martedì 5 giugno 2012

Praticante consulente del lavoro, è abuso professione


Cass. Pen., sez. VI, sent. 15.5.2012 n° 18488

Commette esercizio abusivo della professione ex art. 348 c.p.,  il praticante che svolge compiti di natura non meramente esecutiva, occupandosi autonomamente degli aspetti di natura previdenziale e fiscale senza la supervisione di un professionista abilitato.
Così ha stabilito la Sesta Sezione Penale, Corte di Cassazione, nella sentenza 8 - 15 maggio 2012, n. 18488.
Nel caso in esame, la Corte d'Appello di Cagliari aveva confermato la condanna in primo grado inflitta ad un soggetto, imputato del reato di cui all'art. 348 c.p., per aver esercitato abusivamente la professione di consulente del lavoro. Avverso tale sentenza, l’interessato ha presentato ricorso per Cassazione.
Nella fattispecie in oggetto, l’imputato aveva sviluppato un’attività non riconducibile al semplice praticantato, bensì aveva svolto compiti riservati dalla legge (L. 2 novembre 1979, n. 12, artt. 1 e 2) agli iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro.
A tal riguardo, occorre rilevare che l’art.1 della L. n. 12 del 1979, riserva agli iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non siano curati dal datore di lavoro.
Inoltre, durante il giudizio di merito era stato accertato che l’imputato aveva gestito personalmente ed autonomamente i rapporti di lavoro dipendente, elaborando le buste-paga, occupandosi degli adempimenti previdenziali e fiscali, svolgendo compiti che richiedevano un’attività di individuazione, interpretazione ed applicazione di una normativa complessa e di coordinamento.
Per di più, il ricorrente ha rilasciato ai clienti fatture per l'attività svolta in proprio e senza il supporto di alcun professionista abilitato, e tutto ciò non è riconducibile all'attività di praticantato (D.M. 2 dicembre 1997, art. 5).
In conclusione, le censure sollevate nel ricorso per Cassazione sono inammissibili, in quanto si risolvono in una pedissequa negatoria delle circostanze di fatto  già verificate dai giudici della Corte territoriale.

(Da Altalex del 23.5.2012. Nota di Maria Elena Bagnato)