lunedì 25 novembre 2013

Mediazione, le trappole dell'incompetenza territoriale

Con la recente riforma attuata con Dl 69/2013 come convertito in legge 98/2013 è stata introdotta nel procedimento di mediazione la competenza territoriale per gli organismi. 
Il funzionamento del meccanismo
Per cui in base al novellato articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010 la domanda di mediazione deve essere depositata «presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza».
Le questioni aperte
Eventuali problematiche derivanti dalla incompetenza territoriale dell’organismo che ha gestito il procedimento di mediazione condurranno inevitabilmente ad una declaratoria di improcedibilità del giudizio incardinato all’esito negativo dello stesso.
Così si potrà ritenere che la mancata partecipazione della parte invitata alla mediazione dinanzi a un organismo ritenuto incompetente per territorio (accertamento che sarà poi svolto dal giudice in sede processuale) possa costituire «giustificato motivo» idoneo a evitare le possibili sanzioni previste dall’articolo 8, comma 4-bis, del Dlgs 28/2010.
Peraltro la non felice formulazione della norma (che utilizza una terminologia poco puntuale nell’individuazione del criterio di riferimento territoriale) richiede un opportuno intervento attuativo/interpretativo del ministero della Giustizia da coordinarsi poi con la disciplina relativa alla diversa tipologia di sedi (sede legale e sede secondaria) e uffici (sedi operative) che costituiscono le articolazioni territoriali degli organismi di mediazione.
Le uniche soluzioni sul campo
Tuttavia, se si considera che proprio il ministero della Giustizia nelle note informative pubblicate sul sito web ufficiale “www.giustizia.it” aveva già avuto modo di chiarire che «le domande di mediazione vanno presentate alla sede legale dell'organismo, gli incontri di mediazione invece si possono svolgere presso le sedi operative», la conseguenza appare ineluttabile nel senso che ai fini della competenza territoriale dovrà farsi riferimento alla sola sede legale ove deve essere depositata l’istanza.
Se l’interpretazione ministeriale dovesse essere confermata (stabilendo un rapporto inderogabile tra sede legale dell’organismo e “luogo” del giudice competente) anche dopo la modifica legislativa la conseguenza sarebbe la chiusura di quasi tutte le articolazioni territoriali degli organismi di mediazione (a vantaggio di quelli con una forte valenza esclusivamente territoriale come le Camere di commercio e gli Ordini professionali, ma con una rete operativa di collegamenti finalizzata a semplificare e rendere omogenee le attività sul territorio nazionale).
Il legislatore non prevede strumenti per la soluzione di contrasti circa la competenza territoriale dell’organismo presso il quale è stata presentata l’istanza. Né d’altro canto il legislatore avrebbe potuto creare un simile sistema, posto che ciò che accade in sede mediativa costituisce pur sempre attività negoziale e non processuale.
Questo è il motivo indicato nella relazione ministeriale illustrativa al Dlgs 28/2010 per il quale l’originaria formulazione della norma non aveva previsto alcun criterio di competenza territoriale. Ed è anche la ragione espressa per la quale il Governo non l’aveva previsto nel Dl 69/2013 di riforma e si era opposto in sede di audizione parlamentare alla Camera (era presente il sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri) nell’iter di conversione poi adeguandosi alle scelte del Parlamento con l’apposizione della fiducia sul testo emendato alla Camera.
A ciò consegue che eventuali contrasti sorti tra le parti circa la competenza territoriale dell’organismo non potranno (e non dovranno) essere risolti dallo stesso, ma dalle medesime parti che sin dalla presentazione dell’istanza o dell’atto di adesione si assumeranno ogni responsabilità circa la corretta individuazione del criterio di competenza territoriale adottato. Appare evidente che l’accordo delle parti circa la scelta dell’organismo e della sede della mediazione è utile a risolvere ogni problematica relativa alla competenza territoriale.
Tale considerazione deriva dall’ancoraggio (reso necessario dall’articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010 e dalla condizione di procedibilità ex articoli 5, commi 1-bis e 2, del Dlgs 28/2010) della competenza territoriale dell’organismo a quella del giudice che comporta la trasposizione delle regole e, quindi, dei limiti di cui all’articolo 28 del Cpc (che richiama l’articolo 70 del Cpc). Si ricordi a tal fine che la mediazione di cui al Dlgs 28/2010 può avere a oggetto soltanto i diritti disponibili (articolo 2, comma 1, del Dlgs 28/2010).
Si deve poi porre in evidenza che un criterio di competenza territoriale in materia di mediazione era stato già introdotto per le liti condominiali. E infatti, con vigenza dal 18 giugno 2013, la domanda di mediazione in dette controversie «deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato» (ex articolo 71-quater, comma 2, delle disposizioni di attuazione del  Cc).
E proprio la norma relativa alle liti condominiali può offrire una indicazione ermeneutica per la nuova disposizione relativa al criterio di competenza di cui all’articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010. Ragioni di coerenza sistematica consentono in tal guisa di ritenere (nelle more dei necessari chiarimenti ministeriali e delle successive interpretazioni giurisprudenziali) che il «luogo del giudice territorialmente competente» possa essere individuato nell’ambito del circondario del tribunale.
Quanto alla mediazione cosiddetta "concordata", la domanda di mediazione deve essere presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola di mediazione (articolo 5, comma 5, del Dlgs 28/2010), se iscritto nel registro ministeriale, ovvero, in mancanza, davanti a un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di prevenzione (di cui all’articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010). In ogni caso, resta confermata per le parti la possibilità di concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto.
Si ritiene così che l’accordo delle parti consenta di derogare al criterio di competenza territoriale degli organismi di mediazione e che ciò possa accadere anche attraverso un meccanismo implicito di mancata contestazione al momento della partecipazione al procedimento di mediazione. Appare evidente che tale deroga consensuale (in caso di mancato accordo conciliativo) non inciderà sugli ordinari criteri di competenza territoriale del giudice da adire.

Marco Marinaro (da Guida al diritto del 22.11.2013)