sabato 16 febbraio 2013

Pretendere sesso contro natura non è causa di nullità matrimonio

Rilevante l'incapacità psicologica di concepire
 i rapporti sessuali con la moglie in termini di condivisione
del piacere erotico e della affettività

La pretesa di avere solo rapporti sessuali innaturali dopo le nozze da parte del marito non annullano il matrimonio visto che non è provata la forma di devianza né tanto meno l'impedimento derivante dalla sua personalità e dal suo orientamento sessuale. Ma anzi, viene rilevata l'incapacità psicologica di concepire i rapporti sessuali con la moglie in termini di condivisione del piacere erotico e dell'affettività. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 3407 del 12 febbraio 2013, ha respinto il ricorso di una donna contro la decisione della Corte d'appello di Ascoli Piceno che ha bocciato la domanda di annullamento del matrimonio. Per la prima sezione civile, in linea con la Corte marchigiana, è illegittimo l'annullamento del matrimonio tra la coppia. Infatti gli Ermellini hanno ritenuto erronea la linea della difesa che si appellava al fatto che i due si fossero sposati senza aver mai consumato rapporti sessuali e dunque si siano trovati a scoprire di avere desideri e tendenze incompatibili. Ma non solo. La Suprema corte ha escluso che la sessualità di lui potesse rientrare nei termini di una «sessualità deviata», anche se le continue pretese di rapporti anali erano fatte in modo violento e con una condotta prevaricatrice. Insomma, l'azione di annullamento del matrimonio, per il futuro comportamento sessuale e affettivo dell'altro coniuge, comportamento connotato da elementi di anormalità e prevaricazione, non costituisce, per la sua imprevedibilità, una causa di annullamento per errore sulle qualità essenziali della persona del futuro coniuge.
Pertanto, l'anomalia o deviazione deve costituire un impedimento oggettivo e non superabile allo svolgimento della vita coniugale. Nel caso specifico c'è un'inadeguata preparazione al matrimonio da parte dei coniugi, intesa come conoscenza della personalità del futuro coniuge, anche sulla fondamentale prospettiva di una condivisione della propria vita sessuale: ne è derivata dopo il matrimonio una situazione di disagio e di sofferenza che è stato imputato al comportamento prevaricatore e violento dell'uomo e che in breve tempo ha determinato l'impossibilità dello svolgimento di una normale vita di relazione sessuale fra i coniugi, pervenendo a deteriorare completamente la loro vita coniugale. Ma nonostante ciò la Corte di legittimità non ha però riscontrato l'esistenza in lui di una anomalia o deviazione sessuale in quanto ha ritenuto che alla base di questo impedimento vi fosse, sostanzialmente, non una sua particolare fisionomia sessuale, ma la sua incapacità psicologica di concepire i rapporti sessuali con la moglie in termini di condivisione del piacere erotico e della affettività.

Vanessa Ranucci (da cassazione.net)