venerdì 3 maggio 2013

Diniego rinnovo locazione prima scadenza: ragioni vanno specificate

Cass. Civ. sez. III, sent. 16.1.2013 n° 936

Con la sentenza 16 gennaio 2013, n. 936 la Sezione III Civile della Corte di Cassazione provvede ad enunciare il seguente principio di diritto in tema di locazione ad uso abitativo che: ”In tema di diniego di rinnovo del contratto di locazione ad uso abitativo secondo la suddetta norma (art. 3, Legge 431/1998)  alla prima scadenza nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati dallo stesso articolo, sul quale la disdetta è fondata. Tale norma (art. 3, Legge 431/1998) deve essere intesa nel senso che essa impone una specificazione precisa ed analitica della situazione dedotta, con riguardo alle concrete ragioni che giustificano la disdetta, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica della serietà e della realizzabilità della intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l'avvenuto rilascio, circa la effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato nella ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l'applicazione delle sanzioni previste a carico del locatore dall'art. 3 della stessa legge.
L’articolo 3 della Legge n. 431/1998,”Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo” all’art.  statuisce che: "1. Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1, art. 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i motivi espressamente menzionato nell’articolo de quo.
In relazione al caso in oggetto rileva quanto disposto dalla lettera a) dell’art. 3, L. n. 431/1998 che dispone “quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;”
Il comma 2 dello stesso articolo statuisce, inoltre,  che "Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata", in modo inequivocabile e circostanziato.
Il rispetto dei summenzionati requisiti legislativi rendono del tutto legittimo l’esercizio della facoltà del locatore di disdire il contratto anche alla prima scadenza ( relativamente al periodo quadriennale fissato dalla Legge quale termine minimo rinnovabile per le locazioni degli immobili adibiti ad uso abitativo ex art. 2, L. 431/1998).
Il canone ermeneutico volto a dirimere le controversie interpretative relative a stipulazioni contrattuali ex art fornito dall’art 1362 c.c. stabilisce che “Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.”
Tuttavia non può non osservarsi come la Legge 431/1998 apporti una specifica disciplina in materia laddove all’art. 3 prevede espressamente specifici e circostanziati casi in cui il locatore può disdire il contratto alla prima scadenza senza che ciò sia previsto expressis verbis dalle parti nella stipulazione contrattuale.
Ragionando a contrario si finirebbe per ammettere l’esistenza di un ulteriore requisito non previsto dalla Legge de quo, relativo alla espressa previsione della facoltà del diniego di rinnovo nel contratto di locazione.
Parimenti non si può ritenere che tale mancata menzione della facoltà di rifiuto nel contratto costituisca una rinunzia implicita allo stesso, circostanza  che si può cogliere solo in presenza di un comportamento incompatibile con tale esercizio.
Nella fattispecie sottoposta alla Sezione Civile III della Corte di Cassazione  non è stata ravvisata  alcuna incompatibilità tra la facoltà (assegnata dall'articolo suddetto al locatore) di rifiuto di rinnovo, ed il silenzio serbato dalle parti sul punto nel contratto. Secondo la Suprema Corte , infatti, “Il silenzio è, generalmente, solo un atto neutro e non un atto di incompatibilità con l'esercizio di una facoltà ex lege.”
In riferimento al caso sottoposto la Suprema Corte precisa e conclude che:“Essendo specificamente individuata nella lettera di diniego di rinnovo sia la necessità dell'uso abitativo sia i soggetti beneficiari (e cioè il figlio o uno dei suoi 2 nipoti), non può considerarsi generico il richiamo all'ipotesi di diniego di cui all'art. 3, n. 1 cit., in modo tale da non consentire di valutare la serietà della intenzione manifestata dal locatore. La specificità della ragione di diniego va infatti intesa come possibilità concreta di valutare ex ante la serietà dell'intenzione indicata (nè il giudice potrebbe verificare, in sede contenziosa, la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento del diritto al rinnovo), sia come possibilità del successivo controllo sulla effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato, ai fini dell'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 3 della legge citata (invocabili anche quando l'immobile sia stato adibito ad un uso riconducibile, sì, ad una delle ipotesi previste dall'art. 3, ma diverso da quello indicato).”

(Da Altalex del 18.4.2013. Nota di Mirella Pocino)