giovedì 21 aprile 2011

La mediaconciliazione va contro la normativa europea

PERCHÉ LIMITA L’ACCESSO ALLA GIUSTIZIA: PER GLI ALTI COSTI,
PER I TEMPI, PERCHÉ INFLUENZA IL SUCCESSIVO GIUDIZIO

Maurizio de Tilla, Oua: “La mediaconciliazione è incostituzionale e, allo stesso tempo, non rispetta i principi stabiliti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che, come prevede il Trattato di Lisbona, ha pieno valore giuridico. Il giudice, su istanza della parti, quindi può legittimamente non applicarla. In questo senso l’Oua fa propria la delibera dell'Ordine degli avvocati di Firenze che invita alla disapplicazione".

L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Oua, con una nota a firma del presidente, Maurizio de Tilla, fa propria la delibera dell’Ordine degli Avvocati di Firenze con la proposta di disapplicazione da parte dei giudici della mediaconciliazione obbligatoria.
Per il presidente dell’Oua alle innumerevoli questioni di incostituzionalità da sollevare davanti ai giudici (avvalorate dalla mirabile ordinanza del TAR del Lazio di rimessione alla Corte Costituzionale) si aggiunge la istanza di disapplicazione dell’obbligatorietà (dell’art. 5, comma 1 del decreto legislativo n. 28/2010) proposta dal Consiglio dell’Ordine di Firenze (Presidente avv. Sergio Paparo e relatore avv. Gaetano Viciconte) ma fatta propria dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana.
«La disciplina che introduce l’obbligatorietà della mediazione – si spiega nel documento del Consiglio dell’ordine di Firenze, fatto proprio dall’Oua - merita, infatti, di essere disapplicata per contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la cui portata, ai sensi dell’art. 52, terzo comma, della Carta, corrisponde a quella dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le norme introdotte dal D.Lgs. sulla  conciliazione, riguardante sia le liti transfrontaliere che quelle interne, pongono seri problemi di compatibilità con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per alcuni aspetti normativi e per le difficoltà di attuazione pratica che il predetto decreto legislativo probabilmente incontrerà, il “diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice” viene limitato in modo grave e sproporzionato rispetto allo scopo fatto valere di ridurre il carico di lavoro degli uffici giudiziari. La nozione di “ricorso effettivo dinanzi a un giudice” riconosciuto dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, corrisponde (articolo 52/3 della stessa Carta) a quella elaborata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Con giurisprudenza costante dopo la sentenza Golder c. Regno Unito del 21 febbraio 1975, la CEDU ritiene che il diritto di effettivo accesso al giudice, pur non espressamente menzionato all’art. 6 della Convenzione, è un diritto che deve essere “concreto ed effettivo”».
Nel testo, poi, si entra anche in un caso concreto: «La Corte di Giustizia – chiarisce - ha esaminato per esempio una fattispecie simile alla obbligatorietà della mediaconciliazione  in merito a un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale davanti al Co.re.com, come condizione di procedibilità dei ricorsi giurisdizionali in talune controversie civili. Le condizioni per la illegittimità della normativa sono le seguenti:
- il risultato della procedura di conciliazione non deve essere vincolante nei confronti delle parti interessate e non deve incidere sul loro diritto ad un ricorso giurisdizionale;
- la procedura di conciliazione non deve comportare un ritardo sostanziale nella proposizione di un ricorso giurisdizionale. Infatti, il termine per chiudere la procedura di conciliazione non può superare i trenta giorni a decorrere dalla presentazione della domanda e, alla scadenza di tale termine, le parti possono proporre un ricorso giurisdizionale, anche ove la procedura non sia stata conclusa;
- la prescrizione dei diritti non va sospesa per il periodo della procedura di conciliazione;
- i costi derivanti dalla procedura di conciliazione dinanzi al Co.re.com devono essere inesistenti».
«Ebbene – sottolinea il presidente dell’Oua - nel caso della mediaconciliazione obbligatoria introdotta in Italia le suddette condizioni non sono state rispettate e quindi ci troviamo di fronte a una palese violazione dei diritti del cittadino».
«Il giudice – continua il documento – può, quindi dichiarare la disapplicazione della norma nazionale sulla mediaconciliazione per contrasto con un principio generale fondamentale dell’ordinamento europeo. D’altronde la Corte di Giustizia, nella sentenza della Grande Sezione del 19 gennaio 2010, nel procedimento C-555/07, Kucukdeveci contro Sweedex GmbH & Co. KG, ha statuito che dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ha lo stesso valore giuridico dei Trattati, nel senso che al singolo giudice nazionale è concesso il potere di disapplicazione della legge interna di fronte alla violazione dei principi di derivazione comunitaria, e, in particolare, non soltanto nei rapporti tra i singoli e lo Stato (efficacia diretta verticale), ma anche nei rapporti tra privati, consentendo a un singolo di invocare una norma comunitaria nei confronti di un altro (efficacia diretta orizzontale). Ciò senza alcuna necessità di sollevare né una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale, né una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia UE. La sentenza richiamata, pertanto, attribuisce direttamente al giudice nazionale il potere di sindacare la norma legislativa interna in contrasto con un diritto fondamentale europeo».
«Pertanto – conclude il Presidente de Tilla - su richiesta di una delle parti, il Giudice può dichiarare la procedibilità della domanda, disapplicando l’art. 5 comma 1 del D.Lgs. n. 28/2010, perché in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

(Da oua.it del 21.4.2011)