martedì 28 giugno 2011

Risarcimento danno alla sfera sessuale del coniuge

Cassazione – Sez. III Civile, Sent. 16.6.2011, n. 13179

Ancora una pronuncia in materia di riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla sfera sessuale non solo alla persona danneggiata da un infortunio, ma anche al suo partner.
Nella fattispecie, l’incidente subito dalla moglie le ha causato una grave deformazione dell’emibacino con impotenza partorienti e disturbi nella sfera sessuale. Preliminarmente la Corte chiarisce la questione della pretesa inammissibilità dell’appello per vizio di tardività, in linea con la propria consolidata giurisprudenza (sentenze n. 12681/2008 e n. 14862/2009).
I ricorrenti, infatti, sostenevano che la Corte d’Appello di Firenze avesse errato nel ritenere la data del 28 febbraio 2000 come data di deposito, quando invece, nella loro opinione, sarebbe stato corretto considerare la sentenza come pubblicata il 31 gennaio del 2000, data in cui è stata consegnata la minuta al cancelliere.
Il combinato disposto degli articoli 133 c.p.c. e 119 delle disposizioni attuative del c.p.c. induce la Corte d’Appello, con l’avallo della Cassazione, a ritenere che “il legislatore ha inteso distinguere tra la consegna della minuta al cancelliere, per la definitiva scritturazione della sentenza […] ed il deposito della sentenza, all’esito della verifica tra l’originale e la minuta precedentemente consegnata” di modo che “per deposito della sentenza, rilevante ai fini della pubblicazione, deve intendersi il definitivo deposito di tale atto all’esito della prescritta verifica e non invece la semplice consegna della minuta al cancelliere, quest’ultima da considerarsi come atto interno dell’ufficio giudiziario, privo cioè di immediata rilevanza esterna”.
Precisa, tuttavia, la Corte, richiamando altre sue precedenti pronunce, che “quando sull’originale di una sentenza figuri una doppia attestazione da parte del cancelliere, il quale dà atto che essa è stata depositata in una certa data e pubblicata in una data successiva, ai fini del computo del c.d. termine lungo per l’impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. Civ. occorre fare riferimento alla data di deposito e non a quella di pubblicazione, in quanto è solo la prima che integra la fattispecie di cui all’art. 133 cod. proc. civ. [ …]” (sentenze n. 7240/2011, n. 17290/2009, n. 20858/2009).
Questi sono i chiarimenti della Cassazione circa la scansione temporale dell’iter suddivisibile nella consegna della minuta al cancelliere, nel deposito della sentenza originale sottoscritta dal giudice e nella pubblicazione della sentenza.
La Corte passa, poi all’analisi del merito del ricorso: tra le voci di danno contestate figurava, tra l’altro, quella alla sfera sessuale del marito.
Riconosciuto il risarcimento di tale voce di danno in primo grado, è stato poi escluso dalla Corte d’Appello di Firenze, la quale aveva confermato solo il diritto al risarcimento del danno alla sfera sessuale in capo alla moglie, che aveva subito l’incidente menomante.
La Suprema Corte si esprime con chiarezza: “Il fatto illecito, al quale è conseguita la lesione del diritto alla salute dell’attrice, si da impedirle normali rapporti sessuali, è, altresì, lesivo del diritto del marito ad intrattenere rapporti sessuali con la moglie. La lesione di tale diritto, che inerisce ad un aspetto fondamentale della persona, comporta conseguenze dannose risarcibili […] ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., avendo esse carattere patrimoniale” discostandosi, in quest’ultima specificazione, dai precedenti analoghi (sentenze n. 6607/1986, n. 4671/1996, n. 8305/1996).
Ne consegue che il danno in parola - superata la nozione di “danno riflesso” precedentemente adottata dalla Corte stessa (fino alla sentenza delle Sezioni Unite n. 9556/2002) - è risarcibile ex art. 1223 c.c. “pur sofferto da soggetto diverso da colei che ha subito le lesioni, poiché conseguenza normale dell’illecito, secondo il criterio della regolarità causale”.
Circa la necessità di richiedere espressamente il risarcimento per il danno all’identità sessuale del coniuge, la Corte afferma che “la domanda di risarcimento di «danno morale da liquidarsi in via equitativa» è suscettibile di essere interpretata come riferita anche a tipi di pregiudizio non patrimoniale diversi dalla mera sofferenza interiore, quando dal contesto dell’atto risulti evidente che l’istante non abbia inteso riferirsi esclusivamente a quest’ultima”.
Sul tema ricordiamo:
28.9.2010 - Cassazione Civile: risarcimento del danno alla sfera sessuale

Dott.ssa Ilaria Martinelli (da filodiritto.com del 25.6.2011)