lunedì 25 aprile 2011

Inadeguato il ddl Alfano sullo smaltimento dell’arretrato civile

NO ALLA ROTTAMAZIONE DELL’ARRETRATO GIUDIZIARIO

L’Organismo Unitario dell’Avvocatura Oua (con un elaborato della Commissione procedura civile-Adr, coordinata da Claudio Consales), ha preparato un documento sul disegno di legge 2612 sullo smaltimento delle cause pendenti, presentato dal ministro di Giustizia, Angelino Alfano e all’esame della Commissione Giustizia del Senato. Il giudizio dell’Oua è negativo e per questa ragione ha elaborato una serie di proposte e osservazioni che invierà alla stessa Commissione, chiedendo anche un’audizione.
Per Maurizio de Tilla, presidente Oua, assistiamo all’ennesimo provvedimento sulla giustizia che risponde a logiche emergenziali e non di risoluzione strutturale dei problemi del settore: «È un taglio netto all’idea stessa di una giustizia giusta ed efficiente. Il progetto all’esame del Parlamento ha la stessa filosofia di fondo di altri analoghi presentati in passato dal ministro Alfano, ridurre l’arretrato con ogni mezzo necessario, con meccanismi a cottimo, con una logica ragionieristica, a scapito proprio dei diritti di quei cittadini che attendono da anni una sentenza. È chiaro che interventi del genere durano l’arco dell’emergenza stessa, poi si rimane in attesa che si ripropone il problema. Alcuni esempi: l’ingresso dei “Giudici Ausiliari”, da nominare nel numero massimo di seicento tra gli avvocati dello Stato a riposo e magistrati ordinari, contabili e amministrativi a riposo che non abbiano superato i 75 anni di età.
E’ sufficiente dividere il numero dei giudizi che il Ministero indica da smaltire nella misura di circa cinquemilioni tra i seicento giudici ausiliari per rendersi conto che, dovendo ciascuno di essi smaltire circa ottomila giudizi, si tratta di una misura inutile e demagogica con costi che si intendono finanziare attraverso l’aumento delle già esose spese di giustizia.
Non si vede poi come persone ormai in pensione (non selezionate) possano avere le capacità e gli stimoli per decidere con competenza migliaia di cause anche di rilevante importanza, che non hanno seguito in istruttoria.
L’unica certezza è che andrebbe ad aumentare a dismisura il numero delle sentenze impugnate. Oltre al danno dei tempi lunghi potrebbe arrivare la beffa della decisione sbagliata per milioni di cittadini. Tutto ciò, invece di potenziare adeguatamente l’ufficio del giudice, consentendo al Magistrato giudicante di potersi avvalere della collaborazione di professionisti meritevoli, con laurea in giurisprudenza, che desiderano svolgere formazione professionale negli uffici giudiziari o giovani avvocati che non esercitano nella stessa circoscrizione di Tribunale, affidando in questo caso, ai Consigli degli Ordini degli forensi il compito di selezionare i collaboratori del Giudice in base a criteri di trasparenza e merito. Da valorizzare, inoltre la figura del Giudice laico attraverso una razionalizzazione delle competenze e degli uffici ad una retribuzione adeguata con copertura previdenziale».
«Inaccettabile – continua il presidente Oua - la previsione di nuovi adempimenti a carico degli avvocati e delle parti, come la formulazione di nuove istanze, una scelta che non risponde a criteri di correttezza considerato che le parti sono assolutamente incolpevoli delle lungaggini dei giudizi e che, oltretutto ormai pagano in modo considerevole l’accesso alla giustizia, attraverso il sempre più esoso contributo unificato. Decisa contrarietà, inoltre, alla sentenza con motivazione breve con onere da parte della difesa di chiedere la motivazione a pagamento entro quindici giorni dalla pronuncia nel caso voglia impugnarla. Tra l’altro, l’unico termine previsto a pena di decadenza è quello, veramente strangolatorio, di 15 giorni, con conseguenti rischi di responsabilità per l’avvocato, che dovrà: a) leggere la motivazione succinta; b) contattare il proprio cliente, che per ipotesi, potrebbe essere difficilmente reperibile (sarebbe sufficiente un viaggio dello stesso all’estero per motivi di lavoro o persino di svago per far saltare la possibilità di impugnare la sentenza in secondo grado); c) valutare con lo stesso l’opportunità di chiedere la motivazione integrale; d) pagare il contributo unificato; e) depositare l’istanza. E’ verosimile pensare che un avvocato che per qualsiasi ragione non sia stato in grado di conferire con il proprio assistito, si veda costretto a versare di sua tasca il contributo unificato, pur di non pregiudicare la possibilità del suo assistito di impugnare la sentenza. È bene ricordare che una sentenza deve essere giusta, circostanziata e nel minor tempo possibile, ma non può essere trattata come un piatto da fast food, come un bene di consumo massivo».
«Se veramente il Governo avesse a cuore la volontà di velocizzare il processo – conclude de Tilla - anziché distruggerlo e rendere inaccessibile la giustizia soprattutto ai meno dotati economicamente, potrebbe limitarsi a proporre l’estensione ad ogni giudizio di primo e secondo grado della norma prevista dall’art. 281 – sexies. c.p.c. non intaccando assolutamente le norme sull’impugnazione, che sono a garanzia del cittadino e proporre un incontro dei sottoscrittori del Patto per la Giustizia con l’approvazione del decalogo dell’OUA per il buon funzionamento della macchina giudiziaria. Da subito, sarebbe necessario tentare di codificare, semmai in forma di regolamento, senza porre mano ulteriormente al codice di rito, già troppe volte modificato negli ultimi 15 anni, le buone pratiche di gestione delle udienze e del contenzioso che diversi Tribunali, a partire da quelli di Torino (vedi circolari Barbuto) e Bolzano, hanno messo in opera.
Invece di puntare sulla mediaconciliazione obbligatoria, ulteriore grave e incostituzionale limitazione dei diritti dei cittadini, con l’evidente fine di privatizzare la giustizia delegandola ai poteri forti, si potrebbero potenziare i sistemi di conciliazione endoprocessuale, valorizzando l’art. 185 c.p.c., prevedendo ulteriori incentivi di ordine fiscale e non soltanto in tema di tasse di registro a favore delle parti che conciliano, e prevedendo, altresì, incentivi a favore dei giudici che riuscissero a portare a definizione, con mezzi alternativi alla sentenza, il maggior numero di processi. Un’accelerazione del processo potrebbe venire pure dalla unificazione dei riti con l’introduzione del solo rito del lavoro per tutte le controversie. Per tutte queste ragioni abbiamo inviato questo documento alla Commissione Giustizia e chiediamo pertanto di essere ascoltati».

(Da oua.it del 22.4.2011)