sabato 15 febbraio 2014

Buoni fruttiferi postali dimezzati

Il diritto tra utopia e realtà
Il caso 
Che da una lettura o da una interpretazione, se non distorta quanto meno superficiale e poco attenta delle norme o delle Sentenze pronunciate nelle aule di giustizia, possano nascere infondate speranze o pretese da parte di utenti poco accorti o mal indirizzati, è cosa ovvia; meno ovvio è constatare come in numerosi siti che dovrebbero salvaguardare - in primis - il consumatore, vengano offerte quali verità assolute delle mistificazioni che nulla hanno a che vedere col dato reale e che conducono il mal capitato fruitore, forte di errate (ab esterno ingenerate) convinzioni, a sottoscrivere tessere o a richiedere consulenze legali o ad intentare causa, naturalmente dietro pagamento.

Mi riferisco, nello specifico, alla questione sottopostami da un'assistita in possesso di buoni fruttiferi postali serie O emessi negli anni 80 che, scaduti e pronti per l'incasso, avevano maturato interessi ben inferiori rispetto a quelli indicati nella tabella riportata a tergo del documento.

La signora, dotata di intelligenza ed istruzione, prima di rivolgersi al mio studio, aveva svolto ricerche su internet e trovato un nutrito numero di associazioni e di pareri anche di Colleghi avvocati, che invitavano a ribellarsi all'aperta ingiustizia perpetrata dalle Poste, richiamando a caratteri cubitali l'innovativa Sentenza della Corte di Cassazione S.U. 13979/07.

Peccato che la decisione in oggetto, che potremmo definire importante, ma non “storica”, dica ben altro (a tal proposito richiamo le più recenti, chiare ed esaustive, Sentenze 26 maggio 2010, n. 273 del Tribunale L'Aquila, e 22 febbraio 2013, n. 4019 del Tribunale di Roma).


La soluzione 
Una lettura almeno un poco accorta della precitata Sentenza della Suprema Corte porta, infatti, alla conclusione di seguito esposta.

Premessa d'obbligo ed importante: per consolidata giurisprudenza, il buono fruttifero postale è per sua natura riconducibile ad un titolo di legittimazione e non di credito. Ne discende che il portatore non ha diritto di pretendere quanto gli spetterebbe sulla base del tenore letterale del titolo, in quanto questo è sottoposto alla normativa speciale di settore, anche in difetto di espresso richiamo nel documento cartaceo (nel senso che le successive determinazioni ministeriali in tema di interessi prevalgono sul tenore letterale, andando ad integrare la tabella posta a tergo del documento. Cfr Cass. Civ. Sentenza 27809/2005).

Quanto sopra, trova il suo fondamento normativo nell'art. 173 del D.P.R. 156/73 (norma che sebbene abrogata in virtù del combinato disposto degli artt. 7 D.Lgs. n. 284/99 e 9 D.M. 19 dicembre 2000, continua a regolare i rapporti già in essere alla data di entrata in vigore dei citati decreti), il quale ha esplicitamente previsto che “le variazioni del saggio di interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il Tesoro; […] esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie [...]. Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti serie, ai quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli interessi è effettuato sul montante maturato alla data di entrata in vigore del decreto previsto dal presente articolo [...]" e, quanto alla tabella apposta sul retro dei buoni, che "[...] per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali".

Fermo quanto sopra, il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava una fattispecie del tutto particolare relativa ad un Buono Postale emesso con rendimenti più elevati (riportati nella tabella a tergo del titolo) rispetto a quelli previsti dal provvedimento ministeriale allora in vigore che disponeva l'emissione di una nuova serie di buoni a rendimento ridotto. La Corte, applicando principi e regole della materia contrattuale, ha valorizzato la volontà delle parti espressa nel titolo dichiarando, in sintesi, che se l'ufficio postale ha emesso un buono e sulle condizioni in esso riportate si è formato un accordo tra le parti, la discrepanza con le prescrizioni ministeriali “può rilevare per eventuali profili di responsabilità interna dell’amministrazione ma non può far ritenere che l’accordo negoziale abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni”. Ma, attenzione, con ciò è stata posta una linea di demarcazione allo jus variandi di cui godeva la pubblica amministrazione, non è stata stravolta la normativa. La massima in oggetto trova applicazione nei limitati casi di emissione di buoni fruttiferi a condizioni difformi da quelle già vigenti perché anteriori o coeve ed il favore dato al tenore letterale del titolo deriva dal fatto che l'Ente Poste in quello specifico caso non aveva tenuto in conto che al momento dell'emissione i rendimenti indicati erano stati superati, in maniera più sfavorevole all'investitore, da quelli indicati nel DM di qualche mese precedente, così generando una condotta dannosa per l'acquirente in buona fede.

La disciplina dei BFP, rammento, è stata modificata con il D. Lgs. 284/99 e, ad oggi, è stata abolita la facoltà di variare i tassi di interesse delle serie già emesse, ma, come accennato, questo non vale per i buoni emessi in precedenza.

Probabilmente una soluzione del problema potrebbe prospettarsi con un intervento della Corte Costituzionale in merito all'art. 173 del Codice Postale abrogato, ma riesce difficile, almeno alla sottoscritta, pensare che la Consulta potrebbe estendere retroattivamente gli effetti dell'abrogazione della norma e della nuova disciplina legittimando i portatori di buoni fruttiferi emessi in precedenza a pretendere l'applicazione degli interessi richiamati nella tabella posta a tergo degli stessi, considerati gli indubbi effetti che avrebbe una simile determinazione.

Confidando che questo mio intervento possa aver contribuito a rendere l'argomento meno nebuloso, rendendomi disponibile a chiarimenti in merito, porgo un cordiale saluto.


Roberta K. Colosso (da avvocati.it del 10.2.2014)