mercoledì 17 ottobre 2012

Consenso espresso per pratiche sessuali estreme

Vignetta tratta da "Dylan Dog"

Per i rapporti di coppia estremi il consenso dato dal partner, all'inizio della relazione, a vivere il rapporto erotico sentimentale in base al concetto vittima-carnefice, non ha durata illimitata e non vale certo una volta per tutte. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37916/2012.
Il caso. Un muratore, al mare, incontra una ragazza con la quale intrattiene una relazione da maggio ad agosto del 2009. Da subito la love story è caratterizzata da modalità 'spinte' condivise dalla donna che accetta anche di essere filmata. La relazione prosegue alternando momenti di comune accordo ad altri nei quali l'uomo prevarica, mentre la ragazza gli chiede, invano, di smettere. Per i giudici la vicenda è tanto chiara da condannare l’uomo a tre anni e sei mesi di reclusione. Il muratore però propone ricorso per cassazione, sostenendo che «le pratiche erotiche, di per sé violente, erano state praticate con il consenso» della donna. Tale linea difensiva non viene però condivisa dalla Suprema Corte.
Il giudizio di legittimità. In particolare, i giudici di piazza Cavour affermano: “per lei, succube, tutto scorre come un film nel quale non riusciva con certezza a rievocare i singoli episodi di violenza subiti", separandoli dai "rapporti volontari. Ma queste imprecisioni sono l'effetto della alternanza delle fasi consenso-dissenso e non hanno minato la verità della denuncia. L'instaurazione di una relazione incube-succube, poi diventata vittima-carnefice rende coerente l'aver ritenuto che ben potessero coesistere incontri sessuali consensuali, con altri nei quali, proprio per la mancanza di consenso della donna, intervenissero comportamenti violenti e minacce da parte dell'uomo". Continua la Cassazione, "purtroppo è ben possibile che, nello svolgimento della patologia delle relazioni sentimentali tra uomo e donna, si verifichi la sussistenza di rapporti sessuali consensuali alternati a rapporti imposti e non può certo presumersi il consenso anche in riferimento ai rapporti imposti con la violenza e minaccia”. Infine, concludono i giudici di legittimità, in relazione a certe pratiche estreme non basta il consenso espresso nel momento iniziale. L'atto diventa lesivo se il partner manifesta "di non essere più consenziente al protrarsi dell'azione alla quale aveva inizialmente aderito, per un ripensamento od una non condivisione sulle modalità di consumazione dell'amplesso".

(Da avvocati.it del 16.10.2012)