martedì 25 marzo 2014

Linea difensiva per opponente a d.i. su fattura

Assai frequentemente, nei giudizi civili tra imprenditori, si assiste all’emissione di decreti ingiuntivi su fattura, ed il più delle volte il difensore dell’opponente all’ingiunzione è chiamato ad elaborare – compito assai arduo – apposita linea difensiva sul punto.
I

Premessa l’impugnazione delle fatture in ogni loro parte, non va giammai dimenticato l’assunto a monte, vale a dire la nota natura della fattura commerciale di atto unilaterale-partecipativo, enunciante una mera manifestazione di volontà dell’emittente, e nulla più, attestato dall’unanime giurisprudenza:



Corte di Cassazione, 23 giugno 1997, n. 5573:

“un documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene, non può costituire prova in favore della stessa, né determina inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro la quale è prodotto contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità, oltreché alla sua esistenza. Pertanto, nel processo di cognizione che segue all’opposizione a decreto ingiuntivo, la fattura non costituisce fonte di prova, in favore della parte che l’ha emessa, dei fatti che la stessa vi ha dichiarato”;



Corte di Cassazione, 28 aprile 2004, n. 8126:

“la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto, s’inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, e si struttura secondo le forme di una dichiarazione, indirizzata all’altra parte, avente ad oggetto fatti concernenti un rapporto già costituito, onde, quando tale rapporto, per la sua natura o per il suo contenuto, sia oggetto di contestazione tra le parti stesse, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può, attese le sue caratteristiche genetiche (formazione ad opera della stessa parte che intende avvalersene), assurgere a prova del contratto, e nessun valore, nemmeno indiziario, le si può riconoscere tanto in ordine alla corrispondenza della prestazione indicata con quella pattuita, quanto in relazione agli altri elementi costitutivi del contratto, tant’è che, contro ed in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili prove anche testimoniali dirette a dimostrare eventuali convenzioni non risultanti dall’atto, ovvero ad esso sottostanti”;



Corte di Cassazione, n. 3090/1979:

“le fatture commerciali, pur essendo prove idonee ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, hanno tal valore esclusivamente nella fase monitoria del procedimento, mentre nel giudizio di opposizione all’ingiunzione, come in ogni altro giudizio di cognizione, le fatture, essendo documenti formati dalla stessa parte che se ne avvale non integrano, di per sé, la piena prova del credito in esse indicato e non comportano neppure l’inversione dell’onere della prova in caso di contestazione sull’an o sul quantum del credito vantato in giudizio” (conff., idd., Corte di Cassazione 24 luglio 2000, n. 9685, Corte di Cassazione 25 novembre 1988, n. 6343; Tribunale di Taranto, 9 gennaio 2012, Tribunale di Isernia, 27 dicembre 2001, Tribunale di Cagliari, 16 dicembre 1992, Pret. Palermo, 22 luglio 1991).



La giurisprudenza unanime è, quindi, nel senso di negare recisamente l’idoneità probatoria della fattura nella fase monitoria.



II

Altro spunto potrebbe essere rappresentato dalla richiesta di prova in capo all’opposto, su sollecitazione dell’opponente, della regolarità amministrativa e fiscale della fatturazione, onde, ancora una volta, l’inidoneità della medesima a supportare l’ingiunzione, come conferma la lettura di Corte di Cassazione, 3 aprile 2008, n. 8549:



“la fattura, ove proveniente da un imprenditore esercente attività commerciale e relativa fornitura di merci o prestazioni di servizi (anche a cliente non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l’emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale. Deve escludersi, peraltro, che la stessa fattura possa rappresentare nel giudizio di merito – e anche in quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto in base a essa – prova idonea in ordine così alla certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi, come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa”.



Ancora, come ha statuito la Corte di  Cassazione, 3 luglio 1998, n. 6502, solo nel caso in cui il rapporto non fosse contestato tra le parti – inciso, quest’ultimo, di fondamentale importanza, in quanto onere difensivo dell’opponente sarà proprio quello di contestare il rapporto sottostante – la fattura potrebbe costituire valido elemento di prova in ordine alle prestazioni eseguite, specie nell’ipotesi in cui il debitore abbia accettato, senza muovere alcuna contestazione, le fatture stesse nell’esecuzione del rapporto.



Viceversa, in un caso – come quello che si è ipotizzato nell’inciso sopra trascritto – di contestazione del rapporto sottostante, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può giammai assurgere a prova del negozio (Corte di Cassazione, 20 settembre 1999, n.10160), e non può rivestire neppure valore indiziario in ordine agli elementi contrattuali ovvero alla rispondenza della prestazione asseritamente eseguita a quella pattuita (cfr. Corte di Cassazione, 11 maggio 2007, n. 10860; id., 3 aprile 2008, n. 8549).



III

Il tutto non senza dimenticare che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, rivestendo i supposti creditore e debitore la natura, rispettivamente, di attore e di convenuto in senso sostanziale, e, per converso, quella di convenuto ed attore in senso solo formale, e non integrando, come detto, la fattura commerciale posta a base del monitorio piena prova del credito in essa indicato, non determina essa, in caso di contestazioni dell’opponente, alcuna inversione dell’onere della prova, con la conseguenza che, restando invariata la posizione sostanziale delle parti, l’onere della prova del credito continua a gravare sul creditore opposto (così, Corte di Cassazione n. 5573/1997), secondo la regola generale di cui alla non meno nota Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533:



“il creditore che agisce in giudizio, sia per l’adempimento del contratto sia per la risoluzione ed il risarcimento del danno, deve fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, su cui incombe l’onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall’adempimento”.



Concludendo, nei rapporti tra imprenditori, l’esibizione di fatture commerciali relative alle eseguite prestazioni non prova automaticamente l’esistenza del preteso credito, che, viceversa, deriva solo dall’esatto adempimento delle prestazioni medesime (Corte di Cassazione, 25 giugno 2001, n. 8664).


Giorgio Vanacore (da filodiritto.com del 20.3.2014)