lunedì 28 ottobre 2013

Sì a bar in condominio, se immissioni tollerabili

E’ illegittimo vietare la destinazione d’uso a locale pubblico per tutelare la quiete di un edificio quando le emissioni sonore risultano tollerabili, secondo quanto stabilito dall’art. 844 c.c.
Agisce in errore il condomino che, facendo valere quanto contenuto nel regolamento condominiale, pretende di limitare la destinazione d’uso di attività commerciali le cui immissioni sonore rientrino nella soglia suddetta, potendo farlo solo ai fini del perseguimento dell’obbligo di protezione.
E’ quanto ha dichiarato la Corte di Cassazione con la sentenza 8 ottobre 2013, n. 22892.
Nella fattispecie, l’attrice G.P. in primo grado citava dinanzi al tribunale di Benevento un condomino del suo stesso palazzo e il rispettivo condominio di riferimento, impugnando la delibera dell’assemblea condominiale per ottenere l’accertamento e la dichiarazione dell’illecita destinazione a bar dei locali commerciali di esclusiva sua proprietà, sulla base di quanto stabilito dall’art. 12 del regolamento condominiale, contenente il divieto di destinare gli alloggi individuali e i locali condominiali ad attività che fossero incompatibili con il decoro e la tranquillità dell’edificio.
La sentenza, che accoglieva la richiesta dell’attrice, veniva poi riformata dalla Corte d’appello, che riteneva l’attività commerciale perfettamente lecita. Statuiva altresì che la delibera assembleare determinante in capo ai singoli condomini l’insorgenza di un obbligo di protezione nei confronti degli altri, non era stata mai accettata formalmente per iscritto ai sensi dell’art. 1350 c.c., e quindi non poteva esser considerato come recepita dal regolamento condominiale.
La ricorrente G.P. sottoponeva all’attenzione degli Ermellini quattro motivi; di questi l’ultimo, avente ad oggetto la violazione e falsa applicazione dell’art. 184, 356, e 112 c.p.c., veniva accolto.
La Suprema Corte statuiva che la doglianza appariva fondata in quanto la domanda relativa al ristoro del danno morale, biologico e patrimoniale, conseguente al deprezzamento del valore dell’immobile della ricorrente, causato dalle conseguenti immissioni superiori alla soglia di normale tollerabilità, provenienti dagli esercizi commerciali ubicati nei locali di proprietà del condomino, era oggetto di statuizione autonoma e non poteva essere assorbito dalla richiesta di danni.
Dichiarava altresì che: “la statuizione del condominio era stata presa all’unanimità, per cui doveva ritenersi vincolante anche nei confronti del” condomino che non l’aveva formalmente accertata, decretando quindi che la delibera assembleare che determinava in capo ai singoli condomini l’insorgenza di un obbligo di protezione nei confronti degli altri non necessitava di forme speciali.
Inoltre, “secondo la corretta interpretazione della delibera assembleare in questione, con la stessa tutti I condomini si erano presi l’impegno reciproco, non tanto di vietare l’utilizzo dei locali ad attività incompatibili con la destinazione della quiete pubblica, quanto piuttosto di perseguire tale ultima finalità (obbligo di protezione).”

(Da Altalex del 28.10.2013. Nota di Enrica Maria Crimi)