sabato 12 marzo 2011

Punibile per esercizio abusivo professione consulente del lavoro che presta assistenza fiscale

Il commercialista può farlo soltanto chi è abilitato e iscritto all'albo. Grande vittoria per i commercialisti. Commette reato il consulente del lavoro che presta assistenza fiscale a professionisti e aziende. A sancire la tanto reclamata tutela della professione dei dottori commercialisti, negata negli ultimi anni dalla giurisprudenza civile, ci ha pensato la sesta sezione penale della Corte di cassazione che, con la sentenza numero 10100 dell'11 marzo 2011, ha confermato le responsabilità per esercizio abusivo della professione nei confronti di un consulente del lavoro che, fra l'altro, redigeva bilanci societari e prestava assistenza fiscale a società e professionisti.
E insomma là dove la tutela civile non è riuscita a coprire gli iscritti all'albo ci ha pensato un reato. La decisione è molto chiara, infatti, si legge in sentenza, "l'art. 348 cod.pen. punisce l'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. Per esercitare la professione di dottore/ragioniere commercialista la legge richiede il superamento dell'esame di Stato e l'iscrizione nell'apposito albo professionale e, pertanto, quella del commercialista è una professione protetta e le attività proprie di essa possono esplicarsi esclusivamente dal soggetto abilitato e iscritto all'albo". Non solo. "Va precisato che, - continuano i giudici - per stabilire se una determinata prestazione integri il reato previsto dall'art. 348 cod. pen., non è necessario rinvenire nella legge che regola la professione in tesi abusivamente esercitata una clausola di riserva esclusiva riguardante quella specifica prestazione, ma è sufficiente l'accertamento che la prestazione erogata costituisce un atto tipico, caratteristico di una professione per il cui esercizio manca l'abilitazione". Bene, il "consulente del lavoro, avendo competenza in materia di redditi di lavoro dipendente, può legittimamente occuparsi della liquidazione e del pagamento delle relative imposte. Ma l'indagato prestava assistenza fiscale e contabile anche a lavoratori autonomi e imprese e, quindi, operava in un campo per il quale non aveva la necessaria abilitazione. Ne deriva che, allo stato, non può negarsi la sussistenza del fumus delicti".

Debora Alberici (da telediritto.it del 12.3.2010)