martedì 23 novembre 2010

Gli avvocati romani contro il DM su mediaconciliazione


L'Associazione degli Avvocati romani si unisce alle proteste di CNF, OUA ed Ordini
su parte dei contenuti del DM sulla mediaconciliazione

di Giovanna Stumpo (Esperta di organizzazione qualità e marketing legale)

A detta del Legislatore l’istituto di c.d. media- conciliazione di cui al Dl. 28/2010 presenta pregi e vantaggi per una molteplicità di Parti interessate. Perché è inteso a deflazionare il carico di lavoro dei giudici. A dare al cittadino uno strumento per dirimere la controversia in modo veloce ed economico. Ad offrire al legale una nuova opportunità professionale, derivante dal fatto che come consulente, il professionista può indirizzare il proprio Cliente verso la mediazione anche in fase precontenziosa, ossia al momento della stipula dei contratti, ivi introducendo al loro interno clausole di mediazione; e, soprattutto, per la nuova possibilità offerta all’avvocato che scelga di essere appositamente formato secondo uno specifico programma ministeriale ad hoc, di figurare nell’apposito registro del Ministero della Giustizia, in qualità di “mediatore abilitato”. Ma sin dall’entrata in vigore del DM sulla media-conciliazione, proprio dalle più importanti e rappresentative frange dell’Avvocatura sono arrivate le principali critiche all’attuale impianto normativo, sfociate nel crescente susseguirsi di istanze di sua urgente modifica ed integrazione.Come spiega ad Italia Oggi l’Avv. Fabrizio Bruni, Presidente dell’Associazione degli Avvocati Romani che si unisce al coro delle istanze di revisione sino ad oggi ignorate dal Ministero competente “la c.d. legge sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, è stata emanata con l’intento, perlomeno dichiarato come unico, di porre in essere uno strumento deflattivo del contenzioso giudiziale che affligge gli uffici giudiziari con oltre 5 milioni di procedimenti pendenti. In realtà, l’esame del testo di legge e del successivo regolamento (D.M. 18.10.2010 n. 180) evidenzia alcune gravissime contraddizioni ed errori, con conseguenze pregiudizievoli per il cittadino. La mediazione è prevista come “obbligatoria” perché posta come condizione di procedibilità del successivo ed eventuale giudizio innanzi all’A.G. ordinaria per la più parte delle materie del contenzioso civile. All’obbligatorietà è unita la previsione nel regolamento (tabella A) del pagamento di una cd. “spesa di mediazione” di importo progressivo sulla base del valore della controversia, con l'applicazione di scaglioni che comportano una spesa a carico delle parti superiore al “contributo unificato” previsto per i giudizi innanzi l’autorità giudiziaria. Si tratta, in sostanza, di un raddoppio di costi ad esclusivo carico del cittadino che, ove non soddisfatto dell’operato del “mediatore”, dovesse ritenere opportuno proporre il giudizio innanzi l’A.G. ordinaria”. Per l’Associazione degli Avvocati Romani appare poi punitiva (oltre che illegittima a norma della direttiva n. 2008/52/CE richiamata impropriamente dalla stessa legge) la “disciplina sanzionatoria” prevista per il cittadino che non accetti la proposta del mediatore “fors’anche perché” – prosegue l’Avv. Bruni – “ritenuta troppo riduttiva, là ove stabilisce che, se detta proposta è confermata totalmente o parzialmente dal Giudice questi condannerà la parte vincitrice a rimborsare le spese alla parte soccombente (e ad una ulteriore sanzione pari al costo del contributo unificato). Sovvertendo così totalmente il principio della soccombenza di cui all’art. 91 del c.p.c.. Ne consegue che la disciplina sulla “mediazione obbligatoria” (n.d.r.: oggetto di prossima impugnazione per vizi di costituzionalità da parte dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura e di numerose istanze di abrogazione e/o modifica da parte dei delegati romani e di altre città al prossimo Congresso Nazionale Forense di Genova) - aggiunge l’Avv. Bruni - “dà oggettivamente l’impressione di voler “costringere” il cittadino a non affidarsi più alla giustizia ordinaria anziché “convincerlo” ed "incentivarlo" ad utilizzare uno strumento alternativo. Al riguardo, con le opportune modifiche, l'istituto della mediazione potrebbe essere utilizzato come strumento, avente natura esclusivamente facoltativa, per dirimere controversie giudiziali già in corso, nelle quali le parti, aderendo all'invito del Giudice, possano scegliere di demandare la decisione ad un organismo terzo, con la consulenza e l’assistenza dei propri legali”. Cosa che, peraltro, si ha notizia anche in questa attuale fase transitoria, in alcuni Fori italiani che hanno istituito gli Organismi di conciliazione forense, stia già avvenendo.

(Da Mondoprofessionisti.it del 22.11.2010)