giovedì 11 novembre 2010

L’Oua presenta ricorso al TAR contro la mediaconciliazione obbligatoria

 
COMUNICATO STAMPA del 10.11.2010

LE RAGIONI DELL’INIZIATIVA

Maurizio de Tilla, Presidente Oua: « La “media-conciliazione” obbligatoria è fuori dallo scenario europeo e danneggia i cittadini. Il Ministero della Giustizia ha invocato la legislazione argentina per motivare questa inaccettabile scelta italiana».
L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, insieme a Consigli dell’Ordine e a singoli avvocati, sta per notificare un ricorso al T.A.R. per l’annullamento del regolamento emanato qualche giorno fa dal Ministero della Giustizia, che riduce l’accesso alla giustizia, che abbassa la qualità della figura del mediaconciliatore con la laurea triennale senza iscrizione all’albo e si affida ad un regime transitorio che abilita immediatamente soggetti senza alcuna rigorosa preparazione. Sono inoltre previsti forti oneri economici a carico dei cittadini, quando tale fase stragiudiziale doveva essere gratuita. L’OUA ha affidato all’avv. prof. Giorgio Orsoni la predisposizione del ricorso al T.A.R.
«Siamo alla deriva di un istituto che, in via facoltativa, – sottolinea de Tilla - poteva trovare adeguato consenso nelle scelte dei cittadini. Saremo decisi e determinati nell’ostacolare l’assurda “mediaconciliazione” varata con un decreto legislativo che si pone in contrasto con la Costituzione e con la stessa Di-rettiva Europea».
«Tra i motivi dell’impugnativa – spiega  - figura anzitutto la genericità nella individuazione della figura del mediaconciliatore e delle strutture di conciliazione. E ciò in aperto contrasto con l’art. 60 della legge 60/09 che prevede che il soggetto deputato alla mediaconciliazione sia dotato di una particolare prepa-razione giuridica trattandosi di una molteplicità di materie destinate alla conciliazione. Ebbene non c’è traccia, di qualsivoglia criterio o parametro volto a selezionare gli organismi deputati alla mediazione in base a criteri di professionalità ed indipendenza. L’art. 16 del regolamento, infatti, si limita a stabilire che qualunque ente pubblico o privato che dia garanzie di serietà ed efficienza sia abilitato a costituire un organismo di mediazione. Non solo i criteri di selezione degli organismi di mediazione privilegiano, invece, fattori di natura economico-finanziaria che non sono indicativi della professionalità del mediato-re ed anzi impediscono, per la loro incidenza patrimoniale, l’accesso degli esercenti la professione legale al registro degli organismi di mediazione».
«Inoltre – continua - in aperto contrasto con la prescrizione della legge delega, l’art. 5 del Dlgs 28/10 configura il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, di fatto precludendo l’immediato accesso alla giustizia. La “preclusione” alla quale fa riferimento la legge delega, non deve essere intesa quale inibizione, quanto invece quale limitazione alla tutela processuale. Il dlgs 28/10, concependo il procedimento di mediazione quale propedeutico alla domanda giudiziale, impedisce l’immediato accesso dei cittadini alla giustizia e rischia di compromettere l’effettività della stessa tutela giudiziale».
Secondo il testo del ricorso al T.A.R. con il regolamento non soltanto assistiamo alla mancata osservanza di alcuni articoli  del decreto legislativo (artt. 5 e 16 del Dlgs 28/10) ma anche  l’incoerenza con l’intero impianto legislativo.
«Un ultimo profilo di illegittimità è rilevabile nel Regolamento impugnato in relazione alle  previsioni dettate sulla disciplina transitoria. Alcune disposizioni ministeriali, nell’intento del legislatore del Dlgs 28/10, avrebbero dovuto avere efficacia limitata all’entrata in vigore del Regolamento oggetto della presente impugnazione. Ed invece, contravvenendo espressamente alle previsioni legislative (di cui all’art. 16 del Dlgs 28/10), il Regolamento non soltanto ha arbitrariamente introdotto una disciplina transitoria, ma l’ha utilizzata per sancire la sopravvivenza di organismi per i quali il legislatore aveva già previsto la decadenza. Si consideri che solo per siffatti organismi, la legge delega prevede la possibilità di una iscrizione di diritto nei costituendi registri e che anche tale disattenzione è sintomatica della palese illogicità ed arbitrarietà  del regolamento impugnato».
«Era un nostro dovere impugnare un regolamento con queste caratteristiche – conclude de Tilla –  e continuare la nostra battaglia contro la mediaconciliazione obbligatoria così come è stata varata dal ministero, il nostro obiettivo è il buon funzionamento della giustizia civile e dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie giudiziarie, partendo dalla centralità del cittadino e dalla professionalità degli avvocati».

(Da www.oua.it del 10.11.2010)