sabato 27 novembre 2010

L'Anm: "Dal governo riforme per minare l'indipendenza della magistratura"

''Abbiamo assistito, a una serie di interventi episodici e contingenti dettati dall'esigenza di risolvere situazioni legate a singole vicende processuali e sempre mirati a limitare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura''. L'Associazione nazionale magistrati scende in campo contro l'annunciata riforma della Giustizia che il governo vorrebbe mettere in campo quanto prima. Durante il 30esimo congresso dell'Anm, il presidente, Luca Palamara, dal palco tuona contro chi vorrebbe non solo realizzare una riforma costituzionale ma anche introdurre una serie di novità legislative attraverso legge ordinaria, tra cui intercettazioni, processo breve e polizia giudiziaria indipendente rispetto ai pubblici ministeri.
"No al doppio Csm" - "Queste riforme, accusa il leader del sindacato delle toghe, non serviranno "assolutamente" a far durare meno i processi perché la loro finalità è "ridisegnare i rapporti tra politica e magistratura alterando le attuali divisioni tra poteri dello Stato così come delineate dal Costituente nel 1948". Se si separano le carriere e si va verso un doppio Csm, si avrà "inevitabilmente" un "ritorno al passato" con l'assoggettivazione del pm all'esecutivo. "Tutto questo - avverte Palamara - rischia di incidere seriamente sull'indipendenza del pubblico ministero e sulla sua capacità di investigare liberamente senza interferenze esterne". Servono invece "interventi urgenti" sulle "reali problematiche della giustizia".
"Inaccettabile la continua denigrazione delle toghe" - E poi, sottolinea Palamara, risulta inaccettabile la "pratica quotidiana" di alcuni rappresentanti del governo dell'"insulto e del dileggio nei confronti di un'indefettibile istituzione dello Stato". Quello che descrive il presidente Palamara è un "pesante clima di aggressione alla magistratura". Ad ascoltare la sua relazione c'é il capo dello Stato, i cui ripetuti richiami al rispetto dei giudici, dice il leader delle toghe, confortano la magistratura. Palamara parla di "un'assurda campagna di denigrazione tesa a minare la credibilità della magistratura davanti agli occhi dei cittadini" e che fa leva, "con un gioco evidentemente facile, sulla generale delusione per le mancate risposte alla legittima ansia di giustizia". E dice che il clima è diventato pesante "quando, in particolare, indagini e processi che hanno 'toccato il potere' sono stati strumentalizzati a fini politici".
"Chi fa politica non torni in magistratura" - Palamara parla però anche di regole interne di cui la magistratura deve dotarsi. "Bisogna fissare regole rigorose finalizzate a evitare commistioni improprie tra la funzione giudiziaria e l'impegno politico", compresa "la possibilità di tornare a fare il magistrato dopo l'esperienza in politica" e indica nella degenerazione del correntismo un "male da estirpare". Palamara ritiene che "sarebbe un errore rinunciare" al contributo di magistrati "nelle istituzioni rappresentative, in particolare nelle assemblee legislative", ma pensa che occorranno regole ferree: "E' indispensabile evitare - dice - che si determinino indebite commistioni tra magistratura, politica e alta amministrazione e che, anche dopo la cessazione dalla funzione svolta, i magistrati ricevano incarichi che possano apparire collegati al pregresso esercizio delle funzioni giudiziarie". E in questa direzione va il nuovo codice etico delle toghe che stabilisce che "nel territorio dove esercita la funzione giudiziaria il magistrato evita di accettare candidature e di assumere incarichi politico-amministrativi negli enti locali".
Recuperare la credibilità - Luca Palamara parla di 'questione morale' e fa riferimento alle inchieste in cui sono rimasti coinvolti magistrati, come quella sulla cosiddetta P3. "Non ci sono più spazi di compromesso - dice - perché il nostro modello di magistrato non entra ed esce dal mondo della politica senza seguire percorsi trasparenti, non frequenta lobby e salotti dove garantisce ciò che non può garantire, non fa pressioni per diventare capo di un ufficio, non si ispira a una logica clientelare". Per il leader dell'Anm è "inaccettabile che trapeli l'immagine di una magistratura contigua a gruppi lobbistici e impegnata in impropri interventi volti a influire sull'assegnazione di affari e di incarichi prestigiosi". "I magistrati - afferma in un passaggio della relazione di aperura dei lavori al teatro Capranica di Roma - si legittimano esclusivamente nello svolgimento dell'attività giurisdizionale esercitata con indipendenza e imparzialità e senza che si insinui il dubbio di illeciti condizionamenti esterni".
"Bisogna avere il coraggio di cambiare" - Bisogna "voltare pagina - dice - lasciando alle spalle ciò che in questi anni non ha funzionato nella macchina giudiziaria, nei rapporti tra politica e magistratura, ma anche al nostro interno, dando centralità ai temi dell'autoriforma, della questione morale e dell'organizzazione". Bisogna avere "il coraggio di cambiare interrogandoci su quello che non ha funzionato nell'esercizio del potere diffuso, nel sistema dell'autogoverno e dell'associazionismo giudiziario". "Dobbiamo riconoscere anche i nostri errori, ma non possiamo accettare - afferma Palamara - che alcuni ci considerino, in maniera del tutto falsa e infamante, come una corporazione di fannulloni superpagati impegnata a proteggere gli interessi di una casta accusata delle peggiori nefandezze".

(Da tiscali ultimora del 26.11.2010)