martedì 16 novembre 2010

Sesso virtuale a pagamento: è prostituzione

Cassazione penale, sez. III, sent. 19.10.2010 n° 37188

La Suprema Corte interviene nell’ambito della prostituzione “a distanza” segnando la linea di confine con i porno show, ossia tra spettacolo erotico o pornografico, da un lato, e prostituzione, appunto, dall’altro.
Deve essere considerata prostituzione anche l’esibizione di prestazioni sessuali in videoconferenza quando dall’altra parte dello schermo ci siano clienti che pagano per interagire con il protagonista del video.
Così la terza sezione penale della Cassazione ha stabilito nella sentenza 19 ottobre 2010, n. 37188 specificando che ricorre attività di prostituzione non sono quando vengano compiuti atti sessuali tra persone compresenti, in cambio di denaro o utilità, ma anche nel caso in cui condotte idonee a suscitare impulsi sessuali siano poste in essere da chi si prostituisce, su richiesta o con interazione, anche senza contatto, con il fruitore della prestazione.
Da ciò ne consegue, pertanto, che può configurarsi la prostituzione anche nella ipotesi di clienti materialmente identificabili nel pubblico in sala, oppure, grazie all’evoluzione tecnologica, collegati ad esempio via web cam, a patto che il fruitore della prestazione non si limiti solamente ad assistere ma possa incidere, con delle richieste, sull’attività sessuale svolta.
In tal senso nella sentenza in commento i giudici della Corte hanno confermato la condanna inflitta dai colleghi della Corte d’appello nei confronti di un gestore di un night club, unitamente alla segretaria ed al responsabile della sicurezza, accusati di aver favorito e sfruttato la prostituzione attraverso questo tipo di esibizioni effettuate nel locale da alcune spogliarelliste.
Secondo quanto stabilito dalla Corte nella sentenza de qua il fatto che chi si prostituisce ed il fruitore delle prestazioni sessuali si trovino nella stessa stanza oppure in luoghi diversi e lontani è irrilevante per la legge italiana, in quanto gli atti sessuali eseguiti in videoconferenza devono essere considerati atti di prostituzione se consentono al cliente di interagire.

(Da Altalex, 16.11.2010. Nota di Manuela Rinaldi)