lunedì 7 maggio 2012

Prescrizione non scatta se opere abusive non effettivamente ultimate


Cass. Pen. sez. III, sent. 3.11.2011 n° 39733

La materiale utilizzazione di un immobile e l'eventuale attivazione di utenze non sono elementi da soli sufficienti per dimostrare la sua concreta ed effettiva funzionalità e la presenza di tutti i requisiti di agibilità o abitabilità che consentano di ritenerlo ultimato.
E’ questo il principio illustrato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 3 novembre 2011, n. 39733, che si segnala, tra l’altro, per la novità dell’approccio ermeneutico della Suprema Corte in riferimento all’art. 25, comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001. Al riguardo, i giudici di Piazza Cavour evidenziano  che per ritenere ultimato un immobile è necessario che si tratti di un edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, in conformità al contenuto dell’art. 25 cit. che fissa entro quindici giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura  dell’intervento, il termine entro cui presentare allo sportello unico la domanda di rilascio del certificato di agibilità.
Nel caso di specie, il ricorrente in cassazione contestava l’ordinanza del giudice del riesame confermativa del decreto  del GIP del Tribunale di Lamezia Terme con cui veniva disposto il sequestro preventivo di tre manufatti, realizzati in assenza di permesso di costruire in violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), nonché delle disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche e sulle opere in cemento armato ed in ordine alle quali risultava indagato lo stesso ricorrente, unitamente ad altre persone.
In particolare, il Tribunale del riesame, procedendo all'esame dei dati fattuali documentati dalle risultanze delle prime indagini, perveniva alla conclusione che la natura abusiva degli interventi era di macroscopica evidenza, rilevando inoltre l'assenza di idonea documentazione fotografica, catastale, amministrativa o di altro genere, comprovante con certezza la data di ultimazione degli interventi e, conseguentemente, il momento consumativo dei reati da considerare ai fini del calcolo della prescrizione, eccepita dalla difesa dell’indagato. Quest’ultimo, al contrario, sosteneva dimostrato il completamento funzionale dei manufatti stante l’esistenza di utenze domestiche e la presenza di persone occupanti gli immobili.
Le doglianze, tuttavia, sebbene riproposte in cassazione non convincono la Corte  che ritiene infondato il ricorso. Sulla scorta dei precedenti della stessa Cassazione, gli Ermellini ribadiscono la natura permanente del reato urbanistico, la cui consumazione ha inizio con l’avvio dei lavori, perduranti fino alla cessazione dell’attività edificatoria abusiva.
Quest’ultima si avrà con l’ultimazione dei lavori per completamento dell’opera, con la sospensione dei lavori volontaria o imposta, con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l'accertamento del reato e sino alla data del giudizio. L’ultimazione dei lavori infine  coincide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni quali gli intonaci e gli infissi.
Correttamente i giudici del riesame non potevano assumere come determinato il momento consumativo del reato e, quindi, maturata la prescrizione, perché gli elementi richiamati non sono da soli sufficienti a dimostrare la concreta ed effettiva funzionalità. In ogni caso,  aggiunge la Corte grava comunque sull'indagato che voglia giovarsi della causa estintiva della prescrizione, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso. Ciò non può ritenersi adeguatamente assolto nel caso di specie.
Da qui il rigetta del ricorso e  la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

(Da Altalex del 12.1.2012. Nota di Alessandro Ferretti)