La Cassazione dà ragione a una locatrice che ha sfrattato
l’inquilino che aveva violato una clausola contrattuale
Contro la decisione della Corte d'appello che aveva
dichiarato risolto il contratto di locazione di un immobile a uso commerciale
per inadempimento del conduttore, quest'ultimo aveva proposto ricorso in
Cassazione. Motivo del contendere, l'effettuazione di lavori importanti senza
il consenso della locatrice, così come previsto dal contratto.
Due i pilastri su cui si è fondato il ricorso: il
primo tratta di insufficiente circa il consenso prestato dalla locatrice ai
lavori, eseguiti nell'immobile di sua proprietà e in merito alla validità del
consenso medesimo per difetto di prova; il secondo, invece, fa leva sulla
contraddittorietà e l'insufficienza della motivazione circa la valutazione
della gravità dell'inadempimento e la conseguente risoluzione del contratto.
La Cassazione ha confermato la decisione della
Corte d'appello allorché ha ritenuto che, nel caso in esame, nessun consenso
tacito fosse stato dato dalla locatrice per l'effettuazione dei lavori
importanti eseguiti nel suo immobile dal conduttore.
Si legge nella sentenza: «In altri termini, il giudice dell'appello ha fatto proprio
quell'indirizzo ormai prevalente e che va ribadito secondo il quale per i
contratti che richiedono la forma scritta ad substantiam, la clausola
contrattuale, che prevedeva una risoluzione ipso jure, fosse sì una clausola di
stile, ma rientrante nella autonomia delle parti, per cui doveva essere provata
la configurabilità di avvalersi della rinuncia, anche perché a seguito dei
risultati emergenti dalle deposizioni testimoniali, è risultata mancante la
prova del preteso previo consenso orale della locatrice».
Alberta
Perolo (da famigliacristiana.it del 20.3.2012)