martedì 30 novembre 2010

Opposizione agli atti esecutivi: anche il giudice sbaglia

Cassazione civile, sez. III, ordinanza 9.11.2010 n° 22767

Le procedure di opposizione in materia esecutiva costituiscono, da sempre, uno degli argomenti più affascinanti e misteriosi della procedura civile, rectius, forse il loro fascino discende direttamente dal mistero che li circonda.
Dello stesso avviso è certamente il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha visto impugnata con ricorso straordinario in Cassazione, l’ordinanza che, nel rigettare il ricorso in opposizione agli atti esecutivi, compensava le spese tra le parti.
Questi i fatti: la MM srl proponeva ricorso ex art. 617 c.p.c, con contestuale istanza sospensiva, avverso il decreto di trasferimento immobiliare emesso in favore dell’aggiudicatario a conclusione della procedura di espropriazione immobiliare promossa da Equitalia.
Il Giudice dell’esecuzione, rigettata la sospensiva inaudita altera parte, all’udienza fissata ex art. 618 c.p.c. rigettava il ricorso pronunciando sulle spese, senza né assumere  i provvedimenti indilazionabili, né fissare il termine per l’iscrizione al ruolo della causa di merito così come previsto dall’art. 618 c.p.c..
Avverso detta ordinanza di rigetto la MM srl propone ricorso straordinario per Cassazione.
Resistono le controparti argomentando in ordine alla non impugnabilità del provvedimento.
La Corte accoglie il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:
    * il procedimento di opposizione agli atti esecutivi ha struttura bifasica eventuale;
    * la prima fase ha termine con l’adozione di un provvedimento non impugnabile che, per sua natura, ha funzione squisitamente ordinatoria, in quanto funzionale all’adozione, da un lato, degli eventuali provvedimenti non rinviabili o dell’istanza sospensiva e, dall’altro, alla fissazione di termine per l’instaurazione del giudizio di merito;
    * la mancata indicazione del termine perentorio per l’iscrizione a ruolo non determina un vizio del provvedimento, potendo, la stessa, essere facilmente colmata o mediante idonea istanza di parte ex art. 289 c.p.c., o mediante diretta iscrizione a ruolo del procedimento;
    * se il provvedimento di chiusura della prima fase del giudizio contiene una statuizione sulle spese, perde il carattere ordinatorio e si colora di definitività perché “palesa l’intenzione del Giudice di precludere qualsiasi svolgimento ulteriore”;
    * in questo caso, la mancata previsione di un termine per l’iscrizione a ruolo della causa di merito non è più colmabile da nessuna iniziativa delle parti che si trovano di fronte ad una sentenza in senso sostanziale;
    * in quanto tale, ed in carenza di un idoneo strumento di impugnazione, detta sentenza è ricorribile ex art. 111, comma 7, Costituzione.
Ma che tipo di vizio affligge il provvedimento impugnato?
La Corte risponde anche a questo quesito:
“Poiché lo svolgimento della cognizione piena integra una garanzia di cui le parti, a tutela del loro diritto di azione e difesa, debbono poter fruire, la negazione di tale svolgimento e la definizione del giudizio senza che ad esso si sia dato determina la nullità dell’ordinanza-sentenza, in quanto il procedere seguito dal Tribunale ha determinato l’inosservanza della norma dell’art. 618 c.p.c. comma 2 e la conseguente negazione dello scopo per cui essa è prevista”.
Ne deriva che l’ordinanza di chiusura della fase sommaria del processo di opposizione agli atti esecutivi che pronuncia sulle spese è un tipico esempio di atto processuale che non raggiunge il suo scopo (ovvero dare impulso alla fase di merito) e che, pertanto, è nullo ai sensi e per gli effetti dell’art. 156 c.p.c..
In applicazione di ciò, la Cassazione ha cassato il provvedimento con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere per la rinnovazione dell’atto dichiarato nullo ex art. 162 c.p.c..
Si potrebbe commentare che, in fondo, non c’è nulla di eccezionale in questa pronuncia, perché la Corte si è semplicemente limitata ad applicare la Costituzione ed il Codice di Procedura Civile: beh, è dite poco?

(Da Altalex, 30.11.2010. Nota di Marta Buffoni)