giovedì 16 maggio 2013

Sì comunicazioni a cliente in sedi non professionali

Cass. Civ., sez. III, sent. 16.1.2013 n° 938

Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda la condotta di un avvocato il quale, assunto l’incarico difensivo a favore di una S.A.S. in merito ad una procedura di sfratto, comunichi in forma orale la notizia dell’esito dell’udienza (concessione del termine di grazia di 90 gg) al socio accomandante, anziché alla socia accomandataria, con l’effetto della successiva convalida dello sfratto.
La ricorrente, chiede la condanna del professionista, deducendo un inadempimento ed una conseguente responsabilità professionale.
Nel caso de quo la Suprema Corte si è dovuta pronunciare sia sulla validità che sulla qualificazione giuridica della condotta di un mandatario con rappresentanza che effettua una comunicazione orale al socio accomandante di una S.A.S., piuttosto che all’amministratrice accomandataria, munita del potere rappresentativo.
A parere dei giudici di legittimità, tale forma di comunicazione posta in essere dal professionista-mandatario, nei confronti del socio accomandante non munito di formale potere rappresentativo, ha piena validità giuridica in quanto il recettore delle informazioni lo si può qualificare giuridicamente come un rappresentante apparente di un organo societario esterno. 
Il tracciato argomentativo del giudicante prende avvio dalla considerazione di essere, con tutta evidenza, di fronte ad un caso di rappresentanza organica, in cui l’amministratrice della s.a.s. sostanzia l’organo esterno che impegna la società in tutti gli atti giuridici compiuti dalla medesima in nome dell’ente.
Sebbene in questa tipologia di rappresentanza, l’organo si immedesimi nella struttura dell’ente (immedesimazione organica) e quindi non si sostituisca allo stesso ma agisca come parte integrante del medesimo (divergenza profonda dal concetto generale di rappresentanza)(1), proprio questa distinzione tra persona fisica ed ente (parte formale-parte sostanziale) consente, a parte della dottrina e della giurisprudenza, di giustificare l’applicazione della disciplina della rappresentanza (1387 c.c. e segg.).
Per l’effetto di questa estensione applicativa della disciplina suddetta, i giudici di legittimità hanno applicato alla fattispecie in oggetto la qualificazione giurisprudenziale della rappresentanza apparente, in relazione all’operato del socio accomandante, destinatario della comunicazione del professionista che ha originato il contenzioso giudiziario.
Nel caso de quo l’apparenza poteva essere costituita dal fatto che la società aveva una dimensione familiare, dal rapporto costante con l’amministratrice, dai pregressi rapporti e comunicazioni con il professionista che non avevano mai generato contestazioni.
La Cassazione, pertanto, applica alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, il principio della rappresentanza apparente di un organo di società, sottolineando però, in prima battuta, come il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento, scaturendo dall’aspettativa di un terzo circa una situazione attendibile, non lo si possa invocare nei casi in cui la legge predisponga mezzi di pubblicità dai quali è possibile verificare con l’ordinaria diligenza l’esistenza o meno dell’altrui potere, soprattutto nelle società di capitali.
Comunque, precisa subito dopo che precedenti pronunce della stessa giurisprudenza di legittimità (ex plurimis Cass. civ. n. 10297 del 29 aprile 2010) hanno stabilito come il concetto di affidamento possa avere efficacia quando il potere supposto esista anche a prescindere dalla regolamentazione statutaria e possa essere conferito per specifici atti e senza particolari formalità.
Orbene, muovendo dal concetto di apparenza rappresentativa della società che aveva acquisito il socio accomandante nei rapporti con l’avvocato, i giudici giudicano come liberatoria la comunicazione verbale della concessione del termine di grazia fatta dal professionista a quest’ultimo. 
Aggiunge, altresì, la Cassazione che la comunicazione del mandatario al mandante possiede libertà di forma e può essere effettuata senza il rispetto di forme particolari, dunque anche oralmente senza pregiudicare la natura recettizia delle stessa, salvo il caso in cui la legge o la volontà delle parti imponga forme precise.
Infine, la comunicazione è da intendersi validamente eseguita indipendentemente dal luogo della trasmissione delle informazioni il quale può essere anche un bar o qualsiasi altra sede priva dei requisiti di professionalità. 

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(1)L’organo è uno strumento di imputazione che consente di riferire all’ente stesso atti e attività, e va identificato nella persona fisica o nel collegio investito della competenza attribuita dall’ordinamento interno. Dal rapporto che si instaura tra il soggetto e l'ente di appartenenza - cd. rapporto di “immedesimazione organica” - deriva che è riferita direttamente all'ente l'attività compiuta dal soggetto (persona fisica), e non solo quindi gli effetti da essa derivati. Tra gli organi possiamo distinguere gli organi cd. Interni da quelli cd. esterni. Solo questi ultimi hanno la competenza ad esternare la volontà dell’ente, cioè sono abilitati ad emettere provvedimenti o atti che hanno effetto nei confronti dei soggetti estranei all’ente stesso.

(2)Tale qualificazione costituisce una deroga alla regola della inefficacia degli atti conclusi dal falso rappresentante, fondandosi sul principio dell’apparenza.

Per la giurisprudenza, il preteso rappresentato è vincolato al contratto col terzo quando ricorrono tre condizioni:

-un’apparenza di poteri rappresentativi che giustifichino l’impressione che il falso rappresentante sia munito di poteri rappresentativi;

-l’imputabilità di tale apparenza al preteso rappresentato che abbia concorso colposamente ad ingenerare tale situazione ed a tollerarla;

-l’affidamento incolpevole del terzo sull’esistenza di questi poteri.

(Da Altalex del 18.5.2013. Nota di Nicola Gammarrota)