domenica 21 novembre 2010

Il divieto di abuso del diritto in materia tributaria

In materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento dei vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici: tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione Finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione”.
Il principio antielusivo contenuto nella sentenza n. 15029/09 delle Sezioni Unite della Cassazione rafforza quanto affermato dalla giurisprudenza, ovvero che l’Amministrazione Finanziaria può proporre opposizione ai contratti simulati stipulati tra i contribuenti ed in sede di accertamento che in sede di contenzioso.
Si legge nel dispositivo “il Fisco è legittimato a dedurre (prima in sede di accertamento fiscale e poi in contenzioso) la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o nullità per frode alla legge tributaria”.
Il reato di “abuso di diritto”, dunque, trova applicabilità anche in materia tributaria tanto che il Fisco può legittimamente opporsi agli accordi simulati o in frode alla legge posti in essere dal contribuente specie se la finalità elusiva sottesa si traduce in un ingiusto risparmio d’imposta.
Se l’opposizione fosse accolta, l’Amministrazione Fiscale si rivarrebbe sull’utente attraverso la rettifica della dichiarazione dei redditi presentata e la denuncia per le dichiarazioni fraudolente rese.

Mariagrazia Mazzaraco (da Overlex del 12.11.2010)