domenica 24 febbraio 2013

Timbra cartellino per collega, non è sostituzione di persona

Secondo la Suprema Corte “farsi timbrare il cartellino dal collega non comporta il reato di sostituzione di persona, ma solo un procedimento disciplinare a carico del lavoratore”.

La condotta di chi fa riportare sul cartellino marcatempo nella sua dotazione la presenza, non corrispondente alla realtà, sul posto di lavoro, producendo effetti solo nell'ambito della sfera relativa al rapporto di diritto privato tra il dipendente ed il suo datore di lavoro, non è adatta ad integrare il reato di falsità ideologica a carico del pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.), né integra al piu' il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), poiche' difetta dell'attribuzione al soggetto attivo e la conseguente rappresentazione nei confronti dei terzi, allo scopo di indurli in errore per far conseguire a sé o ad altri un vantaggio ovvero per arrecare ad altri un danno, di connotati che, pur non appartenendogli, appaiono idonei a definirlo come una persona diversa da quella che egli effettivamente è ovvero rivestito di uno stato o dotato di una qualità a cui la legge riconnette effetti giuridici, che egli in realtà non possiede.

La Cassazione è, dunque, recentemente intervenuta su quei consueti, ma illeciti, “scambi di favore” che avvengono tra colleghi, quando si deve timbrare il cartellino di presenza (così Cass. 31/01/2013). Secondo i giudici in tale condotta non sono ravvisabili gli estremi del reato di sostituzione di persona.

Si configura il reato di sostituzione di persona quando un soggetto, al fine di ottenere un vantaggio personale, fa cadere un terzo in errore, sostituendosi ad altri, attribuendo a sé o ad altri un falso nome o una falsa qualità. Ad esempio si ha sostituzione di persona quando ci si attribuisca il nome di persona immaginaria; oppure si usi un “account” o una casellaemail servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest'ultimo l'acquisto di beni mediante la partecipazione ad aste in rete.

Secondo i giudici della Suprema Corte timbrare il cartellino del collega, per farlo risultare presente, non rientra pero' in questi casi. Infatti, seppur è vero che il datore di lavoro è caduto in errore, è bisogna constatare che il collega non ha assunto l'identità del dipendente assente, limitandosi a timbrarne soltanto il cartellino.

Nel caso di specie, il lavoratore furbetto si è limitato a simulare una presenza inesistente del collega sul lavoro, attraverso l'uso della scheda magnetica del compagno.

Attenzione però: il fatto che tale condotta non configuri il reato di sostituzione di persona, non significa che non sia un illecito comunque punibile. Infatti, oltre ad essere un illecito disciplinare, potrebbe concretizzarsi l'ipotesi del reato di truffa.


Eugenio Gargiulo (da overlex.com)