venerdì 10 gennaio 2014

L’affidamento in prova ai servizi sociali

Le cronache giornalistiche spesso parlano di affidamento in prova ai servizi sociali, vediamo di seguito in che consiste.
Si definisce affidamento in prova ai sevizi sociali, la misura alternativa alla detenzione più ampia che si svolge nel territorio, e intende evitare alla persona condannata i danni che derivano dal contatto con l’ambiente penitenziario e dalla condizione di privazione della libertà.
La sua disciplina è regolamentata dall’articolo 47 dell’Ordinamento Penitenziario, (L. 26 luglio 1975 n. 354) così come modificato dall’art. 2 della legge 27 maggio 1998 n. 165 (Legge Simeone - Saraceni), e consiste nell’affidamento del condannato al Servizio Sociale, fuori dall’istituto di pena, per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
Costituiscono i requisiti per l’ammissione:
Una pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a tre anni.
Per chi è detenuto, relazione "di sintesi" che preveda che la misura alternativa, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione del condannato e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Per chi non è detenuto, avere tenuto un comportamento tale, dopo la condanna, da consentire lo stesso giudizio di cui sopra, anche senza procedere all’osservazione in istituto.
Con la legge 12 luglio 1999, n. 231, che ha introdotto l’art. 47 quater dell’Ordinamento Penitenziario, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, è previsto che l’affidamento in prova al servizio sociale possa essere concesso anche oltre i limiti di pena previsti.
Alla sua ammissione esistono dei limiti.
I detenuti e gli internati per reati associativi (ex artt. 416 bis e 630 c.p., art. 74 D.P.R. 309/90) possono essere ammessi all’affidamento ai servizi sociali esclusivamente se collaborano con la giustizia, oppure quando la loro collaborazione risulti impossibile, ad esempio perché le circostanze del reato sono già state accertate (ex art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 1).
I detenuti e gli internati per altri reati gravi (commessi per finalità di terrorismo, omicidio, rapina aggravata, estorsione aggravata, traffico aggravato di droghe) possono essere ammessi all’affidamento ai servizi sociali se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva (ex art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 3).
Chi è evaso, oppure ha avuto la revoca di una misura alternativa, non può essere ammesso all’affidamento ai servizi sociali per 3 anni (ex art. 58 quater, commi 1 e 2, O.P.).
Non vi può essere ammesso per 5 anni nel caso abbia commesso un reato, punibile con una pena massima pari o superiore a 3 anni, durante un’evasione, un permesso premio, il lavoro all’esterno, o durante una misura alternativa (ex art. 58 quater, commi 5 e 7, O.P.).
L’istanza per poter usufruire della misura dell’affidamento deve essere inviata, corredata dalla documentazione necessaria, se il condannato è in libertà, al Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione della pena, entro trenta giorni dalla notifica, come previsto dall’articolo 656 del codice di procedura penale.
Il Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente, che fissa l’udienza, se il condannato è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione, il quale può sospendere l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di Sorveglianza, se siano offerte concrete indicazioni in relazione all’esistenza dei presupposti necessari per l’ammissione all’affidamento, all’esistenza di un grave pregiudizio che deriva dalla protrazione dello stato di detenzione, all’assenza di un pericolo di fuga.
Se il condannato è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, o da altra malattia particolarmente grave, l’istanza deve essere accompagnata dalla certificazione sul suo stato di salute, come previsto nell’articolo 5 comma 2 della legge 231/99.
Se l’istanza non è accolta, riprende, o ha inizio, l’esecuzione della pena. Non può essere accordata altra sospensione dell’esecuzione per la medesima pena, anche se vengono presentate altre istanze, per diverse misure alternative.
Se il condannato è in libertà, il centro di servizio sociale svolge l’inchiesta di servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza.
Se il condannato è detenuto, partecipa al gruppo per l’osservazione scientifica della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
In entrambi i casi il Centro di Servizio Sociale svolge un’inchiesta di servizio sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un’ipotesi di intervento e di inserimento.
L’affidamento viene concesso con provvedimento di ordinanza, se il condannato è in libertà, dal Tribunale di Sorveglianza del luogo nel quale ha sede il pubblico ministero competente dell’esecuzione, e se il condannato è detenuto, dal Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto penitenziario nel quale è ristretto l’interessato al momento della presentazione della domanda.
L’affidamento ha inizio quando il condannato, previa notifica da parte degli organi competenti dell’ordinanza, sottoscrive il verbale di determinazione delle prescrizioni, con l’impegno a rispettarle, se il condannato è in libertà, davanti al direttore del centro di servizio sociale, e se il condannato è detenuto, davanti al direttore dell’Istituto penitenziario.
Il verbale delle prescrizioni viene disposto dal Tribunale di Sorveglianza con l’ordinanza di ammissione della misura, e detta le prescrizioni che il condannato in affidamento dovrà seguire.
Le prescrizioni indispensabili sono quelle relative ai seguenti aspetti:
I rapporti con il Centro di Servizio Sociale.
La dimora.
La libertà di movimento.
Il divieto di frequentare determinati locali.
Il lavoro.
Il divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
Le Prescrizioni possibili sono:
Il divieto di soggiornare in uno o più Comuni.
L’obbligo di soggiornare in un Comune determinato.
L’adoperarsi, in quanto possibile, in favore della vittima del suo reato.
L’adempiere puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
Nel periodo di affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato di Sorveglianza, tenuto conto anche delle informazioni del Centro di Servizio Sociale.
I compiti del Centro di Servizio Sociale nel corso della misura sono aiutare il condannato a superare le difficoltà d’adattamento alla vita sociale, al fine di favorire il suo reinserimento, controllare la condotta del condannato in ordine alle prescrizioni, svolgere azione di mediatori tra l’affidato, la sua famiglia e gli altri suoi ambienti di vita in collaborazione con i servizi degli Enti Locali delle e del privato sociale, riferire periodicamente, con frequenza minima trimestrale, al Magistrato di Sorveglianza sull’andamento dell’affidamento ed inviare allo stesso una relazione finale alla conclusione della misura, fornire al Magistrato di Sorveglianza ogni informazione rilevante sulla situazione di vita del condannato e sull’andamento della misura (ai fini di un’eventuale modifica delle prescrizioni).
Se nel corso dell’affidamento sopraggiunge un altro titolo di esecuzione di altra pena detentiva il direttore del centro di servizio sociale informa il Magistrato di Sorveglianza, che dispone la prosecuzione provvisoria della misura se il cumulo delle pene da espiare non supera i tre anni.
Il Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza, che decide entro venti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura.
Il Magistrato di Sorveglianza sospende l’affidamento e trasmette gli atti al Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:
Quando il Centro di Servizio Sociale lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di altra pena detentiva, che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione provvisoria della misura (residuo pena inferiore a tre anni).
Quando l’affidato ha comportamenti tali (trasgredendo alle prescrizioni, o commettendo dei reati) da determinare la revoca della misura.
L’affidamento si conclude con l’esito positivo del periodo di prova, che estingue la pena ed ogni altro effetto penale.
In questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui la misura ha avuto termine emette l’ordinanza di estinzione della pena, con la revoca della misura, che può avvenire nei seguenti casi:
Comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, ritenuto incompatibile con la prosecuzione della prova.
Sopravvenienza di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva, che determini un residuo pena superiore a tre anni.
In questi casi il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo nel quale l’affidato ha la residenza o il domicilio, emette l’ordinanza di revoca e ridetermina la pena residua da espiare (nel primo caso, anche valutando quanta parte del periodo trascorso in affidamento possa essere computato come pena scontata).

Alessandra Concas (da diritto.it del 3.1.2014)