domenica 10 febbraio 2013

Vendita griffe taroccate, risponde proprietario catena commerciale

 Sì a ricettazione e commercio di prodotti falsi,
benché sia un collaboratore a occuparsi dei rifornimenti:
i prezzi bassi "inchiodano" l'imprenditore

Risponde di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi il negoziante che espone pantaloni spacciati per originali, ma venduti a pochi euro: è irrilevante che egli sia soltanto il legale rappresentante della società, proprietaria di una catena di negozi, e abbia collaboratori che si dedicano soltanto all'acquisto della merce da rivendere. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 5932 del 7 febbraio 2013, ha ritenuto inammissibile il ricorso di un 57enne contro il giudizio di colpevolezza della Corte d'appello di Lecce che lo ha dichiarato colpevole di tale reato per aver commercializzato, in uno dei suoi punti vendita, capi di abbigliamento falsi a poche decine di euro. La seconda sezione penale ha confermato la decisione della Corte di merito, ritenendo l'uomo colpevole nonostante sia soltanto il legale rappresentante della società che gestisce l'esercizio commerciale "incriminato" oltre che gli altri negozi, e che ha dei collaboratori che si occupano della parte degli acquisti: egli deve in ogni modo controllare la merce da comprare e poi da esporre. Insomma, la merce era venduta, come il resto dei prodotti, a un prezzo talmente basso, 15-20 euro a capo: questo ha palesato la generale strategia commerciale seguita dall'imputato, che ha configurato il reato. Per questo, il ricorso è inammissibile e il ricorrente condannato al versamento di mille euro in favore della Cassa delle ammende.

Vanessa Ranucci (da cassazione.net)