lunedì 23 luglio 2012

Videocitofono: sostituire non vuol dire innovare


Secondo la giurisprudenza, che si è pronunciata più volte su casi del genere ma non sempre in modo univoco, mettere un citofono o un videocitofono costituisce innovazione solo se è un’installazione ex novo.
Pertanto: se il videocitofono non sostituisce una precedente apparecchiatura, per approvare la delibera occorre la maggioranza qualificata (la metà più uno dei condomini e almeno 667 millesimi) prevista dal 5° comma dell’art. 1136 del codice civile. Se l’operazione comporta solo la miglioria di un impianto già esistente, non si è più nel campo delle innovazioni e quindi è sufficiente la maggioranza prescritta dal 2° comma dell’art. 1136: un numero di voti che rappresenta la metà più uno degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.
Il condomino non può rifiutarsi di contribuire alla spesa per l’installazione, perché non costituisce innovazione e non sembrano ricorrere gli estremi per giudicarla gravosa, ossia particolarmente onerosa. Solo in alcuni casi, quando -considerate le caratteristiche dell’edificio-  l’installazione dell’apparecchiatura può essere considerata come innovazione gravosa o voluttuaria, i condomini devono essere tutti d’accordo.
La spesa per l’installazione dell’impianto e quella per eventuali riparazioni, ai sensi dell’art. 1123, 1° e 2° comma, vanno divise in parti uguali tra i condomini, con esonero per le unità immobiliari che non ne usufruiscono (box, negozi, altri alloggi o magazzini con ingresso diretto dall’esterno).
Perché non si usa il criterio dei millesimi è chiaro: un citofono serve allo stesso modo un monolocale e un trilocale, e uguali sono i costi di installazione e di allacciamento.
Quanto alla suddivisione tra proprietario e inquilino, le spese di installazione e sostituzione sono a carico del locatore, quelle di semplice manutenzione ordinaria spettano al conduttore.

Patrizia Pallara (da Il Salvagente del 5.7.2012)