter essere chiamata a rifondere i danni al posto del venditore-truffatore.
Il giudizio di legittimità. Di diverso avviso è la Suprema Corte: dall'esame delle dichiarazioni rese dallo stesso titolare della società é stato accertato che "l'iscrizione delle ditte partecipanti alla manifestazione era avvenuta senza alcun controllo sui dati dalle stesse comunicate, mentre una condotta normalmente diligente avrebbe imposto l'esibizione e la verifica del certificato d'iscrizione alla Camera di Commercio, delle partite Iva e di quant'altro fosse necessario ad attestare l'esistenza e la titolarità della ditta".
La società organizzatrice dell’evento è stata quindi condannata anche a pagare 2.200 euro per le spese del giudizio.

(Da avvocati.it del 20.10.2011)

lunedì 24 ottobre 2011

Etilometro e mancata informativa al difensore: nullità a regime intermedio

È annullabile l’alcool test nel caso in cui si eccepisca la mancata informativa sul difensore.
Il test alcolemico per l’individuazione dello stato di ebbrezza è un atto urgente sullo stato delle persone, al quale il difensore ha facoltà di assistere, in forza dell’articolo 356 c.p.p., senza il diritto ad essere previamente avvisato del compimento dell’atto.
In tal modo si è espresso il Tribunale di Cassino con la sentenza 14 luglio 2011, n. 334, con la quale è stato, altresì, chiarito che la confisca deve essere revocata poiché dagli atti redatti dall’organo di polizia municipale non risulta in maniera incontrovertibile che l’autoveicolo sia del proprietario del trasgressore.
Della sopra menzionata facoltà del difensore, il soggetto sottoposto alle indagini deve essere avvisato, anche nella ipotesi in cui non sia prevista la nomina di un difensore d’ufficio.
Nel caso in cui vi sia difetto dell’avvertimento vi è nullità, non assoluta, bensì di regime intermedio.
Tale nullità potrà essere sanata se non è dedotta prima del compimento dell’atto, oppure, ove possibile, subito dopo ex art. 182, comma 2, c.p.p.
Nella decisione che qui si commenta il Tribunale, ricordando precedente giurisprudenza di legittimità sul tema (cfr. Cass., Sez. I, sentenza 21 settembre 2004, n. 41095), ha precisato che “il principio per il quale -nel caso di mutamento della composizione dell'organo giudicante non è possibile utilizzare direttamente le prove precedentemente acquisite, mediante lettura dei relativi verbali, senza il consenso delle parti - non implica che, qualora detto consenso manchi, detti verbali debbano essere stralciati dal fascicolo per il dibattimento, del quale fanno parte integrante, in quanto relativi ad una fase che, pur soggetta a rinnovazione, conserva il carattere dì attività legittimamente compiuta. Ne deriva che, ove in sede di rinnovazione il soggetto esaminato confermi le precedenti dichiarazioni e le parti non ritengano di chiedergli chiarimenti o di formulare nuove domande e contestazioni, è legittimo utilizzare per relationem il contenuto materiale di tali precedenti dichiarazioni, in quanto atti legittimi dei processo”.

(Da Altalex del 17.10.2011. Nota di Manuela Rinaldi)

Iva al 21%, primi chiarimenti dell’Agenzia

Primi chiarimenti dell’Agenzia, forniti con Circolare del 12 ottobre 2011 n. 45, in merito all’applicazione della nuova aliquota Iva del 21%, con particolare riguardo alle modalità operative, al fine di consentire ai contribuenti una più agevole gestione degli adempimenti conseguenti.
I principali chiarimenti riguardano prima di tutto la possibilità di avere più tempo per regolarizzare le fatture eventualmente emesse e i corrispettivi annotati in modo non corretto effettuando la variazione in aumento; di conseguenza:
per i contribuenti che effettuano le liquidazioni periodiche con cadenza mensile, entro il termine stabilito per il versamento dell’acconto IVA (27 dicembre), relativamente alle fatture emesse entro il mese di novembre, ed entro il termine di liquidazione annuale (16 marzo), per le fatture emesse nel mese di dicembre;
per i contribuenti che effettuano le liquidazioni periodiche con cadenza trimestrale, sia per previsione di legge che per opzione, entro il termine stabilito per il versamento dell’acconto IVA (27 dicembre), relativamente alle fatture emesse entro il mese di settembre, ed entro il termine di liquidazione annuale (16 marzo), per le fatture emesse nel quarto trimestre.
Inoltre la circolare chiarisce che nel caso in cui sia stata emessa fattura o sia stato pagato in tutto o in parte il corrispettivo prima che si realizzassero i presupposti per l’imposizione, l’operazione si considera effettuata alla data di emissione della fattura o del pagamento, quindi aliquota al 20% per fatture anticipate emesse entro il 16 settembre e acconti pagati entro il 16 settembre.

(Da fiscoetasse.com del 21.10.2011)

Imposta registro zero per donazioni sotto franchigia

L'Agenzia delle Entrate con Circolare del 7 ottobre 2011 n. 44 scioglie i dubbi sollevati dal Consiglio Nazionale del Notariato, chiarendo che per gli atti che contengono una o più donazioni di valore inferiore alla franchigia (1 milione di euro per il coniuge e i parenti in linea retta, 100mila euro per fratelli e sorelle, 1,5 milioni di euro per i portatori di handicap) non deve essere corrisposta l’imposta di registro.
Inoltre gli atti con più disposizioni senza contenuto patrimoniale sono soggetti a registrazione in termine fisso con l’applicazione di un’unica imposta di registro (168 euro).
Fra gli esempi citati nella circolare, documenti che contengono più atti di procura o più rinunce all’eredità (se non precedute dall’accettazione).
Stesso trattamento per gli atti societari, come i verbali d’assemblea, che contengono modifiche statutarie relative alla sede, alla denominazione della società ecc, tassati con un’unica imposta di registro fissa, per la mancanza di contenuto patrimoniale espressione di capacita contributiva.
In caso di verbale che contenga una disposizione di contenuto patrimoniale e una disposizione priva di tale requisito, l’imposta deve essere corrisposta solo con riferimento alla disposizione che esprime una manifestazione di capacità contributiva. In ogni caso, l’imposta da assolvere in sede di registrazione non può essere inferiore alla misura fissa, pari ad euro 168,00.

(Da fiscoetasse.com del 21.10.2011)

domenica 23 ottobre 2011

ADDIO, MARIUZZU...

Annunciare la morte di un Collega è sempre triste.
Se poi il collega viene a mancare improvvisamente, a soli 46 anni, è una tragedia.
Se poi conoscevi il defunto da ragazzino, ti è stato vicino di casa, lo hai visto laureato e alla tua laurea, ti capitava spesso di incontrarlo, è ancora peggio...
L'Avv. Mario Brancatelli ha deciso -tutta d'un tratto- di andarsene verso le 14 di oggi, in punta di piedi, così come ha vissuto. 
Ne ricordiamo con tenerezza la simpatia e la genialità.
Porgiamo le nostre sentitissime condoglianze al fratello Dott. Nino Brancatelli, nella certezza che Mario, ovunque sia ora, saprà conquistarsi le simpatie di tante altre anime buone. 
Addio, Mariuzzu!

GRAVI DIMENTICANZE....

Questo "blog", che di fatto è una rassegna stampa delle notizie, decisioni e comunicati che riguardano l'Avvocatura e, in particolare, quella dell'hinterland ionico-etneo, giammai ha fatto nè farà polemica alcuna, laddove tale non possono considerarsi legittime prese di posizione, su tutte l'assoluta contrarietà all'obbligatorietà della mediaconciliazione e/o la chiusura di tribunali "minori" che allontanerebbe la Giustizia dalla gente.
Permettete però al sottoscritto, in qualità non tanto di Segretario, quanto di Addetto-Stampa dell'Associazione Giarrese Avvocati, di lamentare un episodio ed una circostanza che rappresentano un gesto poco educato, se non un'offesa, nei confronti di tutti gli avvocati del nostro Foro di Giarre e dell'ex mandamento: apprendiamo, dagli organi di stampa, che ieri, 22 Ottobre, nell'istituto "Fermi" di Giarre si è svolto un incontro sulla legalità, al quale hanno partecipato il Presidente del Tribunale di Catania dott. Bruno Di Marco e il consigliere di Corte d'Appello dott. Sebastiano Mignemi: sì, cari colleghi, mentre noi -eravamo 185 avvocati- ci "formavamo" (altra idiozia di obbligatorietà) su come va trattato il cliente e discutevamo su come aleggi la temuta chiusura del nostro tribunale, a pochi metri uno degli interlocutori principali della vicenda intratteneva studenti sulla legalità (per carità, cosa magnifica e da pieno plauso). Sapendolo prima, avremmo fatto in tempo ad invitare il Sig. Presidente Di Marco, magari per un semplice saluto, e fargli vedere come gli Avvocati di Giarre sanno accogliere i propri ospiti, anche in tribunale.
Certamente non vogliamo credere che tale grave dimenticanza, o disinformazione, sia stata fatta di proposito dal comitato Livatino, che fra l'altro annovera un collega tra i suoi componenti: vero è che, a giudizio di chi scrive -che si assume la piena, personale ed esclusiva responsabilità di quanto affermato- l'AGA andava invitata ed informata dell'iniziativa e, soprattutto, della presenza del Presidente Di Marco, che in tribunale a Giarre non abbiamo ancora avuto il piacere di accogliere.

Mario Vitale

L’albero fa ombra, il vicino va risarcito

Risarcimento del danno da ombra, in quanto origine di danno ingiusto. È questo l’ultimo caso su cui la Corte di Cassazione è stata chiamata a intervenire.
Il proprietario di un pioppeto è stato condannato a pagare il proprio vicino, sul campo del quale le fronde degli alberi facevano ombra: la produzione di mais, che necessita di molto sole per crescere, risultava infatti rallentata.
Già nel giudizio di merito la condanna era stata giustificata per il fatto che "l’ombra dei pioppi aveva impedito al mais di svilupparsi più produttivamente" e che "le radici dei pioppi assorbivano dal terreno acqua e sostanze nutrizionali a discapito della coltura del mais".
In realtà l’accusato, nel difendersi, non ha negato la realtà dei fatti, semmai ha fatto ricorso in Cassazione perché non intenzionato a risarcire il danno in virtù, a sua detta, di un comportamento scorretto del coltivatore di mais il quale avrebbe potuto tranquillamente agire in base all’articolo 896 del codice civile che consente di recidere rami e fronde nei casi in cui invadano il confine.
Questa la giustificazione della Corte di Cassazione: "costituisce onere del ricorrente indicare chiaramente quali siano i principi che si assumono disattesi trattandosi di principi che devono essere prima individuati da chi ne lamenta la violazione e soltanto successivamente verificati dal giudice di legittimità prima nella loro esistenza e quindi nella loro eventuale violazione".

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 18.10.2011)

“Furbetto del quartierino” è un insulto


Dopo le offese in dialetto, le espressioni "sei un imbecille" e "tu non sei nessuno", la Cassazione è tornata a occuparsi di turpiloquio mettendo al bando l’epiteto "furbetto del quartierino", celebre frase dell’ex immobiliarista Stefano Ricucci, coinvolto in un clamoroso fallimento.
Questi i fatti: un maresciallo dell’Esercito invia una mail al comandante mettendo in copia l’ufficiale addetto alla programmazione economica e finanziaria del comando militare della Sardegna, definendoli, appunto, "furbetti del quartierino".
Il caso finisce in Tribunale e il maresciallo viene condannato a quattro mesi di reclusione con l’accusa di diffamazione pluriaggravata.
La Cassazione ha di fatto confermato la sentenza anche della Corte d’Appello, non considerando convincente in alcun modo la difesa del maresciallo incentrata sulla libertà di esercizio del diritto di critica essendo egli un rappresentante sindacale.
Con sentenza n. 37046 la prima sezione penale ha sottolineato come "la dialettica dei rapporti con le controparti non può essere articolata attraverso un lessico obiettivamente offensivo e lesivo dell’altrui reputazione, che poco ha a che vedere con l’esercizio del mandato sindacale".

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 19.10.2011)

sabato 22 ottobre 2011

Il mercato è selvaggio ed il merito ha poca dignità

di Giuseppe Sileci (presidente uscente AIGA)

«Ci inorgoglisce sapere che la nostra professione rappresenta una “cerniera” tra il potere pubblico dello Stato ed il diritto privato dei singoli cittadini, però inviterei quanti parlano di questione giovanile a farsi una passeggiata per i corridoi di un medio tribunale italiano, e ad osservare i volti di tanti giovani avvocati, oppure ad ascoltare le loro storie: solo così capirebbero l’avvilimento di chi quotidianamente si misura con rinvii sul ruolo di un anno per assenza del magistrato, con una edilizia giudiziaria che non solo non offre i servizi essenziali, ma molto spesso neppure la capienza necessaria per contenere migliaia di fascicoli, con un personale amministrativo oramai rassegnato a lavorare in condizioni degradanti perché senza stimoli, senza aspettative e sottodimensionato, con un mercato sempre più affollato e sempre più selvaggio, nel quale le capacità ed i meriti non hanno alcuna dignità».
È un passaggio della relazione di Giuseppe Sileci, presidente dell'Aiga, l'Associazione italiana dei giovani avvocati, che ha introdotto, ieri (giovedì, NdAGANews) pomeriggio a Catania, il XXI congresso dei legali under45, che proseguirà fino al 23 ottobre.
Fra i temi d'attualità che riguardano il settore della giustizia e l'avvocatura, Sileci ha parlato del disegno di legge di riforma della professione forense, attualmente all'esame della Camera, sostenendo che «in questi tre anni abbiamo sostenuto il provvedimento, consapevoli sia del fatto che fosse la migliore mediazione possibile tra tutte le componenti dell’avvocatura sia del fatto che, proprio perché frutto di un compromesso, avrebbe dovuto costituire non un punto di arrivo, bensì di partenza in vista del superamento di alcuni tabù: l’esercizio della professione nella forma della società di capitali, o come lavoratore dipendente. Oggi, però – ha proseguito il presidente dell'Aiga – si aprono nuovi scenari, che allontanano i tempi di approvazione del ddl già licenziato dal Senato e, forse, fanno svanire del tutto la possibilità che quel testo si traduca in legge».

(Da Mondoprofessionisti del 21.10.2011)

L’IMPORTANZA DELLA DEONTOLOGIA

Si è concluso un paio d’ore fa, al Tribunale di Giarre, il nono evento formativo (e scusate se è poco…) organizzato nel 2011 dall’Associazione Giarrese Avvocati.
Graditissimi ospiti dell’AGA sono stati il consigliere dell’Ordine Avv. Fabrizio Seminara e l’Avv. Maria Letizia Galati (figlia d’arte, col Prof. Avv. Nino Galati -suo papà- in tantissimi abbiamo studiato e dato procedura penale).
Gli illustri relatori si sono soffermati sul reato di patrocinio infedele e sugli aspetti deontologici che devono caratterizzare il rapporto tra avvocato e cliente, suscitando notevole interesse tra i circa duecento professionisti presenti (anche qualche giudice onorario).
Il presidente Avv. Giuseppe Fiumanò ha reso noto che –salvo imprevisti- il prossimo evento, nella seconda metà di novembre, tratterà un altro argomento valido ai fini della deontologia: il gratuito patrocinio.

venerdì 21 ottobre 2011

Appello all’esercito degli Avvocati

di Matteo Santini (foro di Roma)

Il numero degli avvocati continua ad aumentare. L’articolo 3 della recente manovra economica fa riferimento, in modo quasi beffardo, a presunte “indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni”; mi viene da pensare che tali restrizioni, ove esistenti, non abbiano comunque funzionato in passato visto che solo nella città di Roma il numero degli avvocati supera le 20.000 unità. Una categoria di potenziali disoccupati o ancor peggio di giuristi a sevizio delle grandi imprese (il tutto con una irrimediabile perdita di identità e di quell’autonomia che dovrebbe sempre rappresentare il punto di riferimento del percorso professionale di una avvocato). A ciò si aggiunge il rischio di lotte fratricide tra colleghi scaturenti dall’abolizione dei minimi tariffari. La nostra categoria non merita una fine così ingloriosa.I problemi della giustizia rappresentato uno dei grossi problemi irrisolti degli ultimi anni. L’efficienza dell’apparato della giustizia è un indice di riferimento essenziale affinché uno Stato possa definirsi democratico. Processi interminabili ed ostacoli frapposti tra il cittadino e l’accesso alla giustizia rappresentato un freno anche alla crescita economica. Le multinazionali estere ma anche i piccoli imprenditori preferiscono investire all’estero e ciò in virtù del fatto che, ove dovesse sorgere un contenzioso civile, i loro diritti rimarrebbero pregiudicati a cagione dell’estrema lentezza dei processi civili. La categoria forense è stata recentemente colpita da provvedimenti esiziali i quali, hanno finito per incidere sulla stessa efficienza della giustizia e su tutta la collettività. La limitazione all’accesso alle Corti non è certamente la soluzione per risolvere i problemi della giustizia. La media conciliazione obbligatoria, l’aumento del contributo unificato (per ben tre volte in un anno), avranno come unico risultato quello di aumentare i costi dell’accesso alla giustizia e forse dissuaderanno qualche cittadino meno abbiente dal far valere i propri diritti in sede giudiziaria. Tale limitazione rappresenta una palese violazione dell’articolo 24 della Costituzione. (come noto la questione relativa alla obbligatorietà della media conciliazione è attualmente all’esame della Corte Costituzionale). Al fine di porre rimedio al sovraffollamento della giustizia anziché limitare l’accesso alla giustizia dei cittadini, sarebbe necessario aumentare le strutture e gli organici.Personalmente, ho individuato alcuni punti critici che dovrebbe essere, con la massima urgenza, affrontati e risolti, con l’aiuto di tutti (Istituzione incluse), per restituire alla professione la dignità ed il ruolo che si merita. Questi i punti:
1) abolizione della media conciliazione obbligatoria
2) abolizione della disciplina sulle specializzazioni così come concepita dalla legge di riforma
3) abolizione di ogni parametro connesso al reddito, in riferimento alla prova dell'esercizio continuo della professione (si veda attuale formulazione dell’articolo 20 del DDL 1198)
4) abolizione dei crediti formativi con individuazione di criteri alternativi per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento professionale
5) tutela delle categorie "deboli" dell'avvocatura a) donne in gravidanza e durante i primi anni di vita dei figli b) giovani avvocati c) avvocati diversamente abili
6) abolizione di ogni barriera (non solo di natura architettonica) che impedisca, di fatto, agli avvocati "svantaggiati" di potere accedere agli uffici giudiziari o, in genere, che limiti l'esercizio dell'attività a cagione delle condizioni fisiche
7) individuazione e predisposizione degli strumenti che consentano ai giovani avvocati un agevole inserimento professionale all'interno degli studi legali
8) introduzione all’interno del Tribunale di Roma di asili nido e scuole di infanzia gratuite, destinate ai figli dei colleghi e delle colleghe
9) creazione ed introduzione di una rivista gratuita on line settimanale, attraverso la quale tutti i colleghi possano essere costantemente informati su novità normative e giurisprudenziali
10) reintroduzione dell’obbligatorietà delle tariffe forensi e adeguamento delle medesime ed aggiornamento delle stesse (ferme al 2004)
11 ) modifica del sistema di accesso e retribuzione delle difese d’ufficio e del patrocinio a spese dello Stato per una migliore garanzia della difesa, onde consentire in concreto l’applicazione dei precetti costituzionali.
12) partecipazione attiva di tutti i colleghi alle decisioni più rilevanti che coinvolgono gli interessi degli avvocati Romani (ad esempio ricorrendo con maggiore frequenza all'organizzazione di assemblee o mediante altri strumenti partecipativi di democrazia diretta).

(Da Mondoprofessionisti del 19.10.2011)

DOMANI CORSO, ULTIMO AVVISO...

Il presente, ultimo avviso da valere quale diffida e messa in mora, visto che l’abbiamo reso noto, pubblicato, fatto dire, più volte comunicato sul sito (AGANews e “Formazione”), dagli organi di stampa (giornali e tv), con le locandine, con l’e-mail, a voce ecc.:
domani, Sabato 22 Ottobre, nell’androne del Palazzo di Giustizia di Giarre in corso Europa, dalle ore 9 alle 12 avrà luogo il nono evento formativo organizzato per quest’anno dall’AGA.
Saranno nostri graditissimi ospiti il consigliere dell’Ordine Avv. Fabrizio Seminara e l’Avv. Maria Letizia Galati, i quali relazioneranno sul tema: “Rapporti con il cliente: aspetti deontologici. Il reato di patrocinio infedele”.
La partecipazione all’evento, gratuita per i soci AGA, dà diritto a n. 3 crediti formativi in materia di deontologia.
Il Segretario precisa che, qualora qualche collega si sogni di affermare “non sapevo niente del corso”, non gli saranno consegnati attestati e relativi punteggi, ancorché pregressi (eh, eh, eh…).

giovedì 20 ottobre 2011

Maltrattamento animali, l’elemento psicologico

Grazie alle innovazioni apportate dalle più recenti disposizioni normative in materia, il reato di maltrattamento di animali (ex articolo 544 ter Codice Penale), assurge al rango di delitto anziché di contravvenzione come invece era previsto dalla vecchia normativa. Ciò ha inevitabilmente comportato un inasprimento della pena da applicare in conseguenza della commissione del delitto di cui si discute; infatti, la norma prevede l’irrogazione della pena della reclusione da 3 a 18 mesi o della multa da € 5.000,00 ad € 30.000,00.
L’articolo 544 ter Codice Penale afferma che: “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito… (omissis). La stessa pena, si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La pena è aumentata della metà, se dal fatto deriva la morte dell’animale”. E’ bene sottolineare che la predetta disposizione normativa riconduce nell’ambito del reato di maltrattamento di animali qualsiasi condotta attiva od omissiva che arrechi una lesione fisica all’animale, quali possono essere le percosse oppure la semplice non curanza o addirittura indifferenza di fronte al precario stato di salute dell’animale stesso. Le medesime considerazioni possono essere espresse nei confronti di colui che tiene un comportamento tale da sottoporre l’animale a sevizie, fatiche o comportamenti insopportabili per le sue caratteristiche etologiche.
Di estrema importanza è il secondo comma dell’articolo in commento, il quale – come abbiamo visto – punisce colui che somministra sostanze stupefacenti o sottopone l’animale a trattamenti che gli procurano un danno alla salute. Con tale previsione, il Legislatore ha voluto punire il reato di doping a danno di animali. Trattasi, in particolare modo, di un reato per il cui perfezionamento non ricorre la necessità che si verifichi un danno, ma solo la realizzazione di una condotta qualificabile come pericolosa. Se dalle condotte criminose previste e disciplinate dall’articolo 544 ter Codice Penale, deriverà quale conseguenza non voluta la morte dell’animale, allora ci troveremo in presenza della circostanza aggravante speciale di cui al terzo comma del predetto articolo.
Passando ora ad analizzare la ricorrenza dell’elemento psicologico nella configurazione del reato di maltrattamento di animali, è bene preliminarmente soffermarsi sul concetto di colpevolezza da considerarsi quale elemento indispensabile ai fini dell’attribuibilità del fatto-reato al suo autore. Affinché il fatto commissivo sia punibile, è necessario che ricorra, non solo la tipicità e la sua antigiuridicità, ma si richiede, altresì, che sia anche colpevole.
Il principio di colpevolezza assume un’importanza basilare nel nostro sistema penale e trova la propria base giuridica nell’articolo 27 comma primo della Costituzione. La colpevolezza può essere definita come un atteggiamento antidoveroso della volontà dal quale scaturisce la commissione del fatto-reato e che giustifica l’irrogazione della pena. Da qui l’applicazione del primo comma dell’articolo 42 Codice Penale, ad avviso del quale nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se non ha agito con coscienza e volontà. Le diverse forme in cui si estrinseca la colpevolezza sono il “dolo” e la “colpa”, ma esiste, altresì, la c.d. preterintenzione che rinveniamo nell’articolo 544 ter Codice Penale ultimo comma e cioè il maltrattamento di animali aggravato dalla morte. In tale ultimo caso, la morte è da considerarsi come evento ulteriore che va oltre l’intenzione da qualificarsi, quindi, come più grave di quello in realtà voluto dal soggetto agente, ma che è comunque conseguenziale alla sua azione od omissione e ad esso attribuibile.
Come tutti noi sappiamo le sostanziali e più rilevanti differenze tra i due concetti rispettivamente di dolo e colpa, sono facilmente estrapolabili dalle norme del nostro Codice Penale. Infatti, il dolo viene qualificato come “volontà consapevole di realizzare il fatto tipico”. In tale caso, il soggetto agente rappresentandosi tutti gli elementi costitutivi della fattispecie criminosa, pone in essere un’azione volta alla realizzazione dell’evento. Al contrario, quando manca la volontà dell’evento, ci troviamo in presenza della colpa. Di conseguenza il delitto è colposo quando il fatto illecito è stato commesso per imprudenza, negligenza, imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Il rimprovero che l’Ordinamento Giuridico muove al soggetto agente, è relativo al fatto di non avere attivato quei poteri di controllo che doveva e poteva attivare per evitare il verificarsi dell’evento lesivo; ciò significa che, in tale circostanza, l’agente non ha osservato, pur trovandosi nelle condizioni di poterlo fare, quello standard di diligenza richiesto nella situazione concreta.
Dopo avere analizzato per sommi capi le più rilevanti differenze esistenti tra il dolo, la colpa e la preterintenzione, è indispensabile soffermarci ora sullo studio minuzioso delle differenti forme di dolo che possiamo individuare nel reato di maltattamento di animali.
A tale proposito un recente arresto giurisprudenziale ha definito il reato di amltrattamento di animali come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale, la quale può consistere in un comportamento commissivo od omissivo, sia tenuta per crudeltà e a dolo generico quando la stessa è tenuta senza necessità (Cassazione Penale, Sezione III, n. 44822/07). I due concetti di dolo specifico e dolo generico sono da ricondurre nell’ambito delle varie forme in cui si manifesta il dolo; mentre nel caso del dolo specifico, il soggetto agente compie il fatto materiale con coscienza e volontà per il perseguimento di un fine particolare, da considerarsi come elemento soggettivo costituitivo della fattispecie legale, ma che va oltre il fatto materiale tipico; al contrario, il dolo generico è caratterizzato dalla semplice coscienza e volontà del fatto materiale a prescindere dal fine per cui si agisce. Naturalmente la locuzione “senza necessità” richiamata dalla giurisprudenza di legittimità, come sopra specificato, e che giustifica la ricorrenza del dolo generico, è da ricondurre all’articolo 54 Codice Penale e quindi ai fini della esclusione della configurabilità della fattispecie criminosa de quo, è indispensabile che la condotta attiva od omissiva tenuta dall’autore, s’incardini nell’ambito di una situazione che induca al maltrattamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni.
Nell’ambito dei reati contro gli animali, assurge a fondamentale importanza il “dolo eventuale” di matrice prettamente giurisprudenziale.
Sul punto, la giurisprudenza di merito ha di recente sostenuto l’applicabilità del dolo eventuale nel reato di maltrattamento di animali.
Ricorre il dolo eventuale o indiretto nel caso in cui l’evento non è direttamente voluto dal soggetto agente, ma accettato come conseguenza eventuale della propria condotta e quindi accetta il rischio del suo verificarsi. Le predette considerazioni, ampliano notevolmente la tutela degli animali dinnanzi ad eventuali maltrattamenti, poiché si considera punibile anche colui che non solo vuole arrecare nocumento all’animale, ma anche chiunque pur non volendo raggiungere direttamente la predetta finalità, agisce ugualmente accettando il rischio del suo verificarsi.
Da ultimo e come accennato in precedenza, il terzo comma dell’articolo 544 ter Codice Penale prevede e disciplina una circostanza aggravante ad effetto speciale. E’ chiaro che, in tale ipotesi, l’evento morte che consegue alla condotta criminosa, non deve essere voluto dal soggetto agente autore del maltrattamento e neppure dovrà configurarsi il c.d. dolo eventuale attraverso l’accettazione del rischio del suo verificarsi, altrimenti ci troveremmo in presenza della fattispecie criminosa di cui all’articolo 544 Bis Codice Penale e cioè del reato di “uccisione di animali”. E’ evidente che nelle predette circostanze, ricorre l’ipotesi di vera e propria preterintenzione ove l’evento dannoso, il quale nel caso sottoposto alla nostra attenzione, si concretizza nella morte dell’animale, è più grave di quello voluto dall’agente. Di conseguenza, avremo un reato base, caratterizzato dalla presenza del dolo ed un successivo evento non voluto purché collegato da un nesso di causalità materiale all’azione od omissione dell’autore del reato.

Monia Dottorini (da filodiritto.com del 20.10.2011)

Medico rischia omicidio colposo per accertamenti diagnostici non disposti

Il medico che non dispone gli opportuni approfondimenti diagnostici può rischiare la condanna per omicidio colposo.
Così si sono espressi i giudici della quarta sezione penale della Suprema Corte nella sentenza 17 agosto 2011 n. 32154 confermando la decisione della Corte d’Appello per la condanna nei confronti di un medico sportivo per il delitto di omicidio colposo in danno di un quattordicenne.
Secondo quanto precisato già dai giudici di merito, la responsabilità del medico (specialista, tra l’altro in medicina dello sport) consisteva nell’aver rilasciato il certificato di idoneità sportiva al ragazzo, nonostante lo stesso avesse, già in passato, manifestato alcune patologie di origine cardiaca.
La madre del ragazzo, infatti, aveva avvertito il medico che il figlio, già all’età di cinque anni aveva sofferto di una aritmia parossistica poi regredita.
E ancora di più: anche il cardiologo aveva segnalato il fatto che, nonostante la normalità del tracciato, dall’elettrocardiogramma risultava una “deviazione assiale a sinistra”.
Tutti questi elementi avrebbero dovuto portare il medico specialista all’effettuazione di ulteriori approfondimenti diagnostici, visto il caso di specie.
Tale decisione è stata avallata anche dai giudici di legittimità, i quali hanno, infatti, precisato che il medico sportivo, di fronte alle patologie già conosciute del paziente, non solo non avrebbe dovuto rilasciare il certificato ma, anzi, avrebbe dovuto disporre accertamenti ancora più rigorosi con l’esecuzione di un ecocardiogramma, che avrebbe potuto evidenziare l’esistenza della patologia di cui era stata ritenuta l’efficienza causale nel verificarsi del decesso.
Il medico ha, quindi, sottovalutato la patologia non tenendo in debita considerazione i riscontri del cardiologo e rilasciando lo stesso il certificato.
Tutto ciò ha portato alla morte del giovane che ha partecipato alla partita di calcio; l’evento morte è riconducibile allo sforzo compiuto nel corso della partita stessa.
I giudici di Cassazione hanno, infatti, affermato che, pur essendo vero che la patologia in oggetto aumenta il rischio di morte improvvisa del paziente affetto dalla stessa, è altrettanto vero che il rischio può salire in maniera esponenziale nel momento in cui il soggetto venga sottoposto ad uno sforzo fisico oppure ad una emozione intensa.
In pratica, se il medico avesse negato l’idoneità allo svolgimento di attività sportiva agonistica, quel giorno il giovane non sarebbe morto; senza ulteriormente contare il fatto che una giusta diagnosi avrebbe potuto permettere le cure utili al fine di contenere o, comunque, ritardare la morte improvvisa.
Omicidio colposo, pertanto, al medico sportivo che ha consentito l’agonismo al ragazzino che ha sofferto di aritmia.
Il ricorso, quindi, deve essere rigettato ed il medico condannato al pagamento delle spese di giudizio.

(Da Altalex del 20.10.2011. Nota di Manuela Rinaldi)

Pubblico impiego: differenze retributive per mansioni superiori

Consiglio di Stato, sentenza n. 5451 del 5.10.2011

(Massima) Non può essere accolta la domanda del dipendente, volta ad ottenere il riconoscimento delle differenze retributive per le mansioni superiori svolte nel caso in cui manca la pianta organica dell’amministrazione.

mercoledì 19 ottobre 2011

Da domani congresso AIGA a Catania

«Alle giovani generazioni, a noi stessi, dobbiamo richiedere quella genuina passione civica che potrà metterci al riparo dagli errori dei nostri padri, ai quali rimproveriamo di averci consegnato una società diseguale ed iniqua, nella quale la fascia degli infra-quarantacinquenni vive il disagio della precarietà e l’insicurezza del proprio futuro. E il titolo del nostro congresso, “Generazione legalità”, nasce da questa consapevolezza, ma anche dalla certezza che è una comunità in cui regna la giustizia quella in cui ogni individuo sa quali sono i propri diritti, ma non ignora i corrispondenti doveri».
Così Giuseppe Sileci, presidente dell’Aiga, l’Associazione italiana dei giovani avvocati, presenta il XXI congresso dei legali under 45, che si svolgerà a Catania dal 20 al 23 ottobre.
Le giornate di lavoro, che culmineranno, domenica 23, nell’elezione del nuovo presidente nazionale dell’Aiga, saranno caratterizzate da una serie di tavole rotonde ed interventi di numerosi esponenti del mondo politico-istituzionale, della magistratura, dell’industria e delle professioni.

(Da Mondoprofessionisti del 19.10.2011)

Scadenze fiscali e tributarie

- 16 novembre 2011: IVA 2° trimestre + INPS artigiani/commercianti

- 30 novembre 2011: 2° Acconto Tasse 2011

- 16 dicembre 2011: 2^ rata ICI 2011

- 27 dicembre 2011: Acconto IVA

martedì 18 ottobre 2011

CORSO IL 22, AVVISO AI DISTRATTI

Ai pochi distratti che non se ne siano accorti, ricordiamo che Sabato prossimo, 22 Ottobre, dalle ore 9 alle 12, nell'androne del Tribunale di Giarre, gli Avvocati Fabrizio Seminara (consigliere dell'Ordine) e Maria Letizia Galati relazioneranno sul tema: "Rapporti con il cliente: aspetti deontologici. Il reato di patrocinio infedele".
La partecipazione all'evento, accreditato dall'Ordine in data 11.10.2011, è gratuita per i soci AGA, e dà diritto a n. 3 crediti formativi in deontologia.

Verbale di conciliazione che accerta usucapione non trascrivibile

Prime pronunce sulla mediazione. Il Tribunale di Roma, Sez. V civile, con la sentenza depositata il 22 luglio 2011, ha statuito che il verbale di conciliazione sottoscritto innanzi all’organismo di mediazione e omologato dal Presidente del Tribunale, nel corso della quale si è accertato l'acquisto della proprietà, ovvero di altro diritto reale relativo a beni immobili, attraverso l’istituto giuridico dell’usucapione, non può essere trascritto presso i registri immobiliari. Il giudice nega pertanto all’accordo consacrato nel verbale di conciliazione, effetti di natura costitutiva, modificativa ovvero estintiva di diritti reali.
Una donna aveva proposto reclamo avverso la trascrizione con riserva eseguita dal Conservatore dei Registri Immobiliari. La donna allega che sulla base del D.Lgs. n. 28 del 2010, la materia relativa ai diritti reali rientra tra i casi di mediazione obbligatoria, che rappresenta quindi condizione di procedibilità per un eventuale giudizio, ergo il relativo verbale mediante il quale le parti raggiungono un accordo deve considerarsi soggetto a trascrizione.
Per il giudice della capitale l’accordo è da qualificare quale negozio di mero accertamento in merito alla verifica dei presupposti sulla base dei quali l'usucapione si compie, quindi non capace di dotare certezza assoluta alla proprietà del bene immobile controverso. Siffatto verbale non è riconducibile ad una delle ipotesi contemplate dall’articolo 2643 c.c., non è equiparabile alle sentenze e non è idoneo alle formalità pubblicitarie di cui all’art. 2651. Per tali motivi è stata negata la trascrivibilità.

(Da Altalex del 18.10.2011. Nota di Laura Biarella)

Lotto: patti chiari (scritti), amicizia lunga


Due donne, due amiche, una passione in comune che le ha messe una contro l’altra. è il curioso destino che ha investito queste accanite giocatrici del lotto. Tra settembre 2001 e marzo 2002 scommettono oltre 100.000 euro sul numero ritardatario 14, ruota di Genova.
Ad anticipare il denaro sembra sia sempre la stessa che, ad un certo punto, decide di smettere e chiede alla "socia", così come pareva fossero d’accordo, il rimborso della metà della cifra fino a quel momento spesa. L’amica, però, non ne vuole sapere di sborsare 50.000 euro e inizia così un lungo tira e molla giudiziario. La convenuta si è difesa asserendo di non aver mai stretto alcun accordo ed eccependo comunque, trattandosi di debito di gioco, l’incoercibilità della pretesa promessa ai sensi dell’articolo 1933 del codice civile. Il Tribunale decide di respingere il ricorso: quei soldi non le spettano. In appello, la soccombente fa leva sul rilievo che l’accordo intercorso era collegato a un gioco autorizzato dallo Stato e pertanto si doveva ritenere munito di azione in giudizio ai sensi dell’articolo 2935 del codice civile: la Corte di Appello di Torino conferma però la decisione di primo grado ritenendo che l’articolo 1935 sia applicabile solo nei rapporti diretti tra il giocatore e l’organizzatore del gioco autorizzato; non, invece, nei rapporti tra giocatori.
Alla Cassazione l’ultima parola: «Va premesso che la stessa ricorrente afferma di avere anticipato alla controparte il denaro per le giocate nell’ambito di un rapporto nel quale entrambe intendevano correre i rischi del gioco, dividendone le spese e le eventuali vincite. Essa pertanto non può invocare in suo favore i principi più volte enunciati dalla giurisprudenza in tema di mutuo fra giocatori, secondo cui il mutuante ha normalmente azione in giudizio per la restituzione delle somme mutuate, salvo che si dimostri che egli stesso abbia voluto partecipare al gioco o avesse un diretto interesse a favorire la partecipazione al gioco del mutuatario». La ricorrente fonda la sua pretesa su principi diversi, cioè sul fatto che l’accordo stipulato (di cui la controparte contesta l’esistenza) è collegato a un gioco autorizzato e pertanto da sottoporre alla disposizione dell’articolo 1935.
Tale tesi per la Cassazione non può essere in alcun modo condivisa: "L’art. 1935 cod. civ. dispone che "Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio, quando siano legalmente autorizzate", facendo espresso riferimento ai rapporti del giocatore con la lotteria, cioè con l’ente che gestisce il gioco autorizzato». Nulla, invece, autorizza ad estendere la medesima disciplina ai molteplici e variegati accordi che possono ruotare intorno al giocatore e ai suoi compari, ma che non vengono ad assumere alcuna evidenza esterna, né alcun rilievo, nei confronti dell’ente organizzatore del gioco. Le leggi che regolano il gioco del lotto, citate dalla ricorrente, non contengono alcun accenno a tal genere di accordi e neppure formalmente prevedono la possibilità che la ricevuta della giocata sia intestata a più persone. L’eventuale intestazione plurima darebbe senz’altro luogo ad azione in giudizio, venendo a istituire un rapporto diretto tra i giocatori e la lotteria. «Ma la stessa regola non può valere per gli accordi meramente privati fra i giocatori».
In conclusione: gli accordi privati che ruotano intorno al gioco, ancorché autorizzato, restano al di fuori di ogni regolamentazione, affidati alle passioni e alle influenze reciproche, nell’ambito di quei rapporti sociali che (non a caso) la legge considera non meritevoli di tutela.

Alberta Perolo (da famigliacristiana.it del 17.10.2011)