venerdì 29 novembre 2013

Solidarietà su atti giudiziari solo tra attore e convenuto

Agenzia delle entrate - Risoluzione 21.11.2013 n. 82/E

Nel caso di registrazione di atti giudiziari, l’imposta di registro è dovuta “in solido” solo dalle parti in causa titolari del rapporto sostanziale: l’obbligo di pagamento, quindi, non si estende a chi è intervenuto nel processo come semplice litisconsorte facoltativo.
È questo il chiarimento fornito dalla risoluzione n. 82/E che fa luce sulla portata applicativa dell’articolo 57, Testo unico dell’imposta di registro e, in particolare, sulla responsabilità solidale per il pagamento del tributo nel caso di registrazione di atti giudiziari.
Il caso concreto
Un contribuente, creditore della parte convenuta in un giudizio civile, avendo interesse a vedere accertato l’esatto ammontare del credito vantato dall’attore, decide di intervenire volontariamente nel processo ai sensi dell’articolo 105 del Codice di procedura civile. All’esito del giudizio, il convenuto viene condannato al pagamento della quasi totalità dell’importo preteso dalla controparte e alla rifusione delle spese di lite. La condanna alle spese di lite viene disposta anche a carico del contribuente intervenuto.
La questione
La vicenda appena descritta pone una questione piuttosto delicata ai fini della tassazione di registro.
Si tratta infatti di individuare, nel caso di litisconsorzio facoltativo, quali siano i soggetti solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta dovuta per la registrazione della sentenza.
Due le possibili opzioni interpretative:
– da un lato, la tesi che circoscrive la responsabilità solidale solo ed esclusivamente alle parti del rapporto sostanziale deciso in sentenza (in pratica, l’attore e il convenuto);
– dall’altro, la lettura “estensiva” che ricomprende tra i responsabili in via solidale anche i soggetti intervenuti volontariamente nel processo, pur non essendo questi coinvolti nel rapporto sostanziale del procedimento.
La soluzione del Fisco
Accogliendo le prospettazioni del contribuente, l’Agenzia delle entrate ha precisato che la solidarietà passiva, contemplata dall’articolo 57 del Testo unico dell’imposta di registro (Dpr 26 aprile 1986 n. 131), non si estende ai terzi intervenuti volontariamente nel processo, ma grava esclusivamente sull’attore del procedimento e sul convenuto. E ciò - viene sottolineato - indipendentemente dalla circostanza che il contribuente (come appunto accaduto nella fattispecie) sia stato comunque chiamato al pagamento delle spese processuali.
Una soluzione in linea con la giurisprudenza di legittimità
La soluzione del Fisco, come si legge nella stessa risoluzione, è ampiamente confortata dall’elaborazione giurisprudenziale, pressoché costante, della Suprema corte.
Muovendo dalla considerazione che l’imposta di registro non colpisce l’atto bensì il rapporto racchiuso nell’atto, è stato infatti più volte affermato che, per la registrazione degli atti giudiziari, l’imposta di registro non deve gravare indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento; ciò, in quanto l’indice di capacità contributiva, cui si ricollega il tributo, non è la sentenza in quanto tale «ma il rapporto sostanziale in essa racchiuso, con conseguente esclusione del vincolo di solidarietà nei confronti dei soggetti ad esso estraneo» (in termini, da ultimo, Cassazione civile, sezione V, sentenza 20 marzo 2013 n. 6941; conforme, Cassazione civile, sezione V, 21 luglio 2009 n. 16891).
È stato altresì evidenziato che, nel caso di giudizio con pluralità di parti evocate in giudizio per il medesimo titolo ovvero anche a diverso titolo in caso di identiche questioni (cosiddetto "litisconsorzio facoltativo proprio o improprio" ex articolo 103 del Cpc, commi 1 e 2), tra le diverse statuizioni adottate in sentenza, non è dato ravvisare una relazione di "derivazione necessaria"; inoltre, l’esigenza di tenere distinte, ai fini dell'applicazione dell’imposta di registro, le varie statuizioni della medesima sentenza - in quanto riferibili a distinti rapporti giuridici e quindi ad autonome cause riunite, in via originaria o successiva, solo ai fini del simultaneus processum -, risiede nella stessa logica interna allo specifico presupposto impositivo che deve essere individuato, non nell'atto considerato in sé quale mero documento, ma nell'atto giuridico avente contenuto economico in quanto considerato nella sua idoneità a produrre ricchezza e dunque sintomo di capacità contributiva (così, Cassazione civile, sezione V, sentenza 28 febbraio 2011 n. 4805).
L’ulteriore avallo della giurisprudenza di merito
Nel solco della Suprema corte si colloca, peraltro, anche la prevalente giurisprudenza di merito.
In più occasioni, è stato infatti ribadito come, diversamente dal litisconsorzio necessario, l'obbligazione solidale prevista dall'articolo 57 del Tur per il pagamento dell'imposta di registro dovuta in relazione a una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti non grava su tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento unico. Oggetto dell’imposta, in quanto indice di capacità contributiva, non è infatti la sentenza in quanto tale, ma il rapporto sostanziale cui essa inerisce, con la conseguenza che il vincolo di solidarietà resta escluso nei confronti dei soggetti non direttamente titolari di detto rapporto (Ctp Liguria, Genova, sezione X, sentenza 16 giugno 2011 n. 210; Ctp Trentino-Alto Adige, Trento, sezione II, sentenza 23 maggio 2013 n. 34 e Ctr Lazio, Roma, sezione XXIX, sentenza 18 gennaio 2011 n. 2).
Osservazioni conclusive
Le conclusioni cui perviene il documento di prassi in questione, del tutto condivisibili, non risultano solo in linea con la dominante produzione giurisprudenziale, ma rispondono anche a una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 57 del Tur.
La Consulta - chiamata a sciogliere i dubbi di legittimità costituzionale sulla norma, nell’ottica di un possibile contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione nella parte in cui prevede l’obbligo del pagamento dell’imposta su entrambe le parti del processo - già nel 2000 aveva avuto modo di affermare che «in materia di imposte indirette, il necessario collegamento con la capacità contributiva non esclude che la legge stabilisca prestazioni tributarie a carico solidalmente oltreché del debitore principale, anche di altri soggetti non direttamente partecipi dell’atto assunto come indice di capacità contributiva» (si veda l'ordinanza 19 giugno 2000 n. 215).
Da ciò deriva che, in tema di imposta di registro, la solidarietà passiva deve necessariamente ricollegarsi a rapporti giuridico-economici idonei alla configurazione di unitarie situazioni che possano giustificare razionalmente il vincolo obbligatorio e la sua causa.
In tale prospettiva, pertanto, il caso esaminato nella risoluzione risulta addirittura paradigmatico.
Come descritto nell’istanza di interpello (e poi verificato dalle Entrate attraverso l’esame degli atti processuali), il contribuente era intervenuto nel giudizio in qualità di terzo, titolare di un interesse solo indiretto: dall’accertamento giudiziale del debito vantato dall’attore nei confronti del convenuto, infatti, dipendeva la misura del concorso con l’attore su quanto ricavato all’esito dell’azione esecutiva da loro promossa contro il convenuto.
È evidente allora che il litisconsorte facoltativo, “estraneo” al giudicato della sentenza, non può che essere altrettanto “estraneo” al meccanismo di solidarietà passiva; e ciò, indipendentemente dalla sua eventuale condanna alle spese di lite non costituendo, tale circostanza, un elemento idoneo ad alterare la posizione di terzo rispetto al rapporto sostanziale deciso con la sentenza oggetto di registrazione.

Barbara Ianniello (da Guida al Diritto del 29.11.2013)