giovedì 23 gennaio 2014

Fattura al cliente o alla controparte soccombente?

Uno dei temi spesso più dibattuti dagli avvocati e di concreta applicazione pratica è quello del soggetto cui fatturare nel caso in cui un giudizio si concluda con la condanna della controparte al pagamento delle spese di lite. Proviamo a fare un po’ di luce a riguardo.  
La Cassazione, con sentenza 10336/09, ha ribadito il principio per cui la condanna della parte soccombente alle spese di lite, con espressa indicazione dell’ammontare, costituisce titolo esecutivo anche per il rimborso dell’IVA che la parte vittoriosa ha versato al proprio difensore. L’IVA viene infatti considerata onere accessorio, diretta conseguenza del pagamento degli onorari al difensore, e quindi dovuta pur in assenza
di una domanda della parte e di una pronuncia del giudicante.
Il legale ha quindi due strade:
a)chiedere il pagamento direttamente al proprio cliente: in tal caso l’avvocato emetterà fattura nei confronti del proprio cliente il quale potrà esercitare azione di rivalsa nei confronti della parte soccombente.
L’importo addebitato dal legale al proprio assistito contiene l’esposizione dell’IVA oltre alla ritenuta d’acconto se necessaria.
L’importo rimborsato dalla parte soccombente alla parte vincitrice è addebitato con ricevuta e non contiene né l’esposizione dell’IVA, la quale è detratta dalla parte vincitrice, né la ritenuta d’acconto.
Nei casi in cui la parte vincitrice non possa detrarre l’IVA allora la parte soccombente rimborsa anche questa.
La parte vittoriosa non deve emettere alcuna fattura a quella soccombente per detto rimborso in quanto, nei loro rapporti, il titolo di pagamento è dato dal provvedimento giudiziale che ha comminato la condanna alle spese.
b)chiedere il pagamento alla parte soccombente: ai sensi dell’art. 93 c.p.c. il difensore procuratore antistatario può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in suo favore gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato. Anche in tal caso il difensore emette fattura nei confronti del proprio assistito ma rilascia alla parte soccombente una ricevuta per le spese da quest’ultima pagate.
Il legale evidenzia nella fattura resa nei confronti del suo cliente che il pagamento è stato posto in essere dal soggetto soccombente. Il cliente paga solamente l’IVA (non vi è ritenuta d’acconto) in quanto soggetto passivo d’imposta che ha diritto alla detrazione.
Il soccombente, che effettua materialmente il pagamento, non ha diritto alla detrazione e quindi l’importo addebitatogli con ricevuta non contiene l’esposizione dell’IVA. Se il soccombente è sostituto d’imposta deve applicare le ritenute d’acconto anche se le prestazioni sono rese nell’interesse di terzi.
Nei casi in cui la parte vittoriosa non abbia titolo per portare in deduzione l’IVA allora questa sarà corrisposta dalla parte soccombente.
Come abbiamo visto, in entrambi i casi il legale emette fattura nei confronti del proprio assistito. Tale regola si ricava alla considerazione che ai fini IVA, l’articolo 18 del Dpr n. 633/1972 stabilisce che il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente. Dal che discende che appunto l’avvocato debba addebitare l’imposta inerente alle spese legali al proprio assistito.
In senso conforme alle sovraesposte argomentazioni, riferimenti è indubbiamente la Circolare Ministeriale n. 203/E del 06/12/94.

Andrea Ippoliti (da diritto.it del 21.1.2014)