lunedì 22 aprile 2013

Vende a “stock” per coprire il nero, condannato

Cass. Sez. Tributaria, Sent. 27.3.2013, n. 7693

La vicenda riguarda la vendita attraverso la modalità c.d. a “stock” di prodotti di abbigliamento femminile da parte di un commerciante al dettaglio, durante il periodo dei “saldi”.
Quest’ultimo, infatti, dopo aver acquistato merci, le aveva successivamente rivendute ad un altro esercizio commerciale (anch’esso di proprietà e che esercitava identica attività) a prezzi notevolmente inferiori.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, ammettendo la prova per presunzioni semplici, ex articolo 54, comma 2, D.P.R. 633/72, fondata su fatti gravi, precisi e concordanti, fornita dall’Agenzia in merito a ricavi non contabilizzati relativi a due attività commerciali di cui era titolare il contribuente.
Tale pratica appariva contraria ad ogni principio di gestione commerciale, in ragione del fatto che la vendita con la modalità dei “saldi” di fine stagione risulta di gran lunga più remunerativa di quella notoriamente antieconomica a “stock”.
L’Amministrazione finanziaria aveva presunto ricavi non contabilizzati, notificando al contribuente due avvisi di rettifica, che tuttavia erano stati annullati dalle Commissioni Tributarie, Provinciale di Grosseto, nonché Regionale Toscana. La Corte di Cassazione, con la sentenza menzionata, ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate ed ha condannato il commerciante alle spese processuali, ritenendo pertanto corretta la presunzione di ricavi non contabilizzati da parte del commerciante.
Questa sentenza ci conferma che istituti e strumenti pur leciti possono essere utilizzati nel commercio per scopi illeciti e pertanto essere oggetto della particolare attenzione di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza.

(Da filodiritto.com del 18.4.2013)