venerdì 29 novembre 2013

Geografia giudiziaria, ok al referendum abrogativo

Siamo alle solite. L’ennesima prova, qualora ve ne fosse ancora bisogno, della discrasia tra chi pensa, attua ed impone le riforme, inaudita altera pars, e chi, dimostrando maggiore saggezza e buona conoscenza del territorio e delle problematiche connesse, cerca in tutti i modi, anche se con alterne fortune, di contrastarne l’attuazione. 
E’ quanto è successo relativamente alla recente riforma della cd. “geografia giudiziaria” che dal 13 settembre scorso ha rivoluzionato, appunto, la distribuzione territoriale dell’amministrazione della giustizia.

Come è noto la riforma ha soppresso 31 Tribunali cd. minori e 31 Procure, 220 sedi distaccate e, a breve, scompariranno 667 Uffici del Giudice di pace.

Questa volta avverso la riforma si è schierata non solo la classe degli avvocati, con le sue associazioni locali e nazionali, ma anche la politica locale.

In particolare sono stati nove Consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli, Liguria, Marche, Piemonte e Puglia) a richiedere il referendum alla Corte di Cassazione ed è la prima volta che l’iniziativa del referendum abrogativo è promossa dalle Regioni.

E l’ufficio referendum della Cassazione, presieduto da Corrado Carnevale, lo ha dichiarato ammissibile, facendo così sperare chi rimane convinto che questa riforma non è la panacea di tutti i mali della giustizia. Spetterà adesso alla Corte Costituzionale il vaglio definitivo che si avrà entro il 20 gennaio prossimo. Ed in caso di parere favorevole andremo alla consultazione referendaria nella prossima primavera.

A circa due mesi dalla data in cui la riforma della geografia giudiziaria (il relativo D.L. è del settembre 2012) è stata resa operativa, i disagi non sono certo mancati. Ma è soprattutto questa pressante e costante idea di accorpare ed accentrare tutto ed ogni cosa a non convincere. I cittadini dei centri più piccoli avvertono grande disagio non solo perché costretti a “spostarsi” per la loro domanda di giustizia ma anche perché si vedono spogliati di importanti Uffici che comunque presidiano il territorio.

E si rimane convinti che la soppressione dei Tribunali minori non risponda neppure alle esigenze di spending review dello Stato ed alle esigenze di maggiore e più efficiente giustizia dei cittadini.

Ben ci sta pertanto che la Cassazione ha dichiarato ammissibile il referendum abrogativo.

Del resto siamo costretti a registrare che questo è l’unico modo rimasto di partecipazione diretta dei cittadini all’amministrazione della cosa pubblica atteso che il governo centrale sembra diventare sempre più sordo alle esigenze espresse dal territorio ed alle richieste che provengono dalle forze o associazioni rappresentative.

E’ nelle cronache che il Ministro della Giustizia ha rifiutato sistematicamente le varie richieste di incontro fattele pervenire dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura per affrontare insieme, sentendo la voce degli operatori del diritto, quelli che sono i tanti problemi che sono emersi dall’applicazione della riforma.

Forse che il Ministro non trova il tempo per incontrare gli avvocati perché troppo impegnato nelle sue conversazioni telefoniche?


Massimo Carpino - Delegato di Cassa Forense (da CF Newsletter n. 10/2013)