mercoledì 20 giugno 2012

Cassazione anche giudice del fatto se vizio riguarda nullità dell'atto introduttivo


La Suprema Corte di Cassazione

Cass. Civ., SS.UU., sent. 22.5.2012 n° 8077

La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento e di dare adeguata contezza dell'iter logico-argomentativo seguito per giungere ad una determinata conclusione.
Ne consegue che il preteso vizio della motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della stessa, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, ovvero quando esista insanabile contrasto fra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione (Cass. civ., sez. 1^, 26.1.2007 n. 1754; Cass. civ., sez. 1^, 21.8.2006, n. 18214; Cass. civ., sez. Lav., 20.4.2006, n. 9234).
E' quanto hanno stabilito le Sezioni Unite civili della Cassazione con la sentenza n. 8077/2012 depositata il 22 maggio 2012.
In altri termini, secondo gli Ermellini, il controllo di logicità del giudizio di fatto - consentito al giudice di legittimità - non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità il quale deve limitarsi a verificare se - nella motivazione in fatto della sentenza impugnata - siano stati dal ricorrente denunciati specificamente - ed esistano effettivamente - vizi (quali, nel caso di specie, la carente, insufficiente o contraddittoria motivazione) che, per quanto si è detto, siano deducibili in sede di legittimità.
Premesso ciò, se è indiscutibilmente vero che allorchè in sede di giudizio di legittimità venga dedotto un error in procedendo, la Corte di Cassazione diviene giudice del fatto "processuale", essendo abilitata a procedere all'esame diretto degli atti del processo rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza della censura, è altresì incontestabile che l'esercizio di tale potere da parte del giudice di legittimità presuppone comunque che risulti preliminarmente vagliata l'ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall'onere di specificare, a pena appunto d'inammissibilità del ricorso, il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell'errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione onde assicurare l'osservanza del principio di autosufficienza del ricorso medesimo.
A questo proposito la presente pronuncia vuole precisare che: "Nell'ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione "errores in procedendo", la Corte di legittimità diviene anche giudice del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere-dovere di procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali. Tuttavia, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l'ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell'ambito di quest'ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali".

(Da Altalex del 14.6.2012. Nota di Rocchina Staiano)