venerdì 15 giugno 2012

Neonato muore per complicazioni post operatorie: colpevole il chirurgo


Solo 24 ore di vita e un quadro clinico complesso: si rende necessario l’intervento chirurgico, ma i problemi successivi, non immediatamente evidenziati, portano alla morte del bambino. A pagarne le conseguenze è il medico che ha guidato l’équipe chirurgica. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 17222/2012.
Il caso. Un neonato veniva sottoposto ad un intervento chirurgico per sospetta occlusione intestinale, seguito da complicazioni fatali. Il medico, che aveva eseguito l’operazione, veniva accusato di omicidio colposo: nella veste di capo dell’équipe chirurgica avrebbe dovuto disporre «il ricovero in terapia intensiva» e disporre «un articolato monitoraggio dei parametri vitali» del bambino. Tali omissioni hanno avuto conseguenze terribili: non è stato possibile diagnosticare «tempestivamente una emorragia» che, poi, «per mancanza delle terapie necessarie», ha determinato la morte. Sia in primo che in secondo grado l’uomo veniva condannato. Contro tale verdetto il medico ricorreva per cassazione, sottolineando «l’autonomia professionale dei medici di reparto, destinatari, per turno, del paziente ricoverato, e, quindi, titolari del relativo obbligo di assistenza. In questa ottica, viene ricordato che l’intervento è stato affidato al medico ora sotto accusa solo per l’assenza del primario chirurgo, e che l’attività di monitoraggio e di vigilanza sul bambino è stata svolta nel reparto di chirurgia neonatale, adeguatamente attrezzato, da un secondo medico, a cui il medico autore dell’operazione aveva affidato il monitoraggio del piccolo paziente».
Il giudizio di legittimità. Secondo i giudici di piazza Cavour è da criticare la decisione di non utilizzare il reparto di terapia intensiva: «anche in caso di istruzioni da parte del primario, il medico responsabile dell’operazione avrebbe dovuto agire in scienza e coscienza e sulla base delle sue valutazioni personali. Ne deriva che anche ipotizzando una omissione da parte della collaboratrice che aveva il compito di monitorare il bambino, resta intatta la responsabilità del medico. Quindi, ciò che emerge è la trascuratezza da parte del medico, concretizzatasi in un monitoraggio non adeguato portando così alla morte del neonato. E tale passaggio è connesso alla «posizione di garanzia» riconosciuta alla figura medica che guida l’équipe chirurgica, e allargata anche «al contesto post operatorio». Per questo motivo, viene confermata la condanna del medico.

(Da avvocati.it del 14.6.2012)