lunedì 4 novembre 2013

Assegno divorzio: tenore di vita distinto da stile di vita

In materia di assegno di divorzio occorre distinguere tra “stile di vita” e “tenore di vita”. Lo stile di vita, pur in presenza di rilevanti potenzialità economiche può essere “understatement", ovvero sottotono o dimesso, per scelta personale. Il tenore di vita in costanza del matrimonio va valutato in relazione al complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendo conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per un rilevante cambiamento di stile di vita.
Con la sentenza 16 ottobre 2013, n. 23442 la Cassazione introduce un concetto nuovo per la corretta determinazione dell’assegno divorzile. Uno dei presupposti per il riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento è l’inadeguatezza dei mezzi economici da parte del coniuge “debole”. Il concetto di adeguatezza va ricercato con riferimento all'idoneità o meno alla conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Non si parla dunque di stato di bisogno dell'avente diritto, che può anche essere economicamente autosufficiente.

Il caso. Siamo in presenza di una coppia benestante, lei primario dell’ospedale presso cui lavora e proprietaria dell’immobile in cui abita, lui oltre al reddito lavorativo è proprietario di svariati immobili di elevatissimo valore tra cui un casale di oltre 500 mq con annessi, giardino e piscina, un appartamento a Parigi, due immobili di pregio a Roma e svariati immobili nel territorio di Siena e Chianciano Terme.

Il Tribunale di Montepulciano, nel pronunciare il divorzio, dispone l’obbligo di versare un mantenimento alla moglie di 1.200 euro, ma il marito non ci sta e ricorre in Appello, sede in cui viene confermato l’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile.

Entrambe le pronunce di merito si fondano sul raffronto della situazione economica e patrimoniale dei due coniugi, in particolare tenendo conto del patrimonio immobiliare del marito indice della disponibilità di risorse economiche importanti.

Si arriva in Cassazione, dove l’uomo lamenta che entrambe le decisioni non hanno tenuto conto né della brevità del matrimonio né della circostanza che in tale periodo la coppia non ha praticamente convissuto, pertanto non si è consolidato un regime di vita comune, avendo i due coniugi abitato nelle proprie residenze e proseguito ognuno lo stile di vita precedente.

Erroneamente i giudici avrebbero valutato solo il dislivello economico delle due parti e di conseguenza avrebbero disposto un mantenimento fondandolo sul tenore di vita goduto in costanza di matrimonio sensibilmente più elevato di quello di cui avrebbe goduto la moglie dopo la fine del matrimonio, nonostante la rispettabile posizione economica della stessa.

La sentenza. I giudici della Cassazione specificano che nel valutare la sussistenza del diritto a percepire l’assegno divorzile, bisogna distinguere lo stile di vita dal tenore di vita.

Lo stile di vita, pur in presenza di rilevanti potenzialità economiche può essere “understatement", ovvero sottotono o dimesso, per scelta. Tale scelta non elimina però le potenzialità di una condizione economica molto agiata quale era indubbiamente quella della coppia di coniugi.

Inoltre devono essere considerate anche le aspettative che derivano dalla convivenza con un coniuge possessore di un rilevante patrimonio immobiliare che si concretano in una legittima aspirazione ad un rilevante cambiamento di stile di vita. Anche tali aspettative concorrono a determinare il tenore di vita.

In conclusione i giudici di merito hanno avuto ragione nel determinare l’assegno di mantenimento quantificandolo nella misura di 1.200 euro, tenendo conto anche della brevità del matrimonio e della ridotta convivenza, poiché altrimenti il mantenimento sarebbe stato ancora più elevato.

Pur introducendo il concetto di stile di vita da tenere distinto dal tenore di vita, la Corte Suprema ha ribadito un principio già affermato in precedenza.

Il tenore di vita da valutare non è tanto quello di fatto goduto durante il matrimonio, ma quello che le potenzialità economiche dei coniugi avrebbero consentito loro (Cass. Civ. nn. 2626/06, 18547/06, 23071/05).

In particolare, la sentenza della prima sezione civile della Cassazione n. 6699/2009 aveva parlato di irrilevanza del più “modesto tenore di vita subito o tollerato”. Infatti, “il tenore di vita goduto in costanza del matrimonio va identificato avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendo conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per il futuro”.


(Da Altalex del 4.11.2013. Nota di Giuseppina Vassallo)