giovedì 30 gennaio 2014

Concorso pubblico e mobilità volontaria

Va dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa in relazione ad una censura inerente la violazione della disciplina in tema di pubblicità dell’avviso di mobilità. L’istituto in questione, infatti, attiene alla gestione del rapporto lavorativo e non presuppone in senso stretto l’esercizio di un potere amministrativo, che giustifichi all’indomani della privatizzazione dell’impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione, la giurisdizione del g.a.
Al riguardo è stato richiamato l’orientamento del Cons. stato, sez. V, 12 settembre 2011, n. 5985, che riprende quello delle sezioni Unite della Cassazione (Cass. Sez. Un. Ordinanza del 9 settembre 2010, n. 19251) secondo il quale:” in tema di mobilità per passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni, disciplinata attualmente dall’art. 30 del d.lgs 30 marzo 2001 n. 165, integrando siffatta procedura una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto, la giurisdizione sulla controversia ad essa relativa (nella specie, instaurata dal dipendente al quale era stato preferito altro candidato al posto da coprire tramite mobilità interna) spetta al giudice ordinario, non venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura selettiva concorsuale, e dunque, la residuale area di giurisdizione del giudice amministrativo di cui al quarto comma dell’art. 63 del d.lgs n. 165/2001.
Nel caso di controversie in cui ad agire in giudizio siano enti esponenziali di interessi collettivi ( nella specie si trattava di una associazione sindacale dei dirigenti), non può riconoscersi legittimazione attiva in presenza di un conflitto di interessi interno di detti enti (nella specie sussisteva un contrasto tra le categorie omogenee dei dirigenti e dei funzionari direttivi, i primi potenzialmente agevolati dall’originario ricorso, i secondi invece potenzialmente danneggiati dallo stesso.)
Il principio della mobilità dei pubblici dipendenti previsto dall’art. 30 comma 1 e 2 bis, d.lgs n. 165/2001, si impone anche alle Regioni, seppure con differente impatto, a seconda che si tratti di mobilità d’ufficio o di mobilità volontaria. In particolare, nell’ipotesi, di mobilità volontaria, in assenza di un fine superiore, quale quello del mantenimento dei contratti lavorativi in essere, deve riconoscersi all’Amministrazione regionale il potere di determinare quanti posti coprire mediante mobilità volontaria.
L’istituto della mobilità volontaria, la cui disciplina è contenuta nell’art. 30 d.lgs 165/2001, non si impone alle Regioni in modo tale che non sia possibile bandire un concorso a copertura dei posti vacanti in pianta organica, se non previo tentativo di reperire per tutte le necessarie risorse umane attingendo ad altre pubbliche amministrazioni, grazie all’istituto della mobilità volontaria, potendo la Regione, con congrua motivazione, precisare quali sono le ragioni per le quali si preferisce reperire sul mercato, piuttosto che tra i dipendenti già in servizio presso altre amministrazioni, le professionalità necessarie.
Un argomento che corrobora il principio affermato, secondo la sentenza in rassegna, può trarsi dalla lettura del dato testuale dell’art. 30 e da un confronto con quello dell’art. 34-bis, d.lgs 165/2001. Quest’ultima norma, infatti, dispone che le amministrazioni pubbliche, sono tenute ad utilizzare la procedura della mobilità d’ufficio prima di avviare le procedure di assunzione di personale e le eventuali assunzioni effettuate in violazione di tale previsione sono nulle di diritto.
Al contrario, l’art. 30, d.lgs n. 165/2001, dispone che: ”Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro…” e che sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale”.
Quindi, mentre nel primo caso la nullità scatta in caso di violazione della disciplina, nel secondo è l’elusione del principio del previo esperimento di mobilità, che determina la patologia dell’atto, dal chè si evince come in capo all’amministrazione regionale residui un potere discrezionale, che deve essere orientato al rispetto del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale, la cui osservanza deve essere dimostrata dall’amministrazione in sede di motivazione.

Antonino Casesa (da diritto.it del 29.1.2014)